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Isifile a GiasoneEpistola sesta

Epistole d'Ovidio

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1.1La bella fama, che l'illustri e belle
1.2Altrui opre non tace, ha pieno intorno
1.3Il regno mio che di Tessaglia ai lidi
1.4Tornato sei, de l'onorata preda
1.5Del ricco vello d'oro altero e carco;
1.6E ne son lieta sol quanto a te piace.
1.7Ma tu dovevi ben per qualche messo,
1.8O per tuoi scritti discoprirmi il caro
1.9Ritorno tuo; e fu possibil forse
1.10Che torcer desiando a queste rive,
1.11A te promesse, il tuo viaggio, il vento
1.12Poco propizio a' tuoi desiri avessi.
1.13Ma 'l vento averso, e la fortuna, e l'onde
1.14Non dovevan già mai esser cagione
1.15Che con due versi, o due parole almeno,
1.16Non mi potessi far sicura e certa
1.17Del tuo venir, sì come io n'era degna.
1.18Perché pria de' tuoi scritti, il comun grido
1.19Udir mi fe' che gl'infiammati tori
1.20Piegaro al giogo i non domati colli,
1.21E col vomere poi la terra apriro?
1.22E che del seme sparso entro agli arati
1.23Campi la fera e bellicosa gente
1.24Tosto risorse, alla cui morte d'uopo
1.25Non fu la tua vittoriosa mano?
1.26E che quantunque il sempre desto drago
1.27Guardasse ognor del bel monton le spoglie,
1.28Tu nondimeno i ricchi velli avesti?
1.29Oh come sarei io felice e lieta,
1.30Quando io potessi a quei che l'alte e chiare
1.31Tue prove ascolta, e con timor le crede,
1.32Sicura dire: il mio fedel consorte
1.33Giason scritte me l'ha, da lui l'ho intese!
1.34Ma perché mi doglio io che tardo e lento
1.35Sia stato il mio consorte a darmi aviso
1.36Del suo ritorno? assai gran premio fora
1.37De l'amor mio quando io ti fussi grata,
1.38Come ti fui, e per mio male, un tempo.
1.39Ma 'l comun grido è che menato hai teco
1.40Una barbara maga, e quella fede
1.41Ch'a me promessa fu, l'hai data a lei,
1.42E in vece mia per tua consorte hai presa.
1.43Il vero amore agevolmente crede:
1.44E piaccia al ciel ch'io sia tenuta stolta,
1.45Temeraria, e gelosa, e folle, e sciocca,
1.46E ch'a gran torto il mio marito accusi!
1.47Ahimè! che di Tessaglia or ora è giunto
1.48Un peregrino, a cui bramosa, e ingorda
1.49D'aver nuove di te, pria ch'ei toccasse
1.50Le soglie mie con l'affannato piede,
1.51Dissi: il mio sposo, il mio Giason che face?
1.52Et ei pien di vergogna, i lumi affisse
1.53In altra parte, e si taceva; ond'io
1.54Squarciati i panni, e con tremante core
1.55Più gli m'appresso e grido: oimè, vive egli?
1.56È vivo il mio Giasone? anch'io m'uccido!
1.57Et egli allora: ei vive. Et io ch'in forse
1.58Stava del viver tuo, lo spinsi a forza
1.59Co' giuri a dirmi il vero, et a gran pena
1.60A' giuri diedi e a' sacramenti fede.
1.61Ma poi ch'io fui sicura, i fatti egregi
1.62Comincio a ricercare: et ei narrommi
1.63Come i tori infiammati araro i campi;
1.64Come de' denti de la belva sparsi
1.65Altera gente e bellicosa uscio,
1.66Ch'in fra se stessa se medesma uccise;
1.67Come vincesti il velenoso drago
1.68Mai sempre desto: et io che speme e tema
1.69Aveva all'alma intorno, un'altra volta
1.70Domando se tu vivi, e mentre ch'egli
1.71Narrava l'opre illustri, a caso, e fuori
1.72Del suo pensier, mi discoperse il furto
1.73De la figliuola del gran re de' Colchi.
1.74Ahimè, dove è la fede? u' sono i giuri?
1.75U' son le faci, che più degne furo
1.76D'ardersi dentro al funeral mio rogo,
1.77Che render lume a l'infelici nozze?
1.78Io non ti fui qual meretrice a canto,
1.79Né ti fei don celatamente de la
1.80Alma mia castità, ma l'alma Giuno
1.81E 'l sacrosanto dio, le tempie intorno
1.82Cinto di fiori, e d'intrecciati rami,
1.83Vi fur presenti; anzi Imeneo, né mai
1.84La suora e sposa del gran re de' lumi,
1.85Lassa, non vidi, ma la trista Erinne
1.86Portò le maritali infauste faci.
1.87Perché quindi passare unqua doveva
1.88La tessalica armata? et Argo e Tifi
1.89Ch'aveva a far co' miei paterni regni?
1.90Qui non era il monton dei velli d'oro,
1.91Né del canuto Eeta il patrio seggio.
1.92Io ben pensato avea dentro al mio petto
1.93(Ma 'l mio fato crudel tardò l'impresa)
1.94Col valor feminil cacciar di fuori
1.95De' miei confin la peregrina armata:
1.96E lo poteva far, ché le mie donne
1.97Uccider sanno i valorosi maschi;
1.98E schermir mi dovea con tai guerriere,
1.99E difender da te la vita, e l'alma
1.100Mia pudicizia, e 'l non macchiato nome.
1.101Ma non pur non ti nocqui, anzi qual fido
1.102E dolce sposo mio, t'accolsi dentro
1.103Al regno, alla cittade, al letto, all'alma:
1.104E lieto meco dimorasti tanto,
1.105Che di neve imbiancò due volte il verno
1.106I colli intorno, e nell'ardente state
1.107Due volte ancor ve la distrusse il sole;
1.108E l'ingordo arator già lieto intorno
1.109Ne' campi biancheggiar scorgea le biade
1.110La terza state, e s'accingeva a corre
1.111Di sue fatiche i desiati frutti,
1.112Quando dal bel desio, da l'alta impresa
1.113Alteramente e stimolato e punto,
1.114Da' tuoi compagni inanimito e mosso,
1.115Dal mar tranquillo e da' propizii venti,
1.116Lusingato da quei, da questi spinto,
1.117I larghi seni alle gran vele apristi,
1.118E nel duro partir con tai parole
1.119Di pianti miste, e di sospiri ardenti
1.120Cercasti far minor mio duolo immenso:
1.121– O bella Isifil mia, io quindi sono
1.122Rapito a forza, e se 'l mio buon destino
1.123Vorrà già mai ch'io mi ritorni indietro,
1.124Io tornerò tuo fido amante, e sposo,
1.125Come or tuo sposo, e fid'amante io parto.
1.126E fa' che quel che dentro al ventre ascoso
1.127Tu tien del sangue mio si serbi in vita,
1.128Ch'io son padre di lui, di lui tu madre –.
1.129E queste son quante parole il duolo
1.130Ti lasciò mandar fuore, e ben soviemmi
1.131Che da' pianti interrotto e da' singulti
1.132Non potesti seguir più oltra il dire.
1.133Tu fra gli altri compagni, afflitto in volto,
1.134Bagnandoti di pianto il petto e 'l viso,
1.135Su la sacrata nave il sezzo andasti:
1.136E mentre ella fuggia, gonfiando il vento
1.137Le bianche vele, e sottraggendo i remi
1.138Dall'alta prora l'acque, Isifil gli occhi
1.139Volgeva al suo Giason, Giasone ad ella:
1.140Tu la terra miravi, io, lassa, l'onde.
1.141Poi che dal lido io non scorgea le vele,
1.142Sovra una torre a presti passi ascendo,
1.143Che d'ogni intorno il mar discuopre e vede,
1.144Empiendomi di pianto il volto e 'l seno:
1.145E bench'io gli occhi avessi umidi e molli,
1.146Tra le lagrime pur le vidi, et oltra
1.147L'usato modo lor scorgean le luci,
1.148Ch'elle seguendo il gran desio del core
1.149Vedean più lunge assai ch'umana vista
1.150Soglia mirare: e quante, ahi stolta, poi
1.151Quante sparsi preghiere al cielo e voti,
1.152Che mi trasser da l'alma amore, e tema,
1.153Che scioglier deggio ancor, poscia che salvo
1.154Tornato sei da sì lodata impresa!
1.155I voti io scioglierò? l'empia Medea
1.156Goderà de' miei voti? Ahimè! che 'l core
1.157Scoppia non men d'amor che d'ira e rabbia.
1.158Io l'ostie sacre a' sacrosanti templi
1.159Porterò mai? e pecorelle, e tori
1.160Morti cadranno a' sacri altari inanti,
1.161Da la mia destra uccisi? io, perché priva
1.162Resti del mio Giason, misera, in vita,
1.163E de' miei danni avrò mai grazie al cielo?
1.164Io non fui mai sicura, anzi mai sempre
1.165Temei che 'l padre tuo in Argo un giorno
1.166Non ti sposasse; et ho temuto indarno
1.167Le chiare greche e belle, anzi una strana
1.168Barbara maga e meretrice infame
1.169Offeso m'have, et oltraggiata sono
1.170Da cui non sperai mai soffrire oltraggio.
1.171Io so ben ch'ella, o per beltate o merto,
1.172O per virtù, non t'ha infiammato il core,
1.173Ma sol ne l'amor suo t'ha spinto e volto
1.174Per forza d'erbe, e di parole maghe:
1.175Ch'ella ne l'ombre de l'oscura notte
1.176Erbe maligne e velenose svelle,
1.177Altre ne sega con sagrata falce.
1.178Ella dal corso suo ferma la luna
1.179Di lei mal grado, et ha valor dapoi
1.180Del maggior lume impallidire i raggi.
1.181Ella de' fiumi e de' torrenti i piedi
1.182Ne' lacci involve, e dal nativo loco
1.183Gli arbor, le selve, e i vivi sassi muove;
1.184E tra' sepolcri poi discinta e scalza,
1.185Sciolti i capei, nella più folta notte
1.186Sen va solinga, e tra la calda polve
1.187Degli arsi roghi poi certe ossa accoglie:
1.188Ella distrugge altrui, consuma, e ancide,
1.189Benché lontani, e certe imagin finge
1.190Di cera e lana, et acutissimi aghi
1.191Entro a' lor cori affige, et altre poi
1.192Opre maligne, ch'io non so, compone,
1.193Ond'altrui spinga a viva forza amarla:
1.194Ma 'l vero amor, non con incanti od erbe,
1.195Ma con beltà, ma con virtù s'acquista.
1.196Certo che l'empia, in quella guisa ch'ella
1.197Costrinse i tori al non usato giogo,
1.198Ha te sommesso all'amoroso incarco,
1.199E con la forza istessa ond'ella vinse
1.200La velenosa, e vigilante belva,
1.201Ancor te vinse, e ti piegò la voglia,
1.202Ed alla voglia sua la fe' conforme.
1.203Aggiugni poi ch'alle famose prove
1.204D'Ercole invitto, e di Polluce altero,
1.205Di te, degli altri tuoi compagni fidi
1.206Si fa compagna, e scelerata nuoce
1.207Alla gran fama del suo sposo indegno.
1.208E ben son molti ancor che 'l creder folle
1.209Seguon dell'avo tuo maligno e crudo,
1.210Che la vittoria al tuo valor sottragge,
1.211Ed agli incanti e malefici ascrive;
1.212E dicon non Giason, non la virtute
1.213Degli altri suoi, ma sol Medea da' sacri
1.214Muri levò le ricche spoglie d'oro.
1.215Ma la tua madre Alcimede non have
1.216Questa credenza, né 'l tuo padre Esone,
1.217Che negli ultimi suoi vecchi anni vede
1.218Dal più gelato ciel venuta l'empia
1.219Incantatrice sua barbara nuora.
1.220Ella dovea là nella Scizia, dove
1.221L'altero Fasi, e la gelata Tana
1.222Ne' Meotici stagni apportan l'onde,
1.223Prendersi sposo, e non tra noi, che siamo
1.224Di pietate e d'amor difformi a loro.
1.225Ah volubil Giasone, ahi via più lieve
1.226Dell'aure levi alla stagion novella,
1.227Tue promesse di fé perché son vote?
1.228Tu quindi pur ti dipartisti mio
1.229Dolce consorte, e perché, ahi lassa, d'indi
1.230Non sei tornato mio consorte amato?
1.231Perché non son nel tornar tuo tua sposa,
1.232Come tua sposa alla partita fui?
1.233Se l'alta stirpe, e nobiltà del sangue,
1.234La chiara fama, e i generosi fregi
1.235Degli avi illustri ti commove e piace,
1.236Ecco che io figlia son del gran Toante,
1.237E gli avi miei furo Arianna e Bacco,
1.238Quell'Arianna che dal sangue uscio
1.239Del re di Creta, e fu rapita in cielo
1.240Dal suo consorte, e coronata il fronte
1.241Di nuove stelle, che co' raggi ardenti
1.242Fanno minore, anzi sparir la luce
1.243Dell'altre stelle che le sono intorno;
1.244E Lenno avrai per marital tua dote,
1.245Ch'assai feconda si dimostra, quando
1.246Tenuta è colta; et infra tante e tante
1.247Ricchezze e nobiltà, son degna anch'io
1.248Esser da te mio sposo avuta in pregio.
1.249Et or del seme tuo, porgendo aita
1.250Al parto mio la sacrosanta Giuno,
1.251Due figli ho fatto, e se domandi forse
1.252Di cui sien lor sembianze, al volto, agli occhi
1.253Sembran Giasone, et han del padre ogn'altra
1.254Bella fattezza, e sol difformi in questo
1.255Son dal lor genitor, che per l'etate
1.256Non san tradire, od ingannare altrui.
1.257E quasi fui, quantunque avolti in fasce,
1.258In cambio mio per inviargli al padre,
1.259Ma l'inumana lor matrigna, e cruda,
1.260Il mio pensiero, e lor viaggio ha rotto:
1.261Io di Medea ho paventato l'ire,
1.262Perch'ella è via più cruda, e via più acerba
1.263Di qual altra si sia matrigna ingiusta;
1.264E di Medea le scelerate mani
1.265Ad ogni brutta e scelerata impresa
1.266Mai sempre sono apparecchiate e pronte.
1.267Ella, che 'l sangue, e le squarciate membra
1.268Del suo fratello alla campagna sparse,
1.269Unqua sarebbe a' miei figliuoi pietosa?
1.270E nondimen, quant'alcun dice, ahi folle,
1.271E da' magici versi avinto e preso,
1.272Hai posto lei, là dove Isifil prima
1.273Dal merto suo, e dal tuo amor fu posta.
1.274Ella, vergine ancor, nel letto accolse
1.275L'amante suo sfacciatamente, et io
1.276Con sante nozze mi ti diedi in braccio.
1.277Ella tradì suo padre, io dalla morte
1.278Tolsi il mio genitore; ella fuggio
1.279Da Colco, io Lenno ancor mia patria albergo.
1.280Ma che mi val, se l'impudica et empia
1.281E scelerata, me pietosa amante
1.282Superi e vinca? e se per dote immensa
1.283Ha l'arte maga, e per quest'arte infame
1.284Ha meritato aver tant'alto sposo?
1.285Io l'opra ben delle mie donne incolpo:
1.286Non laudo, o mio Giason, che crudamente
1.287O con ferro o venen cacciaron l'alme
1.288A' figli, a' frati, a' lor consorti, e a' padri,
1.289Ma 'l fier dolore, e 'l dispregiato sesso,
1.290E la rabbia e lo sdegno in man lor pose
1.291L'armi, che fer del lor gran duol vendetta.
1.292Dimmi, s'i venti alla tua voglia aversi
1.293T'avesser spinto alle mie rive insieme
1.294Con l'impudica tua lasciva putta,
1.295Et io nel porto fuor venuta incontra
1.296Ti fussi co' miei figli (ahi Giason crudo,
1.297Certo ch'allor ti bisognava umile
1.298Pregar la terra che s'aprisse, e vivo
1.299Ti s'avesse inghiottito!), oimè, con quale
1.300Animo mai, o con qual faccia avresti
1.301I tuoi figliuoli, e me tua sposa accolto?
1.302Ahi, perfido Giason, di qual tormento
1.303Saresti stato, e di qual morte degno?
1.304Io nondimen non t'avrei fatto oltraggio,
1.305Non perché degno tu, ma perch'io pia;
1.306E sol del sangue dell'iniqua et empia
1.307Vil meretrice avrei saziati questi
1.308Spregiati lumi, e quei begli occhi ancora,
1.309Ch'ella co' versi suoi, lassa, m'ha tolto,
1.310E di Medea, stata Medea sarei.
1.311Ma se là su nel ciel dal sommo Giove
1.312I voti nostri, e 'l lagrimar s'intende,
1.313Pianga ella quel ch'or la negletta, e sola
1.314Isifil piange, e d'altretanti figli,
1.315E dello sposo suo resti orba e priva,
1.316Sì com'io sposa, e di due figli madre
1.317Lasciata son dal mio consorte infido;
1.318Né lungamente si possegga quello
1.319Sì mal cercato, e mal goduto bene,
1.320E peggiormente l'abandoni e perda:
1.321E qual suora al fratel, qual figlia al padre,
1.322Tal sposa al sposo sia, tal madre ai figli.
1.323E poi che 'l mar, poi che la terra indarno
1.324Avrà cercato, ancor s'inalzi a volo,
1.325E senza speme mai, povera e sola
1.326Sen vada errando, e disperata alfine
1.327Con le sue proprie man se stessa uccida.
1.328Quest'è quel poi ch'io vi sospiro e bramo,
1.329O scelerati abominandi sposi,
1.330Poich'io tradita son, ch'al chiaro e al fosco
1.331Il letto genial mai sempre abonde
1.332Di rabbia, di timor, di sangue, e pianto.
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