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SATIRA QUINTA.

Rime

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1.1Carco forse talor di sdegno, amico
1.2Bruciol mio, siete, del novello stile
1.3Onde con voi degli altrui falli dico,
1.4Mostrando al mondo quanto basso e vile
1.5È il suo imperfetto oprar, che tanto estima
1.6Che nulla alberga in lui chiaro o gentile.
1.7E vi dolete ch'or cantando in rima
1.8Ne' vostri campi la mia falce stendo
1.9Tra le biade d'amor stancata prima.
1.10Io non posso negar che tema prendo
1.11Vostra non mia, che già molti e molt'anni
1.12Flora e Cintia lo san s'ad altro intendo.
1.13Or che allentando gli amorosi affanni
1.14Sciolta ho la vista, onde più scorgo alquanto
1.15Gli error nostri passati e i certi inganni,
1.16Non posso più tacer: chi tanto o quanto
1.17Tacer potria? Crispino e Nomentano
1.18Non abbian più tra' peccatori 'l vanto;
1.19Né si vergogni 'l nostro gran Toscano
1.20D'una Cianghella, un Lapo Salterello,
1.21Ch'or chi mille ne vuol, non cerca invano.
1.22O viver nostro da virtù rubello!
1.23Di quello ond'altri già vergogna avea,
1.24Ornato oggi ti fai, giocondo e bello.
1.25Allor chi 'l fren d'onor, folle, rompea,
1.26Schivato da ciascun solo in disparte
1.27Quasi sozzo animal sempre vivea.
1.28Chi non mette in seguir lo ingegno e l'arte
1.29Onde Sardanapal men chiaro appare,
1.30Venere e Bacco, e non Apollo o Marte,
1.31Con mille scherni poi sente biasmare
1.32Lo intendere e 'l saper, ch'oggi follia
1.33Sembra alle menti di mal'opre avare.
1.34Come soletta andrai per la tua via,
1.35Dice la turba, e come nuda e inferma
1.36Pallida e magra vai, Filosofia!
1.37Che giova all'uom che colla fame scherma
1.38Quella prima cagion cercar del tutto,
1.39Onde si volge 'l ciel che mai non ferma?
1.40Il ricercar di quanto è qui produtto
1.41La natura, il valor, qual moto al seme
1.42Faccia forma cangiar tornando in frutto?
1.43L'andar trovando perché asconde e preme
1.44Borea di neve il cielo, Austro di pioggia,
1.45In Monton cresca il giorno, in Libra sceme?
1.46Il saper donde vien quando alto poggia
1.47Febo dall'Indo, o se s'attuffa in l'onde
1.48O dietro Atlante a riposar s'appoggia?
1.49Il vostro è germe c'ha fioretti e fronde,
1.50Ma senza frutto al primo verno casca;
1.51Dice 'l vil vulgo disviato altronde.
1.52A noi basta saper che al mondo nasca,
1.53Senza intender perché, chi d'ora in ora
1.54La sete e 'l gusto con dolcezza pasca.
1.55Basta a noi di saper se invêr l'Aurora
1.56Fa Candia od altri al suo vicin vergogna
1.57Dell'umor di colui che Tebe adora.
1.58E se invêr l'occidente alla Guascogna
1.59Ceda Orliense, e se gli è falso 'l grido
1.60Ond'oggi tanto onor s'have Borgogna;
1.61Quanto intra gli altri sia più caro nido
1.62Al dolce Bacco aperto colle e monte,
1.63Dove il Sol guardi e sia petroso il lido.
1.64Basti saper quanto più val la fronte
1.65Del pesce ch'entro al Po purga ogni sale,
1.66E sia tanto miglior quanto più monte;
1.67Saper quant'oggi la nostr'arte vale;
1.68Da far forse arrossir chi troppo loda
1.69La lepre e 'l tordo, e chi 'l rombo e 'l cinghiale.
1.70Colui ch'è saggio, quetamente goda
1.71Schivando ogni pensier, fatica e noia
1.72Che 'l viver nostro guerreggiando roda.
1.73Che sente or quel di Tebe or quel di Troia?
1.74Quanto fôra il miglior, virtù fuggendo,
1.75Tra le piume e tra 'l vin passarsi in gioia!
1.76Ora io che stanco giorno e notte intendo
1.77Questi e mill'altri ancor più sconci detti,
1.78Com'esser può di non morir tacendo?
1.79Più non posso tener nel sen ristretti
1.80Mille dolor, mille noiosi sdegni,
1.81Da muover dentro i più selvaggi petti.
1.82Se il ciel ci niega i buon costumi e i regni
1.83Colle forze addrizzar, mostrinsi almeno
1.84Del nostro buon voler, cantando, segni.
1.85Se il ciel per noi non può tornar sereno,
1.86Mostriam pur che veggiam la pioggia e il vento
1.87E che sempre adoriam che venghi meno.
1.88Fa quanto debbe chi non ben contento,
1.89Quando non ha il poter, piange e s'adira
1.90Che al mondo veggia ogni valore spento.
1.91E voi contra il mio dir posate ogn'ira,
1.92Bruciol mio caro, né d'udir vi doglia
1.93Satireggiar con voi mia bassa lira.
1.94E nel tempo avvenir, più che si soglia,
1.95Non dovete temer che tema manche;
1.96Tanto ci fia da dir, pur ch'altri voglia.
1.97Mille man prima, e mille penne stanche
1.98Saran, che appieno il ver si senta e dica
1.99Onde più d'un fra noi s'arrosse e imbianche.
1.100Chi tutto vuol narrar, prende fatica
1.101Di numerar quant'ha la notte stelle,
1.102Quante adduce erbe e fior la terra aprica.
1.103Seguiam pur tutti, ché ogni dì novelle
1.104(Così non fosse il ver) materie avremo,
1.105Tanto da creder più, quanto men belle.
1.106E ben sel sa chi sente il mondo scemo
1.107D'ogni antica virtù, ripien di ragne;
1.108Onde i cor cinti e le trist'alme avemo.
1.109Né l'Arïosto ancor di me si lagne,
1.110Il Ferrarese mio chiaro e gentile,
1.111Ch'oggi con lui cantando m'accompagne.
1.112Né il mio basso saper si prenda a vile,
1.113Ché forse ancor (s'io non lo estimo indarno),
1.114Girando il verno in più cortese aprile,
1.115Non avrà a schivo il Po le rive d'Arno.
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