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A S. E. IL SIGNOR PRINCIPE DON SIGISMONDO CHIGI

Poesie

PoeTree.it

1.1Dunque fu di natura ordine e fato,
1.2che di là donde il bene ne deriva,
1.3del mal pur anco scaturir dovesse
1.4la torbida sorgente? Oh saggio! oh solo
1.5a me rimasto negli avversi casi
1.6consolator, che non torcesti mai
1.7dalle pene d'altrui lungi lo sguardo,
1.8e scarso di parole e largo d'opre
1.9co' benefizi al mio dolor soccorri,
1.10Gismondo, e qual di gioie e di martìri
1.11portentosa mistura è il cuor dell'uomo!
1.12Questa parte di me, che sente e vede,
1.13questo di vita fuggitivo spirto,
1.14che mi scalda le membra e le penètra,
1.15con quale ardor, con qual diletto un tempo
1.16scorrea pe' campi di natura, e tutte
1.17a me dintorno rabbellìa le cose!
1.18Or s'è cangiato in mio tiranno, in crudo
1.19carnefice, che il frale, onde son cinto,
1.20romper minaccia, e le corporee forze,
1.21qual tarlo roditor, logora e strugge.
2.1Giorni beati, che in solingo asilo
2.2senza nube passai, chi vi disperse?
2.3Ratti qual lampo che la buia notte
2.4segna talor di momentaneo solco,
2.5e su gli occhi le tenebre raddoppia
2.6al pellegrin che si sgomenta e guata,
2.7qual mio fallo v'estinse? e tanto amara
2.8or mi rende di voi la rimembranza,
2.9che pria sì dolce mi scendea sul core?
3.1Allorché il Sole (io lo rammento spesso)
3.2d'Oriente sul balzo compariva
3.3a risvegliar dal suo silenzio il mondo,
3.4e agli oggetti rendea più vivi e freschi
3.5i color che rapiti avea la sera,
3.6dall'umile mio letto anch'io sorgendo
3.7a salutarlo m'affrettava, e fiso
3.8tenea l'occhio a mirar come nascoso
3.9di là dal colle ancora ei fea da lunge
3.10degli alti gioghi biondeggiar le cime;
3.11poi, come lenta in giù scorrea la luce
3.12il dosso imporporando e i fianchi alpestri,
3.13e dilatata a me venìa d'incontro,
3.14che a' piedi l'attendea della montagna.
3.15Dall'umido suo sen la terra allora
3.16su le penne dell'aure mattutine
3.17grata innalzava di profumi un nembo
3.18e altero di sé stesso, e sorridente
3.19su i benefizi suoi l'aureo pianeta
3.20nel vapor, che odoroso ergeasi in alto,
3.21gìa rinfrescando le divine chiome,
3.22e fra il concento degli augelli e il plauso
3.23delle create cose, egli sublime
3.24per l'azzurro del ciel spingea le rote.
4.1Allor sul fresco margine d'un rivo
4.2m'adagiava tranquillo in su l'erbetta,
4.3che lunga e folta mi sorgea dintorno,
4.4e tutto quasi mi copriva; ed ora
4.5supino mi giacea, fosche mirando
4.6pender le selve dall'opposta balza,
4.7e fumar le colline, e tutta in faccia
4.8di sparsi armenti biancheggiar la rupe:
4.9or rivolto col fianco al ruscelletto,
4.10io mi fermava a riguardar le nubi,
4.11che tremolando si vedean riflesse
4.12nel puro trapassar specchio dell'onda:
4.13poi del gentil spettacolo già sazio,
4.14tra i cespi, che mi fean corona e letto,
4.15si fissava il mio sguardo, e attento e cheto
4.16il picciol mondo a contemplar poneami,
4.17che tra gli steli brulica dell'erbe,
4.18e il vago e vario degl'insetti ammanto,
4.19e l'indole diversa e la natura.
4.20Altri a torma e fuggenti in lunga fila
4.21vengono e van per via carchi di preda,
4.22altri sta solitario, altri l'amico
4.23in suo cammino arresta, e con lui sembra
4.24gran cose conferir: questi d'un fiore
4.25l'ambrosia sugge e la rugiada; e quello
4.26al suo rival ne disputa l'impero,
4.27e venir tosto a lite, ed azzuffarsi,
4.28e avviticchiati insieme ambo repente
4.29giù dalla foglia sdrucciolar li vedi.
4.30Né valor manca in quegli angusti petti,
4.31previdenza, consiglio, odio ed amore.
4.32Quindi alcuni tra lor miti e pietosi
4.33prestansi aita ne' bisogni; assai
4.34migliori in ciò dell'uom, che al suo fratello
4.35fin nella stessa povertà fa guerra:
4.36ed altri poscia da vorace istinto
4.37alla strage chiamati ed agl'inganni,
4.38della morte d'altrui vivono, e sempre
4.39del più gagliardo, come avvien tra noi,
4.40o del più scaltro la ragion prevale.
5.1Questi gli oggetti, e questi erano un tempo
5.2gli eloquenti maestri, che di pura
5.3filosofia m'empian la mente e il petto;
5.4mentre soave mi sentia sul volto
5.5spirar del Nume onnipossente il soffio,
5.6quel soffio che le viscere serpendo
5.7dell'ampia terra, e ventilando il chiuso
5.8elementar foco di vita, e tutta
5.9la materia agitando, e le seguaci
5.10forme che inerti le giaceano in grembo,
5.11l'une contra dell'altre in bel conflitto
5.12arma le forze di natura, e tragge
5.13da tanta guerra l'armonia del mondo.
5.14Scorreami quindi per le calde vene
5.15un torrente di gioia, e discendea
5.16questo vasto universo entro mia mente,
5.17or come grave sasso che nel mezzo
5.18piomba d'un lago, e l'agita e sconvolge,
5.19e lo fa tutto ribollir dal fondo;
5.20or come immago di leggiadra amante,
5.21che di grato tumulto i sensi ingombra,
5.22e serena sul cor brilla e riposa.
6.1Ma più quell'io non son. Cangiaro i tempi,
6.2cangiâr le cose. Della gioia estremo
6.3regnò sull'alma il sentimento: estremi
6.4or vi regnano ancora i miei martìri.
6.5E come stenderò su le ferite
6.6l'ardita mano, e toglieronne il velo?
6.7Una fulgida chioma al vento sparsa,
6.8un dolce sguardo ed un più dolce accento,
6.9un sorriso, un sospir dunque potero
6.10non preveduto suscitarmi in seno
6.11tanto incendio d'affetti e tanta guerra?
6.12E non son questi i fior, queste le valli,
6.13che già parver sì belle agli occhi miei?
6.14Chi di fosco le tinse? e chi sul ciglio
6.15mi calò questa benda? Ohimè! l'orrore,
6.16che sgorga di mia mente e il cor m'allaga,
6.17di natura si sparse anche sul volto,
6.18e l'abbuiò. Me misero! non veggo
6.19che lugubri deserti: altro non odo
6.20che urlar torrenti e mugolar tempeste.
6.21Dovunque il passo e la pupilla movo
6.22escono d'ogni parte ombre e paure,
6.23e muta stammi e scolorita innanzi
6.24qual deforme cadavere la terra.
6.25Tutto è spento per me. Sol vive eterno
6.26il mio dolor, né mi riman conforto
6.27che alzar le luci al cielo, e sciormi in pianto.
6.28Ah, che mai vagheggiarti io non dovea,
6.29fatal beltade! Senza te venuto
6.30questo non fôra orribil cangiamento.
6.31Girar tranquilli sul mio capo avrei
6.32visto i pianeti, e più tranquilla ancora
6.33la mia polve tornar donde fu tolta.
6.34Ma in que' vergini labbri, in que' begli occhi
6.35aver quest'occhi inebbriati, e dolce
6.36sentirmi ancor nell'anima rapita
6.37scorrere il suono delle tue parole:
6.38amar te sola, e riamato amante
6.39non essere felice; e veder quindi
6.40contra me, contra te, contra le voci
6.41di natura e del ciel sorger crudeli
6.42gli uomini, i pregiudizi e la fortuna:
6.43perder la speme di donarti un giorno
6.44nome più sacro che d'amante, e caro
6.45peso vederti dal mio collo pendere,
6.46e d'un bacio pregarmi, e d'un sorriso
6.47con angelico vezzo: abbandonarti...
6.48obbliarti, e per sempre... Ah lungi, lungi,
6.49feroce idea; tu mi spaventi, e cangi
6.50tutta in furor la tenerezza mia.
6.51Allor requie non trovo. Io m'alzo, e corro
6.52forsennato pe' campi, e di lamenti
6.53le caverne riempio, che dintorno
6.54risponder sento con pietade. Allora
6.55per dirupi m'è dolce inerpicarmi,
6.56e a traverso di folte irte boscaglie
6.57aprir la via col petto, e del mio sangue
6.58lasciarmi dietro rosseggianti i dumi.
6.59La rabbia, che per entro mi divora,
6.60di fuor trabocca. Infiammansi le membra,
6.61l'anelito s'addoppia, e piove a rivi
6.62il sudor dalla fronte rabbuffata.
6.63Più scabrezza al sentier, più forza al piede,
6.64più ristoro al mio cor: finché smarrito,
6.65di balza in balza valicando, all'orlo
6.66d'un abisso mi spingo. A riguardarlo
6.67si rizzano le chiome e il piè s'arretra.
6.68A poco a poco quel terror poi cede,
6.69e un pensiero sottentra ed un desio,
6.70disperato desio. Ritto su i piedi
6.71stommi, ed allargo le tremanti braccia
6.72inclinandomi verso la vorago.
6.73L'occhio guarda laggiuso, e il cor respira,
6.74e immaginando nel piacer mi perdo
6.75di gittarmi là dentro, onde a' miei mali
6.76por termine, e nei vortici travolto
6.77romoreggiar del profondo torrente.
6.78Codardo! ancora non osai dall'alto
6.79staccar l'incerto piede, e coraggioso
6.80in giù col capo rovesciarmi. Ancora
6.81al suo fin non è giunta la mia polve,
6.82e un altro istante mi condanna il Fato
6.83di questo Sole a contemplar l'aspetto.
6.84Oh perché non poss'io la mia deporre
6.85d'uom tutta dignitate, e andar confuso
6.86col turbine che passa, e sulle penne
6.87correr del vento a lacerar le nubi,
6.88o su i campi a destar dell'ampio mare
6.89gli addormentati nembi e le procelle!
6.90Prigioniero mortal! dunque non fia
6.91questo diletto un dì, questo destino
6.92parte di nostra eredità? Qualunque
6.93mi serbi il Ciel condizion di spirto,
6.94perché, Gismondo, prolungar cotanto
6.95questo lampo di luce? Un sol potea,
6.96un solo oggetto lusingarmi: il Cielo
6.97al mio desire invidiollo, e l'odio
6.98mi lasciò della vita e di me stesso.
6.99Tu di Sofia cultor felice, e speglio
6.100di candor, d'amistade e cortesia,
6.101tu per me vivi, e su l'acerbo caso
6.102una stilla talor spargi di pianto,
6.103o generoso degli afflitti amico.
6.104Allorché d'un bel giorno in su la sera
6.105l'erta del monte ascenderai soletto,
6.106di me ti risovvenga, e su quel sasso,
6.107che lagrimando del mio nome incisi,
6.108su quel sasso fedel siedi e sospira.
6.109Volgi il guardo di là verso la valle,
6.110e ti ferma a veder come da lunge
6.111su la mia tomba invia l'ultimo raggio
6.112il Sol pietoso, e dolcemente il vento
6.113fa l'erba tremolar che la ricopre.
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