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LA FAVOLA DI NARCISSO.

Rime

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1.1Alma mia Pianta, in le cui belle fronde
1.2Mille chiare virtù s'han fatto nido,
1.3Là dove all'ombra notte e dì s'asconde
1.4Senno e valor, quasi in suo albergo fido;
1.5Per cui più d'altre di Liguria l'onde
1.6Udiran sopra il ciel volare il grido,
1.7Tal che colmi vedrem d'invidia e duolo
1.8L'Atlante e il Gange, e l'uno e l'altro polo;
1.9Come saggia parlar v'od'io talora
1.10Di quanto a bene oprar fra noi conviene;
1.11Come sia fral, come veloce l'ora
1.12Della vita mortal, che fe non tiene!
1.13E chi fortuna e suoi seguaci adora
1.14Null'altro cerchi che travaglio e pene;
1.15E quel che dolce appar, che a molti è caro,
1.16Altro non sia che un lungo pianto amaro!
1.17Ond'io, che il vêr dalle più chiare note
1.18Che mai formasse il ciel così comprendo,
1.19Quanto m'allegro! Ma del cuor si scuote
1.20Ogni dolcezza, quando poscia intendo
1.21Da voi biasmar colui che tutto puote,
1.22Colui dentro al cui sen divoto rendo
1.23Le mie rime, i pensier, la mente e il core,
1.24Padre del terzo ciel, chiamato Amore.
1.25Né pur mi duol che s'allontani al vero
1.26Spirto sì vago e sì leggiadro ingegno,
1.27Come l'udir quel santo nume altero
1.28Da voi spregiar dello amoroso regno.
1.29Dopo un lungo soffrir cruccioso e fero
1.30Temo ch'a disfogar suo giusto sdegno
1.31Non faccia anche di voi sì fatto scempio
1.32Ch'esser deggiate a tutte l'altre esempio.
1.33Non è senno a schernir virtù celeste,
1.34E men quella d'Amor che tanto vale
1.35Quante han già pianto dolorose e meste,
1.36Tardi onorando il sacrosanto strale!
1.37Stànnosi in parte le sue fiamme preste,
1.38Ove arrivar non può vista mortale,
1.39E tal che più lontane aver le crede,
1.40Solo in un punto nel suo cor le vede.
1.41Né cosa è più crudel che la vendetta
1.42Che porge Amor delle sue torte offese:
1.43Non pur annoda i cor, gli arde e saetta,
1.44Senza nulla curar d'arme o difese;
1.45Ma quel che sopra ogni uom pascer diletta
1.46E più si brama aver piano e cortese,
1.47Con lo impiombato stral lo punge in loco,
1.48Ch'è tanto ghiaccio quanto l'altro è fuoco.
1.49E chi narrar di ciò volesse esempi,
1.50Stancar potrebbe mille penne e mille.
1.51Quanti son casi dolorosi ed empi
1.52Nati in le strane e le propinque ville,
1.53Quante ne' nostri e negli antichi tempi
1.54Hanno Fedra compagne Dido e Fille!
1.55Quante la bella Enon che pur temea!
1.56Quante Arïanna, Issipile e Medea!
1.57E ciascuna di lor, se il vero appare,
1.58Ebbe Amor prima e le sue fiamme a scherno,
1.59Finché la primavera in piogge amare
1.60Vider conversa e in tempestoso verno.
1.61Febo, a cui vive il ciel, la terra e il mare,
1.62Febo, il rettor del divino occhio eterno,
1.63Ben sa per prova quanto danno acerbo
1.64Senta chi contro Amor sen va superbo.
1.65Ma chi far ne potria più fede al vero
1.66Che il bel figliuol che di Cefiso nacque?
1.67Che quanto ad altri fu sdegnoso e fero,
1.68Tanto poi troppo a se medesmo piacque;
1.69Però che amor sotto il cui giusto impero
1.70Sempre superbia e crudeltà dispiacque,
1.71Quanto più grave l'altrui fallo intende,
1.72Tanto aspra più la sua vendetta prende.
1.73Non formò forse mai l'alma natura
1.74Leggiadria tanta né beltà sì chiara,
1.75Quanta in Narcisso, che la fama oscura
1.76D'ogn'altra età, come la sua rischiara.
1.77Poser le Grazie tutte estrema cura
1.78Nel vago germe, né mostrossi avara
1.79Quella che il terzo ciel contempra e muove
1.80In farlo tal che par non fosse altrove.
1.81Già crescendo costui pubblica peste
1.82Di quante ivi ne avea donne e donzelle.
1.83Quante matrone alla virtù celeste
1.84State d'Amor sino a quel dì rubelle,
1.85Mirando il volto e le sembianze oneste
1.86Da tôr dal corso suo l'onde e le stelle,
1.87Si sentivan cangiare a dramma a dramma
1.88Fin ch'eran tutte in amorosa fiamma.
1.89Ei sì crudel come leggiadro e bello,
1.90Tutte avea sempre duramente a schivo,
1.91Né d'alto monte mai fuggì ruscello
1.92Com'egli Amor, d'ogni dolcezza privo.
1.93Dicean le Ninfe: ahi dispietato e fello
1.94Aspe affocato al lungo giorno estivo,
1.95Deh perché in noi la tua beltà non viene,
1.96O nel tuo cor queste amorose pene?
1.97Quante voci spargean, quanti sospiri,
1.98Quante lagrime invan le afflitte amanti!
1.99Or la fortuna, or gli aspri suoi desiri
1.100Givan biasmando per le selve erranti;
1.101E il giorno ancor che in sì soavi giri
1.102Vinte restâr da' suoi bei lumi santi,
1.103E il ciel che in sì bei fior sì belle rose
1.104Verme così crudel nel mondo ascose.
1.105Ahi pigro Amor, diceano, ov'ora è l'arco
1.106Giusto vendicator degli altrui torti?
1.107Come sostien che nel tuo santo varco
1.108L'iniquo cacciator seco riporti
1.109Tanto alte prede? e che di spoglie carco
1.110De' semplicetti cor non bene accorti
1.111Superbo vada, non pur sciolto sempre,
1.112Dispregiator dell'amorose tempre?
1.113Nell'avversario tuo l'ira trabocchi;
1.114Se mai fu mossa per preghiere oneste,
1.115Qual fia domanda che il tuo sdegno tocchi
1.116Per alcun tempo, se nol toccan queste?
1.117Quale ha col lume sol de' suoi begli occhi
1.118In mille cor mille tue fiamme deste,
1.119Cotal s'avampi di se stesso almeno,
1.120Che il duol posto in altrui si porti in seno.
1.121Deh quell'alto valor, ch'Apollo e Giove
1.122Vinse sovente e 'l bellicoso Marte,
1.123Ha così gli occhi suoi rivolti altrove,
1.124Noi qui lasciando in solitaria parte?
1.125Or se nulla pietà vêr noi ti muove
1.126Di tante voci lagrimando sparte;
1.127Almen ti muova, o neghittoso Amore,
1.128Dell'alto regno tuo l'antico onore.
1.129S'andrà schernendo il giovinetto altero
1.130Senz'alta pena l'amoroso foco,
1.131Chi sarà poi che il tuo schernito impero,
1.132Vôto d'ogni timor, non prenda in gioco?
1.133Gli stral, che in terra e in ciel tai prove fêro,
1.134Del primo onor mancando a poco a poco,
1.135Ti mostreran quanta vergogna aspetta
1.136Chi degli oltraggi suoi non fa vendetta.
1.137Cotal sempre dicean per valli e monti
1.138Le miserelle ai sordi venti e al cielo,
1.139Converse gli occhi in lagrimose fonti,
1.140L'alme schivando il suo terrestre velo:
1.141Indi, bagnate le dogliose fronti,
1.142Quasi erbe e rose dal notturno gelo,
1.143Sen giano a ricercar colui che solo
1.144Dava cagion dell'angoscioso duolo.
1.145Più d'una fu che a ricercarlo intesa
1.146Di ritrovarlo poi, lassa! temea.
1.147L'alma da lunge in alta fiamma accesa
1.148Ghiaccio e timor da presso le premea.
1.149Così sempre sentìa novella offesa
1.150Dovunque il piè, dovunque il core avea,
1.151Affermando in amor con certa pruova
1.152Come l'amaro ancide e il ben non giova.
1.153Più d'una fu nella gran turba, a cui
1.154Somma disperazion diede speranza,
1.155E di parlar pietosamente a lui
1.156Onde a morte correa, prese baldanza,
1.157Nel cor parlando: Poi che d'altri fui,
1.158Altro che sospirar nulla m'avanza;
1.159Ma se tutto il mio mal comprendo bene,
1.160Non da lui no, ma da me stessa viene.
1.161Che colpa sua se a me medesma manco,
1.162Né mi so procacciar la mia salute?
1.163Forse non vede il mio piagato fianco,
1.164Forse non sa le lunghe doglie avute.
1.165Io pur piangendo di narrar mi stanco
1.166Alle piagge, alle valli, all'aure mute,
1.167Le mie fatiche e 'l mio dolor discuopro,
1.168Ed a chi il può sanar lo taccio e cuopro.
1.169Così parlando e lagrimando in parte,
1.170L'orme seguìa del fuggitivo amante;
1.171Pensando i preghi, le parole e l'arte,
1.172Con cui venisse tal suo signore innante,
1.173Tutto in sé ripetendo a parte a parte
1.174Questo dopo dirò, quest'altro avante:
1.175Or in questo or in quel la mente piega,
1.176E questo e quello, in un conferma e niega.
1.177Ma se venìa nella presenza poi
1.178Del giovinetto vie più bel che pio,
1.179Le speranze, i disegni, i detti suoi
1.180In un momento avea posti in oblio.
1.181Sol dicea seco: Amor, che tutto puoi,
1.182A che il suo freddo cor com'ora il mio
1.183Non pungi o scaldi? e perché, lassa! almeno
1.184Parte del mio dolor non porta in seno?
1.185E se ciò far non puoi, perché non presti
1.186Giusta baldanza alla mia lingua, Amore?
1.187Ond'io, narrando le mie fiamme, desti
1.188Qualche pietà nel dispietato core?
1.189Son però nati i santi lumi onesti
1.190Solo ad esser quaggiù morte e dolore
1.191Di quante Ninfe a queste valli intorno
1.192Posson mirar l'alto splendore adorno?
1.193E così quel ch'altrui volea scoprire,
1.194A se medesma dir l'osava appena;
1.195E tal di ghiaccio si sentia venire,
1.196Ch'era di tema e maraviglia piena:
1.197Altro non sa che tutta impallidire,
1.198Altro non sa che rallungar sua pena;
1.199Altro, lassa! non sa che starsi muta,
1.200Pure aspettando invan s'altri l'aiuta.
1.201Ma troppo tempo e vanamente aspetta
1.202Colui che amando altrui soccorso attende.
1.203Ma nol sapea la bella turba eletta
1.204A seguir quel che tanti petti incende,
1.205E senza tema aver d'altra vendetta
1.206Mercè d'affanni a' suoi suggetti rende,
1.207E restando di gelo arde ogni loco
1.208Qual fredda pietra che fuor manda fuoco.
1.209Era in la schiera che il suo mal seguiva
1.210Eco, d'ogn'altra più famosa e bella,
1.211Fuor solamente ch'era un tempo priva
1.212Della sua natural dolce favella,
1.213Sì che indarno a parlar la bocca apriva;
1.214Tal suo destino e tal sua fera stella
1.215Che il largo don che già le fe natura
1.216L'ira soverchia altrui le cangia e fura.
1.217Però che un dì l'alta sorella e sposa
1.218Del gran Padre del ciel santa Giunone,
1.219Del suo marito allor fatta gelosa
1.220Più che ancor fosse (e ben n'avea cagione),
1.221Lui ricercando in una valle ombrosa,
1.222Eco trovò che al suo cammin s'oppone:
1.223E spïando chi fosse e dove vada,
1.224Molto col suo parlar la tenne a bada.
1.225Tanto la tenne, che lo ascoso Giove,
1.226Ch'ivi non lunge i suoi diletti avea,
1.227Rivolse i passi chetamente altrove,
1.228L'altra celando che con lui giacea:
1.229Ma troppo saggia per l'antiche pruove
1.230Tosto s'accorse la schernita Dea
1.231Che il suo lungo parlar copriva inganno,
1.232Proponendo che in lei cadesse 'l danno.
1.233E disse: O Ninfa, perché il mondo impare
1.234A non beffar quaggiù divino impero,
1.235Il non poter mai più da te parlare
1.236Sia penitenza al folle tuo pensiero.
1.237E perché col tuo dir quinci tardare
1.238Non possa alcun, del ragionare intero
1.239Or t'ho privata, e ti concedo sole
1.240Di replicar l'estreme altrui parole.
1.241Così dicendo, tutta irata volse
1.242Per un altro sentier veloce il piede.
1.243La miser'Eco lagrimando duolse
1.244Poiché sdegnosa contro a sé la vede.
1.245Più volte indarno a' santi piè s'avvolse,
1.246Le labbra aprendo a domandar mercede;
1.247E volea molto dir, ma disse sole
1.248Piangendo pur l'estreme altrui parole.
1.249Oh quanta doglia in se medesma sente,
1.250Poiché al lungo voler la forza manca:
1.251Del suo grave fallir tardi si pente,
1.252E di tema e vergogna arrossa e imbianca.
1.253Tornale pur la prima voce in mente,
1.254Ché mai non fu di ben parlare stanca,
1.255E non sa come andar là dove sia
1.256La prima cara amata compagnia.
1.257Muove, fuggendo altrui, gl'infermi passi
1.258Cercando intenta solitario loco;
1.259Per valli ombrose, tra montagne e sassi
1.260Va consumando i giorni a poco a poco:
1.261Le membra afflitte e i gravi spirti lassi
1.262Ogn'aspra morte prenderiano in gioco:
1.263Tacendo vive, e di dolor si pasce,
1.264Seco invidia portando a chi non nasce.
1.265Avvenne pur, che il suo destino un giorno
1.266Costei piangente in chiuso calle addusse
1.267Là dove nulla si scernea dintorno
1.268Villa o pastor che a disturbarla fusse:
1.269Ma il sentir risonar da lunge un corno
1.270D'odiosa compagnia tema le 'ndusse;
1.271E per indi fuggir mosse veloce
1.272Pur addoppiando al suon l'ultima voce.
1.273Presta già di partir, dal fianco scorse
1.274Vicin venirse il giovinetto altero;
1.275Né pria la vista ne' dolci occhi porse,
1.276Che si sentì scaldar dentro il pensiero.
1.277Resta in se stessa di fuggirsi in forse,
1.278Pensando pur se sia fantasma o vero,
1.279Che gli appresenta i bei sembianti e 'l viso
1.280Dell'onorata pianta di Cefiso.
1.281Ben veduto l'avea più volte altrove,
1.282Ma non sì vago e sì leggiadro in vista.
1.283Il picciol passo lentamente muove,
1.284Quasi del suo partir pentita e trista.
1.285Amor, che nel suo cor fiammelle piove
1.286E l'ha descritta in l'amorosa lista,
1.287Dal cominciato suo sentier la piega,
1.288E mal suo grado il dipartir le niega.
1.289O miser'Eco, che al tuo scampo vale
1.290Del perduto parlar tristezza e doglia?
1.291Or vie più che di te, d'altrui ti cale;
1.292Or nuovo alto desir la mente addoglia.
1.293Se in un sol punto l'amoroso strale
1.294Di sì negri pensier l'anime spoglia,
1.295Qual maraviglia fia, se più dolore
1.296Ch'esilio e povertà m'apporta amore?
1.297Restasi dunque; e tacita e pensosa
1.298Del suo Narcisso seguitando l'orme,
1.299Quante fïate di parlar bramosa
1.300Richiede al ciel le sue mancate forme!
1.301Mostrando in alto la sua fiamma ascosa,
1.302Cerca destar quella pietà che dorme,
1.303Anzi è sepolta in fredda pietra e dura,
1.304Che non del ciel né d'altra cosa cura.
1.305Ne' dolenti occhi e ne' sembianti appare
1.306Quel che mostrar non pôn le sue parole.
1.307Prega d'udir di lui le note chiare
1.308Per iterarne il suon, com'essa suole.
1.309Ah come gli sarian soavi e care
1.310Se contenesse il fin quel ch'a lei duole
1.311Non poter nel principio dire a lui,
1.312E fra sé dice pur: Chi son, chi fui?
1.313Da' suoi compagni d'una damma il corso
1.314Lunge portato avea Narcisso un giorno.
1.315Costei, quasi al suo gir fido soccorso,
1.316Seguiva ascosa il giovinetto adorno,
1.317Sempre guardando se il cinghiale e l'orso
1.318Al suo caro tesor vedesse intorno,
1.319Ché lo acerbo morir del bello Adone
1.320Le dava di temer giusta cagione.
1.321Di vista uscita la corrente fiera
1.322Lasciò smarrito il vago cacciatore,
1.323Che vedendosi sol vicino a sera
1.324Fu d'ira, di dolor colmo e d'orrore.
1.325Con voci spesse la lasciata schiera
1.326Chiama, che il tragga della selva fuore;
1.327E qualor le dicea: Veloce vieni;
1.328Eco a lui rispondea: Veloce vieni.
1.329Questo e molt'altro a' suoi compagni disse,
1.330A cui sempre Eco tal risposta fea;
1.331E non scorgendo onde quel suono uscisse,
1.332Più che ancor tema e maraviglia avea.
1.333E le luci tenendo in l'ombra fisse:
1.334Perché teco non son? talor dicea.
1.335Ella che questo pur sospira e brama:
1.336Perché teco non son? risponde e chiama.
1.337Quindi prendendo, misera! speranza,
1.338Agli ardenti desir disciolse il freno,
1.339E tale al suo voler diede baldanza
1.340Che a lui ricorse lagrimando in seno;
1.341E la sua doglia che ogni doglia avanza
1.342Cerca in alti sospir mostrargli appieno;
1.343E talor, benché timida e tremante,
1.344Pur tocca il volto al fuggitivo amante.
1.345Ei, più selvaggio assai che damma o cervo
1.346Che vicin senta i can seguir la traccia,
1.347Con più furor che stral possente nervo
1.348L'innamorata Ninfa indi discaccia.
1.349Pria mi diventi polve ogni osso e nervo,
1.350Dice il crudel, ch'io sia nelle tue braccia;
1.351Gli occhi addoppiando in mille, parti l'onde:
1.352Ch'io sia nelle tue braccia, Eco risponde.
1.353E in tal vergogna, in tal disdegno sale,
1.354Che qual fera cacciata si rimbosca.
1.355Odia se stessa, e chi la indusse a tale,
1.356Fugge il seren, cercando l'aria fosca;
1.357Più di morir che di restar le cale
1.358Ove sterpo pur sia che la conosca.
1.359Ovunque asconda il volto, ovunque mire,
1.360Ode un che biasma l'impudico ardire.
1.361Ridotta alfin dentro una cava oscura,
1.362Ragiona nel pensier con queste note:
1.363O qual tu sia che qui del mondo hai cura,
1.364Deh! se giusto pregar nïente puote,
1.365Quest'empio cui sì bel formò natura,
1.366Ch'ogni dolcezza dal suo petto scuote,
1.367Poiché quante ha fra noi d'amar gli spiace,
1.368Ami se stesso almen, né viva in pace.
1.369E me, qui nata a trista doglia e scherno,
1.370Signor, conduci al destinato fine;
1.371Il mio grave martìr non viva eterno,
1.372Se mai concesse fur grazie divine.
1.373Trai questo cor dello amoroso inferno,
1.374Là dove senza fior sol truovo spine.
1.375Il morir giovinetta è dolce sorte
1.376A chi vita sostien peggior che morte.
1.377Tal ragionando nel piagato core,
1.378Diede il ciel di pietà non dubio segno.
1.379Sente le membra il nutritivo umore
1.380Lasciar, sì come soglia arido legno;
1.381Di gel vestirsi il natural calore,
1.382Sente il bel corpo di durezza pregno,
1.383Sente che a parte a parte agghiaccia e impetra,
1.384Sentesi esser conversa in fredda pietra.
1.385Lasciolle viva il ciel l'antica voce
1.386Onde può geminar l'altrui parole.
1.387Nullo d'altrui desir la punge e cuoce,
1.388Stassi soletta, e non s'allegra e duole.
1.389Ma il fero Amor, che se ben tardi nuoce,
1.390Le ingiuste offese perdonar non suole;
1.391Tutto sdegnoso loco e tempo aspetta
1.392Per far di mille anzi di sé vendetta.
1.393Scaldava il Sol di mezzogiorno l'arco
1.394Nel dorso del lion, suo albergo caro.
1.395Sotto il boschetto più di frondi carco
1.396Dormia il pastor con le sue greggi a paro;
1.397Giaceva il villanel dall'opra scarco,
1.398Vie più di posa che di spighe avaro;
1.399Gli augei, le fere, ogn'uom s'asconde e tace,
1.400Sol la cicala non si sente in pace.
1.401Il bel Narcisso di cacciar già lasso,
1.402Vinto dal caldo e dal cammino stanco,
1.403Va cercando il riposo a passo a passo
1.404Or nel suo destro or nel sinistro fianco.
1.405Dentro la valle alfin, di vivo sasso
1.406Vide uscir onda, di cui forse unquanco
1.407Vider né Febo né Diana tale,
1.408Non che Ninfa o pastor tra noi mortale.
1.409Questa, non lunge, un chiuso fonte ombroso
1.410Di pietra natural nel sen ritiene,
1.411Alle fere, agli augelli, ai greggi ascoso,
1.412Né bifolco o pastor lì presso viene.
1.413Tutto è dintorno lietamente erboso,
1.414E dai raggi del Sol difeso il tiene
1.415Il natìo speco, che ricuopre l'onda,
1.416Ché secco ramo non la turbi o fronda.
1.417Popoli, lauri, e verdi piante altere
1.418Fan ricca intorno la riposta valle;
1.419È dipinto il terren di vaghe schiere
1.420Di bianche violette e perse e gialle.
1.421D'erbe, di rose e fior mille maniere
1.422Cingon ridenti le frondose spalle,
1.423E le fresche onde, che inrigando vanno,
1.424Immortal vita a primavera fanno.
1.425Non così tosto l'amoroso loco
1.426Il vago cacciator dappresso vede,
1.427Che per levar da sé l'estivo foco
1.428Vicino al fonte a riposarsi siede,
1.429Dio ringraziando, e si rivolge in gioco
1.430L'avuto affanno alle selvagge prede;
1.431Ché il ben gustato dopo il tempo rio
1.432Cuopre il passato mal di dolce oblio.
1.433Quanto era meglio alle campagne nude
1.434Sotto il più caldo Sol trovarsi in caccia!
1.435Ma poco val dalle avventure crude
1.436Cercar fuggirsi, quando il ciel minaccia.
1.437Or come l'uom ch'affaticato sude,
1.438Per le man rinfrescar, bagnar la faccia,
1.439Sopra le sponde del tranquillo fonte
1.440Appoggia il petto, bassa giù la fronte.
1.441Né pria fermò nel bel cristallo il guardo,
1.442Ch'ivi se stesso ancor non visto vede;
1.443Resta smarrito e del consiglio tardo;
1.444Che sia l'immagin sua, né sa né crede.
1.445L'alte bellezze con sottil riguardo
1.446Va misurando, che gli fanno fede
1.447Che sia scesa dal ciel forma divina,
1.448E la saluta e riverente inchina.
1.449Vede al suo salutar con pari onore
1.450Scioglier la lingua a quel, ma 'l suon non sente.
1.451Vede che al suo parlar con pari ardore
1.452Uno stesso voler mostra e consente:
1.453Ritien la voce, e se dal fonte fuore
1.454Oda parole uscir, drizza la mente;
1.455Ma tacendo ei, tacer quell'altro scorge,
1.456E che all'ascoltar suo le orecchie porge.
1.457Non sa che farsi, e già nell'alma porta
1.458Quello ardente desir che Amore imprime.
1.459Or lo mira, or lo prega, or lo conforta,
1.460Or torna, lasso! alte parole prime.
1.461Apre a' pianti, ai sospir talor la porta,
1.462Roder sentendo l'amorose lime,
1.463E talvolta dicea: Che doglia grave
1.464Sente il mio cor che della morte pave!
1.465Indi piangendo alla dolce ombra amata
1.466Rivolgea lasso i suoi lamenti e 'l volto:
1.467Chi è dentro il tuo seno, onda sacrata,
1.468Ch'oggi ha me stesso a me medesmo tolto?
1.469Onda in mio danno anzi in mia morte nata,
1.470Poscia che, stanco al tuo soccorso volto
1.471Per la sete cacciar, temprar l'ardore,
1.472Altra sete, altro ardor mi hai posto in core.
1.473Ma tu qualunque sei, mortale o divo,
1.474Giovin leggiadro, che pur Dio mi sembri,
1.475Non esser, prego, del tuo amante schivo,
1.476Se cortesia come bellezza assembri:
1.477Di me, solingo sempre e fuggitivo
1.478Dagli amorosi lacci, or ti rimembri,
1.479Che d'ogni crudeltà, del fallir mio
1.480Piangendo, pago doppiamente il fio.
1.481Di quante vaghe giovinette e belle
1.482Ho scherniti gli amor, fuggito il foco!
1.483Di quante Ninfe e quante villanelle
1.484L'aspre pene e martìr m'ho preso in gioco!
1.485Or m'han condotto le inimiche stelle
1.486A pianger teco in quest'ombroso loco;
1.487E tu, se al mio pregar duro sarai,
1.488Tosto com'altri ancor ne piangerai.
1.489Deh perché non poss'io viver nell'acque,
1.490Ch'or verrei dentro a dimorarmi teco?
1.491Ma poi ch'al crudo ciel questo non piacque,
1.492Perché non vieni a dimorarti meco?
1.493Ciprigna con Adon fra l'erbe giacque,
1.494Non schivò Giove ancor l'ombroso speco.
1.495Né tu duro schivar d'uscirten fuori
1.496Quinci a posar fra violette e fiori.
1.497Così dicendo, intorno gli occhi gira,
1.498E ch'egli ascenda nella valle crede:
1.499Poi torna al fonte e chiamalo e sospira,
1.500Che nel medesmo loco assiso il vede.
1.501Ma poi che intento lungamente mira
1.502Muover la man, la fronte, il braccio e il piede,
1.503La lunga pruova ch'ogni dubbio sgombra
1.504Gli mostra infin che di se stesso è l'ombra.
1.505Oh che caldi sospir, che amari pianti
1.506Empiono il ciel, quando di lei s'accorge!
1.507Oh che duro languir! quai, lasso, e quanti
1.508Biasmi sdegnoso alla sua stella porge!
1.509Ancor non vide ne' suoi servi amanti,
1.510Dice, il crudel Amor ch'a ciò mi scorge,
1.511Desir simile a quel ch'io porto in seno,
1.512Che anzi tempo farà ch'io venga meno.
1.513O selva, o piaggia, o chiusa valle aprica,
1.514Vedete quel che non vedeste ancora.
1.515O fortuna al mio ben sola nimica,
1.516Ben del comun sentier m'hai tratto fuora.
1.517O van pensier che i semplicetti intrica,
1.518Dimmi in che parte ogni mio ben dimora?
1.519Di me stesso ardo, e me medesmo bramo:
1.520Io senza frutto alcun rispondo e chiamo.
1.521Sempre vien meco quel ch'io più vorrei,
1.522Né se volessi ancor fuggir potria.
1.523Oh quanto men dolor nell'alma avrei,
1.524Più lunge avendo la speranza mia!
1.525Felice te, che vai dicendo omei
1.526Per cosa pur che in altra parte sia.
1.527Tu forse un giorno a te vicin l'avrai,
1.528Ma sé da sé non si disgiunge mai.
1.529Contra ogni legge in me medesmo face
1.530Estrema povertà troppa ricchezza,
1.531Estremo guerreggiar la troppa pace,
1.532Estrema servitù troppa bellezza:
1.533Troppo a me stesso di piacer mi spiace;
1.534Beato quel che le sue cose sprezza,
1.535Ché pur ad altri vien talvolta in pregio:
1.536Ma il mio troppo pregiar mi fa dispregio.
1.537Cotal dicendo sopra l'erba verde
1.538Empiea la valle d'amorose strida.
1.539Né con tutto il suo dir dramma si perde
1.540Di quel cieco desir che in lui s'annida.
1.541Ma nel dolersi più, più si rinverde:
1.542E dove men vorria più sempre il guida.
1.543Torna alla fonte, e guarda e parla, e chiama:
1.544Piange, sospira invan, si strugge ed ama.
1.545Piovongli amare lagrime dal volto,
1.546Per cui fosche dintorno vengon l'onde,
1.547Pargli il suo sommo ben furato e tolto,
1.548Ché l'amata ombra al suo mirar s'asconde.
1.549Or che m'hai, crudo, in mille lacci avvolto,
1.550Perché abbandoni queste ombrose sponde?
1.551Dice, e il braccio e la man nell'acque stende
1.552Per colui ritener che in van l'accende.
1.553Quanto più il fonte ricercando muove,
1.554Più l'immagin bramata a lui si toglie:
1.555Vien cieco e muto, e disusate e nuove
1.556Non sentite ancor mai l'occupan doglie.
1.557Or pensa al padre, or va pregando Giove
1.558Che almen con morte di dolor lo spoglie.
1.559Senza ber né mangiar non posa o dorme,
1.560Tenendo sempre le medesme forme.
1.561Sente il miser mancarsi a poco a poco;
1.562E più dell'ombra che di sé gl'incresce.
1.563Dice: Morendo, in me fia spento il foco,
1.564Ma il morir di costei pena m'accresce.
1.565Poi si conforta, e dice: In altro loco
1.566Che nel suo dolce meno amaro mesce
1.567Ci rivedrem fra più chiare acque amiche
1.568Che non son queste al mio desir nimiche.
1.569Così, lasso! piangendo: In pace resta,
1.570Disse, e la fronte sotto l'erba ascose.
1.571Eco dal monte lagrimosa e mesta:
1.572In pace resta, al suo partir rispose.
1.573L'alma spogliando la terrena vesta
1.574Tra i fior lasciolla e tra vermiglie rose,
1.575Qual giglio tronco dal nativo stelo
1.576Da fermar di pietà le stelle e 'l cielo.
1.577Le vaghe ninfe coi pastor dintorno
1.578Pien di doglia ascoltâr l'aspra novella.
1.579Ciascun, piangendo il giovinetto adorno,
1.580Morte, natura, il ciel crudele appella,
1.581Che a pena vista non ci lascia un giorno
1.582Con pace dimorar cosa sì bella;
1.583E formando beltà con tanta cura,
1.584In un sol punto poi la dona e fura.
1.585Scendon poi tutti nell'ombrosa valle
1.586Per dar sepolcro a sì leggiadre membra,
1.587Ma non dintorno al fonte o in altro calle
1.588Le pôn trovar, che maraviglia sembra:
1.589In tra bianche viole perse e gialle
1.590Truovano un fior, che a nessun mai rimembra
1.591D'aver simile a quel veduto in prima,
1.592E che Narcisso sia fra lor s'estima.
1.593È di candide frondi intorno cinto,
1.594Ha d'orato color la bella fronte,
1.595E tale ancor da proprio amor sospinto
1.596Guarda se stesso nel tranquillo fonte.
1.597Ciascun nel volto di pietà dipinto,
1.598Empie tutta d'omei la valle e il monte.
1.599Ciascun lo bagna de' suoi pianti rei:
1.600Eco piangendo ancor risponde omei.
1.601Cotal fine ebbe il giovinetto altero
1.602Dispregiator dello amoroso foco.
1.603E così va chi s'arma contra il vero
1.604E l'altrui lagrimar si prende in gioco.
1.605Ligure Pianta, se mai versi fêro
1.606Torcer credenza altrui d'ingiusto loco,
1.607Non dispregiate Amor né i servi suoi,
1.608Per quanto amate il ciel, virtude e voi.
1.609Dentro talor del miserel vi muova
1.610La dovuta vendetta e 'l crudo esempio,
1.611E vi sovvenga ognor che nulla giova
1.612Pianto o il pentirsi dopo il duro scempio.
1.613Non in ciel, non fra noi quaggiù si truova
1.614Più santo, degno ed onorato tempio
1.615Di quel d'Amor, che a chi ben l'ama è pio,
1.616Quanto a chi il fugge vien dannoso e rio.
1.617Chi spregiar lo dovrà se il mondo e il cielo,
1.618Com'or vedete, al suo poter s'inchina?
1.619Se Giove e Marte, se il signor di Delo
1.620Schivar non san questa virtù divina?
1.621Omai sgombrate dalla mente il velo
1.622Che vi toglie il veder l'alta ruina,
1.623Forse un passo da voi non lunge appena,
1.624Che pur pensando a lagrimar mi mena.
1.625Tra le amorose donne un caso tale
1.626Qual di Narcisso non si vide ancora.
1.627Chi può saper se lo amoroso strale
1.628Lo serba a voi che lo schernite ognora?
1.629Deh! se di vostro ben punto vi cale,
1.630Date il cor vostro a chi ciascuno adora.
1.631Se non che forse un dì colma di pianto
1.632Vi sovverrà del mio gravoso canto.
1.633Ligure Pianta, se alla vostra altezza
1.634Quest'umil penna a riguardar non pave,
1.635L'alto vostro valor, l'alma bellezza,
1.636Cui pari in terra, al mio parer, non ave,
1.637Han di ciò colpa; ché di tal dolcezza
1.638M'empiono il cor di cui tengon la chiave,
1.639Che pur mi adduce ragionando in parte
1.640Che poi manca il poter, l'ingegno e l'arte.
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