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Rime

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1.1O mia cara sorella, o dolce Ismene,
1.2Or possiam noi ben dir che Giove intenda
1.3(Non sazio ancor di tante doglie e morti)
1.4Ché del doppio fallir del padre Edìpo
1.5Anco noi che viviam portiam la pena.
1.6Nulla cosa infelice, nulla al mondo
1.7Più di miserie o di vergogna avanza
1.8Che ne' tuoi e ne' miei non sia caduto:
1.9E Creonte crudel, l'empio signore,
1.10Con nuovi bandi ci tormenta ognora.
1.11Tu taci; ahi lassa me! Dunque non sai
1.12L'alto disnor che dei nemici nostri
1.13I nostri amici con tal forza ingombra?
1.14Amara o dolce, ancor nulla novella,
1.15Antigone, agli orecchi miei pervenne
1.16De' nostri amici, poscia che in quel punto
1.17Porgendo l'uno all'altro acerba morte,
1.18Noi due de' due fratei restammo prive;
1.19E poi che rotto il gran campo nimico
1.20Fu quella notte, non ho cosa udita
1.21Che più lieta mi faccia, o più dolente.
1.22Tosto adunque il saprai, ché questo solo
1.23Fa ch'io ti trassi qua fuor della porta,
1.24Acciò che senza altrui tu sola udissi.
1.25Deh che fia, lassa! poi che gli occhi e 'l volto
1.26Mostri dipinti di soverchio sdegno?
1.27E parmi il ragionar doglioso e grave?
1.28Non ha il fero Creonte ancor sepolto
1.29L'uno e l'altro fratel, ma in terra nudo
1.30L'un de' due vuol lasciar di fera in guisa.
1.31È nel grembo a Pluton solo Eteòcle
1.32Pur con dovuto onor là giù disceso,
1.33E 'l corpo ch'ei lasciò coperto vide.
1.34Ma 'l miser Polinice in terra giace
1.35Nudo, abietto e scoperto; ed ha bandito
1.36Che alcun de' cittadin non prenda ardire
1.37Di sotterrarlo o di pianger sua morte.
1.38Ma senza pianto altrui, senza sepolcro,
1.39Di can, d'augelli e di selvagge fere
1.40Vuol che restin tra noi dogliosa preda
1.41Quelle membra regai d'Edippo uscite.
1.42Or se noi sguarderem quel ch'è seguìto,
1.43Vedremo ogni comando, ogni minaccia,
1.44Che a te, sorella, e a me si drizzan sole;
1.45A me dico anco, che pur vivo ancora.
1.46E per far più palesi i suoi pensieri
1.47Vuol che la pena sia di chi l'aiuti,
1.48L'esser vivo tra' suoi sotterra posto.
1.49Né gli è bastato pur bandirlo intorno;
1.50Ch'egli stesso vien fuori a dirlo a tutti.
1.51Qui siam, cara sorella; ed è ben tempo
1.52Che ne dimostri omai se del tuo sangue
1.53Porti l'alto valore, o se viltade
1.54Dentro a sì nobil petto albergo trova.
1.55Deh che, semplice, parli? e in che potrei
1.56Giovargli, quando ben disposta fossi
1.57Di trapassar le leggi e sotterrarlo,
1.58S'è vero appunto quel che m'hai narrato?
1.59Pensa pur se tu vuoi porgermi aiuto.
1.60Ah che pericol greve! ov'hai la mente?
1.61E il corpo morto alzar con questa mano.
1.62Speri tu seppellirlo, e che nol senta
1.63Questa città nemica e t'interrompa?
1.64Se venir non vuoi meco, io sola voglio
1.65Al tuo fratello e mio sepolcro dare,
1.66Né cosa curo che avvenir mi possa.
1.67Contr'alla voglia, ahi lassa! di Creonte?
1.68A lui non lice il mio dover vietarmi.
1.69Torniti a mente, ohimè! sorella cara,
1.70Come, già visto il suo peccato orrendo,
1.71Il padre nostro con sua propria mano
1.72Ambi gli occhi si trasse, e poi nimico
1.73Al popol fatto, in sì misera morte
1.74Pien di vergogna chiuse i giorni suoi.
1.75Poscia colei che fu sua donna e madre,
1.76(Come tu sai) poi che conobbe il figlio
1.77Figlio e marito, in duro laccio avvolta
1.78Pur sospinta dal duol se stessa ancise.
1.79Il terzo acerbo danno or n'è presente,
1.80Come veggiam, ch'ancor vermiglia è l'erba
1.81Del sangue, ohimè, de' nostri due fratelli;
1.82Che insieme irati, l'un vêr l'altro mosse
1.83La man fraterna, ed un sol punto vide
1.84L'uno e l'altro cadere, ed egual fato
1.85All'uno e l'altro acerbo fin condusse.
1.86Così noi sole alla fortuna in preda,
1.87Senza conforto alcun di padre o madre,
1.88Senza fratelli, ohimè! rimase siamo.
1.89Or pensa dunque ben quanto dogliosa
1.90Morte ne aspetti, se vorrem con forza
1.91Le leggi trapassar, l'alta potenza,
1.92E i fier comandi del novel signore.
1.93Ma me convien pensar che già create
1.94Femmine fummo, e che non siam bastanti,
1.95Debili e inferme, a contrastar con l'uomo;
1.96E poi che il ciel, già di regine e donne,
1.97Serve n'ha fatte, questo e peggio ancora
1.98Tacitamente ne convien soffrire.
1.99Ond'io, per me perdon chiedendo a quelli
1.100Che già son morti, scuserò il mio fallo,
1.101Poi che mi sforza chi governa e regge.
1.102Ché stimar non si dee saggio colui
1.103Che quel ch'esser non puote indarno tenta.
1.104Io non ti vo' pregar, perciò che, quando
1.105Pur consentissi, non saresti mai
1.106Del tutto pronta; ond'io dolor n'avrei.
1.107E molto meglio all'onorate imprese
1.108È l'esser sol, ch'aver compagni, i quali
1.109O contrario voler tardi, o timore.
1.110Or sia saggia a tuo senno, io pur son certa
1.111Di sotterrarlo; e vie più bel mi fia,
1.112Poi gli avrò fatto onor, morta giacere
1.113Con l'amico fratello amica insieme.
1.114Ch'io veggio ben quanto più lungo e 'l tempo
1.115Di star fra i morti; onde convien piacere
1.116Più tosto a lor ch'a chi nel mondo vive.
1.117E s'a te par, di quel che 'l ciel fa stima
1.118Tien poca cura, e resta; io v'andrò sola.
1.119Di questo non tengo io già poca cura,
1.120Ma il mio nulla sperar mi tira indietro.
1.121Rimanti adunque; ed io così m'invio
1.122A procacciar sepolcro al mio fratello.
1.123Oh che freddo timor m'agghiaccia il core!
1.124Or non mi spaventar, pensa a te sola.
1.125Non aprir con altrui cotal pensiero,
1.126Ma tienlo ascoso, ed io lo taccio ancora.
1.127Parlane pur, ch'a me vie più nimica
1.128Sarai tacendo, che se 'l narri a molti,
1.129Ché l'opre pie non den tenersi ascose.
1.130Come nel proprio mal t'allegri e godi!
1.131Anzi conosco ben quanto far deggio,
1.132Volendo a quei piacer ch'io soli apprezzo.
1.133Pur di nuovo il dirò: tu tenti invano.
1.134Quando più non potrò, starommi in posa.
1.135Non si conviene incominciar quell'opra
1.136Che poi s'abbia a lasciar non giunta al fine.
1.137Taci, s'esser non vuoi nimica espressa
1.138D'una sorella tua, nemica ancora
1.139D'un fratel morto, e lascia in pace omai
1.140Il mio stolto consiglio, e me soffrire
1.141La greve pena che n'aspetta forse;
1.142Bench'io non credo mai ch'altro tormento
1.143Possa sentir più greve un cor gentile,
1.144Che non morir con fama eterna e lode.
1.145S'a te pur così par, segui 'l cammino;
1.146E sappia questo sol, che bench'amica
1.147Sia drittamente ai cari amici nostri,
1.148Poco sei saggia in sì dubbiosa impresa.
1.149Sommo specchio del ciel, del mondo duce,
1.150O del giorno occhio altero,
1.151Ch'ogni animal di tua chiarezza ingombre;
1.152Oggi il bel volto tuo men che mai fero
1.153Ne mostri, e con tua luce
1.154Il tenebroso duol dal petto sgombre.
1.155Omai cenere ed ombre
1.156Son fatti quei ch'a noi dar pena e morte
1.157Voleano ed alla patria alta ruina.
1.158O giustizia divina,
1.159Pur vivi ancora, e senz'altr'arme e scorte
1.160Le sette antiche porte
1.161Libere stanno e sciolte.
1.162Né più tema n'assale: o santa pace,
1.163Ben cieche menti e stolte
1.164Son quelle, a cui la tua virtù non piace.
1.165Il cor n'avvinse, ohimè che freddo gelo!
1.166Quando di ferro e d'ira
1.167Vedemmo armate le nimiche squadre!
1.168Con men tempesta il mar trascorre e gira
1.169Borea al nivoso cielo
1.170Che quegli allor la nostra patria e madre.
1.171L'aer d'oscure ed adre
1.172Nubi cinto parea, tal polve in alto
1.173L'esercito movea correndo intorno.
1.174Tu, sole, a mezzo 'l giorno
1.175Impallidisti al dispietato assalto.
1.176E poi che il verde smalto
1.177Dell'uman sangue tinto
1.178Già vermiglio vedesti, i raggi tuoi,
1.179Da sdegno e pietà vinto,
1.180Lunga? poscia, stagion negasti a noi.
1.181Di Tebe invitta le superbe mura,
1.182Che già 'l dotto Anfione
1.183Costrusse al suon della sua dolce cetra,
1.184Pur dubbiose talor dritta cagione
1.185Avean d'alta paura;
1.186Né pur ben ferma in lor si sentia pietra.
1.187Non altrimenti impetra
1.188Chi morte aspetta, e 'l soccorso ha lontano,
1.189Che il popol dentro ch'aspra fin temea.
1.190Ciascuna porta avea
1.191Contra a sé armato un greco capitano,
1.192Che l'un fero germano
1.193Tratto da giusto sdegno
1.194Contr'all'altro menò, ch'essendo erede
1.195Di par del patrio regno,
1.196Di vendicar cercò la rotta fede.
1.197Ma con dritt'occhio risguardando in terra
1.198Giove benigno e pio
1.199L'alta innocenza nostra e i falli altrui,
1.200Ne prestò forza, e 'l buon sommerse il rio;
1.201Ond'or dell'aspra guerra
1.202Ne riportiam le ricche spoglie a lui.
1.203I sette duci, a cui
1.204Le sette porte date a romper fôro,
1.205Giacer veggiam dalle man nostre ancisi.
1.206Gli Dei, sempre derisi
1.207Da quei, mostraron poi le forze loro.
1.208E a quel che fra costoro
1.209D'ira e superbia mosso
1.210Più il cielo offese d'empio orgoglio pieno,
1.211Da folgore percosso,
1.212Impose morte al fin perpetuo freno.
1.213Voi miseri, Eteòcle e Polinice,
1.214Fratei di sdegno armati,
1.215Cader vedemmo d'ugual morte allora.
1.216Ahi lassi, e dal destin fero menati
1.217Al scontro agro e infelice
1.218Ch'ambedue trasse, ohimè! di vita fuora.
1.219In un colpo, in un'ora,
1.220Morte vi deste: o pio fraterno amore,
1.221Deh come oggi di te 'l mondo si spoglia!
1.222E tu, cieca empia voglia
1.223Del dominar, come n'avvinci 'l core!
1.224L'un mentre 'l tolto onore
1.225Di racquistar s'ingegna,
1.226Contr'alla patria muove ingiuste offese,
1.227E l'altro, mentre regna
1.228Contra 'l dover, la patria e noi difese.
1.229E s'egli e ver che 'l ciel con dritta lance
1.230Porga 'l premio e la pena,
1.231Ben fu d'ambedue questi il fallo uguale.
1.232Fu il viver d'essi un breve sogno appena;
1.233E lor mondane ciance
1.234Passâr più tosto assai, che vento o strale.
1.235Or noi, che 'l fil fatale
1.236Serviamo intero a vie più lunga etate,
1.237Rendianne grazia al padre Bacco e Giove.
1.238Ma il passo vêr noi muove
1.239Creonte, il nuovo re, dalla cittate.
1.240Nuove altre cose nate
1.241Saran, ch'entro al cor preme
1.242Alti pensier, e bandir fe pur dianzi
1.243Che noi qui tutti insieme
1.244Venissimo in quest'ora a lui dinanzi.
1.245O cari cittadin, poscia che 'l cielo
1.246N'ha combattuto assai, l'alma cittade
1.247D'ogni tempesta alfin salva ne rende.
1.248Io vi ho fatti chiamar soli in disparte
1.249Da tutti gli altri, perch'io tengo a mente
1.250Quant'onor, quanta fede, e quanto amore
1.251Già fosse il vostro vêr l'antico Laio
1.252Mentre regnava, e inverso Edippo ancora
1.253Suo successore; il qual poi sendo morto
1.254E rimasi i figliuoi, so con quant'arte,
1.255Gli scorgeste mai sempre al ben comune.
1.256Or poi che doppia morte in un sol giorno
1.257Ambi questi n'oppresse, in ambi sendo
1.258La man vermiglia del fraterno sangue;
1.259A me, mancati lor, ragione apporta
1.260L'esser del regno e dell'impero erede.
1.261E perché mal si puote in uomo alcuno
1.262Scerner dentro i pensier, la mente e 'l core
1.263Finch'ei con l'opre sue, sendo preposto
1.264Ai magistrati o leggi, altrui nol mostra;
1.265Dico, ch'io stimai sempre iniquo ed empio
1.266Qualunque regga impero, e che non porga
1.267I buon consigli aperti, ma per tema
1.268Gli tace, e il suo parlar rivolge altrove.
1.269E chi nel mondo alcuna cosa ha cara
1.270Più della patria, o tenga amico alcuno
1.271Che nemico le sia, chiamo ben questo
1.272Scellerato e crudel più ch'altro assai:
1.273Ond'io vi giuro per quel Giove eterno
1.274Che 'l tutto vede, che timor già mai
1.275Non mi faria tacer, vedendo io cosa
1.276Che al nostro comun ben contraria avvegna,
1.277Né stimar posso amico chi nimico
1.278Sia della patria, perch'io so ben come
1.279Questa sola ne salva; e mentre questa
1.280S'invia per buon cammin, sempre si vede
1.281Crescer con sicurtade amici insieme.
1.282Con queste leggi adunque e in questi modi
1.283M'ingegnerò d'ornar la patria e voi.
1.284Or di quei due fratei d'Edippo nati
1.285Fatt'ho bandir nella città dintorno
1.286Che con quanto più onor si possa o deggia
1.287Porgere a quei che con lodata morte
1.288Parton del mondo, sia sepolcro dato
1.289Ad Eteocle sol, sì come a quello
1.290Che con sommo valor la propria vita
1.291Sprezzò, la patria difendendo e noi.
1.292Ma 'l suo fratel (di Polinice dico),
1.293Il qual sendo rubel nimico venne
1.294Con tal furor contr'agli Dei paterni,
1.295Contr'alla patria armato, e in forza avere
1.296Volea questa città; volea saziare
1.297L'empia sua voglia ingorda del pio sangue
1.298De' suoi congiunti, e noi menar legati
1.299A servizio crudel di gente iniqua,
1.300Costui non vo' che alcun si prenda ardire
1.301Di sotterrar, né la sua morte pianga:
1.302Ma secondo i suoi merti abietto e nudo
1.303Resti ai cani e agli augei, ch'ognor si veggia
1.304Lacerar e macchiar di polve e sangue.
1.305Tale è 'l consiglio mio, né da me mai
1.306Avranno premio ugual gl'ingiusti a quelli
1.307Ch'io porgo ai giusti; ma chi cerca il bene
1.308Di questa patria, da me sempre aspetti
1.309E vivendo e morendo onore e pregio.
1.310S'a voi piace così, Creonte invitto,
1.311Convien ch'anch'a noi piaccia, ch'a voi solo
1.312È lecito il dispor così de' morti
1.313Come di noi che qui viviamo ancora.
1.314Gitene dunque dove 'l morto giace
1.315A far che 'l mio voler non torni vano.
1.316Da più giovani spalle è questo incarco.
1.317Altri son là che vi saranno aita.
1.318Or che bisogna dar tal cura a tanti?
1.319Per non fidarla a chi non abbia fede.
1.320Qual sì stolto sarà che cerchi morte?
1.321La pena sarìa tal; ma spesso avviene
1.322Che 'l soverchio sperar d'assai guadagno
1.323Conduce l'uom, ch'ei non si sente, al fine.
1.324Io non dirò, signor, d'esser qui corso
1.325Tanto veloce ch'io non possa ancora
1.326Per molto affanno ben gli spirti accôrre,
1.327Per ciò ch'a dirne il ver, mi son posato
1.328Spesse fïate, e meco entr'alla mente
1.329Ho combattuto assai, tal che più volte
1.330Vôlto mi son per ritornarmi indietro.
1.331Dicea meco un pensier: lasso! che fai?
1.332Ove drizzi ora il piè? stolto, a chi porti
1.333Con l'ambasciata tua pena sì greve?
1.334Or non andar più in là; ma se d'altronde
1.335Per altro messo il risaprà Creonte,
1.336Non ne debbi aspettar vergogna e danno?
1.337E fra me disputando (ancor ch'io fossi
1.338A camminar veloce) in tal maniera
1.339La via breve per sé m'è stata lunga,
1.340E in somma a voi venir disposi al tutto.
1.341Or benché nulla v'abbia da dir certo
1.342E nulla lieto, pur dirò quel solo
1.343Ch'io posso dirvi; e so ch'altro non deggio
1.344Di bene o mal sentir, che quello stesso
1.345Che i fati destinar nel dì ch'io nacqui.
1.346Che vuoi tu dir ond'hai tanto timore?
1.347Primamente dirò quel che seguìto
1.348Non fu per colpa mia, né so per cui;
1.349Ch'io vi prometto ben che premio alcuno
1.350Non m'arìa fatto far sì greve errore.
1.351Or di' tosto oramai, che cosa è questa.
1.352Soglion le avverse nuove a chi le porta
1.353Porger sempre nel dir tardezza e tema.
1.354Dillo omai tosto, e ti nascondi e fuggi.
1.355Io 'l dirò pure: un novamente è gito
1.356Ad onorar quel morto, e netto e puro
1.357L'ha sotterra riposto in poca fossa.
1.358Or che mi narri tu? chi fu costui?
1.359Io nol so, ma so ben ch'ivi non pare
1.360Forma alcuna di piè, di vanga, o marra:
1.361Ma sì la terra ugual si mostra intorno,
1.362Che pensar non si può di chi foss'opra.
1.363Tal che da prima al ritornar del giorno,
1.364Quando scorgemmo il ver, gran maraviglia
1.365Parve a noi tutti, poi che segno alcuno
1.366Non si vedea, né fonda era la fossa,
1.367Ma leggermente sol di polve e terra
1.368Era coperto, come da chi voglia
1.369Purgar se stesso dal peccato orrendo
1.370Di quei che privan di sepolcro i morti.
1.371Non di fera o di can l'orma si vede
1.372Che raspando co' piè coperto l'abbia.
1.373Nacquer tra noi parole aspre e pungenti,
1.374Ché l'una guardia con minacce altere
1.375Riprendea l'altra: tal che fummo in forse
1.376Di cominciar tra noi battaglia acerba,
1.377Perché ciascun di noi di colpa uguale
1.378Venne in sospetto, e nessun certo n'era,
1.379Anzi diceva ogni uom non esser quello.
1.380Voleva pur ciascun prender con mano
1.381Il ferro ardente, e correr sopra il foco,
1.382Chiamando testimon gli Dei che fallo
1.383Commesso non avea, né sapeva anco
1.384Di chi ciò fosse stata opra o consiglio.
1.385Disse uno alfin, che fe per tema a tutti
1.386Chinar la fronte a terra; e contradire
1.387Non seppe alcun, né miglior modo usare:
1.388Il suo dir fu, che tutto quanto appunto
1.389Si dovesse scoprirvi, e che per nulla
1.390Non si tenesse a voi la nuova ascosa.
1.391Fu conchiuso il suo detto, ed io per sorte
1.392Tratto fui, lasso! a sì lieta novella.
1.393Qui son contr'a mia voglia, e so che voi
1.394Contr'al vostro voler m'udite ancora;
1.395Ché nessun vede volentier quel messo
1.396Che gli viene a portar novelle avverse.
1.397Or sappiate, signor, che 'l cor mi dice
1.398Che tutto quel ch'udite non sia stato
1.399Senza certo voler degli alti Dei.
1.400Deh! non mi far' parlando ira maggiore,
1.401Poi che imbiancando 'l pel ti scema il senno.
1.402Dunque vuoi, folle, dir che 'l cielo ha cura
1.403Di un empio e fero? e che là su dispiaccia
1.404Che secondo 'l fallir la pena porte?
1.405Voi pur vedeste, oimè! che armato venne
1.406Contr'al natìo terren per arder tutti
1.407De' suoi paterni Dei gli ornati templi
1.408Con l'immagin sacrate, e le lor leggi,
1.409La lor cittade: e quando mai vedeste
1.410Il ciel cura tener di sì ria gente?
1.411Certo non mai; ma non piacendo a voi
1.412Questo consiglio, me n'avete ognora
1.413Biasmato assai, né potete anco il collo
1.414Sì volentier piegar sotto tal giogo,
1.415Che i miei comandi con amor serviate.
1.416Ond'io ben certo so ch'alcuni, avendo
1.417Qualche premio da voi, mi fanno oltraggio.
1.418Ah nulla cosa più malvagia al mondo
1.419Mai fu che l'oro: questo le cittadi
1.420Rovina in tutto, e questo scaccia altrui
1.421Dal proprio albergo, e questo inchina al male
1.422Le buone menti; ei sol gl'inganni mostra,
1.423Gli empi spergiuri, e insomma tra i mortali
1.424Solo è d'ogni opra ria ferma radice.
1.425Ma chi mosso per lui commette un fallo,
1.426Quando il penter non val, languendo vede
1.427Ch'ogni peccato alfin sua pena aspetta.
1.428Ma per quel Giove ch'oggi onoro e colo
1.429(Come ogni uom sa) vi giuro che s'in breve
1.430Ritrovando quel c'ha sepolto il morto
1.431Alla presenza mia nol conducete,
1.432Non sarò sazio ancor di darvi morte;
1.433Ma con mille tormenti, strazi e scempi
1.434A tal vi condurrò, ch'a viva forza
1.435Manifestiate a me l'oltraggio fatto:
1.436Perché meglio intendiate e come e donde
1.437Si dee premio cercare, tutti poscia
1.438Serviate a mente ch'amar non si deve
1.439Sempre il guadagno, e che più son coloro
1.440Che dei peccati lor riportan pena,
1.441Che gli altri che ne son gioiosi e lieti.
1.442Deggio io dir altro, o mi ritorno indietro?
1.443Va'; che fortuna ria ti faccia scorta.
1.444Basta a me ch'io non ho commesso fallo.
1.445Anzi avrai guadagnato argento e morte.
1.446Né voglio altro più dirti; e pur t'affermo
1.447Che s'io non veggio qui legati avanti
1.448Quei c'han fallito, allor saprete come
1.449I malvagi guadagni arrecan doglia.
1.450Questo è ben vero: or se costui che è in fallo
1.451Si trova, o no, ché 'l tutto fa la sorte,
1.452Nessun sarà mai più ch'in queste parti
1.453Venir mi veggia, e questa volta ancora
1.454Fuor d'ogni opinion, fuor d'ogni spene,
1.455Salvo, e ringrazio Dio, mi torno indietro.
1.456Tra quanti altri animali
1.457Creò natura mai sotto alcun clima,
1.458Nessun (se ben s'estima)
1.459Si trova più dell'uom noioso e rio.
1.460Questo, del suo natìo
1.461Terren non ben contento, ardito varca
1.462Il mar con fragil barca,
1.463Cercando a sé perigli; ad altrui mali:
1.464Alla terra immortali
1.465Fatiche porge, e crudelmente in prima
1.466Con l'aratro e co' buoi la riga e fende:
1.467Poi la rivolge e stende
1.468Con dura zappa, e adegua ogn'alta cima.
1.469E così d'anno in anno avaro viene
1.470A darle pene alle passate uguali.
1.471Questo ai volanti augelli
1.472Pon mille insidie ognor con visco e ragne,
1.473Sì ch'in boschi o campagne
1.474Non giova al loro scampo aprir ben l'ale.
1.475Al fer leon non vale
1.476L'artiglio, e 'l dente contr'uman disegno,
1.477Ch'or laccio, or nuovo ingegno
1.478Ritien quei più selvaggi e più rubelli.
1.479Benché correnti e snelli,
1.480Fuggir non sanno i cervi; e spesso piagne
1.481La leggier damma ne gli ascosi inganni.
1.482Schivar non ponno i danni
1.483Gli umidi pesci u' corra l'acqua o stagne;
1.484Ché l'annodata rete (avvegna l'onda
1.485A noi gli asconda) tragge a morte quelli.
1.486Questo il possente toro
1.487Sott'aspro giogo alle lung'opre mena,
1.488E la superbia affrena
1.489Del feroce caval con sella e morso.
1.490Dell'alte stelle il corso
1.491Di quaggiù cerca, e i loro effetti impara;
1.492Qual luce è in ciel più chiara,
1.493Qual più nimica al nostro uman lavoro
1.494Perch'Africo, Austro e Coro
1.495Empian di pioggia ognor l'aria serena,
1.496E Borea ed Euro la rivolga altrove.
1.497Fabbrica alberghi dove
1.498S'asconda allor che folgora e balena;
1.499Ed ai venti, alle piogge, al caldo, al gelo
1.500Tempra ivi il cielo uguale al secol d'oro.
1.501In somma il tutto vede,
1.502Né si cela al suo ingegno alcuna parte;
1.503Fuor che trovar nuov'arte
1.504Da schivar morte che a null'uom perdona.
1.505Questo intelletto sprona
1.506Talora al male, al ben talora altrui.
1.507Ma sol saggio è colui.
1.508Ch'ama gli Dei, la patria, e l'alma fede,
1.509E quanto altro possiede
1.510Come fral possession da sé diparte,
1.511E gir lo lascia alla fortuna in gioco.
1.512Ma chi prezzando poco
1.513Il bene, in cure vil gli anni comparte,
1.514Deh come giunge a notte innanzi sera!
1.515Deh com'è fera, ch'esser uom si crede!
1.516Ohimè! s'io ben discerno,
1.517A me par di lontan che questa sia
1.518Antigone che vien presa e legata.
1.519Ahi miserella! nata
1.520Del miser padre Edippo, ahi sorte ria!
1.521Forse essendo colei ch'ei disse dianzi,
1.522Or viene innanzi al re per pianto eterno.
1.523Questa è colei che ricopriva il morto:
1.524Costei trovammo, ma dov'è Creonte?
1.525Eccol, che verso noi ritorna appunto.
1.526Hai tu trovato ancor chi fosse quello?
1.527Signor, nessuna cosa tra i mortali
1.528Si può certo affermar, che spesso avviene
1.529Ch'altri col creder suo se stesso inganna.
1.530Di mai più non tornar davanti a voi
1.531Giurato avea, sì sbigottito e vinto
1.532Mi dipartii dalle minacce vostre.
1.533Ma null'altro piacer s'agguaglia a quello,
1.534Che fuor d'ogni speranza incontra altrui.
1.535Bench'io giurassi allor, tornato sono
1.536Per menar qui costei; com'a voi piace,
1.537Riprendete e punite, ch'io mi trovo
1.538D'ogni sospetto omai purgato in tutto.
1.539Or come e donde vien costei ch'io veggio?
1.540Costei coperse il morto; indi la meno.
1.541Sai tu ben certo quel ch'affermi e narri?
1.542Io stesso la trovai che sotterrava
1.543Quel morto istesso che bandito avete.
1.544Or dico io cose manifeste e conte.
1.545Come il vedesti tu? come fu presa?
1.546Quando da voi scacciato io ritornai,
1.547Portando a' miei compagni le minacce;
1.548Con gran timor levammo via la terra
1.549Ch'era di sopra 'l corpo, e quell'umore
1.550Di pianto o d'altro rasciugammo intorno.
1.551Poi ci ascondemmo dopo un certo sasso
1.552Fuggendo in parte ove non porte il vento
1.553L'odor del morto, e lì di noi ciascuno
1.554Con pungenti parole riprendea
1.555Chi ben non fusse alla sua vista intento.
1.556Così ci stemmo alquanto; e poi ch'il Sole
1.557Fu nel mezzo del ciel, da quella parte
1.558Onde soffia aquilon, rabbiosa venne
1.559Crudel tempesta, che di polve e nubi
1.560Coperse il mondo; e in su 'l più bel del giorno
1.561Reco la notte, e con orror le chiome
1.562Scotea dell'alte selve; ond'altra cosa
1.563Non si sentia né si scorgea dappresso;
1.564Tal ch'appena ciascun chiudendo 'l volto
1.565Potea l'aspro furor dagli occhi tôrre.
1.566Ma poi che l'aria e 'l ciel nel primo stato
1.567Tranquilli ritornar, n'apparse fuore
1.568Questa fanciulla qui, ch'amare strida
1.569Sopra il morto facea, come talora
1.570Suol quell'augel che ritornando al nido
1.571Non ci ritruova i cari figli suoi:
1.572Con pietoso abbracciar, con dolci baci
1.573Spargeva alti sospiri, e doglia e guerra
1.574Pregava a chi l'avea condotto a tale.
1.575Poscia empiendo con man d'arida terra
1.576Un vaso ch'ivi avea, versando quella,
1.577Ne coronò tre volte il morto tutto.
1.578Il che vedendo noi scendemmo allora
1.579Ratti vêr lei, che senza tema alcuna
1.580E non turbata in volto a noi s'offerse;
1.581E del passato fallo e del presente
1.582Mentr'io la riprendea, nulla negava.
1.583E congiunto trovai l'assenzio e il miele;
1.584Però che il purgar noi da doglia acerba
1.585Dolce mi fu, ma poi condurre in doglia
1.586I cari signor miei mi parve amaro.
1.587Pur ogni cosa al fin men dura viene,
1.588Che 'l sentirsi vicin l'estremo giorno.
1.589Com'esser puote, o ciel! che questo sia?
1.590Dimmi or tu, stolta, che sì ardita ascolti,
1.591Confessi quel ch'ei disse, o neghi 'l vero?
1.592Confesso, sì; perché negar lo deggio?
1.593Tu prendi quel cammin che più t'aggrada,
1.594Ché d'ogni colpa libero ti mando.
1.595Tu con brevi parole dimmi ancora:
1.596Sapevi tu d'oprar contra 'l mio bando?
1.597Sapevo sì, ché lo sapea ciascuno.
1.598Ardisti adunque trapassar le leggi?
1.599Non fu Giove colui che mise il bando,
1.600Né la Pietà che giù fra i morti alberga
1.601Da cui venner tai leggi a noi mortali.
1.602Non pensai già che, sendo voi mortale,
1.603Di tanta forza un vostro detto fosse,
1.604Che superasse i santi alti decreti
1.605Che fermaron gli Dei qua giù nel mondo.
1.606Non nacquer tra i mortali oggi né ieri
1.607Le sante usanze, c'han sì lunga vita
1.608Che non si può saper l'età di quelle.
1.609Sì che d'un uom temendo le minacce,
1.610Non dovea già lassar d'esser pietosa
1.611Verso gli Dei, quantunque io veggia aperta
1.612Pena crudel secondo i bandi vostri.
1.613Ma poi ch'esser potrà? tutto è guadagno
1.614Il correr anzi tempo a morte acerba;
1.615Ché chi tal servitù morendo fugge
1.616Non dee dolce com'io chiamar la morte?
1.617A me dunque non fia la morte doglia.
1.618Ma se il fratel che d'un medesmo ventre
1.619Uscì dond'io, senza sepolcro in terra
1.620Sprezzato avessi, a me ben doglia eterna
1.621Stata questa sarìa maggior che morte:
1.622E chi di tal pensier mi tiene stolta,
1.623Ben lo potrei chiamar vile e crudele.
1.624Ben si mostra in costei l'alta durezza
1.625Del duro padre; che per nulla vuole
1.626Rendersi vinta alla fortuna avversa.
1.627Quel van pensier che di soverchio è duro,
1.628Più d'ogn'altro si rompe; e sempre avviene
1.629Che 'l ferro quant'ha più gagliarda tempra,
1.630Vie più si spezza; spesse volte ho visto
1.631Un feroce corsier con picciol freno
1.632Da mezzo 'l corso suo rivolto in dietro.
1.633Non si conviene aver superbia a quello
1.634Che vive servo, verso un suo signore.
1.635Costei le leggi trapassando in prima,
1.636Cominciò farne ingiuria; or che se stessa
1.637Dell'opre rie pregiando, me dispregia,
1.638Aggiunge al primo un second'altro oltraggio;
1.639Tal che se senza pena oggi 'l mio impero
1.640Lasso calcar così, ben si può dire
1.641Ch'io sia vil servo, ed ella alta regina.
1.642Ma se non pur di mia sorella figlia
1.643Ma più congiunta fosse, anzi se fosse
1.644Di Giove uscita, non potria scampare
1.645Da morte acerba; e la sorella ancora
1.646Vorrò punir; ch'io penso certo ch'ella
1.647Di seppellir colui désse 'l consiglio.
1.648Chiamala fuor, ch'io pur la vidi dianzi
1.649Là entro star tutta rabbiosa e muta,
1.650Che di se stessa fuor sembrava in vista.
1.651In mille modi e più di fuor si scerne
1.652La mente di colui che dentro pensa
1.653Ascosamente oprar peccati orrendi.
1.654Come folle è da dir chi lode e pregio
1.655Vuol riportar d'un suo commesso errore!
1.656Ch'altro volete voi che la mia morte?
1.657Null'altro cerco, ché ragione il vuole.
1.658A che dunque tardar? ch'omai veggiamo
1.659Che le parole vostre aspre e moleste
1.660Mi saran sempre omai, ma parimente
1.661Anch'a voi son le mie noiose e gravi.
1.662E donde aver più glorïosa morte
1.663Potea già mai, che nel cercar sepolcro
1.664Al fratel nudo? E se timor non lega
1.665La lingua di costor, diran quel ch'io;
1.666Ché come che felice in molte parti
1.667Sembri il tiranno, in ciò beato appare
1.668Che può far sempre e dir quant'a lui piace,
1.669Né si sente biasmar, com'altri suole.
1.670Sei tu fra tanti a veder questo sola?
1.671Ogni altro il vede ancor, ma teme e tace.
1.672L'ardir più di costor non t'è vergogna?
1.673L'onorare i fratei non merta biasmo.
1.674Non era tuo fratel quel ch'egli uccise?
1.675D'un padre uscimmo e della stessa madre.
1.676Perché adunque sei grata a quel crudele?
1.677Non si può dir crudel poi ch'uno è morto.
1.678Non cancella il morir gli altrui peccati.
1.679Or non fur questi due fratelli insieme?
1.680L'un nimico alla patria, e l'altro amico.
1.681Pur vuol Pluton che si sotterri un morto.
1.682Non con egual onor l'ingiusto e 'l giusto.
1.683Che viltade è punir chi morto giace!
1.684E dopo morte ancor s'odia il nimico.
1.685Per ambo amar, non per odiargli, nacqui.
1.686Andrai dunque ad amarlo nell'inferno,
1.687Ché qui non l'amerai sotto 'l mio impero.
1.688Ecco Ismene qua fuor, che 'l volto bagna
1.689Per la sorella sua d'amaro pianto;
1.690Gli occhi coperti d'una nebbia oscura
1.691Le guance e 'l bel colore
1.692Macchian di tristo umore.
1.693O vipera crudel, che 'l proprio albergo
1.694Ascosamente ognor m'attossicavi,
1.695Né stolto m'accorgea nutrirmi appresso
1.696Due pesti e due ruine del mio regno:
1.697Dimmi, confessi tu d'aver saputo
1.698Del seppellir quel morto, o vuoi negarlo?
1.699Ciò che fece costei feci ancor io;
1.700E seppi 'l tutto, e fui presente all'opra.
1.701Cessin gli Dei ch'io t'acconsenta questo,
1.702Ché a sì lodato ben lontana fosti.
1.703Deh fammi degna in sì misera sorte
1.704D'esser compagna de' tuoi duri affanni.
1.705Plutone e 'l mio fratel mi scôrser sola,
1.706Come sempre spregiai que' falsi amici
1.707Che pur sono in parole amici altrui.
1.708Deh non mi denegar, sorella cara,
1.709Il morir teco e l'onorar quel morto.
1.710Meco non morrai tu, né tuo farai
1.711Quel ch'è d'altrui, ch'è mia la morte e l'opra.
1.712E senza te che mi fia dolce in vita?
1.713Dimandane il signor qui tuo Creonte.
1.714Perché senza cagion m'offendi e pungi?
1.715A me ne pesa e duol d'averlo a dirti.
1.716Deh dimmi, in che potrei giovarti ancora?
1.717In salvar te, perché 'l tuo scampo bramo.
1.718Deggio, lassa! per ciò non morir teco?
1.719Tu la vita cercasti, ed io la morte.
1.720Io pur del nostro mal presaga fui.
1.721Costui te saggia, e questi me diranno.
1.722Pur fu d'ambedue noi comune il fallo.
1.723Non ti doler che vivi; e queste membra
1.724Son morte, tal che già tra i morti stanno.
1.725L'una di queste due conosco stolta
1.726Novellamente, e l'altra il dì che nacque.
1.727La mente di ciascun, quantunque saggio,
1.728Nell'ira sempre si travaglia alquanto.
1.729Ma sappiate, signor, che ogni aspro frutto
1.730Alfin matura, il tempo cangia, e spegne
1.731Ogni altero desir ch'a ciò ne spinge.
1.732Non è spento anco in te, ch'esser vorresti
1.733Compagna stata di chi male adopra.
1.734S'io son senza costei, che fo nel mondo?
1.735Allor lo sentirai che morta fia.
1.736La sposa anciderai d'un tuo figliuolo?
1.737Molte altre ce ne fia da dargli spose.
1.738Ma non come costei chiara e gentile.
1.739Non cerca il mio figliuol sì fatte donne.
1.740Deh perché non sei qui, mio caro Emone?
1.741Vorrai però privar di questa il figlio?
1.742Omai le nozze sue fra i morti fieno.
1.743Adunque ella morrà? Dio nol consenta.
1.744Certo ch'ella morrà: ma non più indugio.
1.745Menate queste qui, serve, là dentro;
1.746E da qui innanzi le convien guardare
1.747Con vista acuta e non lasciarle sole,
1.748Ché gli arditi anco fuggon, quando appresso
1.749Senton venir la morte, e cercan vita.
1.750Quanto colui beato
1.751Chiamar se stesso deve
1.752Che in chiara e dolce età quaggiù dimora!
1.753Ma cui dal cielo è dato
1.754Viver sotto aspro e greve
1.755Tempo, ben con ragion si lagna e plora.
1.756Costui vede ad ogni ora
1.757Non sol sé posto in doglia,
1.758Ma i cari figli suoi,
1.759La pia consorte, e poi
1.760Lasso! dei fidi amici ancor si spoglia;
1.761Né al miser cosa alcuna
1.762Non calcata riman da ria fortuna.
1.763Qual suole atra tempesta
1.764Che 'l mar dintorno turba
1.765Cagion che l'onda e 'l ciel si duole e piange;
1.766Che in quella parte e in questa
1.767Rompe i liti, e conturba
1.768L'arene, i pesci ancide, i legni frange;
1.769Tal quando fere ed ange
1.770Un re di Giove l'ira,
1.771Forz'è che poi si stenda
1.772Più oltra, sì ch'offenda
1.773Mill'altri senza colpa; e se sospira
1.774Tal volta il capo solo,
1.775I membri uguale a lui senton suo duolo.
1.776Ecco, quando 'l ciel volse
1.777Della sua colpa ria
1.778Versar solo in Edippo acerba pena,
1.779Sé stessa al mondo tolse
1.780Quella sposa empia e pia,
1.781Di vergogna, di sdegno, e di duol piena.
1.782Né corso è l'anno appena,
1.783Che i figli irati insieme
1.784Si dier l'un l'altro morte;
1.785Or con più acerba sorte
1.786Veggio la figlia giunta all'ore estreme,
1.787Ché ben gira oggi il Sole
1.788L'ultimo giorno a quest'antica prole.
1.789Ahi troppo, ahi troppo ardita
1.790Fanciulla! ahi mente inferma!
1.791Ben della vita tua poco ti cale.
1.792Ma a quel che l'infinita
1.793Possanza in alto afferma
1.794Nulla forza fra noi né ingegno vale;
1.795Ché il ben fa parer male
1.796A colui sempre il cielo,
1.797Cui destinato ha in terra
1.798Morte, o perpetua guerra;
1.799Tal gli occhi del pensiero affosca un velo.
1.800E quanto pensa o face,
1.801Gli è danno, e 'l suo sperar torna fallace.
1.802Ma tu, benigno Giove,
1.803Ch'innanzi hai sempre mai
1.804Il presente, il preterito, il futuro,
1.805Deh se pietà ti muove
1.806Di noi mortali, omai
1.807Rivolgi gli occhi al caso acerbo e duro.
1.808Fa' che 'l sepolcro oscuro
1.809In questa età non chiuda
1.810La giovinetta acerba;
1.811Che se ben fu superba
1.812Contr'al re nostro e di dolcezza ignuda,
1.813Pensa in femminil core
1.814Quanto possa pietà, sdegno e dolore.
1.815Ecco qua il figlio vostro Emon, che mostra
1.816Vista irata e dogliosa
1.817Forse a cagion d'Antigone sua sposa.
1.818Tosto 'l saprò: sei tu venuto, o figlio,
1.819Contr'a tuo padre irato, avendo inteso
1.820Della tua sposa quel che far si deggia?
1.821O pur vuoi consentir quel ch'a me piace?
1.822Padre, io son vostro, e sempre 'l buon sentiero
1.823Seguirò che da voi scorto mi fia.
1.824Né potrò mai gradir nozze né sposa
1.825Più che i vostri paterni e buon consigli.
1.826Così far si conviene, e tutto 'l mondo
1.827Meno stimar che la paterna voglia,
1.828Ché sol si brama ubidïente il figlio
1.829Per aver doppia aita al porger doglia
1.830A' suoi nimici, e poi compagni fidi
1.831All'onorar gli amici quanto il padre.
1.832Chi di contrarie voglie ha figli appresso,
1.833Ch'altro nutrisce ch'a sé doglia e guerra,
1.834Ed a' nemici suoi dolcezza e riso?
1.835Ora a te, figlio, un van piacer di donna
1.836Frale e caduco non rivolga il senno,
1.837E pensa ben quanto con donna iniqua
1.838Sia duro il dimorar la notte e 'l giorno.
1.839Qual maggior piaga che il malvagio amico?
1.840Ma sì come nimica a tutti noi,
1.841Per nuovo sposo nell'inferno scenda,
1.842Ché in tutta la città trovato ho sola
1.843Costei fatta rubella al nostro impero.
1.844Non vo' che vane sian le mie minacce,
1.845Ch'io pur l'anciderò, Giove pregando
1.846Che non m'imputi cotal morte a fallo.
1.847Che se spregiarmi da' congiunti lasso,
1.848So che mi spregeran poi gli altri ancora.
1.849Chi dentro a casa sua giustizia adopra,
1.850Vie più nella città poi giusto appare.
1.851Ciascun si dee punir quando le leggi
1.852Trapassa e sforza, e ch'ubbidir non pensa
1.853A chi della città corregge il freno.
1.854Sempre ubbidir conviensi al suo signore
1.855E pensar ch'indi sia la sua salute;
1.856E chi fa questo, alteramente accresce
1.857Della sua patria il ben, di sé l'onore.
1.858Nessuno error più greve il mondo ingombra,
1.859Che in vil dispregio aver gli altrui comandi.
1.860Questo sommerge i regni, e questo in fondo
1.861Manda le case, e questo solo in guerra
1.862Porge a' nimici la vittoria in mano.
1.863Ma del principe suo servar l'impero
1.864Reca vittoria, onor, salute, e pace.
1.865L'ubidïenza adunque a quel che regna
1.866È forza mantener sempre onorata.
1.867Né gli voler prepor cosa sì vile,
1.868Ché manco error sarìa se fosse questa
1.869Un uom, ché pur vergogna troppo fôra
1.870L'esser chiamati noi di donna servi.
1.871Se 'l vecchio senno dai lung'anni nostri
1.872Consumato non è, nessun potria
1.873Con più sagge parole aprirne il vero.
1.874Gli Dei, come sapete, o padre antico,
1.875Han dato a tutti noi vario intelletto
1.876Da pregiar molto più ch'argento od oro
1.877E quanto questo ognor dentro mi mostre
1.878L'empia sentenza vostra iniqua e torta
1.879Né saprei né potrei narrarlo altrui:
1.880Ma vinca nel cor vostro altro consiglio.
1.881Io vo sempre spiando in ogni parte
1.882Quel ch'altri facci, o dica, o biasmi, o lodi
1.883Per referirlo a voi, sì come quello
1.884Ch'al vostro male e ben compagno vivo.
1.885E la vostra presenza una tal tema
1.886Desta nei cuor altrui, che mai nessuno
1.887Cosa dirìa ch'a voi molesta fosse,
1.888Ché sempre dal signor si fugge il vero.
1.889Già tutta la città pianger si sente
1.890L'acerbo fin di questa giovinetta,
1.891Sfogando l'ira sua con queste voci:
1.892Deh fia già mai che giovin sì leggiadra,
1.893Vie più d'ogn'altra valorosa al mondo,
1.894Sol per esser pietosa a morte vegna?
1.895Or chi trovasse un caro suo fratello
1.896Morto, senza sepolcro, abietto e nudo,
1.897Né consentisse ch'a' rapaci augelli
1.898Foss'esca o preda de' bramosi cani,
1.899Ma l'onorasse e désse ampio sepolcro,
1.900Non sarìa questa sempre e in tutto 'l mondo
1.901Degnissima d'onor, di pregio e fama?
1.902Tal voce corre ognor segreta e piana.
1.903Mentre amerete il ben, padre, io non tegno
1.904Alcuna possession di voi più cara.
1.905E qual gloria maggior può il figlio avere,
1.906Che glorïoso il padre? e qual maggiore
1.907Il padre ancor, che glorïoso il figlio?
1.908Non si convien fermar sì duro il core
1.909In una opinïon, pensando seco
1.910Del tutto vane poi l'altrui credenze.
1.911Colui che senza par sé stesso estima
1.912Dotto, eloquente e saggio, sempr'avviene
1.913Che più d'ogn'altro riputato è stolto.
1.914Il sapïente mai non ebbe a schivo
1.915Gli altrui ricordi, né mai prese a sdegno
1.916Il rimutar talor nuovo consiglio.
1.917Vedete come ben salvi i suoi rami
1.918L'arbor che cede al tempestoso corso
1.919Del fier torrente che dai monti scende.
1.920Ma chi vuol contrastar con l'onde irate,
1.921Si svelle alfin con l'ultime radici.
1.922Tale il nocchier ch'al gran furor de' venti
1.923Non vuol raccor le vele e incontra spinge,
1.924Manda il legno roverso, e in fondo cade.
1.925Cedete omai, mutate omai consiglio;
1.926E se mai giovin senno al vecchio porse
1.927Chiaro ricordo, sovr'ogn'altro è degno
1.928Chi per se stesso drittamente intende.
1.929Ma perché rare volte il ciel consente
1.930Un tal dono a' mortai, sempre conviensi
1.931Ricorrer, dico, ai buon consigli altrui.
1.932Non vi sia l'imparar da questo a sdegno,
1.933Signor, se cosa alcuna util vi mostra,
1.934Né tu da lui, ché l'uno e altro è saggio.
1.935Degg'io per tanta età nel mondo avvezzo
1.936In sì giovine scuola apprender senno?
1.937Torto questo sarìa, ché l'età sola
1.938Non si dee riguardar, ma l'opre ancora.
1.939L'onorar donna ingiusta e sì degna opra?
1.940Io non cerco onorar chi ingiusta sia.
1.941Or non fu il suo fallir di pena degno?
1.942Non dicon quei miglior cui Tebe onora.
1.943Il popol non dà leggi al suo signore.
1.944Non è d'un re questa sentenza degna.
1.945Altri è dunque signor della cittade?
1.946Non si trova città che sia d'un solo.
1.947Non son di noi signor le città serve?
1.948Sì mentre siete voi servi alle leggi.
1.949Che question prendi tu per una donna?
1.950Sì sendo donna voi, ché per voi parlo.
1.951O scellerato! e contra il padre istesso!
1.952Perch'io vi deggio oprare ingiusti effetti.
1.953Non è giusto 'l servar dritto 'l mio impero?
1.954Ma non privar gli Dei del dritto onore.
1.955O pensier femminile! o basso spirto!
1.956Non fui da cosa vil macchiato ancora.
1.957Non è sol d'una donna il tuo parlare?
1.958Di voi, di me, de' santi Dei ragiono.
1.959Non sarà già costei tua sposa in vita.
1.960Se così dee morir, non morrà sola.
1.961Sei tu sì stolto, che minacci il padre?
1.962Che giova minacciar le menti inique?
1.963Tu, stolto, diverrai, piangendo, saggio.
1.964Ancor direi, se voi non foste padre.
1.965Non mi molestar più, servo di donna.
1.966Volete voi parlar ch'io sempre taccia?
1.967Voglio; e ti giuro che in sì scemi detti
1.968Non ti rallegrerai d'avermi offeso.
1.969Menate quella a me; ch'avanti agli occhi
1.970Del folle sposo suo morrà la sposa.
1.971Non fia già mai che nella mia presenza
1.972Senta spegner la vita ond'io sol vivo.
1.973Né tu mai più vedrai questo tuo figlio:
1.974Ma con gli adulator ti resta, e parla.
1.975Il vecchio re di soverchia ira è carco,
1.976E di doglia soverchia il giovin figlio.
1.977Faccia, pensi da sé cosa più degna
1.978Che offender me, ne queste due sorelle
1.979Dal destinato fin potrà scampare.
1.980Volete voi che l'una e l'altra mora?
1.981Chi non ha colpa in ciò, non porti pena.
1.982Che modo al morir suo pensato avete?
1.983Io vo' menarla in solitaria parte,
1.984E serrerolla in un sepolcro viva,
1.985Dandole tanto cibo quanto basti
1.986A purgar me da sì crudele scempio,
1.987Ma non già basti a ritenerla in vita.
1.988Ivi il fero Pluton che solo adora
1.989Chiamando, il pregherà le porga aiuto,
1.990E vedrà certo ancor quanto sia folle
1.991Colei ch'i morti onora, e i vivi offende.
1.992Quanto il tuo gran valore,
1.993Amor, puote, oggi il cielo
1.994L'aria, la terra, il mar per prova il sanno.
1.995Spinto dal tuo furore,
1.996Sovente al caldo, al gelo,
1.997Già sentì Giove il mortal nostro affanno.
1.998Percuote d'anno in anno
1.999Al fresco tempo e verde
1.1000Gli augelletti il tuo strale:
1.1001In terra ogni animale
1.1002La libertà dentr'i tuoi lacci perde;
1.1003Né ingegno né fierezza
1.1004Già mai gli snoda o spezza.
1.1005Sotto alle gelide onde
1.1006Ancor tue forze stendi;
1.1007Ché i pesci infiammi del tuo ardente foco:
1.1008Né il centro a te s'asconde,
1.1009Ché Pluto e gli altri offendi
1.1010Con arme tai ch'ogni suo schermo è poco.
1.1011Qual Dio, qual uom, qual loco
1.1012Sì possente, o sì fero,
1.1013O sì lontan si sente,
1.1014Che la fronte e la mente
1.1015Umil non pieghi al tuo sagrato impero,
1.1016O signor santo e solo
1.1017Dell'uno e l'altro polo?
1.1018Oh qual perpetuo amaro,
1.1019Oh qual giogo aspro e duro
1.1020Sente colui che te dentro riceve!
1.1021Ogni alto ingegno e chiaro,
1.1022Divien sì basso e scuro,
1.1023Che solo è ne' suoi danni pronto e leve.
1.1024Quanto apprezzar si deve,
1.1025La patria, il padre, il regno,
1.1026Gli amici, e l'altre care
1.1027Cose nel mondo e rare,
1.1028Sì come un fascio vil si prende a sdegno;
1.1029E sol segue e desia
1.1030Chi a morte pur l'invia.
1.1031Or che sì lunga etade
1.1032M'ha il cor purgato e scarco,
1.1033Sì ch'amoroso duol più non m'accora,
1.1034Mostro altrui quelle strade
1.1035Di cui sovente 'l varco
1.1036Destro smarrii pur giovinetto ancora.
1.1037Lasso! ch'io veggio fuora
1.1038Venir quella infelice
1.1039Antigone regina,
1.1040Che a morte, oimè! cammina
1.1041Nell'età sua più verde e più felice.
1.1042Ahi mondo, stolto è bene
1.1043Chi in te ripon sua spene!
1.1044Chi terrà 'l pianto mai che chiuder veggia
1.1045L'angelica figura
1.1046Da questa tomba oscura?
1.1047O cittadin della mia patria antica
1.1048Con cui nacqui da prima
1.1049E poi nutrita fui sì dolcemente;
1.1050Ecco la vostra Antigone che muove
1.1051L'estremo passo, e mira,
1.1052Per più non rimirar, del Sole i rai.
1.1053Per non più rimirar, lassa! ché viva
1.1054Menata son fra i morti
1.1055A sentir morte più che morte acerba.
1.1056Non gusterò le dolci nozze omai,
1.1057Ma prendo in nuovo sposo
1.1058L'inferno, a cui sarò congiunta in breve.
1.1059Tu glorïosa e d'alte lodi ornata,
1.1060Prendi questo mortal vïaggio estremo
1.1061Non da nocente infermità distrutta,
1.1062Né percoss'anco da taglienti spade;
1.1063Ma viva e sciolta sola in fra i mortali,
1.1064Discendi dove al fin discende ogn'uomo.
1.1065Già sentii dir la dolorosa sorte
1.1066Di Nïobe infelice
1.1067Là in mezza Frigia sovr'un alto monte.
1.1068Ch'ivi divenne pietra; e vive ancora
1.1069Dall'edera tenace
1.1070E pruni e rovi cinta d'ogn'intorno,
1.1071Dai venti offesa ognor, di neve carca,
1.1072Per pioggia umida e molle,
1.1073E in su gli occhi s'agghiaccia un pianto eterno.
1.1074Lassa! ch'a questo uguale
1.1075Misero stato mi riserba il cielo.
1.1076Ella è Dea, che di un Dio nel mondo nacque.
1.1077Noi siam mortali, e di mortai siam nati;
1.1078Sì ch'è ben da pregiar s'ad uom mortale
1.1079Simil sorte agli Dei nel mondo incontra.
1.1080Ohimè, ch'io son beffata! ahi dolci amici,
1.1081Perché schernite or tale
1.1082Ch'ancor qui vive, e pur conosce il vero?
1.1083O città cara, o dolce popol caro,
1.1084O cari fonti, o boschi
1.1085Già santi alberghi dei tebani Dei,
1.1086Voi chiamo testimon, voi tutti chiamo,
1.1087Che almen veggiate voi come derisa
1.1088Dai cari amici, e per qual fallo e come
1.1089Il passo affretto all'empia sepoltura.
1.1090Né sarò, lassa! ahimè misera! al tutto
1.1091Tra i morti né tra i vivi.
1.1092Tu non sarai tra i vivi né tra i morti,
1.1093Perché volendo, o figlia,
1.1094Esser pietosa e giusta,
1.1095Prendesti troppo ardire, ond'or sei tale.
1.1096Ma in cotal guisa forse
1.1097Sostien la pena dei paterni falli.
1.1098Voi mi tornate a mente i lunghi affanni
1.1099E l'infelice sorte
1.1100Del mio misero padre.
1.1101Dal qual cominciò in prima
1.1102Sopra 'l nostro terren l'alta ruina,
1.1103Che ancor non trova fondo.
1.1104O maledette nozze di mia madre,
1.1105Madre al mio padre e sposa!
1.1106O tristo albergo che vedesti insieme
1.1107Giacer la madre e il figlio!
1.1108O scellerato letto in ch'io già nacqui
1.1109Sorella e figlia al padre,
1.1110Ed alla madre mia nipote e figlia!
1.1111Per tal peccato orrendo,
1.1112Senz'alcun frutto aver di me lasciato,
1.1113A così duro fin giunta mi veggio.
1.1114Oimè, fratello, oimè! quella pietade
1.1115Che 'l cor di te mi punse
1.1116Quand'io ti vidi in terra,
1.1117Or, lassa, è che m'ancide.
1.1118Giusta pietade è l'onorare i morti,
1.1119Ma non per ciò si deve
1.1120Schernir, quand'ei comanda, un suo signore.
1.1121Ma l'alta aspra durezza
1.1122Innata entro 'l tuo cor t'indusse a questo.
1.1123Lassa! senz'altrui pianto,
1.1124Senza pietà trovar, senza 'l mio sposo,
1.1125Per sì corto viaggio
1.1126A forza son menata al passo estremo.
1.1127Oimè! che 'l sacro lume
1.1128Di questo Sol veder mai più non deggio.
1.1129Ohimè! del duro stato in ch'io mi trovo,
1.1130Che dovria far le pietre
1.1131Struggersi in pianto, alcun non veggio intorno
1.1132Che almen si doglia alquanto.
1.1133Chi porre indugio alla vicina morte
1.1134Coi pianti e coi sospir seco credesse,
1.1135Non queterìa già mai la notte e il giorno.
1.1136Menatela oramai là dove io dissi.
1.1137Poi la chiudete in quella tomba oscura
1.1138Con poco cibo, ed ivi morta o viva
1.1139Come a lei piacerà, sempre dimori.
1.1140Noi siam purgati d'ogni colpa ria,
1.1141E lei privata avrem di questa luce.
1.1142O tomba, o casa oscura, o tristo albergo,
1.1143Che dei sempre coprirmi, ecco ch'io scendo
1.1144Ratta dentro al tuo sen per far maggiore
1.1145Il numero de' miei che morte ha spenti:
1.1146I quai fur senza fine; e l'ultim'io,
1.1147Lassa, sarò, ma con più acerba pena
1.1148E in più giovine età del mondo parto.
1.1149Pur partendo mi pasco in questa speme:
1.1150Che amica vengo al padre, amica insieme
1.1151A te, caro germano, a te mia madre,
1.1152Voi tutti morti già con queste mani
1.1153Presi e purgai, porgendo quell'onore
1.1154Che si conviene, ed io d'aver non spero.
1.1155Ed or cercando, o Polinice amato,
1.1156Renderti uguale onor, a tal son giunta.
1.1157Ma non mi pento già d'averti onrato;
1.1158Perché se, madre essendo, avessi visto
1.1159Ivi un mio figlio, o 'l mio diletto sposo,
1.1160Non avrei forse tal periglio eletto
1.1161Contr'all'altrui voler come ho fatt'ora.
1.1162Morto il mio sposo, un altro n'era al mondo;
1.1163Molti figliuoi di me nascer potea.
1.1164Ma morti l'uno e l'altro mio parente,
1.1165Non avea da sperar nuovo fratello,
1.1166E però d'onorarti alfin disposi.
1.1167Or questo è il fallo che Creonte dice.
1.1168Questo è quel troppo ardir, fratel diletto.
1.1169Onde or che il caro giorno era vicino
1.1170Dell'alme nozze e del mio dolce sposo,
1.1171Per man d'esto empio e rio qui son condotta
1.1172Al fer sepolcro, ov'altro letto ornato,
1.1173Altro sposo, altre nozze, altri figliuoli
1.1174Deggio trovar che quei che l'altre fanno.
1.1175Ma d'ogni amico abbandonata e sola,
1.1176Viva men vado ad albergar tra i morti.
1.1177E per qual legge, oimè, per qual peccato?
1.1178Deh, verso quale Dio più volger deggio
1.1179Gli occhi dogliosi, a qual compagno fido
1.1180Deggio chieder soccorso? poich'in cambio
1.1181Dell'usata pietà questo ricevo?
1.1182Ma se la pena mia su il ciel gradisce,
1.1183Comportiam pazïenti i giusti danni.
1.1184E se 'l fallo è d'altrui, ch'ei non sostenga
1.1185Pena maggior che quella stessa ch'ora,
1.1186Lassa! contro il dover mi sta davanti.
1.1187Ancor vivono in lei gli spirti interi,
1.1188E l'alma è scarca e non da tema oppressa.
1.1189Ben veggio omai che il tardar vostro fia
1.1190Cagione al fin di pianto a tutti voi.
1.1191A tostissima morte mi conduce
1.1192Questa minaccia acerba.
1.1193Io ti conforto a non aver più spene
1.1194Ch'altro deggia seguir che quanto è detto.
1.1195O patria, o mia città, rimanti in pace;
1.1196O santi Dei paterni,
1.1197Oimè, che a morte corro e più non tardo.
1.1198O cari cittadin, padri e compagni,
1.1199Vedete omai la misera regina
1.1200Di tanti sola al mondo
1.1201Che morte acerba e da qual uom sostiene
1.1202Perché fu giusta e pia.
1.1203Dolce, gioconda e lieta
1.1204Questa vita mortal chiamata fôra,
1.1205S'altri sapesse ben reggerne il corso.
1.1206Ma lasso, ad ora ad ora
1.1207Feron la mente in noi, che sarìa queta,
1.1208Mille desii con venenoso morso.
1.1209Noi spietati di noi, non pur soccorso
1.1210Non le porgiam, ma grevi ognor nimici
1.1211A lei, lassa! giungiam ché mercè chiama.
1.1212Quel follemente brama
1.1213Gli altrui regni occupar, le altrui pendici.
1.1214E mentre alza superba
1.1215La man contr'ai miglior di pace amici,
1.1216Vive in affanni e in guerra, e il ciel gli serba
1.1217Nel ferro e nel velen poi morte acerba.
1.1218Quell'altro eterna gloria
1.1219E lunga vita ancor dopo la morte
1.1220Sciocco bramando invan, l'alma tormenta.
1.1221E se troppo umil sorte
1.1222Già di Marte gli toe pregio e vittoria,
1.1223Delle Muse il cammin bramoso tenta.
1.1224E con lor di Parnasso s'argomenta
1.1225Montar la cima, ove chi giunge è nulla
1.1226(Se ben s'estima) se non sogno ed ombra.
1.1227Ma il van desio gli adombra
1.1228Cosa che 'l miser cor pasce e trastulla.
1.1229Vivendo, il cor gli rode
1.1230Un crudel verme ch'ogni pace annulla.
1.1231Poi compiti i suoi dì, quell'alte lode
1.1232A lui che son, che più non sente ed ode?
1.1233Un altro, argento ed oro
1.1234E per terra e per mar bramoso e intento
1.1235Cerca in mille perigli, in mille affanni.
1.1236Non pioggia, neve, o vento,
1.1237Non caldo cura, o gel, s'ampio tesoro
1.1238Spera il folle adunar dopo a molt'anni.
1.1239Quinci sono i lacciuoi, quinci gl'inganni,
1.1240Per cui la libertà, per cui la pace,
1.1241Perdut'abbiam che 'l viver fea giocondo.
1.1242Ma se 'l misero mondo
1.1243Volesse ben pensar come fallace
1.1244È quel ch'ei tanto apprezza,
1.1245In odio allora avria quant'or gli piace;
1.1246Ché chi terre acquistar, lode o ricchezza
1.1247Di soverchio desia, sé stesso sprezza.
1.1248O quanto è dolce, o quanto,
1.1249Il cor disciolto aver d'ogn'altra cura,
1.1250E in bando por desio, timore e speme,
1.1251Sol quel che in noi natura
1.1252Richiede avendo; o giusto o saggio o santo
1.1253Quel che in sì torbo mar tal corso tiene!
1.1254Né di suo proprio mal né d'altrui bene
1.1255Molto dolersi; il pregio e l'oro, e i regni
1.1256S'abbia chi con sudor gli merca e sangue.
1.1257Quand'un re vinto langue
1.1258Infra nimici armati, e certi segni
1.1259Vede di morte allato,
1.1260Con sospir d'ira e penitenza pregni
1.1261Felice chiama l'altrui basso stato.
1.1262Che poco innanzi il suo dicea beato.
1.1263Ecco Tiresia il santo vate e giusto,
1.1264Io prego umile il ciel ch'omai ne mostri
1.1265Vicino il fin dei lunghi affanni nostri.
1.1266Noi due che insieme andiamo, o cittadini,
1.1267Per un sol veggiam lume, perché a' ciechi
1.1268Convien che da altrui sia la strada scorta.
1.1269Che nuove apporti, o mio Tiresia antico?
1.1270Io tel dirò, ma fa' quant'io ti mostro.
1.1271Io non fui mai dal tuo voler lontano.
1.1272E per ciò sei venuto in questo impero.
1.1273Sempre m'affaticai nel ben di quello.
1.1274Fa' pur d'esser or saggio al gran bisogno.
1.1275Oimè, che il tuo parlar mi dà spavento!
1.1276I segni ora udirai dell'arte mia.
1.1277Io stava assiso sovra un certo colle
1.1278Dal qual notare i santi augùri soglio.
1.1279Send'io così, l'orecchie mi percuote
1.1280Voce orrenda d'uccei maligni e crudi
1.1281Che fuor roca venìa con tristo spirto.
1.1282Poscia coi becchi e l'unghie insanguinate
1.1283L'un vêr l'altro movea battaglia acerba
1.1284(Ché al dibatter dell'ali il tutto appresi).
1.1285Sovr'i devoti altar pien di paura
1.1286Subito accesi allor sagrati incensi.
1.1287Ma ne' miei sagrifici mai non parse
1.1288Chiara la fiamma, anzi sommerso 'l fuoco
1.1289Dal cener non mostrò mai luce aperta,
1.1290L'ostia sempre più cruda, umida e crespa,
1.1291Di fumo cinta, un tristo odor rendea.
1.1292Il fiel dentro si sparse, e quella tutta
1.1293Dell'amaro liquor coperse e tinse.
1.1294Questi segni del ciel vêr noi cruccioso
1.1295Tutti allor mi narrò questo mio servo,
1.1296Mio duce in questo ov'io son duce altrui.
1.1297Ma solo a tua cagion tutto n'avviene,
1.1298Perché gli augelli e i can piene e macchiate
1.1299Han le case e gli altar d'ossa e di sangue
1.1300Del misero figliuol d'Edippo morto.
1.1301Onde gli Dei non voglion più da noi
1.1302Ricever sacrifici, incensi e preghi.
1.1303Né puote alcun augel con chiara voce
1.1304Empier di lieto augurio i nostri orecchi,
1.1305Sendo di sangue uman pasciuto e sozzo.
1.1306Pensa, o figliuolo, e sappia che 'l peccare
1.1307A ciaschedun mortal cosa è comune;
1.1308Ond'assai folle, ma non stolto in tutto,
1.1309Si dee quel riputar che adopra un fallo,
1.1310Poi si corregge, e crede a chi l'emenda;
1.1311Ma l'esser duro accresce sempre il male.
1.1312Perdona al morto, e non voglia esser crudo
1.1313Verso colui che più non puote aitarsi.
1.1314E che gloria ti fia nuocere a' morti?
1.1315Pensala, ben ti dico; e gran guadagno
1.1316È l'imparar da chi t'insegna 'l bene.
1.1317Voi tutti, o vecchio, come segno a strale
1.1318Posto m'avete ai vostri van disegni;
1.1319Ma troppo bene omai per lunga prova
1.1320So chi voi siete, e già dai vostri sogni
1.1321Raggirato e beffato un tempo fui.
1.1322Se guadagnar vorrete argento ed oro,
1.1323Troverete altro modo, e quel ch'è morto
1.1324Non farete coprir d'altro sepolcro.
1.1325Che s'io vedessi ben l'augel di Giove
1.1326Macchiar del sangue la celeste sede,
1.1327Non vorria consentir temendo questo
1.1328Che sotterrato fosse: e so che cosa
1.1329Mortal non può macchiar gli Dei superni.
1.1330Ma spesso suole, o buon Tiresia antico,
1.1331Quel rovinar cui vil guadagno muove
1.1332All'altrui confortar nell'opre ingiuste.
1.1333Chi 'l vide mai di me, chi 'l pensò mai?
1.1334Non bisogna cercar chi 'l vide o seppe.
1.1335Quant'è nobil più d'altro il buon consiglio!
1.1336Quanto l'essere stolto è maggior peste!
1.1337Da tale infermità sei tu compreso.
1.1338Non voglio ad un profeta oltraggio dire.
1.1339Qual oltraggio maggior che dir bugiardo?
1.1340Sempre l'uom che indovina ama l'argento.
1.1341E gl'ingiusti guadagni ama il tiranno.
1.1342Sai tu ben che tu parli al tuo signore?
1.1343So, perché a mia cagion venisti tale.
1.1344Tu sei saggio profeta, ma non giusto.
1.1345Cosa dir mi farai ch'io non volea.
1.1346Dì pur, che il premio più che il ver ti spinge.
1.1347Part'ei ch'ora il mio dir risguardi il prezzo?
1.1348Non or che sai ch'ogni tuo inganno è vano.
1.1349Io pur te lo dirò. Sappia che 'l Sole
1.1350Non dee da questo volger molti giorni,
1.1351Che vedrai morto un de' tuoi figli, in cambio
1.1352Di quei due morti a cui fai tanto oltraggio.
1.1353Tu privat'hai di questa luce viva
1.1354Quell'infelice, e in un sepolcro chiusa.
1.1355Quell'altro, che dovrebbe esser sotterra,
1.1356Lassi senza sepolcro, abietto e nudo.
1.1357Non sai tu ben che a te far ciò non lice?
1.1358E che fai forza ingiustamente al cielo?
1.1359Ma gl'infernali Dei, le furie orrende,
1.1360Vendicatrici dei mortali errori,
1.1361Tanto opreran, che ne' medesmi affanni
1.1362In cui son molti, te vedranno involto.
1.1363E tosto allor vedrai se per guadagno
1.1364T'avrò parlato, perché in tempo breve
1.1365Di pianti e strida d'uomini e di donne
1.1366Risonar sentirai le afflitte case.
1.1367Vedrai farsi ribelle al tuo gran regno
1.1368Tal che più t'ama, u' le selvagge fere,
1.1369I can, gli augei portâr quel tristo odore,
1.1370E le mura macchiâr del vostro sangue.
1.1371Sì come al segno arcier, tali ora spingo
1.1372Venenose saette entro 'l tuo core,
1.1373Di cui fuggir non puoi la piaga acerba.
1.1374Rivolgine, o fanciullo, al nostro albergo,
1.1375Perché in se stesso pur, restando solo,
1.1376Disfoghi or l'ira, e per suo meglio impari
1.1377A più tener la lingua a sé ristretta,
1.1378Ed anco esser più saggio ch'ei non mostra.
1.1379Signore, or se n'è gito il gran profeta.
1.1380Ma noi, dal giorno che le chiome e 'l pelo
1.1381Che inghirlanda la fronte e veste il volto
1.1382D'altro giovin color si fer d'argento,
1.1383Non trovammo il suo dir fallace e vano.
1.1384Anch'io so questo, e già timor m'assale.
1.1385Ma dura cosa e 'l darsi vinto altrui;
1.1386E 'l contrastar quando il periglio è sopra,
1.1387È solo un ricercar fatiche e danni.
1.1388A voi convien usar consiglio e senno.
1.1389Di' pur ch'io sono alle tue voglie presto.
1.1390Mandate a trar colei fuor del sepolcro,
1.1391E sepolcro da poi donate al morto.
1.1392Part'ei per ciò che così deggia fare?
1.1393Tosto quanto si può, ché la vendetta
1.1394Dal ciel dopo 'l fallir veloce viene.
1.1395Deh con che greve duol m'induco a questo!
1.1396Ma la necessità vince ogn'impresa.
1.1397Gite voi stesso, e non mandate altrui.
1.1398Andianne adunque, e voi dintorno, o servi,
1.1399E voi lontan prendendo marre e scuri
1.1400Gitene tutti là verso 'l sepolcro;
1.1401Ché da poi che 'l pensier cangiar conviene,
1.1402Io medesmo sciorrò quel ch'io legai.
1.1403E confesso oramai che i nostri sdegni
1.1404Non dovrian sormontar le antiche leggi.
1.1405O possente fortuna,
1.1406Per le cui leggi il mondo
1.1407Sol si governa in questa e in quella etade,
1.1408Quant'è sotto la Luna,
1.1409Or in cima or in fondo,
1.1410Siccome è 'l tuo voler, s'innalza e cade.
1.1411Quante belle contrade
1.1412Già fur, che selve sono
1.1413Di fere orrende nido;
1.1414Quante che in ogni lido
1.1415Sparser vincendo in arme il pregio e 'l suono,
1.1416Che or son dell'altrui voglie,
1.1417Serve, trionfi e spoglie!
1.1418Son, perfida, i don tuoi
1.1419Sì come al lito il mare,
1.1420Che mille volte il dì si fugge e riede.
1.1421Ahi miser chi fra noi
1.1422Tien di soverchio care
1.1423Le tue false lusinghe e troppo crede!
1.1424Tu fragil, senza fede,
1.1425Instabil, varia e leve,
1.1426Lubrica ed incostante,
1.1427Fermar non sai le piante;
1.1428Tanto e il voler e il disvoler tuo breve.
1.1429L'uom che i tuoi beni adora,
1.1430Tema e speri ad un'ora.
1.1431Tu i giusti sempre, e i degni,
1.1432E i saggi, o Dea fallace,
1.1433Calchi, e sollevi al ciel gl'ingiusti e i folli.
1.1434Con povertade spegni
1.1435Gli alti intelletti, pace
1.1436Dando e gioia e ricchezze ai bassi e molli.
1.1437Spesso i più giovin tolli
1.1438Del mondo, e lassi in vita
1.1439I vecchierelli infermi.
1.1440Ond'ho ben da dolermi,
1.1441Ahi lasso! ch'allungai l'aspra partita
1.1442A tempo sì noioso,
1.1443Che il viver n'è gravoso.
1.1444Pur sia che vuol, poiché quaggiù conviene
1.1445Seguir sol quella strada
1.1446Che a questa altera aggrada.
1.1447O nipoti di Cadmo, abitatori
1.1448Delle superbe case d'Anfione:
1.1449O misero o felice nullo al mondo
1.1450Chiamar si dee mentre ch'ei vive ancora.
1.1451La vita il fine, e il dì loda la sera;
1.1452Ché la fortuna varia or alto or basso
1.1453Volge i mortali, e poco ne tien fede,
1.1454E nessun del futuro il certo apprende.
1.1455Sovr'ogn'altro beato era pur dianzi
1.1456Creonte, che salvata avea la terra
1.1457Dall'inimiche man, preso l'impero,
1.1458E vivea co' suoi figli lieto e in pace.
1.1459Or d'ogni cosa in un momento è privo,
1.1460Quel che perde il contento, perde il tutto.
1.1461Sia colmo un quant'ei vuol d'argento e d'oro,
1.1462Possegga quante son cittadi e regni,
1.1463Che se 'l contento manca, ogn'altra cosa
1.1464Si dee poscia stimar sogni, ombre e fumi;
1.1465Ché il diletto medesmo indi ne tragge
1.1466Che dal dolce sapore il gusto infermo.
1.1467Che nuovo danno avvien nei signor nostri?
1.1468Son morti, e vive sol chi n'ha cagione.
1.1469Chi è morto? chi s'ancise? dinnel tosto.
1.1470Emone è morto, che se stesso ancise.
1.1471Per man paterna, o per la propria è morto?
1.1472Per man sua stessa, e per cagion del padre.
1.1473Pur conoscesti 'l ver, santo profeta.
1.1474Consiglio or ne bisogna all'altre cose.
1.1475Euridice io veggio, di Creonte
1.1476Sposa infelice, che fuor ratta scende
1.1477O per piangere 'l figlio, o forse a caso.
1.1478O cittadin, che ragionar fu il vostro
1.1479Che udiva mentre uscii del tempio fuore,
1.1480Là dove er'ita ad onorar gli Dei?
1.1481Ché, allor che per uscir moveva il piede,
1.1482L'orecchie mi percosse un suon che venne
1.1483Carco de' danni miei, per quel che intesi.
1.1484Sopra le serve mie da tema oppressa
1.1485Subito caddi, e d'ogni senso fuore.
1.1486Ma che diceste voi? dite, vi prego,
1.1487Che 'l narrerete a chi per lunga usanza
1.1488Ha nelle avverse cose avvezza l'alma.
1.1489Il tutto vi dirò, santa regina,
1.1490Senza passar d'una parola il vero.
1.1491A che celarvi quel che ad ogni modo
1.1492Saper v'è forza? Il ver, quantunque pesi,
1.1493Nessun biasmar potria, se non a torto.
1.1494Io seguia dietro i passi al vostro sposo
1.1495Là verso il pian dove morto giacea
1.1496Lacero e guasto 'l miser Polinice.
1.1497E giunti a lui, Proserpina e Plutone
1.1498Pregando che in vêr noi posasser l'ira,
1.1499Tutto 'l purgammo, e sopra frondi e giunchi
1.1500Ardemmo quel che i can lasciato avieno:
1.1501Poscia al cenere suo sepolcro demmo.
1.1502Indi ne gimmo all'alta sepoltura
1.1503Che chiusa tiene Antigone infelice:
1.1504Un di noi più vicino all'empia tomba
1.1505Sentì dentro sonar lamenti e strida,
1.1506E tosto al nostro re tornando il disse;
1.1507Tal che ratto Creonte il passo mosse.
1.1508Finch'all'orecchie sue pervenne un pianto
1.1509Non conosciuto ancor, ma seco stesso,
1.1510Lasso! dicea, ben or presago sono
1.1511De' danni miei: ben infelice fia
1.1512Per me questo cammin, lasso! ch'io prendo.
1.1513Ahi lasso me! le orecchie e 'l cor mi fere
1.1514La voce del mio figlio. O servi fidi,
1.1515Ite là ratti, e tosto aprite 'l sasso
1.1516Del fer sepolcro, e dentro ben guardate
1.1517S'è 'l ver ch'io senta Emone, o 'l falso estimo?
1.1518Noi presti a' detti suoi dentro scendemmo.
1.1519E nell'ultime parti ad un gran legno
1.1520Che sostiene 'l sepolcro, alta e sospesa
1.1521Morta trovammo allor la bella sposa;
1.1522Per laccio al bianco collo intorno avvolto
1.1523Quel ricco cinto avea, che 'l primo giorno
1.1524Le diè 'l suo caro sposo e vostro figlio.
1.1525Il miserello Emon con pianti e strida
1.1526Sé stesso sollevando alto da terra,
1.1527Abbracciava e baciava intorno intorno
1.1528Della gonna e de' piè la parte estrema.
1.1529L'inferno maledisse, che il suo bene
1.1530Furato avea, la morte, e l'empio padre,
1.1531La fortuna, gli Dei, sé stesso ancora.
1.1532Ma Creonte che poco a noi lontano
1.1533Dietro seguìa, quando conobbe il figlio,
1.1534Poste subito giù l'ire e gli sdegni,
1.1535Chiamandolo e piangendo in vêr lui corse.
1.1536O misero, che fai? qual van dolore
1.1537T'ha la mente ingombrata? a che ti struggi?
1.1538Lasso! ov'or hai la conoscenza e 'l senno?
1.1539Vienne a me, figlio, e non voglia esser duro
1.1540Al vecchio padre ch'umil prega e chiama.
1.1541Emone alquanto allor con gli occhi torti
1.1542Risguardò il padre; e poi, senz'altro dirgli,
1.1543Con furia indi si tolse, e tratto fuore
1.1544Un acuto coltel che cinto avea,
1.1545Si ferì ben due volte il lato manco,
1.1546Tanto ch'ei cadde al fin col volto a terra.
1.1547E così tosto alquanto il destro braccio
1.1548Fermando in terra, appena alzò la fronte,
1.1549E i languid'occhi nella giovin morta
1.1550Fermò, quasi dicesse: io vengo dietro.
1.1551Poscia un greve sospir dal cor sospinse,
1.1552Che tinto venne fuor di spuma e sangue;
1.1553E morto cadde, e così morto giace
1.1554Presso alla morta sposa il giovin figlio;
1.1555E le infelici nozze nell'inferno
1.1556Al destinato fin son giunte omai.
1.1557Il vecchio signor nostro tardi vede
1.1558Quant'è d'ogn'altro più dannoso errore
1.1559Il non dar fede ai buon consigli altrui.
1.1560Che dobbiam noi pensar? l'alta regina
1.1561Senz'altra sua risposta torna indietro.
1.1562Maravigliomi anch'io, ma spero forse
1.1563Che per non empier la città di pianto
1.1564In casa se n'andrà piangendo il figlio
1.1565Con le sue serve e l'altre sue compagne.
1.1566Ella è pur saggia, onde temer non posso
1.1567Che soverchio dolor l'induca a morte.
1.1568Sempre è più greve il duol quand'altri il preme,
1.1569Che quel che si disfoga in pianti e in voci.
1.1570Andrò là dentro adunque, e terrò cura
1.1571Se questa afflitta per soverchio affanno
1.1572In sé disfoga il chiuso duol che porta.
1.1573Ecco qua il nostro re, che vien piangendo
1.1574La morte del suo figlio amaramente.
1.1575Ma, se lecito m'è, cagion n'è stato
1.1576Il proprio suo non già, l'altrui difetto.
1.1577O mente cieca mia senza consiglio!
1.1578Ohimè! mortal mio fallo,
1.1579Cagion di morte altrui,
1.1580A me di vita assai peggior che morte!
1.1581Vedete, o popol caro, il signor vostro
1.1582Che ha posto a morte il figlio,
1.1583Sé stesso in doglia eterna.
1.1584Ahi credenze del mondo vane e inferme!
1.1585O giovin figlio! oimè, da morte acerba
1.1586Spento in sul bel fiorir degli anni tuoi!
1.1587Oimè, oimè, oimè! non già tua colpa
1.1588Or t'ha condotto a tale,
1.1589Ma i miei consigli stolti.
1.1590Deh, com'or conoscete indarno il vero!
1.1591Lasso me, che a mio danno il ver conosco!
1.1592Ma gli Dei pronti allor tutti al mio male
1.1593M'avean furato il senno,
1.1594E la mente accecata,
1.1595E mi spingeano a forza
1.1596Giù per precipitoso e dritto calle
1.1597All'ultima rovina ov'io son giunto.
1.1598Oimè, oimè, oimè!
1.1599Ahi fatiche mondane,
1.1600Come ai più siete voi dannose e grevi!
1.1601Signor, nuova cagion di pianger sempre,
1.1602Lasso! vi reco, e nuovo danno acerbo
1.1603Tosto udirete, e non minor del primo.
1.1604Che mal può più avvenir? che danno è questo?
1.1605La madre di quel morto, e vostra sposa,
1.1606Ha per soverchio duol sé stessa ancisa.
1.1607Oh! oh! morte empia e ria,
1.1608Perché, perché così, lasso! m'affliggi?
1.1609O infernal porto ingordo,
1.1610Ben sazio oggi sarai del nostro sangue!
1.1611O servo, apportatore
1.1612Di tanta mia tristizia, or c'hai tu detto?
1.1613Oimè! la tua imbasciata ha, lasso! anciso
1.1614Un ch'era morto in prima!
1.1615Che di', tu servo? che novella porti?
1.1616Oimè, oimè, oimè!
1.1617È però ver che all'aspro acerbo fato
1.1618Del mio caro figliuol congiunta sia
1.1619La morte ancor della mia dolce sposa?
1.1620Veder si può, ch'ivi entro morta giace.
1.1621Oimè! che nuovo mal, che danno è questo!
1.1622Oimè! quand'io pensava esser nel fondo
1.1623Delle miserie mie, più basso caggio.
1.1624Oimè, che nuovo mal più giunger puote?
1.1625O morte, o morte, a che mi serbi ancora?
1.1626Lasso! che il caro figlio ho morto visto;
1.1627Or della donna mia la morte intendo.
1.1628Oh! oh! madre infelice! o miser figlio!
1.1629In guisa d'ostia intorno ai sacri altari,
1.1630Tutto di sangue empiè lo smalto e il letto.
1.1631Prima piangendo la spietata morte
1.1632Di Megareo suo primo antico sposo,
1.1633Poscia del figlio, indi divota il cielo
1.1634Pregò che l'ira sua volgesse in voi,
1.1635Come in sola cagion che uccise 'l figlio.
1.1636Oimè, oimè, oimè!
1.1637Oimè, ché fer timore
1.1638Il cor m'agghiaccia e stringe.
1.1639Chi di me stesso tutto fuor mi tragge?
1.1640Parmi qualunque incontro
1.1641Che per tôrmi la vita il braccio stenda.
1.1642Oimè! che sendo involto
1.1643Infra tante miserie, in tanti affanni,
1.1644Viver non voglio, e pure
1.1645Temo, e non so perché, morte, i tuoi colpi.
1.1646Or che ha condotto a tal la donna e il figlio,
1.1647Stolto invan si riprende e di sé teme.
1.1648Dimmi di nuovo come a morte venne.
1.1649Nel ventre suo con rabbia un coltel mise,
1.1650Tosto che udì del figlio il caso acerbo.
1.1651Lasso me! più non posso, o voglio altrui
1.1652Volger la colpa de' miei danni amari.
1.1653Io solo, io sol v'ancisi, o cieco, o stolto!
1.1654Io sol v'ancisi! O servi miei, veloci
1.1655Or menatemi lunge, lunge, in parte
1.1656Là dove occhio mortal mai più non scerna;
1.1657Ch'io non son più Creonte, io son la morte.
1.1658Al miser uom non giova andar lontano,
1.1659Ché la fortuna il segue ovunque ei fugge.
1.1660Venga venga oramai
1.1661La morte oscura, e ne conduca in porto,
1.1662E rechi al mio dolor l'ultimo giorno.
1.1663Venga venga oramai,
1.1664Sì che altro nuovo Sol mai più non veggia.
1.1665Lasciate ire 'l futuro, che al ciel solo
1.1666S'aspetta il provveder quel ch'esser deve.
1.1667Pensiam rimedio a quanto n'è presente.
1.1668Io vo pregando quel che più vorrei.
1.1669Vano è 'l pregar, perciò che ferma e certa
1.1670Sua ventura ha ciascun dal dì che e' nacque.
1.1671Menate questo stolto in altra parte,
1.1672Il qual te, figlio, non volendo ancise,
1.1673E te, donna mia cara; in ogni loco
1.1674Ho morte, doglia e sangue: oimè! dov'ora,
1.1675Dove potrò voltar gli occhi o la mente
1.1676Ch'ivi mai veggia, o pensi altro che morte?
1.1677E poi ch'ogni mio ben morte m'ha tolto,
1.1678Per mia pena maggior mi serba in vita.
1.1679Ma che, lasso! bramo io? Se morte viene
1.1680E mi toe di qua su, laggiù nimici
1.1681Avrò tutti gli Dei, la sposa, il figlio,
1.1682Il nipote, la nuora: or che fia, dico,
1.1683Di me? chi vide mai pena più greve?
1.1684Qual infernal tormento al mio s'agguaglia?
1.1685Il morir mi dà tema, il viver doglia,
1.1686Né posso altro sperar che peggio ognora.
1.1687Sovra ogni altro beato è l'uom ch'è saggio.
1.1688Non si deono spregiar gli Dei già mai,
1.1689Né contro al lor potere armar la lingua;
1.1690Ché a lungo andar con grevi danni e pene
1.1691(Com'ora il signor nostro)
1.1692Fanno in vecchiezza altrui per prova saggio.
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