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Enone a ParideEpistola quinta

Epistole d'Ovidio

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1.1Leggi tu questi versi? o pur la nuova
1.2Consorte tua te 'l vieta? Eh leggi pure,
1.3Che la carta non è da greca mano,
1.4Né da' nimici tuoi vergata e scritta;
1.5Ma la misera Enon, ma quella ninfa
1.6Sì celebrata entro alle selve d'Ida,
1.7Teco si duol, suo tant'amato sposo,
1.8Se pur tu vuoi ch'ella si lagni e doglia,
1.9Di quelle offese, e di quei tanti oltraggi,
1.10Che fuor del merto suo sopporta ognora.
1.11Qual stella aversa mai, qual dio, qual nume
1.12Ha contrastato a' nostri ardenti amori?
1.13E qual mio fallo, e qual mia colpa è stata
1.14Cagion ch'io non sia più, Paride, tua?
1.15Quel danno e quel dolor che 'l merto adegua
1.16Assai men duole, e via men grave appare;
1.17Ma ciò che viene altrui di danno o doglia
1.18Fuor del suo merto, assai n'attrista e preme.
1.19Tu non eri ancor tal, lassa, quando io
1.20Pudica ninfa, e del gran Xanto figlia
1.21Ti tolsi per mio sposo, e bench'adesso
1.22Tu sia del re troian creduto prole,
1.23E sia così la veritate espressa,
1.24Tu nondimeno eri allor servo, et io
1.25Soffersi e volsi a servitor legarmi.
1.26Noi lieti già de l'alte querci a l'ombra,
1.27Or de' roveri annosi in mezzo al gregge
1.28N'assidevamo insieme, e i fiori e l'erbe
1.29Ne feron letto; or ne giacemo sopra
1.30Al secco fieno, ora a lo strame vile,
1.31Ch'a le stagion più fredde, ai dì più brevi
1.32L'umil capanna e 'l poverello albergo
1.33Da le brine e dal giel depressi furo:
1.34Chi ti mostrava i monti, e chi le selve
1.35Atte a cacciarvi? e chi l'alpestri rupi
1.36Ti scorgea, lassa, ed in qual grotta avesse
1.37La salvatica fera i figli ascosti?
1.38Spess'ancor di mia man drizzai le reti,
1.39E gli animosi can per gli alti monti
1.40Spinsi a le fiere dietro, in fuga volte;
1.41E compagna ti fui, consorte, e serva.
1.42Tu spesso ancor ne le cortecce dolci
1.43Degli alti faggi in mille strani modi
1.44Intagliasti il mio nome, e in mille piante
1.45Si legge Enon dalla tua falce impresso.
1.46E mi sovien che nel pedal d'un pioppo
1.47Su le rive del Xanto ancor si serba
1.48Il nome mio, e quanto il tronco cresce
1.49Tanto cresce il mio nome. O belle piante,
1.50Crescete a gara, e del bel nostro amore
1.51Fate, sorgendo ognor, perpetua fede!
1.52E tu felice aventurato pioppo,
1.53Vivi mai sempre, e nel bel tronco serba
1.54Queste scritte da lui parole amiche:
1.55– Al fonte lor del chiaro Xanto allora
1.56Correran l'onde, e torneransi indietro,
1.57Che starà senza Enon Paride in vita –.
1.58Corri o bel Xanto indietro, e voi bell'onde
1.59Torcete i passi omai, ché 'l mio consorte
1.60D'abandonare Enon, lassa, ha sofferto.
1.61Quel dì, misera me, quel dì m'aperse
1.62Alle miserie l'alma, e agli occhi il pianto;
1.63E da quel dì del mio tranquillo amore,
1.64Della mia calma, e del mio bello aprile
1.65Cominciò l'odio, e la tempesta, e 'l verno:
1.66Io dico da quel dì ch'in Ida ignude
1.67Venere, e Giuno, e la pudica Palla,
1.68A cui gloria maggiore era in quel giorno
1.69Vestirsi l'armi, o feminil sua gonna,
1.70Ti si mostraro, e ciascheduna intenta
1.71Di sua beltate il tuo giudicio attese.
1.72Allor che per timor per l'ossa scorse
1.73Un freddo gelo, e si percosse il core
1.74Dentro al tuo dubbio, e spaventato petto;
1.75Ond'io, cui tema e amor premeva l'alma,
1.76Non men d'amor che di spavento piena,
1.77Corsi a le maghe incantatrice vecchie,
1.78E a' vecchi pien di malefici e d'anni,
1.79Bramosa di saper qual mai dovesse
1.80Esser il fin di tal giudicio odioso.
1.81I quai mostrar che di travagli e sangue,
1.82Di pene e morti era presagio tristo
1.83L'alta sentenza, e nondimen tagliati
1.84Fur gli alti abeti, e fabricata in fretta
1.85La grand'armata, e dentro all'onde immersa;
1.86E tu nel tuo partir piangesti, e questo
1.87Non puoi negar, né t'arrossisca il volto
1.88L'essermi stato amante, e non t'aggrevi
1.89Il primo amor, che la seconda fiamma
1.90Per sua bruttezza è di vergogna degna.
1.91Tu pur piangesti, e sospirasti, e i miei
1.92Occhi vedesti ancor bagnati e molli,
1.93E misti i pianti miei, e i miei sospiri
1.94Co' tuoi sospiri, e co' tuoi pianti furo;
1.95Né sì co' tralci suoi frondosa vite
1.96Caro olmo abbraccia, e lo circonda e lega,
1.97Come le braccia tue più volte intorno
1.98Mi feron stretto, et amoroso nodo.
1.99Ahi quante volte, ahi quante volte vidi
1.100Riderne i tuoi compagni, allor che 'l vento
1.101Esser cagion del tuo tardar dicevi,
1.102Et egli era all'andar propizio e buono!
1.103Ahi quante volte poi, doglioso e mesto,
1.104Ritornasti a baciarmi! e con qual pena
1.105L'afflitta lingua tua mi disse a Dio!
1.106Ma io dapoi che da leve aura vidi
1.107Le vele enfiate, e che da' remi in alto
1.108Tratte eran l'acque, e biancheggiavan l'onde,
1.109Non seppi altro che far, che seguir lunge
1.110Con gli occhi miei le fuggitive vele
1.111Quant'il veder mi fu concesso, e poi
1.112Esserti col pensier mai sempre appresso,
1.113E porger preghi alle marine ninfe
1.114Perché tu torni, oimè, perché tu torni
1.115A' tristi danni miei veloce e presto.
1.116Dunque mercé de le mie preci ardenti
1.117E de' miei voti pii, non per Enone
1.118Ma per Elena sol tornato sei?
1.119Oimè! ch'io fui per meretrice infame,
1.120Per adultera vil, devota e pia.
1.121Ei s'erge là sovra la riva un'alta
1.122Ruvida mole, e d'ogni intorno guarda
1.123Il largo sen del gran Nettunno, e dove
1.124Spinte dagli Aquilon si rompan l'onde,
1.125Dalla cui cima a rimirar le vele
1.126La prima fui, e dentro al cor mi nacque
1.127Sommo disio di trarmi indi nel mare,
1.128E venirti a trovar notando al legno:
1.129Ma mentre io t'aspettava, ecco ch'io scorgo
1.130Porpora fiammeggiar su l'alta prora,
1.131Che mi fe' sbigottir, ch'a te non lice
1.132Abito tal: ma poi ch'a proda venne
1.133La presta nave, e si fermò nel porto,
1.134Vidi di donna e le sembianze, e 'l volto.
1.135Né bastò questo (a che tardai ne l'onde
1.136Misera trarmi?), oimè, ch'io vidi ch'ella
1.137Ti si posava amicamente in grembo;
1.138Ond'allor sospirai, allor dagli occhi
1.139Versai lagrime calde, allor mi svelsi
1.140I biondi crini, e mi graffiai le guance,
1.141E di querele altissime, e di voci
1.142Empiei la selva d'Ida, e i miei lamenti
1.143A quei tronchi, a quei sassi, a quelle piante
1.144Narrai ad uno ad uno. Oh voglia il cielo
1.145Ch'Elena ancor così si lagni e doglia,
1.146E dal suo sposo odiata, e di lui priva
1.147Così s'attristi, et in se stessa pruovi
1.148Quell'immenso dolor, quell'aspra pena,
1.149Ch'ella ad Enon fatt'ha provare in prima!
1.150Or che tu sei di sangue illustre e chiaro,
1.151E carco di tesoro, hai donne belle,
1.152Che i legittimi loro amanti sposi
1.153Tradiscan, lassa, e per gli error del mare
1.154Ti seguan liete, e ti si stanno in grembo:
1.155Ma quando eri di stirpe oscura e vile,
1.156E di ricchezze inerme, e nelle selve
1.157Povero pastorel pascevi i greggi,
1.158Enon sol t'era grata, Enon sola era
1.159Del poverello ignudo amante e sposa.
1.160Io le ricchezze tue non bramo, o pregio,
1.161Né il sangue illustre, o l'onorato albergo
1.162Mi sospinge ad amarti, o perch'io brami
1.163Tra l'infinite annoverarmi nuora
1.164Del tuo gran padre, e del gran re di Troia;
1.165Non perché 'l giusto vecchio esser si sdegni
1.166Suocer di ninfa, o la tua saggia madre
1.167Abbia vergogna aver nuora sì vile,
1.168Ch'io degna son di gran consorte, e illustre,
1.169Et ho la fronte, et ho le mani ancora
1.170E le chiome, e le spalle, atte a portare
1.171Corona, scetro, e diadema, e manto:
1.172Né mi spregiar, perch'io giacessi teco
1.173Su per le frondi, e su per l'erbe verdi,
1.174Perch'io più degna son di letto ornato
1.175Di perle, e d'oro e d'ostro; e finalmente
1.176Il mio amore è sicuro, e guerra alcuna
1.177Per me non ti si muove, e su per l'onde
1.178Nave non vien per far vendetta ch'io
1.179T'abbia cotanto, e con tal fede amato.
1.180Già col sanguigno, e minaccioso ferro,
1.181E con l'armi nimiche ella è richiesta;
1.182E questa è quella dote ond'ella venne
1.183Così superba entro all'infame albergo:
1.184La qual s'a' Greci suoi render si deggia,
1.185Domandane il famoso Ettore invitto,
1.186E Deifobo accorto, e seco ascolta
1.187Il gran Polidamante, e poscia attendi
1.188Quel ch'Antenore saggio, e quel che 'l vecchio
1.189Priamo, a cui la sperienza, e gli anni
1.190Son stati mastri, in periglioso caso
1.191Paternamente il suo figliuol consigli.
1.192L'è brutta legge e disonesta usanza
1.193Preporre a donna, che nutrita e nata
1.194Nella tua patria sia, una impudica
1.195Giovin, rapita, e meretrice infame.
1.196Quant'hai da vergognarti, e quanto giusta
1.197Cagione ha suo sdegnato amante sposo
1.198Muoverne contra i sanguinosi ferri!
1.199Né creder mai ch'ella ti sia fidele,
1.200Benché sì tosto, e con sì grande amore
1.201Acconsentisse agli amorosi preghi,
1.202Che come piange or il minore Atrida
1.203Le rotte leggi, e la squarciata fede
1.204Del letto geniale, e duolsi ancora
1.205Del peregrino amor, tu similmente
1.206Lamenterai tuo folle error: che quando
1.207Una sol volta è violata e rotta
1.208La santa pudicizia, ella per sempre
1.209È guasta e persa, e racquistar non puossi.
1.210Ell'arde or per tuo amore; ella anco in prima
1.211Arse del greco suo consorte e fido,
1.212La cui troppa credenza e troppa fede
1.213Giacer lo face abandonato e solo
1.214Entro all'odiate, e mal gradite piume.
1.215O fortunata Andromache, o felice
1.216Ch'a sposo sì fedel ti desti in braccio!
1.217Lassa! ch'io pur doveva esser congiunta
1.218Ad uom costante e pio, qual sempre è stato
1.219Il suo fratello Ettorre. Ahi via più lieve
1.220Di lieve fronda, a cui l'umor sottragga
1.221La men calda stagion, che quinci e quindi
1.222La giri il vento, e la sollevi e volva;
1.223Ahi via più lieve ancor d'arida spiga,
1.224Che da' cocenti soli arsa e risecca
1.225Non ha valor di sostenersi a l'aura!
1.226Quest'è quel che Cassandra, i crini e i piedi
1.227Discinta e scalza, or mi sovien, predisse;
1.228E mi dicea con lagrimosa voce:
1.229Che fai, misera Enone? a che pur vai
1.230Solcando i lidi, e vai spargendo il seme
1.231Nelle sterili arene? a che t'ingegni,
1.232Senza mai speme aver d'amata messe,
1.233Oprarvi i tori, e stimolargli indarno?
1.234Ecco che viene una giovenca greca,
1.235Per cui la patria, e la consorte, e 'l padre
1.236Sarà distrutto, oh no 'l consenta il cielo!
1.237Ecco che viene una giovenca greca;
1.238Eh, mentre e' lice ancor, mandate al fondo
1.239La trista prora: ahi quante fiamme, ahi quante
1.240Morti port'ella, ahi quanto sangue seco!
1.241Così disse ella, e nel furore immersa
1.242Fu da sue ancille presa; et io che l'alma
1.243Avea d'orrore e di spavento piena
1.244Per le parole sue, subito in volto
1.245Pallida, oimè, mi feci, e le mie chiome
1.246Per gran timor si fer rigide ed irte.
1.247Ahi troppo il ver mi profetasti! ahi lassa!
1.248Ch'i miei bei prati, e ' miei fioriti colli
1.249La greca vacca or si possiede e pasce.
1.250Sia pur quanto si vuol di faccia bella,
1.251Che da non degno e peregrino amore
1.252Presa, tradì gli Dii, lo sposo, e 'l padre:
1.253E già ne' suoi primi anni, un'altra volta
1.254Rapita fu da l'amator suo Teseo,
1.255Io non so qual, e della patria fore
1.256Vergine ancor la trasse: e creder deggio
1.257Che giovinetta, e grandemente amata
1.258Da giovinetto amante, al padre sia
1.259Vergin tornata, et incorrotta, e casta?
1.260Tu mi domandi forse ond'io sì fatte
1.261Cose abbia intese? Or non sai tu che nulla,
1.262O poco, a' veri amanti Amore asconde?
1.263Ma benché il suo fuggirsi, e l'esser tolta,
1.264All'altrui forza, e violenza ascriva,
1.265E con tal nome il suo gran fallo adombri,
1.266Non puoi velar però sua voglia ingorda,
1.267Ché, chi rapita fu tant'altre volte,
1.268Fu sol perch'ella volse esser rapita,
1.269Et a sì dolci e sì bramati furti,
1.270Et a' ladri amator se stessa offerse;
1.271Ma la fidele Enon, ma la tua sposa
1.272A te consorte suo, quantunque infido,
1.273Pudicamente s'è servata intatta.
1.274I Satiri, i Silvani, i Fauni, e gli altri
1.275Selvaggi dii, per la gran selva d'Ida
1.276D'acutissimo pino ornati il fronte,
1.277Mi seguan presti, et io da lor m'involo,
1.278E per le siepi or mi nascondo, or fuggo;
1.279E benché 'l biondo e sacrosanto Apollo,
1.280Che fe' le mura a la gran Troia intorno,
1.281Fieramente m'amasse, e primo avesse
1.282Di mia virginità l'amate spoglie,
1.283L'ebbe per forza, et io con l'unghie il volto
1.284Piangendo gli graffiai, e dalla chioma
1.285Più d'un dorato crin gli svelsi, e trassi;
1.286Né per mercé del violento stupro
1.287Gemme gli addomandai, od oro, od ostro,
1.288Ch'egli è vil cosa, e disonesta e brutta,
1.289Dare il suo corpo ad amator bramoso
1.290Per così fatti doni; anzi ei mi diede,
1.291Giudicandomi lui di premio tale
1.292E di bella mercé non poco degna,
1.293Del medicare e la scienza e l'arte:
1.294Né nasce erba o radice in prato o in colle
1.295Di cui non sappia e la virtute e 'l pregio.
1.296Misera me! che l'amoroso ardore
1.297Temprar non so, né intepidir la fiamma
1.298Per virtù d'erbe, et a me stessa sono
1.299D'aiuto scarsa, e mia virtute ed arte
1.300Al maggior uopo e m'abandona e manca.
1.301Anzi l'istesso ancor sacrato Apollo,
1.302Primo inventor del medicar salubre,
1.303Che l'armento pasceo, quant'alcun dice,
1.304Del grande Admeto, a le sue fiamme ardenti
1.305Mal seppe sovenire, e del mio foco
1.306Fu grandemente, e lungo tempo acceso.
1.307Quel pio soccorso, oimè, quel dolce aiuto,
1.308Che la terra già mai, che 'l biondo Apollo,
1.309Quella con l'erbe sue, con l'arte questi,
1.310Dar non mi può, tu sol donar mi puoi;
1.311E lo puoi darmi, et io lo merto, e debbi
1.312Al giusto merto mio mercede eguale:
1.313Ch'altra non è che giustamente avere
1.314Pietà di me, che con gli amanti greci,
1.315D'acciar non men che di disdegno armati,
1.316L'armi non cingo: anzi tua son, sì come
1.317Fui ne' primi anni, e di finir desio
1.318Gli ultimi giorni, e la mia vita, teco.
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