about
people
how to cite
dataset
versions
json schema
resources
browse
search
authors
books

Medea a GiasoneEpistola duodecima

Epistole d'Ovidio

PoeTree.it

1.1Ben mi sovien, mentre sedei regina
1.2Del gran regno de' Colchi, ahi lassa, quanto
1.3Misera fui a tua salute intenta,
1.4Quando chiedevi umil ch'a l'alta impresa
1.5Porgessi aita, e che pietosa, fussi
1.6Fidata duce al periglioso varco.
1.7Allor dovean l'invidiose Parche,
1.8Che dispensan le vite de' mortali,
1.9Aver finito d'avoltare al fuso
1.10Lo stame di mia vita, allor potei
1.11Chiudere in bella et onorata sera
1.12I miei sì belli et onorati giorni:
1.13Perché tutti quei giorni, e quella vita,
1.14Che da quel dì ch'io mal tue luci vidi
1.15Ho guidato meschina, è stata sempre
1.16Di gelosi pensier, d'amari affanni
1.17E di sospetti amaramente piena.
1.18Perché venne già mai l'altiera nave
1.19Dal giovenil valor sospinta in Colco
1.20Per indi trarne il bel monton de l'oro?
1.21Perch'a noi Sciti mai veder convenne
1.22Et Argo e Tifi, e de l'altiero Fasi
1.23Beversi l'onde i valorosi greci?
1.24Perché più del dever gli occhi, e le chiome
1.25Mi piacquer, lassa, e la beltade e 'l viso
1.26E le sembianze, e le maniere accorte
1.27E la mentita grazia? ahi stolta! ch'io
1.28Soffrir dovea, poi che l'audace legno
1.29S'era fermato in su le nostre arene,
1.30E seco avea sì temeraria gente,
1.31Che l'ingrato Giason foss'ito in mezzo,
1.32Povero d'argomento e di consiglio,
1.33Agl'indomiti tori, ai fuochi ardenti
1.34Ch'uscivan fuor de l'infiammate bocche;
1.35E dentro ai campi il mal fecondo seme
1.36Avesse sparso, onde risorta fosse
1.37Gente feroce al suo cultor nimica,
1.38Sì che dal seme suo di vita privo
1.39L'empio seminator restato fosse.
1.40Oh quanti inganni, ahi scelerato, ahi quanta
1.41Perfidia, e crudeltà sarebbe teco
1.42Ita sotterra, e quanti mali, ahi lassa,
1.43Lunge sarian da la mia mente afflitta!
1.44E benché picciol sia contento, e gioia,
1.45E d'animo gentile opra non degna
1.46Tornarsi a mente i benefici usati
1.47Vers'uomo ingrato, e rinfacciargli altrui,
1.48Io nondimen questa dolcezza breve
1.49Mi terrò in seno, e del tuo finto amore
1.50Sol questi arrecherò contenti e gioie.
1.51Tu perfido Giason spingesti in Colco
1.52La mal sicura, e mal avezza nave
1.53A solcar l'onde, e temerario entrasti
1.54Ne' miei sì ricchi e fortunati regni:
1.55Dove io ti fui quel ch'in Corinto è stata
1.56La tua nuova consorte, e tale aveva
1.57Padre possente, e di dominio altiero,
1.58Qual ella s'abbia, e di ricchezze, e d'oro
1.59Non men carco di lui: egli sol cinge
1.60Quella città che tra l'indico mare
1.61E l'onde dell'Egeo s'attuffa e chiude,
1.62E lo mio genitore abbraccia intorno
1.63Quanto da la man manca il Ponto inonda,
1.64Fino al nevoso Scita. Egli cortese
1.65Accolse dentro al suo beato regno
1.66Voi greci altieri, e di lignaggio illustri,
1.67E quale a voi era dovuto onore,
1.68Seder vi fe' sopra i dipinti letti
1.69Per dar riposo ai travagliati corpi,
1.70Ch'erano omai dal gran viaggio stanchi.
1.71Allor ti vidi, e cominciai allora
1.72A conoscer Giason: quel giorno, ahi lassa,
1.73Fu la prima cagion ch'andasse a terra
1.74L'alma, l'onor, la libertade, e 'l nome;
1.75Perché come io ti vidi, oh come m'arsi,
1.76Oh con quai fiamme il miser petto accesi,
1.77Che tale ardea qual face ardente suole
1.78Arder dinanzi a' sacrosanti altari
1.79Del sommo Giove: e m'infiammai perch'io
1.80Giudicai belle e le sembianze e 'l volto,
1.81Perché mi conducea mio rio destino,
1.82Perché de' lumi tuoi la grazia e 'l bello
1.83Avevan tolto agli occhi miei la luce,
1.84Né volger gli potea se non dove era
1.85Il mio sol, la mia gioia, e la mia vita.
1.86E tu ben t'accorgesti, ahi lassa, ch'io
1.87Al girar gli occhi, al variar del viso
1.88Era accesa di te, che mal si puote
1.89Agli occhi altrui celar cocente amore;
1.90E chi nasconder puote ardente fiamma
1.91S'ella col proprio ardor se stessa mostra?
1.92In questa il padre mio narrato aveva
1.93Quai dovevi soffrir fatiche gravi:
1.94Come dovevi ai non usati gioghi
1.95Piegar de' tori i non domati colli,
1.96Ch'eran sacrati a Marte, et oltra l'uso
1.97De l'arme natural crudeli e fieri,
1.98Perché l'alito loro era di fuoco,
1.99E i piedi e 'l naso avean di duro rame,
1.100Fatto dal fumo e dal lor fiato negro.
1.101E come sparger poi dovevi i denti
1.102Del gran dragon, del valoroso Cadmo
1.103Nei larghi campi, ed all'aratro aversi,
1.104Di cui sorger dovea l'iniqua messe
1.105Al suo seminator nimica, e cruda:
1.106E questa esser dovea la speme, e 'l frutto
1.107Del gran cultor de l'incantato seme.
1.108Seguiva poi de le fatiche immense
1.109Di periglio maggior l'ultima impresa,
1.110D'addormentar la vigilante serpe,
1.111Gli occhi di cui non san che cosa è sonno.
1.112Onde voi tutti impauriti e mesti
1.113Vi levaste da mensa, e bianchi in volto
1.114Vi steste e cheti, e con tremante core.
1.115Oh come t'era allor lontan da l'alma
1.116Creusa, e sua beltà, la dote, e 'l regno
1.117Del gran Creonte! anzi doglioso in vista
1.118D'indi partisti; et io d'amore e pietà
1.119Pallida in volto, di spavento piena,
1.120Con gli occhi ti seguii bagnati e molli,
1.121E con tremante, e con sommessa voce
1.122Dissi: o mio bene, o mio Giasone, a Dio.
1.123Ma tosto, oimè, che d'amoroso ardore
1.124E di piaga crudel ferita ed arsa
1.125M'entrai nel letto, e disfogare il duolo
1.126Potei col pianto, e lagrimar tua sorte,
1.127Tanto fu lungo il lagrimare amaro,
1.128Quanto fu lunga l'ombra: e inanzi agli occhi
1.129Aveva i tori, e le nefande biade,
1.130E l'angue rio, ne le cui luci il sonno
1.131Non have albergo, e mi spronava quindi
1.132E pietade ed amore, e quinci, ahi lassa,
1.133Riverenza e timor tirava il freno:
1.134Ma tanto più crescea la fiamma e 'l foco,
1.135Quanto si fea maggior la tema e 'l danno.
1.136Già la bell'Alba, incoronata il crine
1.137Di rose, e d'amaranti, e di viole,
1.138Uscia di grembo al vecchiarel Titone,
1.139Quando da gran pietà sferzata e punta,
1.140Mia sorella s'entrò là dove io sola
1.141Misera mi giaceva, e truova ch'io
1.142Di pianto il letto avea bagnato intorno,
1.143E chiede ch'io la mia grand'arte adopri
1.144In soccorso de' greci: ahi lassa, ch'ella
1.145Chiese il ben vostro, e ne vedrà 'l mio male!
1.146Io, che perduta, innamorata, e cieca,
1.147Via più bramava e tua salute e vita
1.148Che mia vita e salute, al greco amante,
1.149All'ingrato Giason, quant'ella chiede,
1.150Folle, concedo, e m'apparecchio all'opra.
1.151E dentro al bosco sacro, ove le frondi
1.152De' pini son così ristrette insieme
1.153Che v'entra a pena il sol, dove il gran tempio
1.154De la casta Diana è posto, in cui
1.155Di lei si vede il simulacro d'oro
1.156(Non so s'ancor quei riverendi luoghi
1.157Post'hai meco in oblio), venimmo insieme,
1.158Ove con falsa, e con mendace lingua,
1.159Di frode sempre e tradimenti piena,
1.160Mandasti fuor queste parole accorte:
1.161– Mia stella, e mia fortuna, o bella, e casta
1.162Giovine e santa, e di bontade essempio,
1.163Ha posto in te di mia salute il fine,
1.164E dentro a la tua destra ha chiuso il cielo
1.165Mia vita e morte; et a signor cortese
1.166Basta poter di trar di vita altrui.
1.167Ma s'io la tua mercé mi resto in vita,
1.168Ti fia gloria maggior ch'avere ucciso
1.169Chi potendo salvar guidasti a morte.
1.170Io mi t'inchino, e te ne prego umile
1.171Per quei nostri perigli, e per quei mali
1.172Che tu sola da noi rivolger puoi,
1.173E pel grand'avo tuo, che 'l mondo alluma,
1.174E col bell'occhio suo discerne il tutto,
1.175Per i tre volti di Diana, o s'altri
1.176Son appresso di voi celesti divi:
1.177O pudica e gentil vergine, e bella,
1.178Miserere di me, pietà ti prenda
1.179Di questi altri miei fidi amici e cari,
1.180E fa' che merto tal m'annodi il core,
1.181Che Giason sempre sia tuo servo fido.
1.182E se forse non hai, vergine, a schivo
1.183Un greco sposo, un peregrino amante,
1.184Io sosterrei qual più spietata morte
1.185(Ma d'onde avrei già mai stella sì pia,
1.186Ciel sì cortese, e sì cortesi dii?)
1.187Prima ch'altrui legarmi, e prima ch'io
1.188Altra per te cangiassi amata donna;
1.189E Giuno invoco in testimon del vero,
1.190E quella dea nel cui gran tempio siamo –.
1.191Queste fur le parole, e queste l'arti
1.192Che meco usasti, e di fanciulla amante
1.193L'alma piegaro, e 'l semplicetto core:
1.194Ond'io chinando i vergognosi lumi,
1.195Non men d'amor che di pietà compunta,
1.196Per pegno di mia fé, tremando, questa
1.197Misera destra a la tua destra aggiunsi,
1.198E vidi lagrimarti: oimè, puossi egli
1.199Nasconder entro agli amorosi pianti
1.200Inganni e frode? ond'io da questi lacci
1.201Vergin fui presa, ed il pensiero ardente
1.202Inamorata a tua salute intesi;
1.203E feci sì ch'i sempre ardenti tori
1.204Piegaro umili al non usato giogo
1.205L'altiere fronti ed i superbi colli,
1.206Sì ch'agevol ti fu la dura terra
1.207Fender col ferro, e con l'aratro aprirla,
1.208E spargervi entro i velenosi denti,
1.209Di cui sorse l'iniqua e acerba messe
1.210Ch'armata nacque, ed al tuo danno intenta:
1.211E sì del sangue tuo gli vidi ingordi,
1.212Ch'io che t'avea contra lor forza armato,
1.213Pallida femmi, e mi sedei dubbiosa,
1.214Finch'io gli scorsi, o miserabil caso,
1.215In fra lor stessi insanguinar le spade.
1.216Ecco poscia il dragon, che mai non dorme,
1.217Che facendo sonar l'orrende squamme
1.218E pien d'empio venen, versando fore
1.219Per la lingua e per gli occhi ardente foco,
1.220Venia fischiando, e si vedeva in terra
1.221Del senoso suo ventre impressa l'orma.
1.222Ove era allora, ahi scelerato greco,
1.223La ricca dote? ed in qual parte aveva
1.224Del tuo pensier la real moglie il seggio?
1.225Ove era allor l'alta Corinto, e bella,
1.226Che da l'Ionio mar l'Egeo divide?
1.227Io son colei, io son colei che chiusi
1.228I sempre desti, e fiammeggianti lumi
1.229De l'angue crudo all'incantato sonno;
1.230Io son colei che fei sicuro averti
1.231Le spoglie d'oro, e ch'or son fatta vile
1.232Al mio Giasone, e peregrina e strana,
1.233Barbara, infame, e scelerata maga,
1.234Povera, ignuda, e d'ogni bene inerme.
1.235Io per seguirti ancor tradi' mio padre,
1.236La dolce patria, e lo mio regno insieme.
1.237E per seguirti, ahi folle amante, posi
1.238Tutto in oblio, e sopportai ch'ogni altra
1.239Dolcezza e ben da me sbandito fosse.
1.240Ahimè! ch'ancor mia pudicizia santa
1.241E mia virginità, di greco amante,
1.242E peregrin ladron, lassa, fu preda,
1.243E mia dolce sorella, e dolce madre
1.244Abbandonai sol per venirte appresso.
1.245Ma non lasciai già te fuggendo indietro,
1.246Fratel mio caro: ahimè! che 'l fallo infame
1.247E la mia crudeltà tremar mi face,
1.248Né mi lascia narrar lo scempio rio
1.249La paurosa mia tremante lingua
1.250Ch'irata fei di te, né dire ardisce
1.251Quel ch'ebbe ardir di far mia destra iniqua.
1.252Ahimè, ch'anch'io dovea, ma teco insieme,
1.253Esser, empio Giason, squarciata, e teco
1.254Ir de' mostri marini orrendi in preda!
1.255E non temei (ma che temer dovea
1.256Dopo la brutta impresa?) entrar nell'onde,
1.257E commettermi al mar timida e donna,
1.258E del mio sangue insanguinata e lorda.
1.259U' sono i Numi, e gli oltraggiati Dii?
1.260Perché, lassa, perché nel mezzo a l'acque
1.261L'ira del ciel non scese, e non patimmo
1.262Tu di tua fraude, io di mia fé, le pene?
1.263Fusse piaciuto al ciel che chiusi insieme
1.264Si fosser quegli scogli, i quai talora,
1.265Quant'alcun crede, ad affrontar si vanno,
1.266Onde, la lor mercé, fosser mai sempre
1.267State quest'ossa a le tue ossa aggiunte;
1.268O la rapace Scilla insieme avesse
1.269Fattine cibo de' suoi cani orrendi
1.270(E doveva ella agli amatori ingrati
1.271Nuocere irata), o pur n'avesse l'empia,
1.272Implacabil Cariddi, il cui gran ventre
1.273Or l'onde inghiotte, or le rigetta al lido,
1.274Là nel mar sicilian sommersi insieme!
1.275Tu, mia mercé, vittorioso, e vivo
1.276Ti tornasti in Tessaglia, e ricco e lieto
1.277Al maggior tempio i bei dorati velli
1.278Del montone appendesti: e debbo mai
1.279Lo scempio raccontar, che per mia colpa,
1.280Sol per gradir il mio signor crudele,
1.281Di Pelia fer le semplicette figlie
1.282Del vecchio padre, a cui credendo indietro
1.283I begli anni tornar per mia virtute,
1.284Del sangue suo s'insanguinar le mani?
1.285E bench'ognun me ne biasmasse sempre,
1.286Tu mi debbi lodar, poi ch'io son stata
1.287Tante volte per te crudele e fera.
1.288E poscia avesti ardir (oh, che al mio giusto
1.289Dolor sua voce manca, e sue parole!)
1.290Avesti ardir di dirmi: esciti quindi,
1.291Esci quindi, Medea, tornati in Colco?
1.292Così da te sforzata, io me n'andai
1.293Dal duolo accompagnata, e da duoi figli.
1.294Ma bene allora, ahi sfortunata donna,
1.295Tremommi il core, e impallidimmi il volto,
1.296Ch'a l'orecchie mi venne il suono, e 'l verso
1.297Che chiamava Imeneo, e vidi accese
1.298Le faci maritali, e i dolci accenti
1.299Temprare al suon de le soavi avene,
1.300Più meste a me tua discacciata moglie
1.301Che tromba funeral: ch'io non credea
1.302Così tosto vedere opra sì brutta,
1.303E pel gran duol mi s'agghiacciava il core.
1.304Già più s'avicinava il canto e 'l grido
1.305De l'umil plebe, e de lo sciocco vulgo,
1.306Che risonar facea d'intorno intorno
1.307Il nome d'Imeneo, e dicea spesso:
1.308Vienne, santo Imeneo; e quanto il suono
1.309S'avicinava più, più dentro all'alma
1.310Si faceva maggior mia doglia grave.
1.311I mesti servi miei nei manti ascosi
1.312Mi celavan le lagrime: e chi mai
1.313Esser stato vorria messaggio infausto
1.314Di tanto male, e di sì ria novella?
1.315Ben m'era il meglio il non sapere il vero,
1.316Ma come se 'l sapessi, era mia mente
1.317Dal timor travagliata e da sospetto;
1.318Né seppi il ver per fin che fuor non venne
1.319Mio minor figlio, e d'in su l'uscio disse:
1.320Correte a rimirar, mia madre, tosto
1.321Il mio padre Giason, che 'n vesta d'oro
1.322Il carro trionfale in giro mena.
1.323Il che subito inteso, ardendo il core
1.324Di rabbia e gelosia, squarciati i panni,
1.325Percossi il petto, e disperata il volto
1.326Con l'unghie offesi, e nel pensier mi nacque
1.327Desio d'entrar ne la gioconda schiera
1.328Di quelle turbe, e da l'ornate chiome
1.329Trar le ghirlande e gli intrecciati fiori,
1.330E sdegnosa calcar ginestre e gigli;
1.331E da l'ira sospinta e dal furore
1.332Poco mancò, che 'nsanguinata il volto,
1.333Così negletta e scapigliata, a guisa
1.334Di stolta donna, io non gridassi allora,
1.335Giasone è mio, e ti togliessi a lei.
1.336Rallegrati or, mio dispregiato padre,
1.337Rallegrati or, mio disamato regno,
1.338E voi del mio fratello ombre immortali,
1.339Prendetevi or queste mie pene acerbe,
1.340Che purgheranno i vostri oltraggi, e fieno
1.341De l'offese crudei vendette giuste.
1.342Lassa! che fuor del mio reale albergo,
1.343Lunge dal padre mio, vedova e vile
1.344Cacciata son dal mio crudel consorte,
1.345Che più che 'l regno mio, più che mio padre,
1.346Più che mio frate amai, anzi ei sol m'era
1.347Padre, regno, fratello, albergo, e sposo.
1.348Io, che piegar potetti al giogo umile
1.349De' salvatichi tori i colli altieri,
1.350E mal suo grado addormentare un drago,
1.351Non ho potuto, oimè, mettere il freno
1.352Ad un uom solo? io che smorzar potei
1.353Le fiamme altrui con le parole maghe,
1.354Non ho valor del misero petto fore
1.355Trarne 'l mio foco? ahimè! ch'al maggior uopo
1.356Mi lascian l'erbe, e la virtute, e l'arte,
1.357Né mi giova invocar, né porger voti
1.358A la gran dea del tenebroso centro;
1.359Né benigna mi fan l'umida luna
1.360Gli sparsi incensi, e i sacrifici umili;
1.361Né giorno ho lieto, e ne le amare notti
1.362Misera veglio, e ne' miei lumi afflitti
1.363Più non alberga omai placido sonno:
1.364Ed io, che l'angue addormentar potei,
1.365Non ho valor d'addormentar me stessa.
1.366Et a ciascun più ch'a me stessa giova
1.367La mia virtute; e quelle belle membra,
1.368Ch'io liberai nel periglioso assalto
1.369Da le fiamme, da' ferri, e dal veleno,
1.370Vil meritrice or le si stringe e gode,
1.371E del bel seme mio coglie ella il frutto.
1.372Ahimè! che forse ancor, mentre t'ingegni
1.373Gradir tua stolta, e temeraria moglie,
1.374E dirle cose onde sua grazia acquisti,
1.375Mie bellezze le biasmi, e i miei costumi,
1.376Ond'ella rida, e le si prenda in giuoco.
1.377Ridasi pur, e se ne giaccia altiera
1.378Ne la seta e ne l'or, che forse un giorno
1.379Verserà più di me lagrime e pianti,
1.380E nel suo proprio ardore arsa e distrutta
1.381Sentirà più di me tormento e foco:
1.382E mentre arderà 'l foco, e l'erbe avranno
1.383Veneno in loro, e pungeranno i ferri,
1.384Non sarà di Medea nimico alcuno
1.385Ch'ella si lasci invendicato indietro.
1.386Ma se le preci mie, se queste voci
1.387Hanno valor d'intenerirti il core,
1.388Ascolta i pianti, e gli amorosi preghi,
1.389Che tutta umile, e di mia mente altiera
1.390Molto minori, o mio Giason, ti porgo.
1.391Perch'io ti prego, e supplicando inchino,
1.392Come tu spesso mi pregasti umile
1.393E riverente m'inchinasti allora
1.394Che 'l mio soccorso addomandavi contra
1.395Ai tori, all'angue, ed all'armata messe,
1.396Né pigra son di mi gittarti ai piedi.
1.397Ma s'io ti son già diventata vile,
1.398Ed hai mie preci, e mie parole a schivo,
1.399Riguarda i nostri figli, e quanto cruda
1.400Sarà contra di lor l'empia matrigna.
1.401E' ti sembran sì ben, ch'ogni mia gioia
1.402È posta nel veder tua bella imago
1.403Ne le sembianze loro, e quante volte
1.404Io volgo in quei miei dispregiati lumi,
1.405Tante verso dai lumi acerbi pianti.
1.406Io ti prego, o Giason, per quegli eterni
1.407Numi divini, e per l'ardente, e chiara
1.408Maggior fiamma del ciel, duce del giorno,
1.409Per quell'immenso et infinito merto
1.410Che ti costrinse a diventarmi sposo,
1.411Che tu ritorni mio: renditi omai,
1.412Renditi a me, per cui, misera e stolta,
1.413Tant'impero lasciai, tant'alto seggio,
1.414Tanto tesoro, e tante amate cose.
1.415Degnati a te chiamarmi, e dammi aita,
1.416E fa' che 'l tuo chiamar d'effetto abonde,
1.417Di pietade, e d'amor, fermezza, e fede.
1.418Io non ti chiamo acciò ch'armato al campo
1.419Venga di nuovo a soggiogare i tori,
1.420O seminare il maladetto seme,
1.421O che la serpe addormentata e vinta
1.422Ti dia sicuro al bel monton il varco:
1.423Te chieggio sol, che mi ti desti in prima,
1.424Te chieggio sol, cui meritai, per cui
1.425Madre son or di così bella prole.
1.426Tu cerchi forse, e mi domandi dove
1.427Mia dote sia? io la ti diedi, ahi lassa,
1.428Sopra il duro terren, sopra quel campo,
1.429Che per aver le belle spoglie d'oro
1.430Dovevi arar; quei bei dorati velli
1.431Fur la mia dote, e s'io la chieggio indietro,
1.432Non la vorrai tornare: ahi greco infido,
1.433La conservata tua salute, e vita,
1.434La vita ancor de' giovenetti greci,
1.435Fu la mia dote: or paragona a queste,
1.436Temerario e crudel, l'ampie ricchezze
1.437Del gran Creonte, e di Creusa il viso.
1.438Et è mio don che tu mi sia scortese,
1.439Che tu sia vivo, e di sì bella sposa,
1.440E di suocero tal ten vada altiero.
1.441Io ben vi punirò; ma che bisogna
1.442Il supplicio predirvi? Io ben conosco
1.443Che la rabbia e 'l furor, lo sdegno e l'ira
1.444Le madri son de le minaccie crude:
1.445E farò quel che detterammi insieme
1.446L'ira e 'l dolore; e tal vendetta attendo,
1.447Che vedendo di voi scempio sì rio,
1.448De la mia crudeltà, del vostro strazio
1.449Forse mi pentirò: ma segua pure
1.450Il mio dolor mio pentimento e pianto,
1.451Ch'io mi doglio, e mi pento, e piango insieme
1.452D'aver salvato al mio marito infido
1.453L'indegna vita; e quel superno dio
1.454Che di sdegnosa fiamma il cor m'accende
1.455Sia testimon de la mia mente acerba,
1.456La qual dentro a se stessa empia e crudele
1.457Imaginando va martir più grave
1.458Di quel che non sapria mia lingua dire.
Supported by the Czech Science Foundation (GA23-07727S)