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1.1Io sono a Staggia, ch'è la patria mia,
1.2e de' miei primi l'antica magione,
1.3ove l'avol mio nacque e ser Simone,
1.4Sandro Grazzin cognominato Urria.
2.1Nel mezzo l'attraversa un'ampia via,
2.2per la qual vanno e vengon le persone
2.3da Firenze e da Roma, per cagione
2.4chi di negozi e chi di mercanzia.
3.1Ovunque per me l'occhio, o il piè, si muove,
3.2l'arme mia veggo dipinta e scolpita:
3.3cosa ch'io non ho mai veduto altrove;
4.1onde l'anima mia quasi smarrita
4.2gusta dolcezze sì rare e sì nuove,
4.3che mi pare acquistare un'altra vita.
5.1Ecci copia infinita
5.2di salvaggiumi tanto eletti e buoni,
5.3che ci fanno afa starnotti e leproni.
6.1Gli è ben ver che i poponi
6.2non son come a Firenze; nondimanco
6.3ci ristoriam col vin vermiglio e bianco,
7.1e del Greco abbiam anco
7.2di Somma: udite ben quel ch'io vi dico,
7.3che il fanciullon ci tratta dall'amico.
8.1Questo ancor vi replico,
8.2che i vin, che noi beiam di mano in mano,
8.3tutti vengon di Chianti e da Panzano.
9.1Ma quel che pare strano,
9.2lasciamo andar che sien tutti eccellenti,
9.3son freddi sì che ci agghiacciano i denti.
10.1Così lieti e contenti
10.2vivendo andiamo il tempo consumando,
10.3or uccellando, or cacciando, or pensando,
11.1e talor cavalcando;
11.2od a piè visitiamo i più vicini
11.3palazzi, chiese, spedali e giardini,
12.1luoghi tutti divini,
12.2per ch'il paese e l'aria ci è sì bella,
12.3ch'io ne disgrazio Fiesole o l'Antella.
13.1Per ora altra novella,
13.2se già nuovo capriccio non mi tocca,
13.3non avrete da me se non a bocca.
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