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ELEGIA.

Rime

PoeTree.it

1.1Ite, o tristi pensier, ch'oggi è quel giorno
1.2In cui Flora gentil gran tempo acerba
1.3Mi mostrò il volto di pietade adorno.
1.4Venere bella, vien, ch'a te si serba
1.5Il pregio e il canto; e tu con lei, Cupido,
1.6Cinti le fronti di fioretti e d'erba.
1.7E s'or m'è tolto al mio fiorito nido
1.8Chiamarvi, assai vi sia Sorga e Durenza
1.9Di cui per altri ancor sentiste il grido.
1.10Non son primo né sol ch'oggi Fiorenza,
1.11E voi il sapete ben, da sé discaccia,
1.12Perché lunge i miglior si vivan senza.
1.13Non son primo né sol che l'alma allaccia
1.14Per queste rive, e Laura e Cintia il sanno,
1.15Cintia che m'arde il cor, la lingua agghiaccia.
1.16O membranze dogliose, o lungo affanno,
1.17Datemi or pace, ché riporta il Sole
1.18Quel giorno chiaro e bel, ch'oggi ha il sesto anno.
1.19Dolci accoglienze e sguardi, alte parole,
1.20Chiari sembianti, e vaghi atti soavi;
1.21Pensil solo, e guarrà chi più si duole.
1.22Oh santo giorno che i miei giorni gravi
1.23Chiudesti allor con sì tranquilla sera,
1.24Che per sempre del cor perdei le chiavi!
1.25Scendi, o madre d'amor, menando a schiera
1.26I pargoletti tuoi, le Grazie e l'Ore,
1.27E s'altra ivi è beltà celeste e vera.
1.28Scendi a far lieta al mio bel giorno onore,
1.29Adorna come il dì che il fero Marte
1.30Senti, vaga, vêr te novello amore.
1.31Prendi il vermiglio, e sian le chiome sparte,
1.32Qual fosti allor che col tuo bello Adone
1.33Giacesti ardendo in solitaria parte.
1.34Pur sentisti anco tu s'ha ben ragione
1.35Chi piangendo d'amor sovente duolse,
1.36E lo chiama d'error pungente sprone.
1.37Quante fïate a' nudi prun s'avvolse
1.38Il dorato tuo crin, che ad altro intesa
1.39Givi, e con danno suo da lor si sciolse!
1.40Quante fïate già per boschi offesa
1.41Sentì il bel piè, che pur seguìa l'amante
1.42Presso alle fere in giovanile impresa!
1.43Quante fïate ch'ei sen giva innante
1.44Dietro portasti a lui le reti e l'arco,
1.45De' can seguendo le veloci piante!
1.46Come apprendesti ben de' cervi il varco,
1.47E qual bosco, qual colle, o pioggia fosse,
1.48Onde più d'animai si torni carco!
1.49Come da prima fur le guance rosse
1.50Quando andar carca ti vedea Diana!
1.51Ma in breve Amore ogni vergogna scosse.
1.52Deh! come spesso essendo a lui lontana
1.53Già vinta e stanca a te correr convenne
1.54Per monti e sassi e per la via men piana.
1.55Quanta pietade al Sol di te già venne,
1.56Ch'arder vide ai gran dì la bella fronte,
1.57E i caldi raggi suoi per via ritenne.
1.58Non una volta fu che al chiaro fonte
1.59Il can venne assetato e turbò l'onde,
1.60Che già le mani al ber tenevi pronte.
1.61Ah! porta in pace, benché l'ira abonde,
1.62Ché gli è Melampo al suo signor sì caro,
1.63Che dormendo fra voi talor s'asconde.
1.64Quanto si dolse il ciel che il vago e chiaro
1.65Lume suo di beltà negletto gisse;
1.66Oh quanto a Marte fu più d'altro amaro!
1.67Quante già volte sospirando disse:
1.68Questa del terzo ciel, lasso! è la luce,
1.69Che già dentro il mio cor suo figlio affisse.
1.70Ov'è il tuo Cipri in cui sì bella luce
1.71L'immagin tua, dov'è il Citero antico?
1.72Ahi fra' cani e per boschi Amor t'adduce!
1.73Oh secol già felice, oh tempo amico!
1.74Più pregio avea nel mondo e fra gli Dei
1.75Un pio servo d'amor, che un cor pudico.
1.76Favola ancor nel cieco vulgo sei,
1.77Ma del cinghial che tolse ogni tua pace
1.78Più che d'altro parlar dolore avei.
1.79Ov'or trascorri, o folle lingua audace?
1.80Taci, ché ohimè! non si rinfreschi il pianto
1.81Per l'amara cagion che più le spiace.
1.82Scendi, o Ciprigna, e lascia il duol da canto,
1.83Ché così di lontan ti prega Flora,
1.84Flora del regno tuo la palma e 'l vanto.
1.85Scendi, Amor, seco ove il tuo dì s'adora,
1.86Ma non sian teco i tuoi dorati strali,
1.87Ch'io temo pur la terza piaga ancora.
1.88Cintia, voi vaga, che fra noi mortali
1.89Mostrate quanta Dio grazia ne porga,
1.90E che da gire in ciel ci ha date l'ali;
1.91Non v'incresca il passar Durenza e Sorga,
1.92Che in sul lito vicin non lunge al colle
1.93Il pio servo fedel di qua vi scorga.
1.94Né vi sdegnate ancor se in me si tolle
1.95Flora, e per sempre, il primo eletto loco,
1.96Ch'io nol posso fuggir se Amor lo volle.
1.97Ella del petto mio fu il primo foco,
1.98Ma voi de' miei pensier tal parte siete,
1.99Che al portarvi di par ben manca poco.
1.100Venite, ch'ore mal tranquille e liete
1.101Non avrei senza voi, dov'oggi segna
1.102Febo quel dì che non vedrà mai Lete.
1.103Lieta con voi la primavera vegna,
1.104Che venir suole ove il bel piè si muove,
1.105E lontana da voi restar si sdegna.
1.106Porti di frondi e fior ghirlande nove,
1.107E con sì bei color l'aprica vesta,
1.108Ch'altra simile il Sol non veggia altrove.
1.109E per voi seguitar l'aura rivesta
1.110Il suo leggiadro april di vaga spoglia
1.111Di rubin, d'oro, e di zaffir contesta,
1.112Quanto ha di bene il ciel con voi s'accoglia,
1.113Senno, valor, bellezza e leggiadria,
1.114Virtudi, alti costumi, e chiara voglia,
1.115Pietà, dolci sembianti, e cortesia.
1.116Oh nobil compagnia c'ha sempre seco
1.117Ovunque va, la bella Cintia mia,
1.118Vien, chiaro altero dì, ch'oggi hai con teco
1.119La Donna che onorar dee Flora sola,
1.120E cui sola adorar dee il mondo cieco.
1.121Vada lontan da noi chi l'alma invola
1.122A' bei pensier d'Amor, né sa per pruova
1.123Come incende, saetta, annoda, e vola.
1.124Ma se spirto gentil quaggiù si truova,
1.125Che ogni rozzo desir da sé scacciando
1.126Solo il donna servir diletta e giova;
1.127Venga or dove noi siam dolce cantando,
1.128E sdegni, ire, dolor, pianto e sospiri
1.129(S'esser per oggi può) deponga in bando.
1.130O Febo che allumando il mondo giri,
1.131Mostrane ogn'anno il vago dì d'aprile
1.132Lieto, scarco, tranquillo, e l'aura spiri;
1.133E sia Flora in tal di vaga e gentile
1.134Più che mai bella, e non le porga noia
1.135Il vulgo, il mondo, il viver basso e vile.
1.136Tornile a mente quanto dolce e gioia
1.137Sentì vivendo, il duol ponga in oblio,
1.138Verdi sian le speranze, e il timor muoia.
1.139Largo s'adempia ogn'alto suo disio,
1.140E sia sempre con lei quanto ella brama,
1.141Quanto ella brama sia, ma sia quello io.
1.142Sia quello io sol, cui giorno e notte chiama,
1.143Come alcun tempo fe, come ancor credo,
1.144S'è vêr ch'alma gentil mai non disama.
1.145E mentre io quinci a ria fortuna cedo,
1.146Di me pensier ma senza doglia porte,
1.147Finché (pur tosto sia) sopr'Arno riedo.
1.148E qualunque anno poi l'aurate porte
1.149Apre l'aurora a questo dì felice,
1.150Dolce pianga in amor mia dura sorte,
1.151Seco dicendo: Ohimè! servo infelice
1.152Ove or sei lunge? e perché qui non vieni?
1.153Ben dove tu, verrei, ma ciò non lice.
1.154Veggio i raggi del Sol chiari e sereni,
1.155L'aër più che giammai tranquillo e puro
1.156Dà segni intorno di speranza pieni.
1.157Ridemi il ciel, né mi si mostra oscuro,
1.158E tu, madre d'Amor, tu, santo figlio,
1.159Se promettete a me, ché d'altro curo?
1.160Cintia, infra i lumi, il bianco ed il vermiglio
1.161Così dolci pensier nell'alma accende,
1.162Che non speme maggiore altronde piglio.
1.163Già sotto Spagna il mio gran giorno scende;
1.164Vattene in pace, e non sarai più fuora
1.165(Se quel che dee venir lassù s'intende)
1.166Ch'io sopr'Arno sarò fra Cintia e Flora.
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