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EGLOGA SECONDA.

Rime

PoeTree.it

1.1Lasciate, o Ninfe, i freschi erbosi fondi
1.2De' liquidi cristalli, e i chiari fiumi
1.3Che intorno bagnan le campagne tosche.
1.4Cercate, ahi lasse! un più doglioso albergo
1.5Che v'inviti a doler del miser fato
1.6Del vostro Cosmo: o monti, o piagge, o colli,
1.7Non ricevete in voi venti sereni.
1.8Voi vaghe erbette, e voi già liete piante,
1.9Omai triste spogliate i fiori e 'l verde.
1.10Pallide sian le rose, e tu, Iacinto,
1.11Descrivi entro al tuo sen doppio dolore,
1.12Poi che morto è chi fea già il mondo adorno.
1.13Piangete, sempre omai, sorelle tosche.
1.14Candidi cigni, e voi piangenti ancora
1.15Come presso al morir dolce solete,
1.16Dite all'arene, ai sassi, ai pesci, all'onde
1.17Che più non sentiran le chiare note
1.18Come solìen, poiché nel mondo è spento
1.19Per morte acerba il nuovo t¢sco Orfeo.
1.20Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.21Quel che a tutt'i pastor sì dolce e caro
1.22Mai sempre visse, più sonar non deve
1.23La sua zampogna, o sotto ombrosi rami
1.24Col suo canto addolcir l'aër d'intorno.
1.25Muto sta il mondo, e le greggi e gli armenti
1.26Fuggon piangendo le chiare acque e l'erba.
1.27Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.28Pianto ha la tua partenza, almo pastore,
1.29Il biondo Apollo, i Satiri, i Silvani,
1.30E Pan viepiù d'ogni altro a noi si dolse.
1.31Le chiare fonti e i freschi ruscelletti
1.32Rigan di pianto sì le valli e i prati
1.33Che ben sembra, ove son, perpetuo il verno.
1.34La misera Eco entro a' cavati sassi
1.35Tacendo piange, poi che più non spera
1.36Render l'ultimo suon delle tue voci.
1.37Gli arbor lascian cader dagli alti rami
1.38I pomi acerbi, i fior languendo stanno.
1.39Non dalle pecorelle il bianco latte
1.40Nei vasi stilla, non più l'ape avara
1.41Aduna il dolce mèl ne' chiusi alberghi;
1.42Ché morto essendo il suo pastor più chiaro,
1.43Sol si pasce d'amaro e il dolce ha schivo.
1.44Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.45Non sì doglioso nei deserti lidi
1.46Degli arenosi mar piange il delfino
1.47La morta sposa, non per gli alti tetti
1.48Chiama con tal dolor Progne i suoi figli,
1.49Non Filomela con tal duol si lagna
1.50Del folle creder suo per boschi e valli,
1.51Non tanto d'Alcïon si duol Ceice
1.52Lungo le rive amate, quanto ognora
1.53Piangon tutti chiamando il miser Cosmo.
1.54Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.55Qual sì chiaro pastore ha 'l terren t¢sco,
1.56Qual tanto ornato, che por bocca ardisca
1.57Alla zampogna tua sì ch'ella schiva
1.58D'ogni altro successor non fugga indietro,
1.59Dicendo: Ah troppo nobil fur gli spirti
1.60Che mi dier voce, ohimè, troppo fu dotta
1.61La man che 'l mio cantar fea vario e lieto:
1.62Non mi toccar, ché omai vedova e muta
1.63Col mio primo signor voglio esser sempre?
1.64Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.65La bella Galatea, che le salse onde
1.66Del mar lasciando in su le rive d'Arno
1.67Lieta più volte ad ascoltar ti venne,
1.68Sospira e piange, e con la morte duolsi
1.69Che, furandoti al mondo, il fer Ciclopo
1.70Per sua doglia maggior riserba in vita,
1.71Onde obliando il dolce suo soggiorno
1.72Delle chiare acque, in sulle ignude arene
1.73Solo in te richiamar si sfoga e pasce.
1.74Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.75Teco, o sommo pastor, son muti insieme
1.76Quei dolci versi in alto stile ornato
1.77Onde ogni cor gentil sì lieto andava.
1.78Tristi e dogliosi i pargoletti amori,
1.79Spente le faci, e gli strai tronchi e gli archi,
1.80Ti stan dintorno, e gli onorati spirti
1.81Spargendo rose e fior chiaman sovente.
1.82Vener porgendo al caro suo poeta
1.83Baci più dolci e lagrime più amare
1.84Che mai porgesse al morto amato Adone,
1.85Piange or la condizion di noi mortali.
1.86Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.87Vie più di tutti gli altri il t¢sco fiume
1.88Ovunque passa si lamenta e duole
1.89Del grave danno suo, dicendo: Ahi lasso!
1.90Ben piansi io con ragion, quando s'estinse
1.91Quel gran lume divin, quell'alto e sacro
1.92Mio figlio antico, a me contrario un tempo
1.93Contra 'l dover; che in stil sì dotto e raro
1.94Cantò il cielo, e l'abisso, e i luoghi dove
1.95Si purga l'alma a gire a miglior porto.
1.96Ben con ragione ancor più d'altro piansi
1.97Chi Laura pianse, e che in sì dolci rime
1.98Gli amorosi pensier, le fiamme ardenti
1.99Sfogò cantando, ond'oggi suona il mondo
1.100Non pur le rive mie quinci vicine;
1.101Né molto poi con l'amata Elsa insieme
1.102Gran tempo piansi il mio diletto amico
1.103Maestro d'alto dir, che i lunghi pianti
1.104Già di Fiammetta in parlar sciolto stese,
1.105E i dolci ragionar dei dieci giorni
1.106Sì chiari e bei che non vedran mai notte.
1.107Ma, lasso, ancor con sì dogliose voci
1.108Con sì caldi sospir non piansi alcuno,
1.109Quanto il mio Cosmo, ohimè, la cui zampogna
1.110Pur giovinetta non m'avea men pregio
1.111Dato, che l'altrui già canuta cetra:
1.112Poi doppio duol mi reca il pensar solo
1.113Quel che, lasso! di lui sperava il mondo.
1.114Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.115Le liete rose, le fresch'erbe e verdi,
1.116Le violette, i fior vermigli e i persi
1.117Bene han la vita lor caduca e frale.
1.118Ma l'aure dolci, i Sol benigni e l'acque
1.119Rendon gli spirti lor, che d'anno in anno
1.120Tornan più che mai belli al nuovo aprile.
1.121Ma, lassi, non virtù, regni, o tesoro
1.122A noi render potrian quest'alma luce,
1.123Ché quando morte vien, perpetuo il verno
1.124Reca, e i tempi miglior si porta via.
1.125Eterno sonno dèi, Cosmo onorato,
1.126Dormir sotterra, mentre in altra parte
1.127Hai del tuo bene oprar vittoria e palma.
1.128Piangete sempre omai, sorelle tosche.
1.129Deh! potess'io come il buon tracio Orfeo
1.130Come il fero Tirintio, e il saggio Ulisse,
1.131Scender là dove sei nei regni oscuri.
1.132Ché a Proserpina bella e al gran Plutone
1.133Narrando quanto il mondo oggi s'attrista
1.134Della partenza tua, forse pietosi
1.135Gli farei tal, che torneresti ancora.
1.136Ma se il soave canto e i dolci versi,
1.137Onde vivendo altrui sì lieto festi,
1.138Tocche han laggiù le sante orecchie, vano
1.139Fôra 'l sperar, ché tanto è caro il dono
1.140Ch'io chiederei, che pur pietade stessa
1.141Ne diverria, non ch'altri, avara e cruda.
1.142Dunque, o tristi pensier, senz'altra spene
1.143Di rivederlo mai se non vien morte
1.144Che tronchi gli anni miei gravosi e stanchi,
1.145Sfoghiamo il duol con lagrimoso canto
1.146Lui chiamando ad ognor che non risponde.
1.147Piangete sempre omai, sorelle tosche.
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