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SATIRA TERZA.

Rime

PoeTree.it

1.1Or mi minaccia il mondo, e m'odia, e teme,
1.2Quando prender lo stil mi sente in mano
1.3Che i miglior fa più belli, e gli altri preme.
1.4Dice fra sé ciascun c'ha poco sano
1.5Dentro il pensier, come l'altrui biasmare
1.6Come dal bene oprar sempre è lontano!
1.7Poi quando è dove io son, contrario appare,
1.8Loda Aronca e Lucilio, e me fors'anco
1.9Ardito di seguir lor forme chiare.
1.10Fato è che il negro in voi ritorni bianco,
1.11Se non volete pur che negro il chiami
1.12Tal che di bene oprar dicendo è stanco.
1.13Io non cerco odio in voi, ma i santi rami
1.14Del biondo Apollo, onde prometto e giuro
1.15Che tal farò che tutto il mondo m'ami.
1.16Opri pur mal chi può lieto e sicuro,
1.17Ché dell'altrui disnor mia lingua tace,
1.18Né fin ch'altro potrò più d'esso curo.
1.19Godi pur, Francia; e poi che sol ti piace,
1.20Segui Vener, le piume, e l'ozio e 'l vino,
1.21Virtù fuggendo e quanto al senso spiace.
1.22Né l'amico fedel, servo o vicino
1.23Ti caglia aver per te dannaggio o morte;
1.24Vivi, e governi poi tutto il destino.
1.25Vivi; e perdendo, non colpar la sorte,
1.26Ma pensa sol, ch'ogni tuo mal che viene
1.27Tu stessa il faccia, e 'l ben fortuna apporte.
1.28Tu, Spagna infida, quanto hai dolce e bene
1.29Metti pur nel mal far, che più non canto,
1.30Quantunque fren d'onor nulla ti tiene.
1.31Abbia in te il peccator più pregio e vanto
1.32Che 'l Fiammingo e 'l German quand'ebbro cade,
1.33E in più scherno abbia altrui dov'è più santo.
1.34Segui Avarizia, scaccia Lealtade,
1.35Tal che ti vinca il rozzo Elvezio appena,
1.36In cui l'opre d'onor son brevi e rade.
1.37Né il poco creder tuo vista terrena
1.38Passi d'un palmo, onde Granata ognora
1.39Sia, non pur gli altri, di vergogna piena.
1.40Pensa che l'alma in noi col corpo mora;
1.41Sol l'Italia rubar, prometter molto
1.42E mai nulla attener quaggiù t'onora.
1.43Viva il Lombardo ancor da tema sciolto
1.44De' gravi biasmi miei, ché più non dico...
1.45Fine oggi impongo ad altra tema volto.
1.46Vivi a te stesso pur, vivi inimico
1.47Al Guelfo, al Ghibellin, pur sempre sia,
1.48Più l'altrui danno che il ben proprio amico.
1.49Né gli occhi aprite a contemplar la via
1.50Che voi vil servi a trista morte adduce,
1.51Onde non men del mal vergogna fia.
1.52Odio, Invidia ti sien per segno e duce,
1.53Sì che tu più fra i tuoi signori appelli
1.54Chi maggior giogo sopra sé conduce.
1.55Né vi sovvenga or più che foste quelli
1.56(Come ben può saper chi spesso udillo)
1.57Onde in Roma i trofei tornâr men belli.
1.58Quanta men sarìa pena, o buon Camillo,
1.59Sgombrar l'oro a costor, le ricche spoglie,
1.60E riportarne il perduto vessillo!
1.61Tu c'hai più del saper disegni e voglie,
1.62Altero Venezian, di me sicuro
1.63Sia, ché 'l mio legno omai le vele accoglie.
1.64Segui pur tuo cammin, forse un dì duro,
1.65Vendendo ognor per poco ben presente,
1.66Senza avvederti, un lungo mal futuro.
1.67Fa' pur, cangiando ognor fortuna e mente,
1.68Or con questo or con quello or pace or tregua,
1.69Aitando più chi più poter si sente.
1.70Sta' pur prima a veder chi fugga o segua,
1.71Che la tua gente passi o l'Adda o l'Oglio,
1.72Finché il tempo miglior via si dilegua.
1.73Non dirò più, come talvolta soglio,
1.74Che se non guardi la tua barca, un giorno
1.75Dar potria forse in qualche ascoso scoglio.
1.76Forse non pensi aver nemici intorno;
1.77Il viversi in fra due non porta amici,
1.78Ma dell'altro e dell'un fa danno e scorno.
1.79Dentro, i tuoi cittadin sian più mendici
1.80Quanto sono miglior, le gemme e l'oro
1.81Faccian pur che i più rei sian più felici.
1.82Non possa procurar nel Bucintoro
1.83Chi non ha borsa da pagarne il nolo,
1.84Che appena i Padovan sì fatti fôro.
1.85Se non cangi pensier, l'un secol solo
1.86Non conterà sopra il millesim'anno
1.87Tua libertà che va fuggendo a volo.
1.88Maggior tormenti, e spesso morte dànno
1.89Le ascose infermità che dentro sono:
1.90Dimandinsi i Toscan che ben lo sanno.
1.91Tu, Genovese, ancor che saggio e buono
1.92Forse già fosti, or non so ben che dire,
1.93Così vario di te corre oggi il suono.
1.94Senza biasmo temer del tuo fallire
1.95Segui or l'Adorno, il buon Fregoso poi,
1.96Teco sfogando i ciechi sdegni e l'ire.
1.97Opra pur sì, che l'un de' duci tuoi
1.98Sempre temendo al quarto april non giunga,
1.99Ché il molto riposar par che t'annoi.
1.100E la dimora ne' duo lustri lunga
1.101Del tuo fido Ottavian sì rara sia
1.102Ch'eterna invidia il suo nemico punga.
1.103Ma guarda pur ch'al fin furata fia
1.104Al tuo San Giorgio un dì l'arme e il destriero,
1.105Onde il Drago alto non più sotto stia.
1.106Sallo Orïente quanto avesti impero,
1.107Sentillo il Ponto, il grand'Egeo lo vide,
1.108All'Adria a rimembrar trema 'l pensiero.
1.109A tal sei giunto! e chi così divide
1.110Te dal primo saver, ch'oggi Savona
1.111E Lunigiana pur, non ch'altri, ride?
1.112E tu, Fiorenza bella, ond'oggi suona
1.113Sì lunge il grido, ma non forse quale
1.114Brama chi teco ognor piange e ragiona,
1.115Batti sicura omai, batti pur l'ale
1.116Dietro a chi folle ti conduce in loco
1.117Donde tornar, né calcitrar non vale.
1.118Tu stessa accendi, e non t'accorgi, il foco
1.119Che strugge in te non pur la Libertate,
1.120Ma il corpo, i figli e l'alma, a poco a poco.
1.121Ahi Donna alma, gentil, quanta beltate
1.122Vidi nel volto tuo, quanta chiarezza,
1.123Or sozza e inferma, in la più verde etate!
1.124Tempo già fu che teco altra ricchezza
1.125Non avea loco alcun ch'alta virtute,
1.126Or l'oro onori, e quanto è ben si sprezza.
1.127Svegliati, pigra, ché la tua salute
1.128In altro sta che in tesser drappo o lana
1.129Onde il nome e le forze or hai perdute.
1.130Guarda dintorno pur, guarda Toscana,
1.131E vedrai ben, che la caviglia e 'l fuso
1.132Non t'ha fatta di lei donna e sovrana.
1.133Apri quel tempio, e non t'inganni l'uso,
1.134Già tanto ornato dell'antico Marte,
1.135E stia l'Arte, e 'l Mercato, e 'l Cambio chiuso.
1.136Volgi l'antiche e le moderne carte,
1.137E intenderai che senza il ferro, l'oro
1.138Serva è ricchezza che in un giorno parte.
1.139Stimansi ricchi, ma non son, coloro
1.140Che temon del vicin l'armata mano
1.141Ricca sempre che vuol d'altrui tesoro.
1.142Com'è, Fiorenza mia, caduco e vano
1.143Il tuo penar, che di mill'anni il frutto
1.144Solo in un punto ti si fa lontano!
1.145Tu non puoi rimirar col volto asciutto
1.146La vittoria che vien di Francia o Spagna,
1.147Ché l'una o l'altra ti si volge in lutto.
1.148Colui ch'argento per servir guadagna,
1.149S'altri gliel toe, come vilmente a torto,
1.150Se difender nol sa, d'altrui si lagna!
1.151Non surgerà il valor, che in tutto è morto,
1.152Fin che al pubblico ben più che a se stesso
1.153Non volge il guardo il veder nostro corto.
1.154Ciascuna villa che ti alberga appresso
1.155Oggi a scherno ti prende, e tu nol senti,
1.156Ché maraviglia e duol n'aresti spesso.
1.157Non ch'altra, il vitupero delle genti,
1.158Arezzo, il Casentin, Prato, e Pistoia
1.159T'affrena, e volge, e sprona, e tu 'l consenti.
1.160Sgombra, se puoi, questa vergogna e noia,
1.161Ch'omai Fermo, Castel, Perugia e Siena
1.162Han l'invidia di te conversa in gioia.
1.163E tu, Roma, in vêr me di sdegno piena,
1.164Che tanto spesso ne' miei versi appello,
1.165Ecco ch'or perde il mio cantar la lena.
1.166Fa' pur, che sempre in te sia buono e bello
1.167Quel ch'è più rio, né mai virtù né fede
1.168Possa dentro sentir mitra o cappello;
1.169Tal che il gran vecchio onde t'appelli erede
1.170Tiranneggiando in noi del ciel l'impero,
1.171Vergogna il prenda, se talor ti vede.
1.172Se il tuo testar, come alcun pensa, è vero,
1.173Quanto men fu l'Apostata Giuliano,
1.174Che tu, buon Costantin, dannoso a Piero!
1.175Forse per meglio oprar, nel corpo sano
1.176Giungesti peste eterna, e mi perdoni
1.177Silvestro, e l'altro che salvò Traiano.
1.178Guardate pur che fra i celesti troni
1.179Dei vostri successor non molti avete,
1.180Sì rari i santi abbiam, sì pochi i buoni.
1.181Oggi ha d'altr'acqua Roma ed altra sete
1.182Che di Samaria, ed altri pesci prende,
1.183Che già il buon pescator, con altra rete.
1.184Or per altro sentier nel ciel s'ascende,
1.185Non chi si pente, ma si monda e scarca
1.186Chi la mano al Pastor con l'oro stende.
1.187Con più ricco nocchier nuove onde varca
1.188Con le sarte di seta e d'ôr la vela
1.189Lunge da Galilea la santa barca.
1.190D'altro Simon per te s'ordisce tela
1.191Che di chi di Cefas riporta 'l nome,
1.192Per quello acceso amor che a te si cela.
1.193Oh chi vedesse il ver, vedrebbe come
1.194Più disnor tu, che 'l tuo Luter Martino,
1.195Porti a te stessa, e più gravose some.
1.196Non la Germania no, ma l'ozio e 'l vino,
1.197Avarizia, ambizion, lussuria, e gola
1.198Ti mena al fin, che già veggiam vicino.
1.199Non pur questo dico io, non Francia sola,
1.200Non pur la Spagna, tutta Italia ancora
1.201Che ti tien d'eresia, di vizi scola.
1.202E chi nol crede, ne dimandi ognora
1.203Urbin, Ferrara, l'Orso e la Colonna,
1.204La Marca, il Romagnuol, ma più chi plora
1.205Per te servendo, che fu d'altri donna.
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