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1.1Signor, da loro a loro una giornea
1.2s'affibbian gli accademici per modo
1.3ch'io rido dentro e fra me stesso godo,
1.4per che la lor pensata è Aramea.
2.1Questa per certo è cosa iniqua e rea,
2.2che gli abbian consultato e posto in sodo,
2.3ch'io abbia ad esser preso ad ogni modo,
2.4e mandato alle Stinche, od in galea,
3.1come se fusse in me qualche viziaccio,
3.2un, verbigrazia, ladro, o giuntatore,
3.3o qualcun di quegli altri, ch'io mi taccio.
4.1Chi dice mala lingua, piglia errore:
4.2pongasi mente a ogni mio scartafaccio,
4.3ch'io non tocco persona nell'onore.
5.1Or se io mi trovo fuore
5.2dell'Accademia ed honne dispiacere,
5.3diavol, ch'io non mi possa anco dolere?
6.1Ma s'egli hanno il sapere
6.2e la dottrina insieme e la ragione,
6.3scrivano e venghin meco al paragone.
7.1Io sono in su l'arcione
7.2pronto e parato e gli aspetto alla guerra,
7.3sperando ad uno ad un porgli per terra.
8.1Ma quel che chiude e serra
8.2tutto il sonetto e tutt'il voler mio,
8.3è ch'io vi temo ed amo come Dio;
9.1e che vi piaccia ch'io,
9.2vostro umil servitore e poverello,
9.3sicuro sia da loro e dal bargello.
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