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STANZE.

Rime

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1.1Poi che non son quelle promesse ferme
1.2Che la mia donna già giurò servarmi,
1.3Forz'è che anch'io di lei abbia a dolerme,
1.4E chi mi ascolterà potrà scusarmi;
1.5Però che nel mio petto ha già tal verme
1.6Sdegno produtto, che convien sfogarmi.
1.7E a chi n'è causa ancor chiedo perdono,
1.8Che se offeso m'ha ben, servo li sono.
1.9O caduche speranze, o pensier folli!
1.10Al partirmi da voi non vi vid'io
1.11Sì gli occhi d'acqua rugiadosi e molli,
1.12E appena mi potesti dire: addio!
1.13Né mai di pianto si vider satolli,
1.14Sì mostrorno dolerli il partir mio;
1.15Ma ahimè! ché come io mi partii da quelli,
1.16A me in un tratto si ferno rubelli.
1.17Quante volte già, donna, mi dicesti,
1.18Facendomi di braccia al col catena,
1.19Che se un sol giorno senza me vivesti
1.20Non sarìa vostra vita altro che pena;
1.21E mille sacramenti vi aggiungesti;
1.22Sì come donna d'ogni fraude piena.
1.23Ma dato avete le promesse al vento
1.24Per farmi tra li amanti il più scontento.
1.25Tu, profanato Amor, tu sommo Giove,
1.26Tu Citerea da una mortal delusa,
1.27Fate in questa sacrilega tai prove,
1.28Che a perdonarvi più, donna, non s'usa.
1.29E se la mia vendetta non vi muove,
1.30Muovavi almen vostra deità confusa,
1.31E impari ognun che non vi porta onore
1.32Almanco riverirvi per timore.
1.33Come potesti, donna, a tanto amore
1.34A tanta servitù far tanto torto?
1.35Come potesti un sì sincero core
1.36Privar d'ogni suo ben, d'ogni conforto?
1.37Perché quel giorno, ahimè, ch'io restai fuore
1.38Di vostra grazia, ancor non restai morto?
1.39Ché minor mal mi sarìa stato morte,
1.40Che restar vivo in sì noiosa sorte.
1.41Altri lodar potran ben quel splendore
1.42De' vostri occhi ch'abbaglia ogni mortale,
1.43Altri la man che già mi furò il core,
1.44Altri la fronte a ch'altra non è eguale.
1.45Altri il bel petto ove si annida Amore,
1.46E il parlar dolce che mi fa immortale.
1.47Ma vostre laudi pur scemâr alquanto
1.48In romper fede a chi già v'amò tanto.
1.49Vostra somma beltà, dite, che giova
1.50L'esser di sangue a ogn'altra eguale in terra,
1.51L'aver grazia che rara oggi si trova
1.52Con quella leggiadria ch'entro si serra,
1.53S'altra non è che sì soave mova
1.54Quel lume ch'ogni cor vince ed atterra,
1.55Se il non aver dipoi fede o fermezza,
1.56Fa che una tal beltà nulla s'apprezza?
1.57Una rara vaghezza poco giova,
1.58E una suprema leggiadria men vale
1.59Se da un vizio offuscata esser si trova
1.60O se il vizio è delle virtudi eguale.
1.61Poco si vede ancor valer per prova
1.62Un ben, che seco abbi congiunto il male.
1.63Così il mancar di fe farà men chiara
1.64Una beltà ch'al mondo è tanto rara.
1.65Tra le passion d'Amor, donna, la prima
1.66È quando colui ch'ama non è amato.
1.67L'altra, se la sua donna non fa stima
1.68Donarli quel ch'amando ha meritato.
1.69La terza, se da poi che giunto in cima
1.70Del frutto, vien per altro indi scacciato.
1.71Io che in l'alterna son, vedo per prova
1.72Che sopra questa doglia non si trova.
1.73Non vi fia già, madonna, onore e gloria
1.74L'avermi rotta vostra fe giurata;
1.75Ché laude già non merta una vittoria
1.76Che vien con tradimento guadagnata.
1.77Né generosa donna unqua si gloria
1.78D'aver in atto alcun la fe mancata.
1.79Voi mi donasti, or mi togliete il core,
1.80Pensate voi se vi può dare onore.
1.81Mai non sarà che nel mio più profondo
1.82Pensier non senta e nel mio core impresso
1.83D'ottobre il dì vigesimo secondo,
1.84E più la notte ancor che segui appresso,
1.85Del cinquecento ventidue che al fondo
1.86Di Fortuna, e da voi fui, donna, messo,
1.87Ed altri accolto in quel leggiadro seno
1.88Che già fu a me sì di letizia pieno.
1.89O anni, o mesi, o giorni, o notti perse,
1.90O travagliato tempo, o instabil ore
1.91A me un tempo sì liete, ora sì avverse
1.92Poi che per voi son d'ogni gaudio fuore,
1.93O mie speranze in lacrime converse,
1.94O donna disleale, o ingrato Amore!
1.95Ora conosco io pur, che mal si guida
1.96Chi in tempo, in donna, e chi in fanciul si fida.
1.97Chi darà alli occhi miei fonte sì largo,
1.98Qual vena avrò sì d'abondante umore
1.99Che con quel pianto ch'io diffundo e spargo
1.100In parte manifesti il mio dolore?
1.101Deh perché non ho io le luci d'Argo,
1.102Perché a Bibli è mia sorte inferiore,
1.103Perché non son tutto acqua o tutto pianto
1.104Per isfogar mio duolo amaro tanto?
1.105Quella catena, ahimè, quei lacci, quelli
1.106Che servar promettesti, or son pur rotti.
1.107Gli occhi che al mio partir fur due ruscelli
1.108Avete in servitù d'altri condotti,
1.109E a me son fatti sì presto ribelli.
1.110O ore lacrimose, o giorni, o notti!
1.111Così pur va chi in donna s'assicura,
1.112Ché volubil fu sempre per natura.
1.113Dunque la donna mia fatta è d'altrui?
1.114Dunque m'è il servir tolto di tant'anni?
1.115Dunque fia ver che quella da chi fui
1.116Ristorato in un dì di mille danni
1.117Si tolse a me, donossi, io non so a cui?
1.118O aperti tradimenti! o espressi inganni!
1.119Quella che già fu mia più non è mia:
1.120Mal fa chi tanto amor sì tosto oblia.
1.121Quei divin modi, quei sì alteri gesti,
1.122Quei portamenti preziosi e rari,
1.123Quel sì saggio parlar che par ch'arresti
1.124Il Sole, e queti i più turbati mari;
1.125Vostri occhi al volger sì soavi e onesti
1.126Che i celesti splendor fanno men chiari,
1.127Vi potrian ben dar, donna, eterna fama...
1.128Ma mancando di fe, tutto s'infama.
1.129Ombrose selve folte, e spessi boschi,
1.130Solinghe spiagge e inabitati campi,
1.131Oscure grotte, spechi orrendi e foschi
1.132Dove vestigio uman terra non stampi;
1.133Valli e monti, u' d'uom voce si sconoschi,
1.134Acque non fredde a' miei sì accesi vampi
1.135Cerco, e con lor di voi mi doglio spesso,
1.136Poiché altrove doler non m'è concesso.
1.137Fama, veloce più d'ogn'altro male,
1.138Che nello alzarti ti vagheggi e specchi,
1.139E sola contra il corso naturale
1.140Più forza hai quanto più cammini e invecchi,
1.141Perché fatt'hai men casta e disleale
1.142Sì presto la mia donna ai nostri orecchi?
1.143Deh! per suo onore e per mio ben fa', Dio,
1.144Che non sia vero, o almen che sia sordo io.
1.145Lasso! se quest'è vero, io che far deggio
1.146Se non dolermi di mia sorte ria?
1.147Ma penso non sia vero, e ch'io vaneggio,
1.148Ché un saldo amor sì tosto non s'oblia.
1.149Deh! che fia ver? deh! no, ch'io pur m'avveggio
1.150Che ingrata esser non può la donna mia.
1.151Che se in virtù e in bellezza ogn'altra eccede,
1.152Esser non potria mai priva di fede.
1.153Come potria mancar di fede quella
1.154In cui natura ogni eccellenza accolse,
1.155E per farla tra belle la più bella
1.156Dalle celesti Dee l'esempio tolse,
1.157Ed oltra ogni beltà ripose in ella
1.158Tante virtù che il ciel spesso sen dolse?
1.159Se dunque sì perfetta è questa mia,
1.160Esser non può che senza fede sia.
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