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EGLOGA.

Rime

PoeTree.it

1.1Perché non trai la tua zampogna fuore,
1.2Titiro caro, e lungo le fredde onde
1.3Del Rodano ambedue posiamci alquanto?
1.4Tu col suon vago, ed io cantando insieme
1.5Pur lieti passerem queste lung'ore;
1.6Ché null'altro, pens'io, può far men grave
1.7Quel duol che dentro abbiam de' nostri danni.
1.8Deh come sei con tal credenza folle!
1.9Erba di più valor, più saldo incanto
1.10Trovar conviensi a sì profonda piaga.
1.11Questo è ben vêr; ma dove il ben s'asconde,
1.12Si dee tôrre il men reo; noi che qui siamo
1.13In barbaro paese, in forze altrui,
1.14Che altro ne resta che ingannar noi stessi?
1.15Son due veri conforti all'infelice:
1.16L'un'rimembrarsi il tempo in cui già visse
1.17Con maggior doglia; e l'altro, è in mente avere
1.18Se alcun vive di lui più tristo al mondo.
1.19Or questo solo è quel che più mi reca
1.20Grave a me stesso, ch'ore più dogliose
1.21Di queste, lassi! non sentimmo unquanco.
1.22Né perch'io pensi ognor, mi torna a mente
1.23Chi passi i giorni suoi con maggior doglia.
1.24Se tu rivolgerai la mente indietro
1.25Nel tempo andato, ancor non volge l'anno,
1.26Ch'eri vivendo in più doglioso stato,
1.27E se ben guardi a lor che son rimasi
1.28Nel bel paese ch'Arno infiora e bagna,
1.29Vedrai men di noi lieti e mille e mille.
1.30Come fu l'esser mio tranquillo e lieto,
1.31Mentre potei le mie già ricche greggi
1.32Con Dafni insieme e con Menalca e Mopso
1.33Muover sicuro all'apparir del giorno
1.34Pei prati toschi, ov'esse erbette e frondi
1.35Givan pascendo, io sopra il terren verde
1.36Giaceva, e con la chiara mia zampogna
1.37Dolce facea sonar le valli intorno!
1.38Poscia cantando, la mia bella Flora
1.39Sempre chiamava; ed ella assai sovente
1.40Venìa pietosa al suon delle mie voci,
1.41Al nuovo tempo lungo i freschi rivi,
1.42La state all'ombra, a mezzo giorno il verno.
1.43Ella con dotta man vaghe ghirlande
1.44Mi tessea lieta, ed io narrava a lei
1.45Le sue bellezze e le mie fiamme antiche.
1.46E quante volte fui cantando a pruova
1.47Coi pastor, sempre ad onorar mi venne.
1.48E s'avvenia che amica stella o merto
1.49Mi desse il pregio, deh con che mie lodi,
1.50Con che scherno d'altrui, di fior m'ornava.
1.51Ma s'altri avea l'onor, quanto pietosa
1.52Scusava il fallo mio! deh che conforti!
1.53Deh che dolci parole! O venti, e come
1.54Dolce vi fu talor portarle al cielo!
1.55Poi che il Sol dipartìa, la bella mano
1.56Porgendo, mi dicea più volte addio.
1.57Io, col piè pronto fin ch'ella il vietasse,
1.58L'ero compagno, e colla vista poi
1.59Fin dietro al monte, e col pensier poi sempre.
1.60Le greggi indi volgea vêr le chiar'onde
1.61Del mio bello Arno, e poi drizzava il passo
1.62Al caro albergo, dove Alcippe e Filli
1.63Di lor poscia prendean la notte cura.
1.64Ivi con pomi con castagne e latte
1.65(Che mai non mi mancò la state o il verno)
1.66Vincea la fame, e sopra fronde e giunchi
1.67Dormìa dal mondo e da me stesso sciolto,
1.68Finché tornava a richiamarne il giorno;
1.69Né pensier se non dolce in me poteo.
1.70Ma lasso! or che gustiam se non amaro?
1.71Cosmo tolto ne fu da morte acerba
1.72Non son molti anni, e poi Menalca e Mopso
1.73Dal tiranno crudel; noi l'empie mani
1.74Pur fuggendo viviam, che il credo appena.
1.75Ma lasciati il bel nido e i colli t¢schi,
1.76Per le fredde Alpi e le deserte valli
1.77Gir ci convien che il Rodan parte e scende.
1.78Le liete greggi, i nostri campi colti
1.79Son d'altrui fatti; e noi poveri andiamo
1.80Cercando quel cui pensar c'era a vile.
1.81Deh fia giammai che al bel fiorito nido
1.82Dopo un lungo voltar torniamo ancora?
1.83Come esser può che a gente iniqua e ria
1.84Sia sì chiaro terren sì lunga preda,
1.85Sì lungo strazio? Ahi folle Melibeo,
1.86Pianta or nel colle il sempre verde ulivo,
1.87Vestil di viti, le campagne adombra
1.88Di salci e d'olmi, perché venga poi
1.89Chi te ne spogli: ahi popol pigro e lento,
1.90Che dormi tal ché i tuoi più fidi amici
1.91Lasci perir, ché non ti desti omai?
1.92E tu, Titiro stolto, or noi beati
1.93Pensi in tal grado, e lor, che han quella pace
1.94Che perduta piango io, miseri estimi?
1.95Ben sei non men di lui nel sonno involto.
1.96Chi dunque piangerà se giorni e notti
1.97Non piangiam noi? che di sì chiare piagge,
1.98Di sì rari pastor, sì fidi amici
1.99Ci sentiam privi, e di sì liete greggi,
1.100E di sì dolci amor (ché acceso vivo
1.101Non men per Silvia anch'io che tu per Flora).
1.102Ma chi noia sentì più grave al mondo
1.103Del viver nostro, allor che forse alcuno
1.104Del tutto cieco, noi beati disse?
1.105Or l'undecima volta il dolce latte
1.106Versan le greggi, poi che a forza venne
1.107Chi ne involò la santa, lieta e vera
1.108Colma di libertà tranquilla pace.
1.109Da indi in qua si volse in tristo amaro
1.110Ogni dolcezza nostra, e il riso in pianto,
1.111Com'or più che ancor mai si sente e vede.
1.112Chi le pie mandre nostre in guardia prende?
1.113Non il can fido, anzi il rapace lupo
1.114Che divora i pastor, non pur le greggi.
1.115Qual fu nel mondo di pietà sì nudo
1.116Che non sol dico esilio e povertade,
1.117Ma morte stessa non volesse insieme,
1.118Anzi che ognor veder selvagge fere
1.119Goder de' nostri le fatiche e il frutto?
1.120Ahi che stral di dolor compunge il core
1.121De' pastor toschi, allor che veggon tale
1.122Che fu lor servo in questa valle e in quella,
1.123Reggere a suo voler gli armenti e i greggi!
1.124E malgrado di lor dal proprio albergo
1.125Prender la vacca e l'umil pecorella,
1.126E d'esse il latte trar due volte il giorno.
1.127Poi l'agnello e il vitel (qualor più agogna
1.128La madre) discacciar per boschi e monti
1.129Senza d'essi curar lamenti o preghi.
1.130Né i miseri giovenchi han visto appena
1.131Vestir due volte il mondo a bianco e verde,
1.132Che acerbi pur son tratti al duro giogo!
1.133I campi che solean dal buon cultore
1.134Prender riposo, senza pace o tregua
1.135Portan d'aspra sementa il peso ogn'anno;
1.136Onde gli armenti i quai fur freschi e lieti
1.137Più che altri mai, son or debili e infermi,
1.138Magre le greggi e i figli, il latte appena
1.139L'usato suo candor fra quei ritiene.
1.140Or son pei campi da infelice arena
1.141E steril loglio vinti e l'orzo e il grano.
1.142Cerchi dunque chi vuol veder dappresso
1.143Quello a cui sol pensar n'ancide e strugge.
1.144Ché più vorrei sotto a quel torbo fiume
1.145Chiuder gli spirti o dentro l'alta neve,
1.146Ch'or del t¢sco Arno in sulle verdi rive
1.147Menar mia vita, poi che vita è detta,
1.148Soffrir vergogna, ch'è ben vita a molti,
1.149Ma di spirto gentil tormento e morte.
1.150Vedi adunque quanto è men dura sorte
1.151La nostra che non fu, quanto è men dolce
1.152Di chi lava or le greggi all'onde d'Arno.
1.153Qui nulla cosa con sì grave salma
1.154Premer ci deve il cor, quantunque in mente
1.155Ci torni spesso ancor Menalca e Mopso.
1.156Che s'egli è vêr, siccome uom dice e crede,
1.157Che più infelice sia chi più dappresso
1.158Sente i suoi danni o d'altrui ch'ami e cola,
1.159Piangiam chi vive or là, non quei che morte
1.160Tolti ha di tanta guerra, e in pace ha posti;
1.161E i giorni lor per sì lodato occaso
1.162Son giunti a notte, che i lor nomi ancora
1.163Canterà il Nilo, il Reno, Ibero e Gange.
1.164Tal che a molti vedrem più volte il giorno
1.165Di vergogna e dolor dipinto il volto,
1.166Siccome i nostri ognor giocondi e lieti.
1.167Finiam qui il piahto; e se ben Silvia e Flora
1.168Fin qua talvolta a sospirar ci muove,
1.169Speriam, come giurato han già più volte,
1.170Ch'eterni sian gli amor, che il ciel ne impresse;
1.171E che ancor tosto al dolce nido antico
1.172Le riveggiam più che mai vaghe e belle,
1.173E noi più che ancor mai felici e lieti.
1.174Io non saprei giammai, tal forza ha il vero,
1.175Dir contro a' detti tuoi, né posso ancora
1.176Far che talvolta io non mi doglia alquanto.
1.177Pur così mi starò, fin che il ciel vuole,
1.178Qual chi sol brama ed altro mal non sente.
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