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Elena a ParideEpistola decimasesta

Epistole d'Ovidio

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1.1Poi che la carta inaspettata, e piena
1.2Di temerario e di sfacciato ardire,
1.3Offerta vidi a le pudiche luci,
1.4Ond'io mi sento ancor tremante il core,
1.5Ho giudicato il ritornarti indietro
1.6Breve risposta esser mio degno officio
1.7E di gran lode, e di momento grave.
1.8Hai tu già mai sì sceleratamente
1.9Avuto ardir del sacrosanto ospizio,
1.10Mal saggio peregrin, romper le leggi,
1.11E di regina, e maritata e casta,
1.12Pungere il core, e stimolar la fede?
1.13Per questo il porto mio benigno accolse
1.14Le navi tue, che per sì lunghe vie,
1.15Per tanti scogli, e sì dubbiosi errori
1.16T'avean portato? e sol per questo, ahi lassa,
1.17Ti fur dell'alto mio reale albergo
1.18Le porti aperte? a questo fin ti fue
1.19Lo sposo mio così cortese e largo,
1.20Benché da strana e peregrina gente
1.21Venissi strano e peregrino? e questa
1.22Ingiuria ingiusta, e disonesto oltraggio
1.23Esser dovea di beneficio tale
1.24L'aspettata mercede? ahimè! chi fosti
1.25Quando da prima in mio palazzo entrasti,
1.26Nimico occulto, o forestier gentile?
1.27Ben so ch'al tuo parer rustica fia,
1.28Però che teco a gran ragion mi doglio,
1.29Questa risposta, e ti parrò scortese.
1.30Ma sia pur rozza, e sia scortese ed aspra
1.31Quanto a te piace, e ti sembre io villana,
1.32Pur che l'onore, e l'onestà gradita
1.33Io non ponga in oblio, né macchia alcuna
1.34Faccia men bel l'inviolato nome.
1.35S'io non ho il viso, e s'io non ho la fronte
1.36Severa e grave, ed in sembianza altrui
1.37Non mi dimostro e riverenda e torva,
1.38Io nondimen di pudicizia, e fama
1.39Son chiara e pura, e son vivuta sempre,
1.40Bench'io sia parsa altrui libera e sciolta,
1.41Senza alcun fallo; e mortal uom non puote
1.42Gir del mio cor, né del mio corpo altero.
1.43Ma quel ch'io più maravigliosa attendo
1.44È lo tuo folle ardir, né so chi t'abbia
1.45Fatto pigliar sì temeraria impresa,
1.46Né qual cagion con tal furor t'ha spinto
1.47A sperar di godermi, e ch'io mi lasci
1.48Al proprio sposo, al proprio onor furare.
1.49Forse perché del re di Creta il figlio,
1.50Nipote di Nettunno, ancor donzella,
1.51Mi fece forza, io ti son parsa degna,
1.52Poi ch'una volta io fui rapita al padre,
1.53D'esser un'altra al mio marito tolta?
1.54S'ei con parole, od amorosi preghi
1.55M'avesse presa a l'amoroso laccio,
1.56Fora la colpa mia: ma s'io già fui
1.57Per forza tolta, in che peccai? qual v'ebbi
1.58Animo, o voglia? Ei nondimen l'amato
1.59Frutto non colse, e ritornommi indietro,
1.60Non avendo sofferto altro in me stessa
1.61Che paura e sospetto; e da mie guance
1.62Il protervo amator per forza tolse
1.63Sol pochi baci, e più gradita preda
1.64Di me non fece il predator amante.
1.65Ma l'importuna tua sfrenata voglia
1.66Gita dentro più fôra, e non sarebbe
1.67Stata contenta a così leve oltraggio.
1.68Ma piacque al ciel che 'l giovanetto greco
1.69Simil non fusse all'amator di Troia;
1.70Anzi egli intatta al padre mio mi diede,
1.71E la modestia sua men grave feo
1.72Il foll'errore, e l'amorosa colpa,
1.73E chiar si vide che del fallo infame
1.74Il giovenetto amante alfin pentisse.
1.75Adunque il buon Teseo del grave errore
1.76Sol si pentì perché il troiano amante
1.77Gli succedesse in disonesto foco,
1.78Onde 'l mio nome, e la mia fama andasse
1.79Per le bocche del volgo ognor volando?
1.80Io per questo non son sdegnata teco,
1.81(E chi crucciar si può contra uom che n'ami?)
1.82Pur che l'amor che tu mi mostri ognora
1.83Non sia da te ne la sembianza finto,
1.84Perch'io di questo ancor pavento, e tremo:
1.85Non perch'io sia così d'ingegno priva
1.86Ch'io non conosca e qual beltade e grazia
1.87E ne' miei lumi, e nel mio volto annidi,
1.88Ma perché 'l creder troppo a noi sovente
1.89Nuoce, e n'offende, e le parole vostre
1.90Son, quanto dice alcun, di fede vote.
1.91Ma tu dirai che pur de l'altre sono
1.92Agli amanti talor cortesi e pie,
1.93E ch'oggi rara è quella donna in cui
1.94Bellezza ed onestà sia giunta insieme.
1.95Ma chi mi toglie, o chi mi vieta ch'io
1.96Esser non possa annoverata ancora
1.97Tra quelle rare, e del bel numero una?
1.98E se tu pensi che mia madre sia
1.99Esempio espresso ond'io piegar mi deggia,
1.100Contempla ben, che ne l'error di lei
1.101Fu qualche scusa, e ne le bianche piume
1.102Era il suo amante accortamente ascoso.
1.103Ma s'io m'inchino a la impudica colpa,
1.104Non ho del mio fallir velame alcuno
1.105Che 'l mio peccato e lo mio fallo adombri.
1.106Ella il suo vizio, e l'adulterio infame,
1.107Mercé di quel che lo commesse, fece
1.108Assai men grave, e per cagion di Giove
1.109Ricompensò lo scelerato fallo.
1.110Ma qual Giove già mai, qual uom, qual dio
1.111Faria men brutto il mio peccato orrendo,
1.112S'io mi ti dessi amicamente in braccio?
1.113Tu la tua stirpe, e i generosi eroi,
1.114E de' tuoi regi il real nome inalzi,
1.115Ma il mio lignaggio è per se stesso assai
1.116Al mondo illustre e glorioso e chiaro:
1.117Che per tacer di Tantalo e d'Atreo,
1.118Di Pelope e di Tindaro e degli altri
1.119Che per se stessi son famosi al mondo,
1.120Ecco la bella e graziosa Leda,
1.121Che dal cigno ingannata aver mi face
1.122Giove per padre. Or vanne altiero, e conta
1.123Del tuo sangue troian l'antico ceppo,
1.124E con Priamo suo racconta 'nsieme
1.125Laomedonte, e 'l gran Dardano, e gli altri;
1.126I quai però non vo' spregiar: ma quello
1.127Di cui ten vai superbo e tanto apprezzi,
1.128Ch'è il tuo quinto avo, è di mia stirpe il primo,
1.129E di colei che cotanto ami è padre.
1.130E ben ch'io pensi e lo mi creda certo
1.131Che de la Troia tua sia grande il regno,
1.132E lo scettro real possente e forte,
1.133Io non credo però che del mio sposo
1.134E de la Grecia sia men degno il trono.
1.135Ma se Micene, e la mia Sparta è vinta
1.136Dal paese troian di gemme e d'oro,
1.137D'uomini illustri e di famosi eroi,
1.138La terra vostra è nondimen sì lunge,
1.139Ch'ella si può chiamar barbara e strana.
1.140Cotanti ancora e sì pregiati doni
1.141La tua lettera ricca a me promette,
1.142Ch'ella potrebbe a l'amorosa voglia
1.143Piegar del ciel le più pudiche dive:
1.144Ma s'io de l'alma et onestà gradita
1.145Volesse trapassar la meta e 'l segno,
1.146E lo mio proprio onor far negro e brutto,
1.147Tu sol, più che le gemme, e l'ostro, e l'oro,
1.148Mi faresti fallire; et io più tosto
1.149Sempre mi viverò quest'anni miei
1.150Senza macchiar mia pudicizia, e fama,
1.151Od io più te che li tuoi doni alteri
1.152Innamorata seguirò per l'onde.
1.153E ben che io non gli sprezzi, o tenga a vile,
1.154Quei nondimen son più pregiati e cari,
1.155Che fa pregiati il donator gentile:
1.156E più m'è caro che sì lunga via
1.157Di cotanta fatica e tanti errori
1.158Ti sia stata cagion, ma vie più caro
1.159M'è che tu m'ami, e per me t'arda e strugga.
1.160Io noto ancor quelli amorosi cenni
1.161Ch'a mensa fai, bench'io non mostri aperto,
1.162Anzi finga talor mirare altrove.
1.163E veggio ben che con lascivo sguardo
1.164Talor mi guardi, e sì negli occhi miei
1.165Tieni i tuoi lumi innamorati affissi,
1.166Ch'io la lor luce sopportar non posso.
1.167Talor de' tuoi sospir l'acceso vento
1.168Mi fere il volto, e talor prendi il vaso
1.169Che m'è vicino, e in quella parte ond'io
1.170Bevuto avea tu le tue labbra accosti.
1.171Talor t'ho visto ancor parlar col ciglio
1.172E con le dita, e manifesti segni
1.173Farmi del grand'amor, ond'io sovente
1.174Temei che d'essi il mio marito accorto
1.175Non s'accorgesse, e m'arrossi' nel volto,
1.176Che del mio vergognar fu vero indizio;
1.177E dissi mormorando: egli non have
1.178Vergogna alcuna, e fu mia voce vera.
1.179Io nel piatto d'argento, essendo a mensa,
1.180Ch'era dinanzi a te, dov'era impresso
1.181Il nome mio, sott'il mio nome ho visto
1.182Scriver col vin questa parola: IO AMO.
1.183Et io di creder ciò girando gli occhi
1.184Talor negava, et ho veduto espresso
1.185Ch'a questa foggia ancor parlar si puote.
1.186Queste sarien quelle accortezze, e quegli
1.187Atti dolci d'amore, ond'io potrei
1.188Piegarmi ai tuoi desir, s'al mio consorte
1.189Romper dovessi la promessa fede.
1.190Tu hai ancor, io lo confesso, il volto
1.191Di rara grazia e di bellezza ornato,
1.192E tal ch'ei può cortese donna amarlo.
1.193Ma sia pur altra avventurata, e senza
1.194Colpa e vergogna un tanto ben si goda,
1.195Più tosto che l'onor pregiato e caro
1.196Sia da strano amator macchiato e vinto.
1.197Prendi esempio da me, ch'ho brutto sposo,
1.198Di viver privo di bramata cosa:
1.199Che gli è virtù star senz'il ben che piace,
1.200E contenersi e superar se stesso.
1.201Quanti altri pensi tu giovani amanti,
1.202Che son non men di te bramosi e saggi,
1.203Bramar quel che tu brami? O stolto, or credi
1.204Esser tu sol ch'abbia le luci in fronte?
1.205Tu più degl'altri, o peregrin, non vedi,
1.206Ma ben degl'altri hai più sfacciato ardire,
1.207Né più degl'altri hai cor, ma men vergogna.
1.208Allor vorrei che tu venuto fussi
1.209A queste rive mie, quand'era ancora
1.210Vergine e pura, e che da mille amanti
1.211Era per moglie al mio gran padre chiesta:
1.212Perché di mille e mille amanti e proci
1.213Saresti stato il primo e 'l più gradito,
1.214E mi perdonerà mio sposo in questo,
1.215E mi sarà nel mio parer compagno;
1.216Ma tu vien tardi al desiato bene,
1.217Perché quel ch'or tu brami, altri possiede.
1.218E benché volentier consorte amata
1.219Stata ti fossi, io nondimen non sono
1.220Del grande Atrida mio forzata moglie.
1.221Deh non voler con le parole accorte
1.222Percuoter più la debolezza inferma
1.223Del petto feminil, né quella ond'hai,
1.224Secondo il tuo parlar, ferito il core
1.225Condurre ad atto et inonesto e bieco,
1.226Né nuocer tanto al bel candor pudico;
1.227Ma lasciami servar candida e intera
1.228La bella fede a quel marito a cui
1.229La mia fortuna mi legò da prima,
1.230E non voler dell'onestà gradita
1.231D'una greca portar la spoglia infame.
1.232Ma tu dirai che nel bel colle Ideo,
1.233Quando Giunone e la pudica Palla,
1.234Gl'imperi quella, e la prudenza questa,
1.235T'offerser sol perché ciascuna d'esse
1.236Giudicata da te più bella fosse,
1.237Vener madre d'Amor promise farte
1.238Marito mio: ma ch'i celesti Numi
1.239Si sien mostrati ad uom mortale ignudi
1.240E dei lor corpi il tuo giudicio atteso
1.241A pena il credo; e benché il creda, quando
1.242Ciò fosse ver, non crederò già mai
1.243D'esser mercé di tal giudicio fatta,
1.244Perch'io non son di tal bellezza e tanta
1.245Ch'io pensi mai che l'amorosa Diva
1.246T'abbia promesso me per premio e dono
1.247Di tua sentenzia, e sol mi basta agli occhi
1.248Di voi mortai parer gentile e bella.
1.249Ma che Vener già mai laudata m'aggia
1.250Non ben lo penso, e non lo nego, e forse
1.251Puote esser vero, et acconsento a queste
1.252Divine lodi: e perché debbo mai
1.253D'esser quella negar ch'esser desio?
1.254Non ti sdegnar se così pigra e lenta
1.255È la mia fé, ché le gran cose e rare
1.256Negli animi di noi tardi han credenza.
1.257Il mio primo piacer dunque è ch'io sia
1.258Stata dall'alma dea tenuta bella,
1.259Dipoi m'è car che sopra ogni altro dono
1.260M'abbia pregiata, e posta inanti a quanti
1.261Palla e Giunon t'avean promessi insieme
1.262Famosi imperi e gloriosi onori.
1.263Adunque io son tuo fortunato regno,
1.264Io tua virtute, e sapienzia amata,
1.265E quanto ben di posseder sospiri.
1.266Io ben sarei vie più gelata e dura
1.267Che freddo sasso e rugginoso ferro,
1.268S'io non amassi un sì gentile e bello,
1.269Un sì cortese innamorato core.
1.270Non son, credimi pur, non son di ferro;
1.271Ma ben ricuso amar, che mai quell'uomo
1.272Esser non puote a gran fatica mio.
1.273E perché debbo affaticarmi in vano
1.274D'arar l'arena, e seminar nell'onde?
1.275E por mia speme in quella parte ond'io
1.276Sperar non deggia mai dolcezza o frutto?
1.277S'io son selvaggia, e male avvezza a questi
1.278Amorosi piacer, gli è perch'io mai
1.279(E tutto il ciel per testimonio invoco)
1.280Non feci torto al mio marito fido.
1.281E s'or ti scrivo, e del mio petto ascondo
1.282In questa carta i desiderii interni,
1.283Sappia ch'io fo quel che io non fei già mai,
1.284E faccio impresa inusitata e nuova.
1.285O ben felici, e fortunate quelle
1.286Che sono avezze agli amorosi inganni!
1.287Ch'io goffa e folle, et inesperta a questo
1.288Soave error, non so veder la strada
1.289Di simil colpa, e mi cred'io che molto
1.290Difficil sia di cotal fallo il guado.
1.291Già la paura istessa, oimè, m'offende,
1.292Veder ch'ognun mi guardi, e il volgo insano
1.293Come impudica altrui mi mostri a dito:
1.294Né ciò mi stimo invan, perch'ho sentito
1.295D'ambi noi mormorare, ed Etra ancora
1.296M'ha rapportato alcuna infamia e carco
1.297Che d'ambi insieme noi tra 'l volgo è sparso:
1.298Però nascondi il foco ond'ardi, o vero
1.299Pon fine al grande amor; ma perché debbi
1.300Finir d'amarmi? egli è pur meglio amando
1.301Tenersi in sen sua bella fiamma ascosa.
1.302Vagheggia pur, ma sì celatamente
1.303Ch'altri non veggia; e se il mio sposo è lunge
1.304Ho ben più libertà che quando egli era
1.305Presente a noi, ma di me stessa in tutto
1.306In libertà non son, ché intorno intorno
1.307Ho chi m'osserva, e mie parole attende.
1.308Egli è partito, e gran cagion lo spinse,
1.309E 'l subito partir non fu men noto
1.310Ch'ei fusse presto; e se ei mi disse andando
1.311Ch'io prendessi di te cortese cura,
1.312Sappia, che del partir stand'ei dubbioso,
1.313Gli dissi: o sposo mio, tornami indietro
1.314E presto, e sano; et ei presagio lieto
1.315Da le parole mie prendendo, allora
1.316Come sposa baciommi, e disse: in questa
1.317Assenza mia, fa' che 'l reale albergo,
1.318E le ricchezze, e il peregrin di Troia
1.319Ti sieno a core; onde a gran pena il riso
1.320Potetti contenere, e mentre ch'io
1.321Mi sforzava celarlo, altro non dissi
1.322Se non: io n'arò cura. E s'egli in Creta
1.323Con placid'onde, e con propizio vento
1.324Drizzò le vele, a te però non lice
1.325Tutto tentar ch'uno amator desia,
1.326Perché 'l mio sposo è così lunge, ch'egli
1.327Puote aver di me cura; e poi non sai
1.328Com'hanno i re le man lunghe, e le braccia?
1.329L'infamia ancor mi dà terror, che quanto
1.330Siamo da voi di gran beltà lodate,
1.331Tant'han più di temer li sposi nostri
1.332Giusta cagion; e quella gloria ond'io
1.333Or sono in pregio e reputata onesta
1.334S'oppone al mio voler, bench'io bramassi
1.335Diletto alcuno: e ben cred'io che meglio
1.336Fora ingannare il comun grido, e sotto
1.337Il vel dell'onestà gustar talora
1.338D'un amante gentil gli amati frutti.
1.339Né ti maravigliar che andando ei lunge
1.340M'abbia lasciata in uno albergo istesso
1.341Con teco insieme, et a la fé commessa
1.342D'un forestier: perché ei sa quanta, e quale
1.343È la bontà di mia pudica vita.
1.344S'ei de la mia beltà geloso teme,
1.345Mia pudicizia il fa sicuro, e s'io
1.346Son bella in viso, io son nel cor pudica.
1.347Tu mi di' poi che l'opportuno tempo
1.348Io non lasci fuggir che m'have il mio
1.349Sposo concesso, e ch'io mi goda quella
1.350Commodità ch'al suo partir lasciommi:
1.351Io ben farlo desio, ma temo, e vivo
1.352Tra timore e desire, e non ben ferma
1.353È la mia voglia, e son dubbiosa ancora
1.354Di quel ch'io debbo far: mio sposo è lunge,
1.355Tu senza donna giaci, e mia beltade
1.356Ti face amarmi, e me tua faccia inchina;
1.357E le notti son lunghe, e già ne lice
1.358Insieme ragionar, e l'esser teco
1.359In un albergo m'assicura, e invita;
1.360E l'aspetto gentile e il sangue illustre
1.361A sì bel furto ognor ne spinge e sprona.
1.362Poss'io morir s'a la amorosa colpa
1.363Ogni gradita occasione e fida
1.364Non ne chiama e ne sforza; e non so quale
1.365Vil mi faccia tardar sospetto e tema.
1.366Volesse il ciel che quel ch'amando brami
1.367Persuadere a semplicetta donna,
1.368Tu potessi per forza aver da lei!
1.369Che mia rozzezza, e mia vergogna fora
1.370Così scacciata; e spesse volte avviene
1.371Ch'un grave oltraggio a l'oltraggiato è bono.
1.372E mal mio grado a fortunato stato
1.373Sarei rapita, et al dispetto mio
1.374Sarei felice, e fortunata, e lieta.
1.375Ma pur meglio è ch'al cominciato amore
1.376Io faccia forza, e mi dimostri invitta:
1.377Ché nuova fiamma in sul principio ardente
1.378Poca acqua ammorza, e malamente puote
1.379Avere in peregrin fermezza Amore:
1.380Perch'ei ne vien con voi di terra in terra
1.381Mai sempre errando, e qualor pensi e credi
1.382Ch'altra cosa non sia più ferma al mondo,
1.383Allor sen fugge; e l'infelici e belle
1.384Arianna, et Isifile, e Medea
1.385Fan fede altrui de l'incostanza e fede
1.386Del peregrin amor, che scioccamente
1.387Si diero in braccio ai peregrini amanti.
1.388E tu mal fido ancor lasciato hai quella
1.389Sì bella Enon, che cotanti anni e tanti,
1.390Misera lei, sì caldamente amasti.
1.391E tu medesmo non lo nieghi, et io,
1.392Come conviensi a saggia donna amata,
1.393Con diligenza ho ricercato e inteso
1.394Ogni pensiero, ogni parola, ogni opra,
1.395E più che tu non credi, avuto ho cura
1.396Di te, che fai l'innamorato meco.
1.397Aggiugni ancor che s'amator costante
1.398Brami mostrarti, e mio fidele amico,
1.399Tu no 'l puoi far, perch'i compagni tuoi
1.400Poco staranno a richiamarti in Troia.
1.401Ecco che mentre noi parliamo insieme
1.402E t'apparecchi a la sperata notte,
1.403Il vento spira, e le troiane antenne
1.404A ritornarsi al bel paese invita.
1.405E lascerai nel cominciar l'impresa
1.406Imperfetto il piacer bramato, e teco
1.407E col vento n'andrà per l'onde a volo
1.408Il nostro amor, ch'or sì cocente mostri.
1.409Ma debb'io pur seguir, come or ne preghi,
1.410L'accesa voglia, e venir debbo teco
1.411A riveder l'alte famose mura
1.412De la gran Troia? e diventar del saggio
1.413Priamo nuora, e di vedermi al grande
1.414Laomedonte in parentado aggiunta?
1.415No, ch'io non debbo mai voler godermi
1.416Un tristo, infame, e fuggitivo bene:
1.417Et io non son così perduta e folle,
1.418E non spregio così la voce e il grido
1.419De la fama immortal, ch'io brami e voglia
1.420Ch'ella de' falli miei nefandi e brutti
1.421E de le mie vergogne il mondo ingombri.
1.422Che diria poi di me Sparta e Micene?
1.423Che tutta Grecia, e l'asiana gente?
1.424Che parlerian di me Priamo, e seco
1.425La sua consorte, i tuoi fratelli, e tante
1.426Sue nuore illustri, e tutta Troia insieme?
1.427E tu come potresti entro al tuo core
1.428Fedel tenermi, e col tuo proprio esempio
1.429Non star de la mia fé mai sempre in dubbio?
1.430Ogni uomo illustre, e peregrin famoso
1.431Ch'entrasse dentro ai bei troiani porti
1.432Di gelosia ti pungerebbe il seno.
1.433Oh quante volte poi sfacciata e trista,
1.434Femina vile, e meretrice infame
1.435Mi chiameresti, essend'irato meco.
1.436E non ti sovverria che dentro al mio
1.437Fallo sarebbe il tuo peccato involto,
1.438E d'un medesmo error saresti insieme
1.439Autor dolce, e riprensor amaro?
1.440Ma pria la terra in un momento irata
1.441S'apra, e m'inghiotta, anzi ch'io franga mai
1.442La santa fé del maritale amore,
1.443E mi dia in preda a peregrino amante
1.444Che con parole tai m'oltraggi, e spregi.
1.445Ma tu dirai che le ricchezze immense
1.446Mi goderò del gran troiano impero,
1.447E via maggiori avrò pregiati doni
1.448Di quei che mi prometti, e sarò altera
1.449Di ricche gemme, e di purpurei ammanti.
1.450Perdonami s'io son libera e sciolta
1.451In dirti il ver: non son le gemme, e l'oro,
1.452E le tue spoglie, e le cortesi offerte
1.453Pregiate sì che sian bastanti a farmi
1.454Rimuover quindi innamorata il passo.
1.455E il viver qui nel mio mendico regno
1.456Troppo, né so perché, mi giova e piace.
1.457Chi mi daria, quando oltraggiata io fussi,
1.458Nel paese troian pietosa aita?
1.459E d'onde attenderei, lassa, il soccorso
1.460Del mio fratello, o poco amato padre?
1.461Anco a la troppo innamorata e folle
1.462Medea promise il peregrino sposo,
1.463Il fallace Giason, tutte le cose,
1.464E nondimen fu discacciata poi,
1.465E non aveva il vecchiarello Eeta
1.466Suo genitor, né la sua madre Issea,
1.467Né Calliope sua sirocchia, ove ella
1.468Volger potesse il dispregiato piede.
1.469Ma tu dirai ch'io paventar non debba
1.470Sì fatto oltraggio, et io rispondo, e dico
1.471Ch'anco Medea non paventava; e spesso
1.472Tradita vien dal suo presagio lieto
1.473Nostra speme fallace: e quelle navi
1.474Ch'or tempesta crudel nel mezzo a l'onde
1.475Assalta e frange, ebber Nettunno amico,
1.476E 'l mar tranquillo, e 'l ciel sereno e bello,
1.477Mentre che fisso avean l'ancore in porto.
1.478Quel sogno poi mi sbigotisce, in cui,
1.479Il giorno inanzi al fortunato parto,
1.480Partorir parve a la tua madre al mondo
1.481Una sanguigna e spaventosa fiamma.
1.482E temo ancor degli indovini accorti
1.483Il gran giudicio, e 'l vaticinio espresso,
1.484Ond'han veduto, indovinato, e detto
1.485Che 'l greco fuoco abbruciar deve un giorno
1.486E incenerire il superb'Ilio, e Troia.
1.487L'irata Giuno, e la sdegnata Palla
1.488M'empieno il cor di gran spavento e tema,
1.489Perché tu desti a l'amorosa Diva
1.490Contra di lor de la bellezza il pregio,
1.491Le quai vorran de la beltà spregiata
1.492Far lor vendetta, ancor ch'armata in campo
1.493Venere prenda in tua difesa il ferro,
1.494E ti sia guida a l'amorosa impresa.
1.495Né son dubbiosa ancor ch'Atrida irato,
1.496S'io seguo te, ne spiegherà l'insegne
1.497E l'armi contra, e tra le spade e 'l sangue
1.498Sarà mai sempre il nostro amore involto.
1.499Perché tu sai di qual battaglia fera
1.500Fosse cagione Ippodamia gentile
1.501Tra 'l popol di Tessaglia, e tra la forte
1.502Torma de le biformi alpestri belve:
1.503Credi tu poi che sarà pigro e lento
1.504A vendicar lo scelerato oltraggio
1.505Il mio marito, Agamennone, e il vecchio
1.506Tindaro, a cui tutta la Grecia inchina?
1.507Ma ben che tu ti vanti, e i gesti alteri
1.508Da te fatti racconti in lotta e in guerra,
1.509Non è però che differente il viso
1.510Non sia da le parole, e che 'l tuo corpo
1.511Non sia più pronto a l'amoroso gioco
1.512Ch'agli assalti di Marte: e però lascia
1.513Ad altri guerreggiar, tu solo attendi,
1.514Paride, amare. Ed a quel forte Ettorre,
1.515Che tanto laudi e che cotanto stimi,
1.516Lascia l'incarco de la guerra, e ch'egli
1.517Per te combatta, e ti difenda in campo:
1.518Ch'altra milizia al tuo valor conviensi,
1.519Et ad altra opra hai più disposto et atto
1.520Il gentil corpo, e le ben fatte membra.
1.521Il qual valor s'io fussi saggia, e meno
1.522Di quel ch'io sono e timidetta e vile,
1.523Devrei provare; e giovanetto amante
1.524Se fia prudente il proverà talora.
1.525E fors'anch'io lo proverò, lasciando
1.526E l'onestate e la vergogna indietro,
1.527E vinta ti darò me stessa in guisa
1.528D'umil pregiona al vincitor gentile.
1.529Quel che dimandi poi, ch'ascosamente
1.530Io ti conceda il ragionar con meco
1.531Sol una notte, io quanto brami intendo,
1.532E quel che importi il favellar; ma troppo
1.533Affretti il tuo desio bramoso e caldo,
1.534E per ancora è la tua messe in erba:
1.535E forse amica ai tuoi bei voti fia
1.536Questa tardanza che t'annoia e strugge.
1.537Ma chiudo qui, poi che la mano è stanca,
1.538Di questa carta il ragionare, a cui
1.539Ho la mia mente, e lo mio petto aperto.
1.540Quel che ne resta poi, trattianlo insieme
1.541Per mezzo ed opra di mie fide ancille
1.542Climene ed Etra, a cui discopro ogn'altro
1.543Secreto mio, ch'elle saran mai sempre
1.544D'ambi i nostri desir messaggie fide.
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