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STANZE.

Rime

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1.1L'oscuro suo sentier la notte avea
1.2Compìto, e si giacea d'Atlante all'ombra.
1.3La vaga Luna al fratel già rendea
1.4L'umida luce, che le presta all'ombra.
1.5La bianca Aurora al bel balcon parea
1.6Chiamando quel, che il gran silenzio sgombra,
1.7Ogni augelletto a lei cantando intorno
1.8Già lieto salutava il nato giorno.
1.9Sol gli occhi miei, che stati eran sepolti
1.10Nel pianto, lassi! e non nel sonno ancora,
1.11Dal lungo lagrimar fûro alfin tolti,
1.12Ché alquanto di quetar giunt'era l'ora.
1.13Gli spirti lieti e dal lor nodo sciolti
1.14Sen giron forse a contemplar l'aurora
1.15Lasciando il corpo a sé grave e noioso
1.16Prender dalle fatiche alcun riposo.
1.17Quand'ecco d'un divino alto splendore
1.18Già la vista abbagliata aver mi sembra,
1.19Tal che di maraviglia e di timore
1.20Tremar sentìa le riposate membra.
1.21Gli occhi dolenti, a cui, mercè d'Amore,
1.22Sol d'una donna e non d'altrui rimembra,
1.23Volsi, sperando invan che tanta luce
1.24Seco portasse in sen l'alma mia Duce.
1.25Ma la vista porgendo oltra più fiso,
1.26Un garzon vidi di bei raggi avvolto,
1.27Che ben sembrava uscir di paradiso
1.28Donde tutto il più bel s'avesse accolto.
1.29Né dalla nuova età tanto diviso
1.30S'era, che ancor nel giovinetto volto
1.31Di fresca barba uscisse segno od ombra
1.32Che 'l migliore e 'l più bel di noi disgombra.
1.33Ma qual nel più bel dì la bianca Aurora
1.34Lieta mostrarse in orïente suole,
1.35Qual fresca rosa, che pur nasce allora
1.36Né sente ancor come poi punge il Sole,
1.37Qual per le piagge che dipinge l'ôra
1.38Gialle, vermiglie e candide viole;
1.39Tale e più mi parea, guardando, quello
1.40Di ch'io ragiono, allor leggiadro e bello.
1.41I capei che vinceano e l'ambra e l'oro,
1.42Scendean nel collo ch'ogni neve oscura.
1.43Vaga ghirlanda sol di verde alloro
1.44Cingea la fronte sua candida e pura;
1.45Candida qual in mezzo al santo coro
1.46Dïana appar, che, giù posta ogni cura
1.47Delle sue cacce, intra fioretti e fronde
1.48Si posa, e bagna poi nelle fresch'onde.
1.49Ben celeste a mirar era il vermiglio
1.50Onde il volto gentil dipinto avea;
1.51Ch'io vedea l'amaranto e 'l bianco giglio
1.52Contesti ivi in onor di Citerea:
1.53Qual sotto mostra al vergognoso ciglio
1.54Donzella schiva, chi pur or prendea
1.55L'ardente sposo, ed ella in vista è come
1.56Nel tardo autunno suol maturo pome.
1.57Dalle onorate spalle al basso piede
1.58Candida e vaga leggiadretta vesta
1.59Copria cotal, che qui simil non vede
1.60Occhio fra noi, che mortal gonna vesta;
1.61Ché ogni gemma, ogni argento, ogn'oro cede
1.62A quello ond'ella ricca era e contesta;
1.63E rendea tutto allor sì chiaro intorno,
1.64Ch'esser di lei figliuol sembrava il giorno.
1.65Con l'omer manco e la sinistra mano
1.66Reggea s'altra fu mai divina cetra.
1.67L'eburneo plettro con sembiante umano
1.68Movea sopr'essa tal, che ferro e pietra
1.69Farìa molle tornar, soave e piano
1.70Il leon fero, allor che più s'impetra
1.71Di durezza e d'orgoglio: io certo altrove
1.72D'esser non mi pensai, che in grembo a Giove.
1.73E col suon congiungea sì dolci note,
1.74Ch'ogni pensier villan farian gentile.
1.75Beate orecchie, ove talor percuote
1.76La celeste armonia col vago stile!
1.77Ma poi che aperto fe quanto in uom puote
1.78L'alta dolcezza a null'altra simìle,
1.79Con bassa voce e suon più tristo alquanto
1.80Rivolse a me con le parole il canto.
1.81Giovin, che tal, son già molti e molt'anni,
1.82L'alma obligasti in servitù d'Amore,
1.83Che lontananza, tempo, e i lunghi affanni
1.84Non t'han dal suo sentier mai tratto fuore,
1.85Ma pur nel mezzo ai più gravosi danni
1.86Più sempre vidi saldo e fermo il core,
1.87Né poter tanto far Minerva e Marte
1.88Che non avesse Amor sua dritta parte;
1.89Forse che nuova maraviglia avrai
1.90Di veder qui colui che il giorno adduce,
1.91Colui ch'è sol de' luminosi rai,
1.92E dell'occhio del ciel signore e duce,
1.93E quanto al mondo è chiaro o fu giammai,
1.94Sol dal valor di lui prende sua luce.
1.95La notte ancor, ch'ad altra opera intende,
1.96Ciò che alluma qui noi, per lui risplende.
1.97Ma se mai non ti fu, noto or ti fia
1.98Che colei che t'è sola al mondo cara,
1.99Saggia, vaga, gentil, onesta e pia,
1.100Per valor, per beltà, per nome chiara,
1.101Nel chiaro di che 'l sen natura apria
1.102Per far il mondo bel d'opra sì rara,
1.103Come a' pietosi suoi parenti piacque,
1.104Al bello imperio mio suggetta nacque.
1.105Perché la madre sua, ch'altra non ave
1.106Più di lei in terra mia devota e serva,
1.107Di così nobil peso essendo grave,
1.108Da lunga infermità dura e proterva
1.109Sorpresa, qual chi doppia morte pave
1.110Di sé, di quel che a sé dentro ancor serva
1.111Frutto in cui spera, umìl, vêr me si volse,
1.112E in cotal preghi sue parole sciolse:
1.113O Santo Febo, a cui sol nasce e vive
1.114Quanto produce il mar, la terra e il cielo,
1.115Se ti fur care mai le verdi rive
1.116Che pria toccasti del mal fermo Delo,
1.117Se ti son dolci ancor le sempre vive
1.118Frondi cui nulla cal d'estate o gelo,
1.119Me, che umil prego, e quel che a nascer porto,
1.120Trai dall'unghie di morte, e salva in porto.
1.121Ed io, in cambio di ciò, di quanto deve
1.122Uscir di me, ti fo devoto dono.
1.123Prendil, signore, e di vita aspra e greve
1.124Togli in un punto due ch'ambe tue sono.
1.125La mente mia, ch'ognor fu pronta e leve
1.126Al vestirsi pietà, de' pianti al suono
1.127Cotal divenne, ch'essa a mano a mano
1.128Lieta tornò nel suo primo esser sano.
1.129Né gran tempo andò poi, ch'al mondo diede
1.130In nome mio quell'onorata figlia,
1.131Quella, che Giove in ciel, qualor la vede,
1.132Empie, non pur qui noi, di maraviglia.
1.133Felice il padre, e l'uom che la possiede
1.134Vie più felice, ché l'ardenti ciglia
1.135Han forza, col valor ch'io loro ho dato,
1.136Di far chi voglion dio non che beato.
1.137Più che mai chiaro e dal più eccelso loco,
1.138Lieto l'accolsi il dì che venne al mondo.
1.139Venere e il padre il lor benigno foco
1.140Oltre all'usato a lei mostrâr secondo.
1.141Il divin messagger che da me poco
1.142Va lungi, il lume accese almo e giocondo.
1.143Ridea la mia sorella assisa in parte:
1.144L'ira era spenta di Saturno a Marte.
1.145Nata, in memoria de' miei raggi chiari
1.146Le imposi (e tu 'l sai ben) quel chiaro nome,
1.147Quel chiaro nome, che i tuoi pianti amari
1.148Fa dolci, e levi le tue gravi some.
1.149Poi, perché il mondo ad onorarmi impari,
1.150Nelle luci, nel volto, e nelle chiome
1.151La fei di propria man sì chiara e bella,
1.152Ch'odio mi porta ancor la mia sorella.
1.153Quinci alle Grazie, all'alma Citerea
1.154La portai là, dov'elle fan dimora.
1.155Le due compagne insieme e Pasitea
1.156Del latte la nudrîr che il mondo adora.
1.157Or una d'esse or altra in grembo avea
1.158La bella figlia e la prendeva ognora.
1.159Talor lieti scherzando i vaghi Amori
1.160La menâr seco a côrre erbette e fiori.
1.161Indi le venne il bel sembiante umano,
1.162Il mirar dolce, il sospirar cortese,
1.163L'alte accoglienze in atto umile e piano,
1.164Le caste voglie e sol d'onore accese,
1.165Il parlar saggio, il gran pensier lontano
1.166Dal vulgo sì, che sempre in alto intese:
1.167Insomma indi le vien tutto quel ch'ave
1.168Santo, vago, leggiadro, onesto e grave.
1.169Così mentre in virtù, tempo e beltade,
1.170Venìa crescendo questa amata pianta,
1.171Quanto avea intorno d'amorosa etate
1.172Il Tesin, l'Adda, il Po, sotto la santa
1.173Ombra di lei fuggendo: Ove son nate,
1.174Dicean, le frondi? e donde grazia tanta?
1.175Deh come sembra il fior degli altri tutti
1.176Più soave, e più dolci i dolci frutti!
1.177Ma poi che gli anni la menâr là dove
1.178Chiede natura all'uom più larga parte;
1.179Qual chi seguendo sol l'antiche prove
1.180Del buon Saturno, fugge Apollo e Marte,
1.181Che già disciolto il ciel da venti e piove
1.182Sente il verde tornar che 'l bianco parte,
1.183Per vederle il sen poi di frutti colmo
1.184Sposa la cara vite al salcio o all'olmo;
1.185Cotal perché a Giunon non fosse a sdegno
1.186Dal suo giogo vederla andar disgiunta,
1.187A giovin per virtù, per sangue degno
1.188Quant'altro fosse allor, la fei congiunta.
1.189Il ciel, l'aria, la terra, il mar diè segno
1.190Che in chiaro e lieto dì fu insieme aggiunta
1.191Quest'onorata coppia, ond'oggi il mondo
1.192Vive al par di lassù ricco e giocondo.
1.193Le sante Parche che presenti fûro
1.194Per adornare il festo giorno altero
1.195Sì come a Peleo e Teti il ben futuro
1.196Col suo canto divin palese fêro.
1.197Ma di narrarlo altrui quaggiù non curo,
1.198Ché nessun forse lo terrà per vero,
1.199Finch'al ciel gli occhi suoi più dolce soma
1.200Sian che di Berenice l'aurea chioma.
1.201Così mentre d'un sol lieta e felice
1.202Vivea questa gentil che par non vede;
1.203Vener, che già le fu madre e nutrice,
1.204Delle fatiche sue giusta mercede
1.205Chiedea meco dicendo: Or come lice
1.206Che una beltà che ogni beltade eccede,
1.207Una, che questo incende e l'altro polo,
1.208Volga i dì senz'amor, e sia d'un solo?
1.209Sai tu qual è 'l velen che gli Dei dànno
1.210Più d'altro amaro ai miseri mortali?
1.211L'aspre morti, i tormenti, il lungo affanno,
1.212I fabbricati in Dite ardenti strali,
1.213I pungenti desir d'eterno danno,
1.214Ire, sdegni, pensier, cure immortali,
1.215Odio, fiamma, martìr, pena e dolore?
1.216Donna che bella sia né senta amore.
1.217Se dunque tu per fare il mondo adorno
1.218Già prendesti dal ciel sì dolce cura,
1.219Consenti che a ciascun sia danno e scorno
1.220L'altera e vaga angelica figura?
1.221Che se non provvedi or, di giorno in giorno
1.222Vedrai crescer con lei senza misura
1.223Crudeltade e beltà, che l'amo e l'esca
1.224Son di chi morte ne' suoi danni invesca.
1.225Deh, come vago e bel fuor mastra il volto,
1.226Così cortese e pio dentro abbia il cuore!
1.227Siale dal petto il freddo ghiaccio tolto
1.228Con quel foco gentil che incende Amore.
1.229A lei diletto con virtude accolto;
1.230A te nel mondo fia grazia ed onore:
1.231Ché 'l tuo sommo valor con l'arte mia,
1.232Chiuso in tanta eccellenza, eterno fia.
1.233Così diceva: ed io, cui lunga prova
1.234Mostrato avea come un crudel pensiero,
1.235Che in cor di donna senz'amor si trova,
1.236E sovr'ogn'altra cosa acerbo e fero;
1.237Che allor che nella mente si rinnova
1.238L'alta durezza, e quell'orgoglio altero
1.239Di chi già diventò fuggendo alloro,
1.240Tremo ancor tutto, ahi lasso! e mi scoloro;
1.241Non risposi altro a lei salvo che: Sia,
1.242Santa amorosa Dea, quel ch'a te piace.
1.243Sol che all'amata e dolce figlia mia
1.244Torni contento, onor, salute e pace,
1.245Benché, s'io non m'inganno, oggi non fia
1.246In questo mondo misero e fallace
1.247Giovin che s'alzi sopra il vulgo tanto,
1.248Che pur sia degno di mirarla alquanto.
1.249Ella stendendo allor la bianca mano,
1.250In atto dolce la mia destra prese;
1.251Poi sorridendo disse: ei non è vano
1.252Questo temer che troppo amor t'accese;
1.253Ma pur sempre veggiam ch'al buon villano
1.254Mostra pur qualche spiga il caldo mese,
1.255Avvegna ancor che in disusata foggia
1.256Sia guasto il campo da tempesta e pioggia.
1.257Nel nido stesso, in cui la tua fenice
1.258Mise l'aurate e le purpuree piume,
1.259Conosco io tal, che taccia oggi chi dice
1.260Di quell'antica età ch'ebbe in costume
1.261Di non pregiar chi l'uom tenea felice
1.262Nelle gemme e nell'oro, anzi che il lume
1.263Sol di virtù seguìa, qual onda il pesce,
1.264Che altrove è morto, ivi si nutre e cresce.
1.265Però che in costui sol tanta si trova
1.266Purità d'alma, lealtade e fede,
1.267Quanta in molti altri mai per lunga prova
1.268Esser già stata si ragiona e crede:
1.269E come cosa al mondo unica e nuova
1.270(Non pur rara dirò) sol per mercede
1.271Si aspetta di donar, se a te non spiace,
1.272In quei begli occhi Amor, dolcezza e pace.
1.273Ché a tanta fede una minor bellezza
1.274Drittamente d'aver si disconviene:
1.275Come a tanta beltà, tanta chiarezza
1.276Una fede minor mal si conviene:
1.277Perché van l'una e l'altra a quella altezza,
1.278Ove non ponno andar cose terrene;
1.279Ma fabbricate son nel nostro regno
1.280Solo ad esser di par soma e sostegno.
1.281Sia di sì gran beltà servo e suggetto
1.282Colui ch'oggi di fede esempio è solo;
1.283Ché un dì con maraviglia e con diletto
1.284Meco dirai: dall'uno all'altro polo,
1.285Da Atlante al Gange, ove per torto e stretto
1.286Calle allumando giorno e notte volo,
1.287Non vidi altro mortal più fido e degno
1.288Di là giù posseder sì caro pegno.
1.289Più volea dir ancor, poscia che 'l nome
1.290Ch'io cercai di saper detto m'avea,
1.291Quand'io soggiunsi ripigliando: E come
1.292Creder non deggio all'alma Citerea?
1.293Il bel volto, i bei lumi, e l'auree chiome
1.294Sian di chi piace all'amorosa Dea.
1.295Così partimmo, e d'uno aurato strale
1.296Foste punti ambedue con piaga eguale.
1.297Quanto poi fossi caramente accolto,
1.298Ben ti sovviene, Amor, senza ch'io 'l dica:
1.299Con quai sguardi soavi e con qual volto
1.300Temprando andasse l'alta tua fatica:
1.301Con che vaga dolcezza al poco e al molto
1.302Legge imponesse d'onestate amica;
1.303Tal che sempre ti fia pregiata e cara,
1.304A tutto il mondo poi lodata e chiara.
1.305Or la sola cagion ch'a te mi mena,
1.306Nuova tema è di lei che il cuor m'ingombra;
1.307Poi che tu quinci con tuo danno e pena
1.308Hai fuggito il furor che i buoni sgombra
1.309Fuor della bella Italia, ch'oggi è piena
1.310Di semenza crudel, che aduggia e adombra
1.311Quanto nascer solea benigno frutto,
1.312E di lappole e rovi ha pieno il tutto.
1.313Ivi è che senza te sola dimora,
1.314Né pur di te parlar l'è dato loco,
1.315Quant'esche son, quanti focili ognora
1.316Per incenderle il cuor di nuovo fuoco!
1.317Così dentro il pensier meco talora
1.318Vo paventando pur di quel che poco
1.319Dee paventar colui, che sa per prova
1.320Com'è raro il valor che in lei si trova.
1.321Ma il soverchio desir, c'ho del suo bene,
1.322Oltr'ogni mio voler vuol pur ch'io tema:
1.323E ben ch'amor, che da virtù ci viene
1.324E da voglia gentil, giammai non scema,
1.325Per lontananza o tempo spesso avviene
1.326Ch'alfin pur cade, poi che spesso trema
1.327L'arbor che al ciel le sue radici mostra,
1.328E col fero soffiar de' venti giostra.
1.329Il terren che copria profondo il piede,
1.330Che salda in lei tenea d'amor la pianta,
1.331Era il tuo buon servir, la pura fede,
1.332Ond'io m'allegro e 'l terzo ciel si vanta:
1.333Or che sei fuor di lei, forse non crede
1.334Esser come già fu sì ferma e tanta,
1.335Borea che tenta pur si tronchi e pieghi
1.336È l'altrui finto amar, l'insidie, e preghi.
1.337Se credi dunque a' miei consigli alquanto,
1.338Porgi alla penna l'amorosa mano;
1.339E scrivi quel ch'io t'ho narrato, e quanto
1.340Aviam d'essa timor, ma forse vano.
1.341E che non lontananza o doglia o pianto
1.342Potran far che 'l tuo cor le stia lontano;
1.343Poi conta in nome mio, che largo onore
1.344Si serba a quel che mai non cangia amore.
1.345Qui finito il suo dir, col sonno insieme
1.346Ratto quasi uno stral da me disparve;
1.347Io somigliante ad uom che sudi e treme
1.348Dicea: Son queste le notturne larve
1.349In cui l'errante vulgo e spera e teme?
1.350Non già non già, ché indarno mai non parve
1.351Sul ritornar del dì quel chiaro Dio;
1.352Ch'or vien soccorso al gran bisogno mio.
1.353Per che divoto al ciel le braccia stesi,
1.354Grazie rendendo all'alta sua pietate;
1.355La penna poscia ubbidïente presi,
1.356Che posa avuta avea già lunga etate,
1.357E quelle cose che al suo dir compresi,
1.358Com'ei quasi contò, tutte ho narrate;
1.359E brevemente m'apparecchio ancora
1.360Di conseguir quel che m'impose allora.
1.361E se il mio dir v'è stato o sarà grave,
1.362Al pio vostro voler chieggio perdono:
1.363Altra scusa con voi luogo non ave,
1.364Tanto al mai non errar tenuto sono.
1.365Ben prego, o del mio cor catena e chiave,
1.366Che quello Dio per cui scrivo e ragiono,
1.367Se l'ira vostra in vêr me sente accesa,
1.368Prenda del mio fallir giusta difesa.
1.369E per seguir quanto commise in prima,
1.370Con pace vostra dico, alma gentile,
1.371Che da quel dì che del mio core in cima
1.372Vi pose invitto amor, mai voglia o stile
1.373Cangiar non seppi, e l'amorosa lima
1.374(Tal ebbi ogn'altra e tutto 'l mondo a vile)
1.375Non mi può che per voi roder la mente,
1.376Esempio ancor tra la futura gente:
1.377Ché ritrovando in voi virtù sì chiara,
1.378Stretto il cor m'annodai tenace e fermo,
1.379Né si potria mirar beltà sì chiara
1.380Che cangiassi il voler ch'io tengo fermo.
1.381Ma qual sarà di voi luce più chiara?
1.382E qual sarà del mio servir più fermo?
1.383Chiara e ferma d'amor portando salma,
1.384Chiara e ferma d'onor s'acquista palma.
1.385E se ben or montagne, piagge e fiumi,
1.386Qui m'han diviso dal mio dolce loco,
1.387Ov'io non scorgo, ohimè, quei vaghi lumi
1.388Che il cor m'han arso in sì soave foco,
1.389E per campi diserti, selve e dumi
1.390Già di mercè chiamar son fatto roco,
1.391Non per quest'anco so bramar, che sia
1.392D'una dramma minor la fiamma mia.
1.393Né pur sì duro esilio e lontananza
1.394Ma morte stessa non torrà dal core,
1.395Donna gentil, di voi quella sembianza
1.396Ch'in sì saldo lavor vi sculse Amore.
1.397E s'altro che sospir nulla m'avanza,
1.398Leve m'è il sospirar, caro 'l dolore,
1.399Dolce il languir, soave ogni tormento
1.400Che per voi lunge giorno e notte sento.
1.401Quanto piacer mai donna senza fede
1.402Senti cangiando ognor novello amante,
1.403Quanta gioia e dolcezza esser si crede
1.404In chi mira al suo Sol le luci sante,
1.405Quanto ha contento chi il suo ben possiede
1.406In guisa che bramar non può più innante:
1.407La millesima parte vale appena
1.408Di quella che gran fede apporta pena.
1.409Quale ha diletto chi seco ragiona:
1.410Sia pur che può ch'io fui fedel mai sempre!
1.411E se il dritto sentiero altri abbandona
1.412E per mio danno va mutando tempre;
1.413Una speranza ancor nell'alma suona,
1.414Forse avverrà chi 'l mio dolor contempre
1.415Con l'altrui pene; e se pur ciò non fia,
1.416Assai m'è rimembrar la fede mia.
1.417Come talor si trova in gentil core
1.418Lieto e giocondo il tristo pianto amaro!
1.419Come quel che fuor sembra ira e dolore
1.420Dentro a chi 'l porta vien soave e caro!
1.421Come giova il chiamar sovente amore
1.422Largo a chi 'l fugge, a chi 'l ben segue avaro!
1.423Ché a chi pena sostien di troppa fede
1.424Vie più dolce è languir ch'altri non crede.
1.425Io dunque al cui dolor donata ha 'l cielo
1.426La più bella cagion ch'avesse il mondo;
1.427Come sempre non deggio al caldo, al gelo
1.428Viver d'ogni mio mal lieto e giocondo?
1.429Né in cercar terra e mar, né in cangiar pelo,
1.430Né per montare in cima, o starmi in fondo
1.431Della ruota crudel, c'ha in man Fortuna,
1.432Delle mie pene non voler meno una?
1.433Mentre ameranno i nudi pesci l'onde,
1.434L'alte selve i leon, gli armenti i prati,
1.435L'api i dipinti fior, gli augei le fronde,
1.436L'alma Fenice gli Arabi odorati,
1.437Amor, ch'a gentil cor mai non s'asconde,
1.438Dolci sembianti e stili alti ed ornati,
1.439Mentre il ciel volgerà le notti e i giorni,
1.440Scalderò l'alma ne' vostr'occhi adorni.
1.441E se folle pensier già mai conduce
1.442Uomo in credenza che da voi mi scioglia,
1.443Guardi pur quanta in voi bellezza luce
1.444Che tutto il mondo d'adorarvi invoglia;
1.445Si dirà ben allor: Chi l'ha per duce,
1.446Come potria cangiar pensiero e voglia?
1.447E voi, s'altro di ciò vi fa dubbiare,
1.448Mirate il fido speglio o l'onde chiare.
1.449Direte allor che 'l giorno, il mese e l'anno,
1.450L'aure, l'onde, le piagge, l'erba e 'l loco
1.451Là 've i begli occhi in sì soave affanno
1.452Mi fêr l'assenzio mèle, e 'l pianger gioco:
1.453Quei che sì dolci ne' pensier mi stanno
1.454Dardi, focili, strai, catene e foco,
1.455Sguardi, accoglienze, risi, atti e parole,
1.456Avrò sempre nel cor sagrate e sole.
1.457Che dunque altro dirò se in voi si trova
1.458Del mio fido servir certezza tale?
1.459Così potessi io ben con ferma prova
1.460Vincer la tema che di voi m'assale.
1.461Ma che parlo io di ciò? l'altera e nuova
1.462Beltà ch'io scorsi e che sarà immortale,
1.463Pur mi dice ad ognor: con questa insegna
1.464Amor, fede e virtù trionfa e regna.
1.465Ben dubbioso d'ogn'uom, di nulla fôra
1.466Certo colui che di voi tema avesse;
1.467S'io pur giurassi non temer talora,
1.468Non ben saggio sarìa chi mel credesse.
1.469Io temo spesso, e non temo in un'ora,
1.470Come voglion le leggi antiche impresse
1.471Dal signor nostro; ma pensando poi,
1.472Vie più che in tutto 'l ciel m'affido in voi.
1.473Com'or mi sembra in solitaria parte
1.474Veder voi ragionar dentro il pensiero!
1.475E con saggio estimar porre in disparte
1.476Il voler torto, il dritto, il falso, il vero.
1.477Quinci all'antiche, alle moderne carte
1.478Volger talora il buon giudizio intero;
1.479Poi di santa pietà dipinto il volto
1.480Veggio da lunge, e tai parole ascolto:
1.481Vero è ch'esser non puote un gentil core
1.482In colei che d'amor sen va disgiunta;
1.483Ed è ben vêr ch'esser non puote amore,
1.484Se ad esso insieme non è fede aggiunta:
1.485Ma da rozzo appetito e vil furore
1.486Si può dir ch'abbia l'alma arsa e compunta
1.487Quella, che con parole, opre e sembianti
1.488Scaccia e chiama ogni dì novelli amanti.
1.489Non dunque il dimorar lunge colui
1.490Che malgrado di noi non è qui meco,
1.491Non folle argomentar, non preghi altrui
1.492Far potran che 'l mio cor non sia là seco.
1.493Son or qual ero allor, sarò qual fui,
1.494Non seguirò 'l sentier fallace e cieco
1.495Della gente vulgar, cui 'l dritto piace
1.496Mentre il dolce ritruova, e poi le spiace.
1.497Il donare a più d'un quel ch'è d'un solo,
1.498Furto è da dir, non cortesia d'amore.
1.499Alla fede, a me stessa, al ciel m'involo
1.500A lui che mi donò sì largo il core?
1.501Di quel che or senza me con pena e duolo
1.502Miser passa piangendo i giorni e l'ore
1.503Deh così poco, ahi poca fe! mi cale,
1.504Ch'io spenda il suo che ricovrar non vale?
1.505Lassa, io so pur del gran figliuol d'Egeo
1.506Quanto Arïanna in mezzo 'l mar si dolse!
1.507Del bel pastor che doppio inganno feo
1.508Quanto Enon pianse il dì ch'a lei si tolse!
1.509Quanto Giason chiamò fallace e reo
1.510Quella che in odio ogni sua fiamma volse!
1.511Che come grave sia mi fan pur fede
1.512A quel di sé fallir, che troppo crede.
1.513Ben è crudel chi per l'antiche pruove
1.514Seco vede in altrui gli estremi falli,
1.515E 'l suo crudo pensier rivolge altrove.
1.516Mobil non men ch'i liquidi cristalli:
1.517Ch'i fonti lor lasciando cercan dove
1.518Scendan più i monti, o più pendan le valli,
1.519Fin che caggion nel mar sperando posa,
1.520Ma son de' venti alfin preda noiosa.
1.521Non è più caro assai ch'altro tesoro
1.522Un saggio cor pien d'amorosa fede?
1.523I regni, i falsi onor, le gemme e l'oro
1.524Cui solo il mondo vagellando crede;
1.525L'alte fatiche, il nostro uman lavoro,
1.526Che son del tempo dolorose prede,
1.527Nascon d'affanni e fuggonsi in poch'ore:
1.528Solo il ben nostro oprar già mai non muore.
1.529Ahi come appar tra l'altre belle bella
1.530Chi di fede e d'amor la mente adorna!
1.531Perdon tutte appo lei come ogni stella
1.532All'apparir del Sol quando s'aggiorna.
1.533Qual donna è in terra di virtù rubella
1.534Sì che non dica: Alma cortese adorna,
1.535Te benedetta e 'l tuo amoroso foco,
1.536E chi t'ha dato al mondo, e 'l tempo, e 'l loco?
1.537Le giovin vaghe e i leggiadretti amanti
1.538Cui gelosa temenza agghiaccia il core,
1.539Con dolce invidia e modi onesti e santi,
1.540Dicon pietosi: O petto pien d'onore,
1.541Verace esempio e non più stato innanti
1.542D'amor, di cortesia, d'alto valore;
1.543Chiari, scarchi, tranquilli, e senz'affanni
1.544Possa lieta contar di Pirra gli anni.
1.545Le madri e i vecchierelli afflitti e bianchi
1.546C'hanno sé in odio e la soverchia etade,
1.547Morte obliando, e i suoi pensieri stanchi
1.548Dicon lieti tra lor: Somma bontade,
1.549Pur pria che 'l spirto in queste membra manchi
1.550Veggiam bellezza in un, fede e pietade.
1.551Viva ella eternamente, e 'l viver molto
1.552Non porti neve al crin, non rughe al volto.
1.553L'amante stesso (s'oggi amante è detto
1.554Chi l'altrui d'occupar no 'l suo s'ingegna),
1.555Poi che agl'ingiusti preghi ode il disdetto,
1.556Quanto più d'ogni onor l'estima degna!
1.557Tempio dice sacrato, tempio eletto
1.558Per cui quaggiù quant'ha di ben s'insegna,
1.559Così sempre oda Amor largo i tuoi preghi,
1.560Come a me con ragione il torto neghi.
1.561S'io dunque odo di voi così lontano
1.562E di fede e d'amor voci sì chiare,
1.563Perché più faticar mi deggio in vano
1.564A portar frondi al bosco, arene al mare?
1.565Se colui pur, ch'al suo balcon sovrano
1.566Col giorno innanzi e con l'aurora appare,
1.567Del mio troppo sperar mi biasma e incolpa,
1.568Vostra, donna, e d'Amor, sarà la colpa.
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