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Deianira a ErcoleEpistola nona

Epistole d'Ovidio

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1.1Io ben mi glorio, io ben mi pregio e vanto
1.2Ch'Ecalia, o grande Alcide, all'alte e chiare
1.3Prove nostre s'aggiunga, ma ben poi,
1.4Lassa, mi doglio ch'a la bella vinta
1.5Nimica tua tu vincitor soggiaccia.
1.6La brutta fama, e de' tuoi fatti indegna
1.7A le greche città subito è giunta,
1.8Gridando: a quei che mai Giunon non vinse,
1.9Né l'atterraron le fatiche immense,
1.10La bella Iole sola ha posto il giogo.
1.11Quest'è l'empio desio, quest'è la voglia
1.12Del crudo Euristeo, e de la tua matrigna
1.13Al gran Giove sorella, a cui fia grata
1.14La lorda macchia di tua brutta vita:
1.15Ma tu non sembri quello al cui concetto,
1.16Se creder ciò si deve, una sol notte
1.17Perché nascessi tale, oimè, fu poca,
1.18E via più che Giunon, Vener ti nocque:
1.19Ch'ella t'alzò mentre t'oppresse, e questa
1.20Tien sotto al piede umile il collo altero.
1.21Guarda intorno la terra, e guarda il mare,
1.22A cui l'antica e desiata pace
1.23Con le tue forze già rendesti, e vedi
1.24Che quella e questo ti s'inchina e debbe;
1.25Guarda, deh guarda omai che de' tuoi merti
1.26Del sole è pieno e l'uno e l'altro albergo.
1.27Tu pria reggesti il ciel, che debbe poi
1.28Sostener te; così l'antico Atlante,
1.29Posto il gravoso et onorato incarco
1.30Sopra gli omeri tuoi, le stelle resse.
1.31E ch'hai fatto per tante, e sì famose
1.32Opre, salvo ch'aggiunto a la vergogna
1.33Hai maggior biasmo, or s'a' bei fatti illustri
1.34La sozza macchia de lo stupro aggiugni?
1.35Tu fusti quel, come è 'l publico grido,
1.36Che due rabbiose avelenate serpi,
1.37Mentre eri in fasce, strangolasti: allora
1.38Fusti degno ch'un dio ti fusse padre.
1.39Il principio fu buon, ma tristo il fine;
1.40E son di quelle prime assai minori
1.41L'ultime prove, e da te stesso sei,
1.42Allor fanciullo, or vecchio, assai difforme.
1.43Colui, lassa, colui, che mille belve,
1.44Né Giunon mai, né 'l suo nimico Euristeo
1.45Poteron superar, l'ha vinto Amore.
1.46Forse ch'alcun dirà ch'io sia felice,
1.47Perch'io son donna al grand'Ercole, e nuora
1.48Di quello dio che su dal ciel qui tuona;
1.49Ma quanto male ad uno aratro insieme
1.50Due giovenchi si stan, che sien tra loro
1.51Poco conformi, o di valore o d'anni,
1.52Tanto si disconvien ch'a grande sposo
1.53Si congiunga di lui sposa minore.
1.54Non m'è gloria, ma peso; e questo incarco
1.55Offende l'altrui spalle: onde s'alcuna
1.56Vuol maritarsi pur, s'unisca a quello
1.57Che di sangue, e virtù sia pari a lei.
1.58Il mio sposo da me sempre è lontano,
1.59E 'l peregrin via più di lui m'è noto:
1.60Egli seguendo va gli orrendi mostri
1.61E le selvagge belve, et io dolente
1.62Vedova, e sconsolata in casa stommi
1.63Intenta ai voti et a' pudici prieghi,
1.64Temendo ch'egli tra' suoi tanti, e tanti
1.65E nimici, e perigli, oimè, non pera:
1.66Io sempre ho nel pensier cinghiali e serpi,
1.67Leoni ingordi, e con la mente ognora
1.68Tra lor m'aggiro, e con quest'occhi veggio
1.69A l'ossa del mio sposo i cani intorno.
1.70L'interiora dell'uccise bestie
1.71Mi fan temere, e le notturne larve,
1.72E quanto ha di secreto in sé la notte,
1.73Mi spaventan mai sempre; ed io meschina
1.74Vo pur cercando se la fama incerta
1.75Qualche nuova di te n'arrechi, et ora
1.76La vana speme il mio timor discaccia,
1.77Or la paura la speranza uccide.
1.78La tua madre è lontana, e duolsi e piange
1.79Che di sé s'invaghisse un tanto dio,
1.80Né m'è presente Anfitrione od Illo,
1.81Quest'ad ambi figliuol, quello a te padre.
1.82Sol l'empio esecutore ascolto et odo
1.83Dell'iniqua Giunon, di cui pur troppo
1.84È lunga l'ira: e questo a le mie spalle
1.85Fora peso leggier, s'a tale incarco
1.86Non aggiugnessi i peregrini amori,
1.87Per cui del seme tuo ciascuna donna
1.88Fatta gravida omai, puote esser madre.
1.89Io non vo' dir, né ricordarti quando
1.90Nelle valli d'Arcadia a la bell'Auge
1.91Togliesti l'onestà, che tanto è cara;
1.92Né conterò lo scelerato parto
1.93De la figlia d'Ormeno, o 'l brutto stupro
1.94Di cinquanta sorelle, ove pur una,
1.95La tua mercé, non vi restò pudica.
1.96D'una adultera sol vo' dirti, ond'io
1.97Son fatta a Lamo suo figliuol matrigna,
1.98Per cui già vide il bel Meandro, ch'erra
1.99Nelle medesme terre, e l'onde istesse
1.100In sé stesso ritorce, ahi lassa, dico,
1.101Vide i monili a quell'erculeo collo,
1.102A cui piccola già fu soma il cielo:
1.103Non ti parve ei vergogna aver d'intorno
1.104Le perle e l'oro a le gagliarde braccia,
1.105Che tolser l'alma al gran leon nemeo
1.106Di cui la spoglia al manco omero pende?
1.107Ardisti mai d'ornar l'irsute chiome
1.108Di nastri e frange? Oh quant'assai più degni
1.109Erano i capei tuoi del bianco pioppo!
1.110Oh non ti vergognasti, oimè, che biasmo
1.111Ti fosse, a guisa di lasciva putta,
1.112Cingerti il feminil meonio cinto?
1.113Non ti torn'egli a mente unqua l'imago
1.114Del crudo e fero Diomede, il quale
1.115D'umana carne i suoi cavai pasceva?
1.116Se dell'Egitto il gran tiranno avesse
1.117Vistoti in sì lascivo abito e molle,
1.118Gli fora stato assai vergogna e scorno
1.119D'esser stato prigion d'uomo sì vile;
1.120E tolto avria dal duro collo Anteo
1.121Le fasce feminili, e i cerri d'oro,
1.122Per non aversi a pentir mai d'avere
1.123Ceduto ad uomo effeminato e infermo.
1.124La fama è qua che tu portasti il cesto
1.125Tra le fanciulle ionie, e le minacce
1.126Temesti già de la tua bella donna.
1.127Ahi non ti guardi, Alcide? ahi non t'astieni
1.128Di metter entro a' lor canestri quella
1.129Di mille imprese già vittrice mano?
1.130E, qual femina vil, tremando fili,
1.131Et a la bella tua signora rendi
1.132Del tuo filato, o gran vergogna, il peso?
1.133Ahi quante volte, ahi quante volte, mentre
1.134Torci lo stame con le dita dure,
1.135Le man robuste hanno spezzato i fusi!
1.136Anzi si crede, o poverello Alcide,
1.137Che da la sferza sbigottito, a' piedi
1.138De la tua donna paventassi l'ire,
1.139E narrassi le prove ond'hai portate
1.140Mille onorate palme, e mille chiari
1.141E superbi trofei, i quali allora
1.142Per vergogna minor tacer dovevi:
1.143E che tu dica che rinvolto in fasce
1.144Uccidesti due serpi, e le lor code
1.145T'avolgesti alle mani, e come ancora
1.146In Erimanto il cinghial morto giace.
1.147Né del tracio tiranno i fatti crudi
1.148In silenzio trapassi, e i bianchi teschi
1.149De' tristi morti agli empi alberghi affissi,
1.150Né le cavalle di lor carne grasse;
1.151Né 'l brutto mostro che tre corpi aveva,
1.152Benché fusse in tre corpi un uomo solo:
1.153Io dico Gerion, di cui pasceva
1.154L'armento ricco in su l'ispano Ibero;
1.155Né le tre fronti ancor de' cani orrendi
1.156Di Cerber tronche via da un busto intero,
1.157E che 'n vece di peli avean serpenti;
1.158Né la serpe lernea, che de' suoi danni
1.159Si faceva più ricca, e le ferite
1.160La ritornavan più gagliarda e forte.
1.161E non debbi tacer chi già morio
1.162Tra 'l sinistro tuo fianco, e 'l destro braccio;
1.163Né come ancor parte uccidesti, e parte
1.164Volgesti in rotta del biforme stuolo,
1.165Colà ne' monti di Tessaglia, il quale
1.166Avea, folle, nei piè la speme posta:
1.167Ma puoi tu mai col bel sidonio manto
1.168Narrar sì degne e gloriose imprese?
1.169E la tua lingua pel vestito indegno
1.170Non si fa muta, e per vergogna tace?
1.171Ancor la donna tua l'armi famose
1.172Si mise in dosso, e del marito vinto
1.173Arrecò degne et onorate spoglie;
1.174Vattene or pure altiero, e i fatti egregi
1.175Racconta omai, che tu gli narri indarno:
1.176Perché ella adesso è degnamente quello
1.177Che tu sei stato indegnamente, et ella
1.178Alcide or è, tu feminetta vile,
1.179Di cui tanto minor sei fatto, quanto
1.180Era gloria maggior vincere Alcide
1.181Che quei che tu col valor tuo vincesti.
1.182Di lei le palme son, di lei le pompe,
1.183Di lei l'onor delle famose prove;
1.184Taci, non ti lodar, perch'ella omai
1.185È fatta già de le tue lodi erede.
1.186O vergogna nefanda! i duri velli,
1.187Tratti per forza da le coste dure
1.188Dell'irsuto leone, han ricoperto
1.189L'omero feminil, lascivo e infermo:
1.190Ma tu t'inganni, ché sì fatte spoglie
1.191Non son più del leon, ma sono or tue:
1.192Tu la fiera vincesti, ella te vinse.
1.193Una femina, lassa, a cui la rocca
1.194Di lana carca saria grave, e poco
1.195Atta a portarla, ha già portato quelle
1.196Armi onorate, che del negro sangue
1.197Fur dell'Idra lernea macchiate e tinte;
1.198Ed avezzò la mano a quella mazza
1.199Che domò belve orrende, e poi lasciva
1.200Corse a lo specchio, e ne lo specchio vide
1.201Se stessa, e l'armi del suo folle sposo.
1.202Io bene avea sì fatte cose udite,
1.203E mi piacque il comun publico grido
1.204Talor per falso aver, ma 'l lieve duolo
1.205Dalle orecchie partissi, e corse agli occhi,
1.206E inanzi agli occhi miei venuta veggio
1.207La peregrina meretrice, e poco
1.208Valmi il celare il mio supplicio grave.
1.209Né vuoi soffrir che la nimica mia
1.210Da me si parta, la qual venne, ahi lassa,
1.211Per mezzo a la città, perché quest'occhi
1.212La dovesser mirar mal grado loro;
1.213Né venne co' capei negletti e incolti
1.214A guisa di prigion, né tenne il volto
1.215Dimesso e chino, e col dolore esterno
1.216Non confessò la sua fortuna avversa;
1.217Anzi adorna sen va di perle e d'oro,
1.218Come ancor tu d'oro e di perle adorno
1.219In Frigia fusti, e con la fronte altera
1.220Riguarda ognun, tal che par ch'abbia in piedi
1.221La patria, il padre vivo, e vinto Alcide.
1.222Et ella forse ancor, poi che scacciata
1.223Fia l'infelice Deianira tua,
1.224Deposto il vile abominevol nome
1.225Di meretrice, ti sarà consorte.
1.226E l'infame imeneo gl'infami corpi
1.227Del grande Alcide e de la bella Iole
1.228Congiungerà con matrimonio infame.
1.229L'anima, oimè, per tal pensier si fugge,
1.230E mi trascorre per le membra un gelo
1.231Che la lingua e la man mi fan di smalto.
1.232Tu pur ancor me con molte altre amasti,
1.233Non te ne doglia, e senza colpa, et io
1.234Ti fui cagion di due famose guerre,
1.235Per cui piangendo entro a le turbide onde
1.236Accolse l'Acheloo le rotte corna,
1.237E nell'acqua fangosa il capo immerse;
1.238E morto ne restò per tuo valore,
1.239E per virtù del buon venen lerneo
1.240Nesso biforme, che del proprio sangue
1.241Fece del fiume Even l'acque vermiglie.
1.242Ma perché raccont'io tai cose? ahi lassa!
1.243Ecco, mentre ch'io scrivo, un nunzio tristo
1.244Mi vien, che per cagion di quel veneno
1.245Di ch'era tinta la camicia, il mio
1.246Sposo si muore: ahi lassa me! ch'ho fatto?
1.247A che m'ha spinto il mio furore insano?
1.248A che temi il morir, Deianira empia?
1.249Il tuo marito in mezzo al monte Oeta
1.250Fia tormentato, e tu crudel, che sei
1.251Di tal scelerità cagione e duce,
1.252Resterai dopo alla sua morte in vita?
1.253E ch'ho fatto che sia di fama degno,
1.254O ch'io debb'esser mai tenuta sposa
1.255Del grande Alcide? La mia morte istessa
1.256Gli farà fede, ch'io gli fui consorte:
1.257Tu Meleagro ancor, nel mio morire
1.258Conoscerai ch'io ti son stata suora.
1.259A che temi il morir, Deianira empia?
1.260O nostra stirpe a' dolorosi danni
1.261Et agli oltraggi di fortuna esposta,
1.262Benché paressi un dì felice e lieta!
1.263La noiosa vecchiezza affligge e preme
1.264Il vecchio padre de' suoi figli privo,
1.265E 'l mio fratel Tideo sen va sbandito
1.266In peregrine parti, e l'altro, vivo,
1.267Finio la vita sua, lassa, nel mezzo
1.268De le fiamme fatali, onde mia madre
1.269L'ignudo ferro entro 'l suo petto ascose.
1.270A che temi il morir, Deianira empia?
1.271Ma questo sol, per le sacrate leggi,
1.272O dolcissimo mio diletto Alcide,
1.273Del letto genial, ti giuro, ch'io
1.274Non t'ho mai fatto oltraggio alcun, ma l'empio
1.275Nesso, dapoi ch'al petto ardente vide
1.276Fitto il pungente avelenato dardo,
1.277Mi disse: il sangue mio ha gran valore
1.278D'innamorare altrui; ond'io bramosa
1.279Tenerti all'amor mio legato e preso,
1.280Ti diedi i panni già bagnati e tinti
1.281Nel suo mortale avelenato sangue.
1.282A che temi il morir, Deianira empia?
1.283Restati in pace omai, canuto padre,
1.284E tu Gorge sorella, e tu mia dolce
1.285Patria, e tu frate a la mia patria tolto.
1.286A Dio, giorno infelice, ch'a quest'occhi
1.287Esser l'ultimo debbi, e tu mio sposo,
1.288Pur che tu possa, oimè, resta felice:
1.289A Dio, dolce Illo, a Dio mio figlio, a Dio.
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