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SATIRA PRIMA.

Rime

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1.1Da che stolti pensier, fra quanti inganni
1.2Questa vita mortal sepolta giace,
1.3Con che cieco penar si fuggon gli anni!
1.4Come è, caro signor, l'antica pace
1.5Morta nel mondo, e la virtù sbandita!
1.6Sol vive e regna quanto al ciel dispiace.
1.7Ma chi 'l vede oggi? ogni uom dritta e spedita
1.8Crede prender la via ch'al ciel conduce
1.9Scernendo altrui che forse l'ha smarrita.
1.10Pensa il crudel che sol la mente induce
1.11Al superbo regnar tra 'l sangue e l'oro
1.12Esser d'alta virtù viv'ésca e luce,
1.13Seco biasmando quant'or sono o fôro
1.14Che Mercurio seguendo Apollo e Giove
1.15Menâr con pace i queti giorni loro.
1.16Né scorge il rio quanta più vera altrove,
1.17Che in altrui danni, in altrui gloria e morte,
1.18Per chi sa ben cercar, gloria si trove.
1.19Sol che seco talor si riconforte,
1.20Che sopra il suo vicin si stenda il regno,
1.21Alla ragione e 'l ver chiuse ha le porte.
1.22Né si cura al compir l'empio disegno
1.23Travagliar l'alma, tal che d'ogni posa
1.24Se stesso face in mille affanni indegno.
1.25Se sonno il prende, di dormir non osa,
1.26Ché quanto sente andar morte gli sembra:
1.27Chi fa temere ogn'uom, teme ogni cosa.
1.28Nettare, ambrosia, ognor che li rimembra
1.29Di suo spietato oprar, come talvolta
1.30Cicuta e tosco nel gustar gli assembra!
1.31Quella dolcezza ancor, che il mondo accolta
1.32Ha più che in altro mai, ne' fidi amici
1.33(Né forse il crede l'uom), tutta gli è tolta.
1.34Non lui, non già, ma i giorni suoi felici
1.35Ama chi 'l segue, come san ben poi
1.36Quei che in esilio van soli e mendici.
1.37E ciò intendendo, quanto il giovi o nôi
1.38A se medesmo appena aprir consente,
1.39Ché appena s'ama ei sol fra tutti i suoi.
1.40L'altro, che quale or noi drizza la mente
1.41Ai fer tiranni che piangendo chiama
1.42Regi, Duci e Signor la sciocca gente,
1.43Gli danna e fugge, ed altrimenti brama,
1.44Che seguendo il suo stil, quaggiù trovare
1.45Vivo pace ed onor, morendo fama.
1.46E per merci portar pregiate e care,
1.47Ricerca il Ponto e i rifei monti ancora,
1.48Né sa restar finché s'agghiacci il mare.
1.49Non l'alto albergo in cui si tien l'Aurora
1.50Giace ascoso da lui, no 'l fonte estremo
1.51Onde il mondo a partir Nilo esce fuora.
1.52Né l'avaro voler tornando scemo,
1.53Tenta nuovo cammin, dove non mai
1.54Vela ancor vide il gran Nettuno o remo;
1.55Per cui forse è nel ciel men chiaro assai
1.56Chi segnò Calpe, e n'ha vergogna ed ira
1.57Chi di suo poco ardir s'accorge omai.
1.58Poi, qualor Euro più benigno spira,
1.59Cerca altro mondo, in cui sovente il Sole
1.60Stampa ombra dritta ovunque alluma e gira.
1.61E vedendo ivi alcun forse si duole
1.62Di non tanto scaldar quanto altri disse,
1.63Che delle cinque pon due parti sole;
1.64Tal che i perigli, i lunghi error d'Ulisse
1.65Scilla, Ciclopi, Arpie, Sirti e Sirene
1.66Di cui per mille allor si disse e scrisse,
1.67Son quasi nulla, ai gran travagli e pene
1.68Ch'oggi parte maggior del mondo cieco
1.69Sol per oro acquistar quaggiù sostiene.
1.70Oh veder corto uman, c'hai tu con teco
1.71Se Dario o Crasso ancor men ricco sia!
1.72Nudo è poi tal, che più ricchezze ha seco.
1.73Come lunge ha da sé la dritta via
1.74Chi per posa trovar sempre s'affanna,
1.75E dopo il pasto ha più fame che pria.
1.76Aprite gli occhi che l'usanza inganna:
1.77Gloria stessa vi par quel ch'è vergogna,
1.78Pace quel sol che a faticar condanna.
1.79Altre arme, altro sentier prender bisogna
1.80Per cosa guadagnar, ch'altri si crede
1.81Spesso in braccio tener, ma vegghia e sogna.
1.82Parte è nel mondo poi che sola erede
1.83Si fa di gloria aver, pace e virtude,
1.84E sola al suo estimar più lunge vede.
1.85Questi son quei che dalla santa incude
1.86Trovan formate in noi leggi e costumi,
1.87Sotto cui forse il sommo ben si chiude.
1.88Questi, onde ogn'altro poi quaggiù s'allumi,
1.89Volgon l'antiche e le moderne carte
1.90Chiamando il resto sol nebbia, ombre e fumi.
1.91Questa è infra tutti là più chiara parte:
1.92Rendale onor ciascun, ché n'è ben degna
1.93Cui l'intender là su dal vulgo parte.
1.94Questa sol che il sentier dritto segna
1.95Di pace in terra aver, vita nel cielo,
1.96Sempre alto guarda, e mirar basso sdegna.
1.97Come va ne' pensier cangiando il pelo
1.98Pallida e macra, e ben dimostra il volto
1.99Le vigilie, i digiun fra il caldo e il gelo!
1.100Come in lor sembra, a chi riguarda, accolto
1.101Con mille altre virtù divin dispregio
1.102Di quanto apprezza il secol nostro stolto!
1.103Ahi cieca gente, che l'hai troppo in pregio,
1.104Tu credi ben che questa ria semenza
1.105Abbian più d'altri grazia e privilegio;
1.106Ch'altra trovi oggi in lei vera scïenza
1.107Che di simulazion, menzogne e frodi?
1.108Beato il mondo che sarà mai senza.
1.109Fugge ognor povertà, benché la lodi:
1.110L'esser casto ed umìl brama in altrui,
1.111A nostra libertà tessendo nodi.
1.112Chi potesse entro il sen guardar colui
1.113Ch'alto sedendo di biasmar non stanca,
1.114Forse un vedrebbe in lui contrario a lui.
1.115O santa veste e bigia e nera e bianca,
1.116Quanto a te, più che al ferro argento ed auro,
1.117Pace, fede e virtù talvolta manca!
1.118Non è posto entro al ciel d'essi il tesauro,
1.119Ch'avarizia, ambizion, l'ozio e le piume
1.120Non han servi maggior dall'Indo al Mauro.
1.121Oh quanto è dal parlar lunge il costume!
1.122Questo è d'odio mortal, d'invidia pregno;
1.123Quel di vera bontà ci spande un fiume.
1.124Ah lingua, taci e schiva ira e disdegno!
1.125Ché chi i difetti lor discuopre e canta,
1.126Del ben ch'altri ha lassù lo fanno indegno.
1.127Tacciomi adunque; or veggia il mondo quanta
1.128Viva in essi o in altrui di virtù forma.
1.129Si dirà ben del ciel secca ogni pianta
1.130E che sia morto il ver, non pur ch'ei dorma.
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