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1.1Già era l'angel dietro a noi rimaso,
1.2l'angel che n'avea vòlti al sesto giro,
1.3avendomi dal viso un colpo raso;
2.1e quei c'hanno a giustizia lor disiro
2.2detto n'avea beati, e le sue voci
2.3con "sitiunt", sanz'altro, ciò forniro.
3.1E io più lieve che per l'altre foci
3.2m'andava, sì che sanz'alcun labore
3.3seguiva in sù li spiriti veloci;
4.1quando Virgilio incominciò: "Amore,
4.2acceso di virtù, sempre altro accese,
4.3pur che la fiamma sua paresse fore;
5.1onde da l'ora che tra noi discese
5.2nel limbo de lo 'nferno Giovenale,
5.3che la tua affezion mi fé palese,
6.1mia benvoglienza inverso te fu quale
6.2più strinse mai di non vista persona,
6.3sì ch'or mi parran corte queste scale.
7.1Ma dimmi, e come amico mi perdona
7.2se troppa sicurtà m'allarga il freno,
7.3e come amico omai meco ragiona:
8.1come poté trovar dentro al tuo seno
8.2loco avarizia, tra cotanto senno
8.3di quanto per tua cura fosti pieno?".
9.1Queste parole Stazio mover fenno
9.2un poco a riso pria; poscia rispuose:
9.3"Ogne tuo dir d'amor m'è caro cenno.
10.1Veramente più volte appaion cose
10.2che danno a dubitar falsa matera
10.3per le vere ragion che son nascose.
11.1La tua dimanda tuo creder m'avvera
11.2esser ch'i' fossi avaro in l'altra vita,
11.3forse per quella cerchia dov'io era.
12.1Or sappi ch'avarizia fu partita
12.2troppo da me, e questa dismisura
12.3migliaia di lunari hanno punita.
13.1E se non fosse ch'io drizzai mia cura,
13.2quand'io intesi là dove tu chiame,
13.3crucciato quasi a l'umana natura:
14.1"Per che non reggi tu, o sacra fame
14.2de l'oro, l'appetito de' mortali?",
14.3voltando sentirei le giostre grame.
15.1Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali
15.2potean le mani a spendere, e pente'mi
15.3così di quel come de li altri mali.
16.1Quanti risurgeran coi crini scemi
16.2per ignoranza, che di questa pecca
16.3toglie 'l penter vivendo e ne li stremi!
17.1E sappie che la colpa che rimbecca
17.2per dritta opposizione alcun peccato,
17.3con esso insieme qui suo verde secca;
18.1però, s'io son tra quella gente stato
18.2che piange l'avarizia, per purgarmi,
18.3per lo contrario suo m'è incontrato".
19.1"Or quando tu cantasti le crude armi
19.2de la doppia trestizia di Giocasta",
19.3disse 'l cantor de' buccolici carmi,
20.1"per quello che Clïò teco lì tasta,
20.2non par che ti facesse ancor fedele
20.3la fede, sanza qual ben far non basta.
21.1Se così è, qual sole o quai candele
21.2ti stenebraron sì, che tu drizzasti
21.3poscia di retro al pescator le vele?".
22.1Ed elli a lui: "Tu prima m'invïasti
22.2verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
22.3e prima appresso Dio m'alluminasti.
23.1Facesti come quei che va di notte,
23.2che porta il lume dietro e sé non giova,
23.3ma dopo sé fa le persone dotte,
24.1quando dicesti: "Secol si rinova;
24.2torna giustizia e primo tempo umano,
24.3e progenïe scende da ciel nova".
25.1Per te poeta fui, per te cristiano:
25.2ma perché veggi mei ciò ch'io disegno,
25.3a colorare stenderò la mano:
26.1Già era 'l mondo tutto quanto pregno
26.2de la vera credenza, seminata
26.3per li messaggi de l'etterno regno;
27.1e la parola tua sopra toccata
27.2si consonava a' nuovi predicanti;
27.3ond'io a visitarli presi usata.
28.1Vennermi poi parendo tanto santi,
28.2che, quando Domizian li perseguette,
28.3sanza mio lagrimar non fur lor pianti;
29.1e mentre che di là per me si stette,
29.2io li sovvenni, e i lor dritti costumi
29.3fer dispregiare a me tutte altre sette.
30.1E pria ch'io conducessi i Greci a' fiumi
30.2di Tebe poetando, ebb'io battesmo;
30.3ma per paura chiuso cristian fu'mi,
31.1lungamente mostrando paganesmo;
31.2e questa tepidezza il quarto cerchio
31.3cerchiar mi fé più che 'l quarto centesmo.
32.1Tu dunque, che levato hai il coperchio
32.2che m'ascondeva quanto bene io dico,
32.3mentre che del salire avem soverchio,
33.1dimmi dov'è Terrenzio nostro antico,
33.2Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai:
33.3dimmi se son dannati, e in qual vico".
34.1"Costoro e Persio e io e altri assai",
34.2rispuose il duca mio, "siam con quel Greco
34.3che le Muse lattar più ch'altri mai,
35.1nel primo cinghio del carcere cieco;
35.2spesse fïate ragioniam del monte
35.3che sempre ha le nutrice nostre seco.
36.1Euripide v'è nosco e Antifonte,
36.2Simonide, Agatone e altri piùe
36.3Greci che già di lauro ornar la fronte.
37.1Quivi si veggion de le genti tue
37.2Antigone, Deïfile e Argia,
37.3e Ismene sì trista come fue.
38.1Védeisi quella che mostrò Langia;
38.2èvvi la figlia di Tiresia, e Teti
38.3e con le suore sue Deïdamia".
39.1Tacevansi ambedue già li poeti,
39.2di novo attenti a riguardar dintorno,
39.3liberi da saliri e da pareti;
40.1e già le quattro ancelle eran del giorno
40.2rimase a dietro, e la quinta era al temo,
40.3drizzando pur in sù l'ardente corno,
41.1quando il mio duca: "Io credo ch'a lo stremo
41.2le destre spalle volger ne convegna,
41.3girando il monte come far solemo".
42.1Così l'usanza fu lì nostra insegna,
42.2e prendemmo la via con men sospetto
42.3per l'assentir di quell'anima degna.
43.1Elli givan dinanzi, e io soletto
43.2di retro, e ascoltava i lor sermoni,
43.3ch'a poetar mi davano intelletto.
44.1Ma tosto ruppe le dolci ragioni
44.2un alber che trovammo in mezza strada,
44.3con pomi a odorar soavi e buoni;
45.1e come abete in alto si digrada
45.2di ramo in ramo, così quello in giuso,
45.3cred'io, perché persona sù non vada.
46.1Dal lato onde 'l cammin nostro era chiuso,
46.2cadea de l'alta roccia un liquor chiaro
46.3e si spandeva per le foglie suso.
47.1Li due poeti a l'alber s'appressaro;
47.2e una voce per entro le fronde
47.3gridò: "Di questo cibo avrete caro".
48.1Poi disse: "Più pensava Maria onde
48.2fosser le nozze orrevoli e intere,
48.3ch'a la sua bocca, ch'or per voi risponde.
49.1E le Romane antiche, per lor bere,
49.2contente furon d'acqua; e Danïello
49.3dispregiò cibo e acquistò savere.
50.1Lo secol primo, quant'oro fu bello,
50.2fé savorose con fame le ghiande,
50.3e nettare con sete ogne ruscello.
51.1Mele e locuste furon le vivande
51.2che nodriro il Batista nel diserto;
51.3per ch'elli è glorïoso e tanto grande
52.1quanto per lo Vangelio v'è aperto".
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