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SALMO TERZO.

Rime

PoeTree.it

1.1Non sien, Padre del ciel, per me negate
1.2Le sante orecchie, e le mie ardenti note
1.3Tocchin piangendo l'alta tua pietate.
1.4Quai pentite alme al vero ben divote
1.5Ritornaron già mai dal vivo fonte
1.6Della clemenza tua con l'urne vôte?
1.7Tu non negasti ancor salire al monte
1.8Della tua grazia a chi pregando chiede
1.9Che gli apra il varco, onde là su si monte.
1.10Ch'altro vuoi tu che penitenza e fede?
1.11O che vil pregio a possession sì cara!
1.12Ben chi non compra te, niente vede.
1.13Ben alma è ingrata e più d'ogn'altra avara,
1.14Se te non compra, che comprasti lei
1.15Col sangue stesso e con tua morte amara.
1.16O re de' re che infra più stolti e rei
1.17Te festi, a noi salvar, servo de' servi,
1.18Non sia duro il cor tuo ne' detti miei.
1.19Quest'alma, prego, che al tuo regno servi
1.20Con quello amor con cui servasti quello
1.21Che senz'aver parenti ebbe ossa e nervi.
1.22Io che al tuo comandar fui già rubello,
1.23Torno a te richiamar la notte e il giorno
1.24Piangendo il tempo di mia età più bello.
1.25Deh! ch'io non vegga con mio danno e scorno
1.26Torcer dal mio pregar la fronte pia
1.27Ond'ho speranza andar di grazia adorno.
1.28Senza la qual fatt'è la vita mia
1.29Quasi erba in prato dalla falce incisa,
1.30Quasi fior colto che vegnente sia.
1.31Vo ripetendo le mie colpe in guisa
1.32Di passer solitario in alcun tetto,
1.33O d'orba tortorella in ramo assisa.
1.34E mentre di dì in dì la morte aspetto,
1.35Sento degli error miei fascio sì grave,
1.36Ch'io non lo so portar nel tuo cospetto.
1.37E quel che pur tra molti è che m'aggrave,
1.38È il veder sempre quanta vil fra noi
1.39Solo al ventre curar fatica s'ave.
1.40Quanto, oltre al danno, è pur vergogna poi
1.41L'esser più intento assai che il porco al loto
1.42Al consumar tra i cibi i giorni suoi;
1.43L'esser di Bacco tal servo e divoto,
1.44Che postergando ogni leggiadra cura
1.45Guasti il fior dell'età vivendo a voto.
1.46Come sazia di men sarìa natura
1.47Di quel che spesso oltr'a sue voglie prende,
1.48Che l'intelletto in noi con gli anni fura.
1.49Oro, tempo, pensier tra noi si spende
1.50Non per fame acquetar, ché più cara ésca
1.51È quella, che in mangiar più fame accende.
1.52Or io, Signor, come l'usanza invesca,
1.53Se mai gli altri seguii, ne piango, e prego
1.54Che di mie cecità talor t'incresca.
1.55Io nol posso negar certo, e nol niego,
1.56Che il mondan fango non mi prema l'ale
1.57Che or forse in alto per tua grazia spiego.
1.58Versa quell'acqua in lor, che sola è tale,
1.59Ch'ogni lordura sgombra ovunque inonda
1.60Ch'argomento mondan più nulla vale.
1.61E lo spirto divin nel cor s'infonda
1.62Sì ch'io lo pasca dell'eterna manna,
1.63Sprezzando l'esca, onde la vita abonda,
1.64Che chi va senza te sovente inganna.
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