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1.1Solea creder lo mondo in suo periclo
1.2che la bella Ciprigna il folle amore
1.3raggiasse, volta nel terzo epiciclo;
2.1per che non pur a lei faceano onore
2.2di sacrificio e di votivo grido
2.3le genti antiche ne l'antico errore;
3.1ma Dïone onoravano e Cupido,
3.2quella per madre sua, questo per figlio,
3.3e dicean ch'el sedette in grembo a Dido;
4.1e da costei ond'io principio piglio
4.2pigliavano il vocabol de la stella
4.3che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio.
5.1Io non m'accorsi del salire in ella;
5.2ma d'esservi entro mi fé assai fede
5.3la donna mia ch'i' vidi far più bella.
6.1E come in fiamma favilla si vede,
6.2e come in voce voce si discerne,
6.3quand'una è ferma e altra va e riede,
7.1vid'io in essa luce altre lucerne
7.2muoversi in giro più e men correnti,
7.3al modo, credo, di lor viste interne.
8.1Di fredda nube non disceser venti,
8.2o visibili o no, tanto festini,
8.3che non paressero impediti e lenti
9.1a chi avesse quei lumi divini
9.2veduti a noi venir, lasciando il giro
9.3pria cominciato in li alti Serafini;
10.1e dentro a quei che più innanzi appariro
10.2sonava "Osanna" sì, che unque poi
10.3di rïudir non fui sanza disiro.
11.1Indi si fece l'un più presso a noi
11.2e solo incominciò: "Tutti sem presti
11.3al tuo piacer, perché di noi ti gioi.
12.1Noi ci volgiam coi principi celesti
12.2d'un giro e d'un girare e d'una sete,
12.3ai quali tu del mondo già dicesti:
13.1"Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete";
13.2e sem sì pien d'amor, che, per piacerti,
13.3non fia men dolce un poco di quïete".
14.1Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
14.2a la mia donna reverenti, ed essa
14.3fatti li avea di sé contenti e certi,
15.1rivolsersi a la luce che promessa
15.2tanto s'avea, e "Deh, chi siete?" fue
15.3la voce mia di grande affetto impressa.
16.1E quanta e quale vid'io lei far piùe
16.2per allegrezza nova che s'accrebbe,
16.3quando parlai, a l'allegrezze sue!
17.1Così fatta, mi disse: "Il mondo m'ebbe
17.2giù poco tempo; e se più fosse stato,
17.3molto sarà di mal, che non sarebbe.
18.1La mia letizia mi ti tien celato
18.2che mi raggia dintorno e mi nasconde
18.3quasi animal di sua seta fasciato.
19.1Assai m'amasti, e avesti ben onde;
19.2che s'io fossi giù stato, io ti mostrava
19.3di mio amor più oltre che le fronde.
20.1Quella sinistra riva che si lava
20.2di Rodano poi ch'è misto con Sorga,
20.3per suo segnore a tempo m'aspettava,
21.1e quel corno d'Ausonia che s'imborga
21.2di Bari e di Gaeta e di Catona
21.3da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
22.1Fulgeami già in fronte la corona
22.2di quella terra che 'l Danubio riga
22.3poi che le ripe tedesche abbandona.
23.1E la bella Trinacria, che caliga
23.2tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo
23.3che riceve da Euro maggior briga,
24.1non per Tifeo ma per nascente solfo,
24.2attesi avrebbe li suoi regi ancora,
24.3nati per me di Carlo e di Ridolfo,
25.1se mala segnoria, che sempre accora
25.2li popoli suggetti, non avesse
25.3mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!".
26.1E se mio frate questo antivedesse,
26.2l'avara povertà di Catalogna
26.3già fuggeria, perché non li offendesse;
27.1ché veramente proveder bisogna
27.2per lui, o per altrui, sì ch'a sua barca
27.3carcata più d'incarco non si pogna.
28.1La sua natura, che di larga parca
28.2discese, avria mestier di tal milizia
28.3che non curasse di mettere in arca".
29.1"Però ch'i' credo che l'alta letizia
29.2che 'l tuo parlar m'infonde, segnor mio,
29.3là 've ogne ben si termina e s'inizia,
30.1per te si veggia come la vegg'io,
30.2grata m'è più; e anco quest'ho caro
30.3perché 'l discerni rimirando in Dio.
31.1Fatto m'hai lieto, e così mi fa chiaro,
31.2poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso
31.3com'esser può, di dolce seme, amaro".
32.1Questo io a lui; ed elli a me: "S'io posso
32.2mostrarti un vero, a quel che tu dimandi
32.3terrai lo viso come tien lo dosso.
33.1Lo ben che tutto il regno che tu scandi
33.2volge e contenta, fa esser virtute
33.3sua provedenza in questi corpi grandi.
34.1E non pur le nature provedute
34.2sono in la mente ch'è da sé perfetta,
34.3ma esse insieme con la lor salute:
35.1per che quantunque quest'arco saetta
35.2disposto cade a proveduto fine,
35.3sì come cosa in suo segno diretta.
36.1Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine
36.2producerebbe sì li suoi effetti,
36.3che non sarebbero arti, ma ruine;
37.1e ciò esser non può, se li 'ntelletti
37.2che muovon queste stelle non son manchi,
37.3e manco il primo, che non li ha perfetti.
38.1Vuo' tu che questo ver più ti s'imbianchi?".
38.2E io: "Non già; ché impossibil veggio
38.3che la natura, in quel ch'è uopo, stanchi".
39.1Ond'elli ancora: "Or di': sarebbe il peggio
39.2per l'omo in terra, se non fosse cive?".
39.3"Sì", rispuos'io; "e qui ragion non cheggio".
40.1"E puot'elli esser, se giù non si vive
40.2diversamente per diversi offici?
40.3Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive".
41.1Sì venne deducendo infino a quici;
41.2poscia conchiuse: "Dunque esser diverse
41.3convien di vostri effetti le radici:
42.1per ch'un nasce Solone e altro Serse,
42.2altro Melchisedèch e altro quello
42.3che, volando per l'aere, il figlio perse.
43.1La circular natura, ch'è suggello
43.2a la cera mortal, fa ben sua arte,
43.3ma non distingue l'un da l'altro ostello.
44.1Quinci addivien ch'Esaù si diparte
44.2per seme da Iacòb; e vien Quirino
44.3da sì vil padre, che si rende a Marte.
45.1Natura generata il suo cammino
45.2simil farebbe sempre a' generanti,
45.3se non vincesse il proveder divino.
46.1Or quel che t'era dietro t'è davanti:
46.2ma perché sappi che di te mi giova,
46.3un corollario voglio che t'ammanti.
47.1Sempre natura, se fortuna trova
47.2discorde a sé, com'ogne altra semente
47.3fuor di sua regïon, fa mala prova.
48.1E se 'l mondo là giù ponesse mente
48.2al fondamento che natura pone,
48.3seguendo lui, avria buona la gente.
49.1Ma voi torcete a la religïone
49.2tal che fia nato a cignersi la spada,
49.3e fate re di tal ch'è da sermone;
50.1onde la traccia vostra è fuor di strada".
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