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EGLOGA.

Rime

PoeTree.it

1.1Non val Circe o Medea, non erbe o incanti,
1.2Al mal che dona Amor: l'alme sorelle
1.3(Benché si chiuda alcun salire al monte)
1.4Sole ponno addolcir la pena e 'l pianto.
1.5Talor fan queste che fuggendo sdegna
1.6L'empio Cupido; che dolcezza sente
1.7Di tal nel petto ov'ei sol mesce amaro.
1.8E ciò intendendo Polifemo il fero
1.9Che d'ogn'altro Ciclopo il vanto avea,
1.10Allor che amor la bella Galatea
1.11Nel cor gli sculse, non gli avendo ancora
1.12Ombra di nuovo pel segnato il volto,
1.13Solo avea questo alle sue doglie scampo.
1.14E quanto altro facea, vil fumo ed ombra
1.15Esser tutto, dicea che 'l vento porte,
1.16Tanto profonda avea d'amor la piaga.
1.17Oh quante volte dalle piagge ombrose,
1.18Dai verdi campi, e dai fioriti colli
1.19Tornâr già stanche senza mastro e guida
1.20Sole alla mandra sua le gregge amate!
1.21Ch'ei la sua Galatea dolce cantando
1.22Lungo il lito del mare, onde più lunge
1.23Veder potea sopr'alto scoglio assiso,
1.24Ingannava il dolor la notte e 'l giorno,
1.25Così dicendo e sospirando insieme:
1.26O bianca Galatea che fuggi e sprezzi
1.27Chi t'ama e segue, a che ti cal sì poco
1.28Del pianger mio, perché mi meni a morte?
1.29Candida sei più che al gelato verno
1.30L'Etna e il Pachin, ma più sdegnosa e fera
1.31Che Scilla e l'altra, benché in vista sembri
1.32Vie più che 'l nuovo agnel soave e piana.
1.33Qualor le membra mie legate ha il sonno,
1.34Meco, e malgrado tuo, sempre dimori.
1.35Qualor le scioglie, e tu crudel ti parti
1.36Fuggendo, quasi il lupo armenti e gregge.
1.37Quel dì fu il primo dei miei lunghi affanni
1.38Ch'io t'incontrai con la tua madre appresso,
1.39E fui del vostro andar maestro e duce.
1.40Da indi in qua, non trovo pace e tregua
1.41Se non quanto ti veggio, e tu pur vai
1.42De' miei lunghi sospir selvaggia o schiva.
1.43Forse, che 'l fai ch'a mezzo 'l volto vedi
1.44Da l'una orecchia all'altra un ciglio solo
1.45Che senz'altro compagno un occhio adombra?
1.46E largo il naso che alle labbra aggiunge?
1.47Ma, qual io sia, per queste piagge e monti
1.48Tante ho di gregge, che di agnelli e latte
1.49Pover non sono estate, autunno e verno;
1.50E canto tal, come saper ben puoi,
1.51Che d'ogni altro Ciclopo io porto il vanto.
1.52Or non sai tu, crudel, che notte e giorno
1.53Di te sol canto? e che a tuo nome guardo
1.54Due cervette gentil con quattro figli
1.55Di più fera orsa che Sicilia alberghi?
1.56Deh! vien meco, e gli avrai; lascia oggi il mare
1.57A suo grado ferir cruccioso il lito.
1.58Più dolce meco avrai l'ombroso speco:
1.59Lauri odorati avrai, cipressi alteri,
1.60Verde amoroso mirto, edra tenace
1.61Sotto l'ombra gentil di Bacco e Palla.
1.62Qui son chiare acque che ne manda ognora
1.63Dal suo gelato sen l'Etna frondosa.
1.64Or chi, potendo aver sì lieto albergo,
1.65Vorrà piuttosto amar l'onda e la spuma,
1.66Lasciando tal che si consuma e strugge?
1.67Deh perché non mi fér l'ali e le squame
1.68Quali al delfin gli antichi miei parenti?
1.69Ch'or notando nel mar la bianca mano
1.70Talor ti bacerei, se pur la fronte
1.71Mi dinegassi allor, com'or la vista.
1.72Portereti all'april gigli e viole,
1.73Come vermiglie quando scalda il giorno,
1.74Uve all'autunno, e poi castagne il verno.
1.75Ma poi ch'esser non può, cara mia speme,
1.76Caro mio ben, più caro e dolce assai
1.77Che l'ampia gregge mia, che l'occhio stesso,
1.78Deh! vien ti prego alla dolce ombra, vieni
1.79Là 've sarai di me maestra e donna.
1.80Vien, se cortese sei come sei bella;
1.81Staremci il giorno in questa e in quella parte
1.82Dietro alle pecorelle all'ombra e al verde,
1.83Poi la sera trarrem premendo il latte,
1.84Di cui parte berrem, parte rappreso
1.85Al tempo che verrà servar potrassi.
1.86Ma che dico io? l'empia tua madre avara
1.87Del tuo male e del mio vuol pur ch'io mora.
1.88Ella mi biasma ognor, di giorno in giorno
1.89Ella fa tal ch'io mi distruggo e sfaccio.
1.90Già si avvicina il Sol di là dal colle
1.91Onde cade maggior da' monti l'ombra;
1.92L'aria e il ciel tutto si rinfresca intorno;
1.93Già son satolle le mie gregge e stanche:
1.94Io sol non sazio di lamenti e pianto,
1.95Sento più greve il duol, più caldo 'l foco.
1.96O Polifemo, o Polifemo, o stolto,
1.97Che nuovo van desio ti punge il core?
1.98Quanto fôra il miglior prender la falce,
1.99E portare agli agnei, che attendon, l'erba?
1.100Non seguir, non amar chi t'odia e fugge.
1.101Cerca, ché ancor nuova altra Galatea
1.102Tra mille troverai più bella e pia.
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