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1.1Se il non aver pensier, com'alcun dice,
1.2è in questo mondo il viver lieto e vero,
1.3voi vi potete domandar felice.
2.1Piova o non piova, o regni il bianco o il nero:
2.2sia guerra o pace, morbo o carestia,
2.3di nulla mai non vi date pensiero.
3.1A voi basta che 'l verno freddo sia,
3.2calda la state: e d'esser solamente
3.3ogn'anno vivo per la Befania.
4.1Or per ch'io so che sete uomo eccellente,
4.2un mio capitol contr'al pensier fatto
4.3vi vo' mandare, e farvene un presente.
5.1Ma prima vo' con voi far questo patto,
5.2che voi diciate a chi lo biasimasse,
5.3ch'ei mente per la gola, o che sia matto.
6.1Ma chi saria mai quel che ne parlasse
6.2sapendo come a voi è indirizzato,
6.3che sete sì valente a selle basse?
7.1S'io mi ricordo ben, l'anno passato
7.2vidi certi capitoli in effetto,
7.3dov'il pensier, ch'io biasmo, era lodato.
8.1Hanno quei che li feron, di lui detto
8.2cose mirande: e con la fantasia
8.3passati son assai più su ch'il tetto:
9.1e con una lor lunga diceria
9.2mostro hanno il ciel, la terra e gli animali,
9.3a disonor della filosofia;
10.1ma l'opinïon lor son vane e frali,
10.2amico caro; sì che un'altra volta,
10.3direte lor ch'e' si mettin gli occhiali.
11.1Il pensier, cosa è ria, malvagia e stolta;
11.2poi che da lui si veggon solo uscire
11.3dolori a schiera, e pianti a briglia sciolta.
12.1Savio chi sa tal affanno fuggire,
12.2ch'agli uomin follemente fa gustare
12.3spesse volte la morte anzi al morire.
13.1Un filosofo già volto a pensare,
13.2vivendo sempre coll'animo intento,
13.3altro non fece mai che lacrimare.
14.1Un altro di contrario sentimento,
14.2senza pensier, tutt'i suoi felici anni
14.3ridendo consumò lieto e contento.
15.1Chi sarà dunque al mondo che s'inganni,
15.2che 'l non pensar rechi letizia e gioia,
15.3come i troppi pensier tormenti e danni?
16.1Quanto lo debbe ogni uomo avere a noia,
16.2che per lui certamente noi veggiamo
16.3il diavol fatto dell'anime boia!
17.1Il pensier fece il viver nostro gramo:
17.2ch'entrando a madonn'Eva nel cervello,
17.3fece peccar quel poverin d'Adamo.
18.1Trovò il nimico questo modo fello:
18.2col fargli pensar d'esser uom dabbene,
18.3gli fe' cercare il nostro e 'l suo flagello.
19.1Vedete quanto mal dal pensier viene;
19.2ché 'l bel viver saria senza fatica,
19.3né il morir or ci romperia le rene.
20.1Poi venuta la dolce etade antica,
20.2quando nel mondo stava allegramente
20.3l'una spezie coll'altra insieme amica,
21.1al mio od al tuo non si poneva mente;
21.2ma si pascea di ghiande e melïache
21.3or qui or qua, dove volea la gente.
22.1Non mangiavan le serpi le lumache;
22.2ma stava ognun sicur senza sospetto,
22.3le donne ignude, e gli uomin senza brache.
23.1Dolce piacere e infinito diletto
23.2che si prendeano i lieti amanti insieme;
23.3ch'un bel fiorito prato era il lor letto.
24.1Non accadean allor fatiche estreme,
24.2perché la terra senza agricoltura
24.3rendeva lor benigna i frutti e 'l seme.
25.1Gli uomini sempre nell'età matura,
25.2senza sentir la morte, a poco a poco
25.3mancavan per stanchezza di natura.
26.1Non generava diaccio il verno, o fuoco
26.2la state; perché sempre il bel sol era
26.3temperato e benigno in ogni loco;
27.1in così fatta guisa e 'n tal maniera
27.2gli uomini e gli animai vivean in pace,
27.3sotto l'eterna e dolce primavera.
28.1Quando venne pensiero a quella audace
28.2di presentare il vaso, onde Pandora
28.3ministrò il mal che tanto ne dispiace;
29.1per che di quello uscì subito fuora
29.2tutto quel che da noi si gusta amaro:
29.3e fu guasto il bel mondo in men d'un'ora;
30.1perché negli uman petti si destaro
30.2la superbia, l'invidia e l'avarizia,
30.3con la lussuria insieme a paro a paro.
31.1Discordia, odio, rancore e nimicizia,
31.2soddomiti, assassini e traditori
31.3empiero il mondo 'n un tratto a dovizia.
32.1Crebbe l'ambizïon poi ne' maggiori,
32.2onde a rubar ad ambe man si dieno
32.3terre, tesori, titoli ed onori.
33.1Ma non bastando lor tutto il terreno,
33.2in breve ancor poson la soma al mare,
33.3avendogli già messo briglia e freno.
34.1Indi si cominciar l'onde a solcare,
34.2facendo di Nettuno il poter vano;
34.3non temendo il morir per acquistare.
35.1Marte svegliossi irato a mano a mano:
35.2e cominciossi a far la terra rossa,
35.3e l'acqua ancor del puro sangue umano.
36.1La rabbia, il morbo, il canchero e la tossa
36.2erano un morselletto ben dorato,
36.3a far andare gli uomini alla fossa;
37.1perché dopo non molto fu trovato
37.2la tortura, il capresto e la mannaia
37.3e lo squartare e l'essere impalato,
38.1quell'aver fuoco al culo, è una baia
38.2ardersi vivo; ma che più dir voglio,
38.3se ci sono i martiri a centinaia?
39.1Crebbe alla terra lo sdegno e l'orgoglio,
39.2ch'oltre all'essere acconcia e seminata
39.3dà sempre il gran mescolato col loglio:
40.1e l'aria, prima sana e temperata,
40.2or fredda, or calda: e l'acqua pura e netta,
40.3quando torbida vien, quando diacciata.
41.1Le donne, schiera vil, falsa e negletta,
41.2hanno condotto gli uomin a tal sorte,
41.3che i miser lor si cavon la berretta.
42.1Ma come prima elle si furo accorte
42.2del perder tempo, tosto incominciaro
42.3a i lor mariti a far le fusa torte.
43.1Così Cupido doventò somaro;
43.2per ch'agli amanti la lor mercanzia
43.3che pute sempre, ancor fan costar caro.
44.1Non più virtute, o valor, che in uom sia
44.2le può piegar; ma sol l'oro e l'argento
44.3a pietà muovon la lor voglia ria.
45.1Or tanto a dire arei, ch'io mi sgomento
45.2del mal, che questo pensier traditore
45.3ha fatto all'uom, che mai non fia contento.
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