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LXXVIII

Poesie

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1.1Nell'età pronta, giovinile e vaga,
1.2quando i nostri desir, ferventi e sciolti,
1.3apron nel petto l'amorose chiavi,
1.4l'anima bella, del suo mal presaga,
1.5turbata e i sensi desïosi e volti
1.6per inculti sentier, rigidi e pravi,
1.7con atti onesti e gravi
1.8m'aparve inanzi una benigna idea,
1.9che tolto a Citerea
1.10avrebbe fama e fatto invidia ' Apollo,
1.11con un diamante al collo,
1.12vestita a verde e le sua trecce d'oro
1.13coronate d'ulivo e sacro alloro.
2.1La sua man destra grazïosamente
2.2a me dubbioso sorridendo porse,
2.3formando di sua voce un dolce sòno:
2.4«O cieca, stolta e desïosa mente,
2.5che t'ha fatto di te più volte in forse,
2.6cercando ne' begli occhi van perdono,
2.7perché più caro dono
2.8non cerchi conseguir con degno effetto,
2.9cacciando via del petto
2.10questo folle pensier, questa impia voglia,
2.11che ti divide e spoglia
2.12di quella luce dove al fin si spera
2.13ogni nostra salute, unita e intera?»
3.1Così parlando, al fin d'un basso loco
3.2mi trasse accortamente, e poscia i passi
3.3volse per un camin serrato ed erto.
3.4Ond'io, che drento già sentiva il foco,
3.5cogli occhi gravi, tenebrosi e bassi
3.6segui', come colei mi fece esperto,
3.7fin che in un colle aperto
3.8giugnemo; e stanco, rimirando intorno
3.9un verde prato adorno
3.10di freschi rivi ed arbuscelli spessi,
3.11laür, faggi, cipressi,
3.12dov'è Febo già caldo, all'ombra intenti
3.13rendevan fuor gli uccei grati concenti.
4.1Nel mezzo un chiaro e delicato fonte,
4.2ove sedevan nove donne belle
4.3parlando cose gravi al nostro ingegno,
4.4a lor fatto vicin, chinai la fronte
4.5alle dolci acqui per gustar di quelle,
4.6sì che ciascuna il viso empié di sdegno.
4.7Madonna mi fé segno
4.8ch'io ritornassi indietro e poi sogiunse:
4.9«Qual gran voler ti punse
4.10tentar cosa ch'a pochi ha dato il cielo?
4.11Cangerai prima il pelo
4.12che tu possi libar di quel che brami,
4.13o côr solo una fronde d'esti rami.»
5.1Poi, detto questo, m'accennò con mano,
5.2alquanto sopra noi levato in alto,
5.3un loco assai repente e pien di spine.
5.4E cominciò con un sembiante umano:
5.5«Lassù, dove tu vedi il duro smalto,
5.6si stanno liete sette gran regine,
5.7che cose alte e divine
5.8contemplon sempre. Il lor degno negozio
5.9è sempre uno equinozio,
5.10né pioggia o nube o venti mai l'offende.
5.11Di quivi si comprende
5.12ciò che si copre al mondo; è lor liquori
5.13ambrosia e nettar con suavi odori.
6.1Non è lecito a alcun la gran salita
6.2sanza gran merto o sanza fida scorta;
6.3così Chi tutto regge far gli piacque.
6.4Quanti già colla mente troppo ardita
6.5si son perduti nel cercar la porta,
6.6non avendo bevute di queste acque!»
6.7Così detto, si tacque
6.8e con l'ultimo suono abassò il viso;
6.9poi, dopo un dolce riso,
6.10si partì salutando assai veloce.
6.11Io mossi in van la voce
6.12per ringraziarla, e già più d'una volta,
6.13né mai s'intese la parola sciolta.
7.1Tornava indrieto a rimirar la vista
7.2tante cose e sì degne, e le parole
7.3scolpite eran nel cor d'altro che 'nchiostro;
7.4e meco, con desio di doglia mista:
7.5«O celeste bellezze, o vago sole,
7.6ch'a me sì grato inanzi ti se' mostro,
7.7o cieco e duro chiostro,
7.8lasso, dov'io sofferto ho tanti affanni,
7.9perché ne' mia primi anni
7.10non volsi gli occhi a rimirar costei,
7.11che forse i passi miei
7.12avrebbe scorti a seguitar coloro
7.13che posson dar perfetto ogni tesoro?»
7.14— Canzon, se mai parlar ti lice in terra,
7.15benché ornata non sia di quelle spoglie
7.16che ti dovevan far tra l'altre accetta,
7.17racconta quanto si vaneggia ed erra,
7.18seguendo sempre queste umane voglie
7.19dove nulla speranza è mai perfetta,
7.20e quanto ben s'aspetta
7.21per chi drieto a costor dirizza l'ale,
7.22che fan dopo il morire altri immortale.
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