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1.1Usciva omai dal molle e fresco grembo
1.2de la gran madre sua la notte oscura,
1.3aure lievi portando e largo nembo
1.4di sua rugiada prezïosa e pura:
1.5e del velo scotendo il nero lembo,
1.6spargea col vivo gel l'estiva arsura:
1.7e i venticei battendo intorno l'ali,
1.8i sonni lusingâr d'egri mortali.
2.1E quegli ogni pensier che il dì conduce
2.2tuffato avean nel dolce oblio profondo;
2.3ma vigilando ne l'eterna luce,
2.4sedeva al suo governo il re del mondo:
2.5e da stellante seggio al Franco duce
2.6volgea lo sguardo più lieto e giocondo:
2.7quinci un segno mandò tra 'l giorno e l'ombra,
2.8di raggio in guisa, ond'atro orror disgombra.
3.1Non lunge a l'aurea porta ond'esce il sole,
3.2è porta di zaffiro in orïente,
3.3che sol per grazia avanti aprir si suole
3.4che si disserri l'uscio al dì nascente.
3.5Di questa escono i sogni ond'egli vuole
3.6le tenebre illustrar d'umana mente.
3.7Ed ora quel che al pio signor discende.
3.8l'ali dorate in verso lui distende.
4.1Sommo sol, il cui raggio è luce a l'alma,
4.2e dolce ardor perché non giaccia e geli;
4.3e voi che, sciolti da terrena salma,
4.4rapti volaste ov'egli illustra i cieli;
4.5qual sia gloria là su, corona, e palma
4.6per me, con vostra pace, or si riveli,
4.7come già lessi; e i gradi, e i cori, e 'l canto,
4.8e ciò che in luce involve il regno santo.
5.1Lunge siate, o profani, e voi che adugge
5.2l'ombra di morte e 'l cieco orror d'inferno,
5.3che ricercate pur latebre ed ugge
5.4al peccar vostro ed al nemico interno:
5.5e voi ch'il vano amore infiamma e strugge,
5.6o l'odio indura al più gelato verno.
5.7Ma chi di santo ardor mi purga il labro,
5.8se l'opre or narro del celeste fabro?
6.1Nulla mai visïon nel sonno offerse
6.2imagini del ver lucenti e belle,
6.3più di questa che a lui dormendo aperse
6.4i secreti del cielo e de le stelle;
6.5anzi i divini, e quasi in speglio ei scerse
6.6misteri d'opre antiche e di novelle:
6.7e 'nsieme gli apparì la terra e 'l cielo,
6.8come in teatro a cui si squarci il velo.
7.1Vide repente uscir duo vaghi Amori,
7.2e quinci e quindi far contrario il volo,
7.3e l'un girar con incostanti errori
7.4la terra, e non partir da l'umil suolo:
7.5e l'altro circondar gli eterni cori
7.6del ciel sublime, e gir di polo in polo,
7.7con ali più del sol lucenti e preste,
7.8fabro immortal d'alta città celeste.
8.1E quel facea là su mirabil opra
8.2di chiarissima luce e d'òr serena,
8.3ove notte non è che il sol ricopra
8.4né 'l pigro verno i dì correnti affrena.
8.5Questi fra noi, senza mirar di sopra,
8.6a sua voglia formò città terrena,
8.7e d'idoli e di mostri albergo e tempio,
8.8tanto è diversa a quel divino esempio.
9.1Egli primier parea de' sacri monti
9.2con l'aratro segnar la terra intorno,
9.3ed indur l'ombre dolci a' chiari fonti,
9.4ove faccia al gran di lieto soggiorno:
9.5e d'alte torri a le superbe fronti
9.6far gran corona, e 'l suo edificio adorno:
9.7e d'aurea pompa ornar la nova reggia,
9.8ove pria s'invaghisce e poi vaneggia.
10.1Quinci d'alto signor gli occhi lusinga
10.2bellezza ignuda e senza velo o gonna,
10.3perché a l'opra crudele il re costringa,
10.4co 'l possente desio che in lui s'indonna:
10.5e par che penitenza il muova e spinga
10.6in antro oscuro, ove d'ignobil donna
10.7pianga l'amore e i suoi diletti immondi,
10.8e 'l sangue sparso, e d'altro umor s'inondi.
11.1E quel medesmo al maggior figlio infiamma
11.2di più iniquo desio più molle core;
11.3e non si vide mai cervo né damma
11.4cercar del rivo al più cocente ardore,
11.5com'egli il refrigerio a tanta fiamma
11.6cercando già di non concesso amore:
11.7parte, di donna che si turba e piange,
11.8appar l'onesto sdegno e 'l duol che l'ange.
12.1Poscia lume celeste al cor gl'informa,
12.2quasi pittor de le memorie antiche,
12.3del più saggio figliuol la vera forma,
12.4con tante sue non pure e non pudiche
12.5illegittime fiamme, e varia torma
12.6d'estranie donne e di mal fide amiche;
12.7e tra quelle lascive e immonde gregge,
12.8contaminata la paterna legge.
13.1Quivi non solo incoronata il crine
13.2di Faraon la figlia a lui si mostra;
13.3ma settecento ancor quasi regine
13.4quell'interno pittore ingemma e 'nostra;
13.5le Idumee, le Sidonie, e le vicine
13.6Cetee col re canuto in verde chiostra;
13.7e quelle di Moab figura insieme,
13.8e le figlie d'Amon, dannato seme.
14.1Di pio, di saggio, empio diviene e stolto,
14.2fra tanti amori il veglio e tanti scorni,
14.3ed al vero suo Dio lo cor ritolto,
14.4i falsi adora anzi gli estremi giorni.
14.5Un bosco, un tempio è lor sacrato e c¢lto;
14.6par che la diva Astarte ancor s'adorni:
14.7sembran ne' sacrifici i fochi accensi,
14.8e dintorno fumar gli arabi incensi.
15.1Turbato il Re del cielo al culto indegno,
15.2onde onora gli dèi falsi e bugiardi,
15.3par che il minacci, e con paterno sdegno
15.4a lui rivolga le parole e i sguardi.
15.5Di manto in guisa alfine è scisso il regno,
15.6tanto il giusto furor vien grave e tardi;
15.7e pur sovente e questa parte e quella
15.8si mostra a lui ritrosa, anzi rubella.
16.1Altari e statue, e senza luce i boschi
16.2alzati son sovra ogni eccelso colle,
16.3e sotto a' rami più frondosi e foschi,
16.4dal volgo nel piacer languente e molle:
16.5e, come al suo splendor sian ciechi e loschi,
16.6il vero culto al vero Dio si tolle.
16.7La plebe in mille colpe erra e trascorre,
16.8e 'n tutto ciò che il Ciel sdegnando abborre.
17.1Più dura poi de la macchiata fede
17.2vendetta par che lasci il regno afflitto,
17.3ché di regi tesori avare prede,
17.4fa, dispogliando il tempio, il re d'Egitto:
17.5e con le spoglie d'òr, superbo ei riede;
17.6l'altro riman com'era in ciel prescritto,
17.7facendo, a tanto mal quasi restauro,
17.8ne gli scudi il metallo in vece d'auro.
18.1Ma né questo ned altro iniquo oltraggio,
18.2né i regi avvinti di catene e spesse
18.3volte a morte rapiti od a servaggio,
18.4né di vergogna alte colonne impresse,
18.5par che facciano il volgo al ver più saggio;
18.6né 'l giogo pur che gli ostinati oppresse;
18.7ma ribellante, e 'n lungo errar protervo,
18.8or d'un idolo or d'altro il vile è servo.
19.1Qui 'l dio dell'Ellesponto ha speco e selva
19.2e simulacro, e 'l re lasciva madre
19.3che a que' misteri è intenta, e si rinselva
19.4fra le spelunche vergognose ed adre;
19.5là Belzebub risponde, o mostro o belva
19.6s'adora, e d'alto ciel sublimi squadre,
19.7o 'l sol che pien di scorno il dì n'apporta,
19.8o la strada de' segni obliqua e torta.
20.1Nel tempio istesso ove il Signore alberga,
20.2cavalli ha il Sol, Baal profani altari:
20.3e perch'altri gli atterri e gli sommerga
20.4e ne scacci gli dèi d'Averno avari,
20.5par che di nuove macchie ancor s'asperga,
20.6né laverian senza sua grazia i mari;
20.7ma risorgon le statue e 'n verde spoglia
20.8questo e quel bosco inciso ivi germoglia.
21.1E fantasmi a fantasmi, e larve a larve
21.2succeder gli parean, com'onde in fiume;
21.3e sempre che una imago a lui disparve,
21.4l'altra s'offerse al più verace lume.
21.5Distrutto il tempio e rinovato apparve,
21.6mutata è stirpe a' regi e lor costume:
21.7e di gente Idumea nel seggio antico
21.8assiso il re del grande imperio amico.
22.1Quinci il terreno amor d'augusta lode,
22.2amor di regno e di caduca altezza,
22.3sospinge a l'opre nuove il forte Erode,
22.4che le sue antiche leggi abbassa e sprezza.
22.5Egli ama, anzi arde, e per dolor si rode,
22.6tutto infiammato di mortal bellezza.
22.7Pria sparge il giusto e poi 'l femineo sangue,
22.8e, d'amore egro e d'odio, invecchia e langue.
23.1Poi gli parea veder turbato il sole,
23.2quasi tenebre a tutti il ciel pareggi;
23.3e ruine minacci eterna mole,
23.4al varïar de le sue certe leggi:
23.5e la terra tremar, ch'egra si duole,
23.6rendendo l'alme a' lor celesti seggi:
23.7e i monti al duro crollo, e i marmi ha scissi,
23.8ed aperti i sepolcri e i ciechi abissi.
24.1Guerra aspra alfine e fame orrida e tetra,
24.2e crudeli vivande, e morti e scempi,
24.3e di giustizia che vendetta impetra,
24.4vedea Goffredo i più temuti esempi;
24.5né pietra rimaner congiunta a pietra,
24.6e 'l popol già fedel servire a gli empi,
24.7disperso oltra l'Eufrate, oltra l'Idaspe,
24.8a la Caucasea porta, a l'onde Caspe.
25.1E dove fece il Re del ciel sanguigna
25.2la sua corona e fèra morte il morse,
25.3marmorea (ah vituperio!) alzar Ciprigna,
25.4lasciva dèa, nel sacro monte ei scorse:
25.5e la statua di Giove, opra maligna,
25.6non lontana appari dov'ei risorse:
25.7e dove giacque in fasce, il ver rassembra
25.8il vago Adon con lascivette membra.
26.1Tali immagini e tante ha in sonno offerte
26.2il divin sogno a quel signor pietoso,
26.3che le luci de l'alma in sé converte,
26.4mentre è da l'opre esterne almo riposo.
26.5Quando ecco al ciel son già, tonando, aperte
26.6l'eccelse porte ov'aspirò bramoso:
26.7e città nuova or da' celesti regni
26.8scende, perch'ei v'ascenda e 'l varco insegni.
27.1Come sposa real che in gioia e 'n festa
27.2le prezïose pompe altrui dispieghi,
27.3e 'l suo candido seno e l'aurea testa
27.4di rare gemme e d'òr circondi e leghi,
27.5fa con le grazie di beltate onesta
27.6che ogni alma ad onorarla inchini e pieghi,
27.7così parea quella cittade adorna,
27.8che di luce immortal mai sempre aggiorna.
28.1Al diaspro quel lume era sembiante,
28.2ed al cristallo in cui lo sol fiammeggia:
28.3grande ed alto il suo muro, e poscia od ante
28.4maggior non sorse, e solo ei sé pareggia.
28.5Dodici porte avea, tre vêr levante,
28.6tre vêr l'occaso la sublime reggia,
28.7tre son vòlte al piovoso e nubilo Austro,
28.8l'ultime tre converse al freddo plaustro.
29.1Un angelo vedea del sommo coro
29.2che ciascuna di lor guarda e difende;
29.3e 'l nome antico, scritto in bel lavoro,
29.4de' figli d'Israel quivi risplende:
29.5porte di bianche perle e piazza ha d'oro:
29.6tutto e diaspro quanto il muro estende:
29.7di varie gemme i fondamenti illustri
29.8sono, ognor saldi al varïar de' lustri.
30.1Quivi è l'iaspe il cui splendor rinverde,
30.2e 'l ceruleo zaffiro il ciel simiglia:
30.3e 'l calcedonio impallidisce e perde,
30.4qual lume suol che a leve umor s'appiglia.
30.5Vince il lieto smeraldo il più bel verde,
30.6e 'l sardio sparge ancor luce vermiglia,
30.7ma sol di sangue ei si colora e tinge;
30.8seco il sardonio i tre color dipinge.
31.1Raggi d'òr vibra e d'òr vaghe faville
31.2il crisolito, e v'è il berillo ancora:
31.3e tutte avanza al sol chiare e tranquille
31.4gemme il topazio, e 'l suo cilestro indora:
31.5e 'l suo bel verde pur d'aurate stille
31.6asperge il crisopasso e quasi irrora:
31.7sembra il giacinto l'aria; e l'ametisto
31.8come di rosa e di vïola è misto.
32.1Di varia luce fiamme ardenti e vive
32.2parean confuse, e colorati i raggi;
32.3e de l'Agnello il nome in lor si scrive,
32.4e de' dodici fidi alti messaggi.
32.5D'uopo non v'è di sol ch'il giorno avvive,
32.6girando per gli obliqui erti viaggi;
32.7o pur di luna che ora scema, or cresce,
32.8varïando il suo albergo in Tauro, o 'n Pesce.
33.1Ma da lume divin dolce conforto
33.2la città prende, e di tempesta e guerra
33.3l'Agnel mostra la pace, e quasi il porto
33.4ch'invan si cerca, e non si trova in terra.
33.5L'Agnel che non ci varia occaso, od òrto,
33.6né per distorte vie si volge ed erra;
33.7né quelli a cui sparisce il Carro e l'Orsa,
33.8de la sua luce e de la gloria inforsa.
34.1Porta non vi si chiude, e notte oscura
34.2mai non vi sorge e non le adombra 'l seno.
34.3I regi de la terra in lei sicura
34.4fanno sua strada a lo splendor sereno.
34.5Non v'entra gente maculata e 'mpura,
34.6che sparse il sangue o distemprò veneno;
34.7non v'adorna menzogna inganni o falli,
34.8né d'idolo superbo alti metalli.
35.1Ma i duci invitti e' gloriosi Augusti
35.2vi portano auree spoglie e ricche salme,
35.3domi i tiranni d'Orïente ingiusti,
35.4e v'offron trïonfando e pompe e palme
35.5d'Assiri, e d'Indi, e d'Etiòpi adusti,
35.6scritti nel libro il qual dà vita a l'alme;
35.7tempio non vede, o morte in cieco avello;
35.8Dio vivo è 'l tempio, e 'l suo lucente Agnello.
36.1Lutto non ode in lagrimose note
36.2ne la città ch'è tutta eguale e quadra,
36.3ma laude e canto: e Chi sol vuole e pote,
36.4con aurea canna la misura e squadra:
36.5Egli medesmo a le stellanti rote,
36.6luce agguagliando ad ombra oscura ed adra,
36.7numera i giri, e 'l lor cammin rotondo,
36.8e sol libra la terra e folce il mondo.
37.1Poscia un fiume vedea di lucide onde
37.2fender l'alta città quasi per mezzo,
37.3più bel del Nilo, ove il principio asconde,
37.4o d'altro ch'al ciel mandi il fumo e 'l lezzo:
37.5che dal seggio divin, tra fronde e fronde,
37.6esce odorato, mormorando al rezzo:
37.7fa il legno de la vita i frutti e l'ombre,
37.8e par che quella sponda e questa ingombre.
38.1Quinci veder pareagli in riva a l'acque
38.2d'angeli un nembo che lampeggia e vaga;
38.3quindi l'umano stuol ch'infermo giacque,
38.4e vi risana di vetusta piaga;
38.5qual dove d'alta selva agli occhi piacque
38.6fiorita vista, o d'un bel rio ch'allarga,
38.7volano infra le foglie augei dipinti,
38.8e l'api tra narcisi e tra giacinti.
39.1Parea Goffredo a quel piacer contento,
39.2ch'ogni altro suo pensier dal core avulse;
39.3quando più lampeggiò senza spavento
39.4il ciel, ch'al suo valor non diè repulse:
39.5e luminosa più di puro argento
39.6e d'or fino alta scala indi refulse,
39.7stesa da l'ime parti a le superne,
39.8e tutta fiammeggiò di luci eterne.
40.1Qual discendea, qual v'ascendea poggiando
40.2de gli angeli del ciel sublimi e snelli,
40.3che non ebber di la contesa o bando,
40.4e parean mescolarsi e questi e quelli.
40.5Da l'altra parte il santo Amor volando,
40.6stendea catena di gemmati anelli:
40.7egli fu 'l mastro; ei le belle alme avvinse,
40.8e tutte a sé rapite a Dio le strinse.
41.1Quegli or la scala rimirava, or queste,
41.2pur quasi gemme in bel lavoro e nodi,
41.3d'occulto lume e di splendor celeste
41.4lucidi e sfavillanti in vari modi.
41.5Non vanti Grecia omai l'opre conteste
41.6da' falsi divi e le bugiarde lodi;
41.7e Venere e 'l suo drudo avvinto or taccia:
41.8ch'a questa il mondo stesso e 'l ciel s'allaccia.
42.1Di Goffredo fu rapto al ciel repente
42.2lo spirto in sogno; e d'ogn'intorno ei scerse
42.3un bel sereno candido e lucente,
42.4tutto d'auro e di stelle ivi cosperse:
42.5simile a quel candor d'alma innocente
42.6a cui nel Capricorno 'l ciel s'aperse;
42.7se questo è l'uscio onde varcar si creda
42.8mente che peregrina a Dio sen rieda.
43.1Goffredo in quel sublime eterno loco
43.2maravigliossi, ove il suo amor sortillo;
43.3e dentro al lume di celeste foco
43.4vide un guerrier, quasi nel mar tranquillo;
43.5e 'n suono, a cui saria stridente e roco
43.6qual più dolce è quaggiù, parlare udillo:
43.7–Non riconosci (e lo chiamò per nome)
43.8il padre Eustazio a le canute chiome?–
44.1Ei risponder pareva: –Il nuovo aspetto,
44.2che di luce e d'onor se stesso avanza,
44.3pur tardi raffiguro, e dentro al petto
44.4già sento del mio amor l'antica usanza.–
44.5Circondò poi con dolce e caro affetto
44.6tre volte il collo a l'immortal sembianza;
44.7e tre fiate la divina imago
44.8rassembrò spirto leve od aër vago.
45.1Sorridendo ei dicea: –Come tu credi,
45.2non son più cinto di terrena veste,
45.3ma nudo spirto e pura forma or vedi;
45.4la spoglia incenerita al mondo resta.
45.5Qui di città celeste adorne sedi
45.6il Re superno a' suoi fedeli appresta.
45.7Qui avrai (ma tardi al tuo desio, m'avveggio)
45.8co' tuoi fidi compagni eterno seggio.
46.1Qui non di lauro e non di fiori e d'erba,
46.2onde il mondo bramò pregi e ghirlande,
46.3ma di giustizia a te s'ingemma e serba
46.4corona, o figlio, luminosa e grande:
46.5l'altra ch'ornar potria fronte superba
46.6la dove mortal fama il volo spande,
46.7rifiuterai, so certo; e non t'incresca,
46.8perch'indi la tua gloria in ciel s'accresca.
47.1Ma perché più lo tuo desire avvampi
47.2ne l'amor di qua su, piu fiso or mira
47.3questi lucidi alberghi, e i vari campi
47.4di tante spere, e chi gl'informa e gira,
47.5e de gli angeli i raggi e i chiari lampi,
47.6e 'ntanto ascolta la celeste lira,
47.7e d'angelico suon la chiara tromba:
47.8ecco Dio che rifulge e già rimbomba.–
48.1Già sovra 'l sole e la stellante chiostra
48.2è posto di smeraldo un seggio in alto,
48.3in cui le due nature il Re dimostra,
48.4tinta l'umana di sanguigno smalto.
48.5l'iride santa in giro al soglio inostra
48.6segno di pace, e nol perturba assalto.
48.7Seggion, d'òr coronati, intorno i vegli
48.8con bianca stola intra lucenti spegli.
49.1Folgoreggiando uscìan del seggio eterno
49.2fulmini e foco, spaventosi in vista,
49.3e voci, come tuoni a mezzo il verno,
49.4correan per l'aria tenebrosa e mista.
49.5E sette lampe avante al Re superno
49.6il cui santo splendor nulla contrista,
49.7spiravan dolci spirti e chiare fiamme,
49.8onde l'alma s'illustri e 'l cor s'infiamme.
50.1E di ceruleo vetro un mar più largo
50.2di quello onde il Centauro a noi pervenne,
50.3o d'altro che solcasse o Scilla od Argo,
50.4o di quanti portâro al lido antenne,
50.5ondeggia incontra: e con mill'occhi d'Argo
50.6hanno i quattro animai dipinte penne:
50.7ciascun sei ali spiega, e 'n varie forme
50.8par ch'intorno a quel seggio il vero informe.
51.1Pur davanti a la sede un lume accenso
51.2di sette, come stelle, ardenti faci,
51.3un altar d'oro illustra, e spira incenso
51.4odorato di lodi a Dio veraci,
51.5da cui perde la Musa, e perde il senso,
51.6perdono tutti i pensier nostri audaci,
51.7né bastar ponno adamantine lingue;
51.8ma 'l Suo spirto le spira e 'l ver distingue.
52.1D'altro lato apparian le spoglie eccelse
52.2del superbo dragon che pur contrasta;
52.3e tante stelle al suo cader divelse,
52.4da Michel vinto al fulminar de l'asta:
52.5e di chi ribellando in guerra ei scelse,
52.6sparsa la parte temeraria e guasta,
52.7vacue le sedi, e rotti i carri e i vanni,
52.8e del gran precipizio antichi danni.
53.1E 'l trofeo de la Croce, e 'l sangue sparso
53.2de l'uom che vince e 'l suo morir perdona,
53.3rai purpurei spargendo, è quivi apparso
53.4con pungente di spine aspra corona:
53.5con l'altre sue, che nulla avaro e scarso
53.6de le sue grazie, altrui comparte e dona,
53.7d'oro e di raggi, e co 'l natio diadema
53.8di pura umanità gloria suprema.
54.1Maria, di sol vestita, ha il crine adorno
54.2d'alta corona di lucenti stelle;
54.3e sotto i piedi è l'uno e l'altro corno
54.4de la candida luna: e, quasi ancelle,
54.5le celesti virtù le sono intorno,
54.6pure, leggiadre, grazïose e belle.
54.7Ella da gli occhi e dal suo casto grembo
54.8versa di mille grazie un dolce nembo.
55.1Sembran gli angeli eterni augei volanti,
55.2e nove rote fan col terzo giro,
55.3vari di nome e d'opre e di sembianti;
55.4e i più beati a Dio via più s'unîro:
55.5e di sua luce han gloriosi ammanti,
55.6men gli altri che più lunge il ciel sortîro:
55.7l'un l'altro illustra e i doni altrui comparte,
55.8transfusi da sovrana ad ima parte.
56.1Da coronata fiamma 'l primo Amore
56.2cospargea, sfavillando, a' primi cerchi
56.3più chiara luce e più soave ardore,
56.4e grazia che non scemi e non soverchi.
56.5Perché di grado in grado al sommo onore
56.6l'infimo si pareggi e più non cerchi,
56.7ma, contento, il Signor ch'il mondo folce,
56.8lodi con armonia sonora e dolce.
57.1Come fremito d'a cque e di torrenti.
57.2precipitando per montagna alpestra,
57.3o mormorar de' più sereni venti
57.4via più rimbomba a la magion silvestra:
57.5così mai non cessâr divini accenti
57.6lodando il re da la possente destra,
57.7de le vendette il Dio nel santo carme,
57.8che vince e dona e toglie i regni e l'arme.
58.1–Santo Signor, Santo (gridâro) e Santo
58.2de gli eserciti Dio, temuto in guerra;
58.3piena è la terra di tua gloria, e quanto
58.4ella nel giro suo circonda e serra.
58.5Non rimbomba caggendo il Nil cotanto,
58.6il Nil ch'esce più volte e va sotterra;
58.7e se i vicini a quel rimbombo assorda,
58.8è perch'il senso umano e 'l suon discorda.
59.1Ma concorde armonia con dolci tempre
59.2da pure menti è su nel cielo intesa,
59.3dove non è giammai chi turbi o stempre
59.4i lumi o i cori, o faccia a l'alme offesa.
59.5Quivi par che misuri 'l corso e tempre
59.6il sol rotando la sua lampa accesa
59.7tra fiamme ardenti e lucidi cristalli,
59.8e faccia al Re del ciel concenti e balli.
60.1Con cento nomi, in cento suon diversi,
60.2il gran Re de le stelle ivi s'adora:
60.3e 'n angeliche note i santi versi
60.4l'alta reggia del ciel fan più sonora.
60.5“Tu 'l Bello e l'Un: tu Luce, e luce versi,
60.6tu sol, tu stella sorta anzi l'aurora:
60.7tu foco e fiamma sei, che l'alme accendi:
60.8tu, santo Amor, ch'a noi per noi discendi.
61.1Tu de' secoli il Re: tu sei 'l Vetusto
61.2e 'l Novissimo: tu Principio e Fine:
61.3e la Giustizia ancor, non pur il Giusto:
61.4Forza, Mente, Ragion d'opre divine:
61.5mezzo fra 'l Padre e il peccatore ingiusto,
61.6che ritogli a l'Inferno alte rapine:
61.7tu Vita, ch'empia morte assorbe e strugge:
61.8e Salute, onde l'alma a Dio rifugge.
62.1Tu Verita, tu Via, tu Porta e Tempio:
62.2sacerdote ed agnel: leone ed angue:
62.3pastor: medico pio, ch'il fèro scempio
62.4soffristi, e per altrui versasti il sangue:
62.5tu Imago eterna, e de l'Imago esempio:
62.6ristoro e pace a chi guerreggia e langue:
62.7e Pietra, e Fonte, e Fiume, ed umil Verme:
62.8Vite d'uve feconda, e Fiore, e Germe.
63.1L'Altro e l'Istesso: or grande il mondo accogli
63.2nel pugno, or vuoi ch'un picciol cor ti copra:
63.3simile e dissimìl, che leghi e sciogli
63.4Satàn rubello: e vai sotterra e sopra
63.5il ciel trionfi, e 'l tuo mortal dispogli,
63.6poi il rendi eterno, e premi 'l merto e l'opra:
63.7Re de' regi e dator di sante leggi;
63.8Dio degli dèi, che sol puoi tutto e reggi”.
64.1Mentre il sonno al buon duce i sensi lega,
64.2de gli angelici canti 'l dolce suono
64.3sveglia la mente, ond'ella e loda e prega
64.4e 'mpetra a sé vittoria, a' suoi perdono.
64.5L'alta gloria de l'alme indi si spiega,
64.6ch'ebber d'eterna grazia il santo dono;
64.7e' n novo ordine pur diviso assembra
64.8l'altro che non vestì terrene membra.
65.1Qual di purpuree rose e di sanguigne
65.2qual di ligustri avea corona a' crini;
65.3altri il pallor, che l'umiltà dipigne
65.4ne le vïole, illustra a' rai divini.
65.5Ma tutte risplendean l'alme benigne,
65.6con la stola di gloria in bianchi lini,
65.7quasi in manto di luce; e un verde ramo
65.8mostra ciascun dietro al vetusto Adamo.
66.1Come s'in orïente il dì rinasce,
66.2e di candida luce il ciel s'inalba,
66.3splende con bianche e con dorate fasce,
66.4fra rugiadose nubi 'l sole o l'alba:
66.5così ne' raggi par s'ammanti e fasce
66.6la stirpe nata innanzi il regno d'Alba,
66.7a cui già s'ombreggiava il lume occulto
66.8pria che 'l vel rimovesse il re sepulto.
67.1Tronco avea di fin'òr fondato e saldo
67.2la pianta che sorgea d'alta radice,
67.3e i rami frondeggiâr quasi smeraldo,
67.4facendo 'l rogo a l'immortal Fenice.
67.5Spirava, ardente d'amoroso caldo,
67.6nel grand'arbor di Jesse aura felice:
67.7e germogliava il fiore a cui tranquilla
67.8l'onda di santo fiume il crine instilla.
68.1Era da questa parte a l'ombre assiso
68.2il duce d'Israel co' regi invitti;
68.3e color che nel regno in sé diviso,
68.4fûr di percossa o d'aspro giogo afflitti;
68.5ma quei ch'illuminò l'Agnello anciso,
68.6rimovendo i sigilli a' nomi inscritti,
68.7sedeangli incontra in coronata chioma.
68.8famosi Augusti de la nobil Roma.
69.1D'eterni seggi, e di colonne e d'arme,
69.2e di scettri e corone 'l lume abbaglia;
69.3né qui sono i metalli impressi e i marmi,
69.4né rigido diaspro ancor s'intaglia
69.5d'imprese occulte e di leggiadri carmi,
69.6o di vago trofeo d'alta battaglia:
69.7com'ivi sculta e prezïosa gemma,
69.8ch'in sacre note i suoi misteri ingemma.
70.1Ne l'alto suo pensier, qual sole in vetro,
70.2sembravan fiammeggiare i raggi interni;
70.3e 'l padre dir parea: –Qual grazia impètro
70.4teco dall'alto Re de' regni eterni?
70.5Ch'abbi lui visto in pura luce, e Pietro,
70.6il cui splendore a pena omai discerni:
70.7mira le sante chiavi, e mira appresso
70.8Lino e Clemente pur nel giro istesso.
71.1Mira i più celebrati in sacra istoria:
71.2Silvestro, a cui d'Italia il don si fece,
71.3ch'assai d'invitto imperator si gloria,
71.4più del signor ch'ivi è di Pietro in vece.
71.5Mira la il Magno, e l'immortal vittoria,
71.6per cui di nuovo trionfando ir lece
71.7de l'avaro Satàn; e l'alma augusta
71.8traslata al ciel ove ogni grazia è giusta.
72.1Mira vacue le sedi alte e lucenti,
72.2e di gloria immortal sacri diademi,
72.3là 've poi saliran Paoli e Clementi,
72.4ne' secoli più tardi e quasi estremi.
72.5Nel settimo parran smarriti e spenti
72.6i rai del sol, non che turbati e scemi:
72.7cieca Roma, orbo il mondo, e preso il tempio,
72.8ch'è di questo immortal sereno esempio.
73.1Egli medesmo poscia orna e circonda
73.2l'augusta chioma di corone e d'auro,
73.3rara clemenza! e di sue grazie abonda,
73.4e di quel suo celeste ampio tesauro,
73.5acciò ch'il vincitor la terra e l'onda
73.6trascorra, e domi il fèro Scita e 'l Mauro:
73.7e penitente, anzi gli stremi giorni,
73.8più che di gran trionfo il cielo adorni.
74.1Ma poi che giunto a la sacrata verga
74.2l'ottavo sosterrà di Pietro il manto:
74.3dal ciel richiameralla, in cui s'alberga
74.4con la giustizia e con la fede accanto:
74.5pria cèrco avendo, ov'il sol chini o s'erga,
74.6come suol messagger del regno santo;
74.7che loco in terra d'illustrar non lascia,
74.8fra gli estremi del mondo ond'ei si fascia.
75.1Né Pio, fra gli stellati eterni seggi
75.2fia più di gran vittoria in ciel contento;
75.3né di mole ch'Olimpo alta pareggi,
75.4Sisto a l'opre laggiù pietose intento;
75.5che d'aver dato a le severe leggi
75.6chi suo rigor contempre e suo spavento;
75.7padre a' regi e pastor, sostegno al mondo,
75.8ministro a Dio ch'in lui n'appoggia il pondo.
76.1La Francia, adorna or da natura e d'arte
76.2squallida allor vedrassi in manto negro,
76.3né d'empio oltraggio invïolata parte,
76.4né loco dal furor rimaso integro:
76.5vedova la corona, afflitte e sparte
76.6le sue fortune, e 'l regno oppresso ed egro:
76.7e di stirpe real percosso e tronco
76.8il più bel ramo, e fulminato il tronco.
77.1Ei solo (oh quanto lunge a' tempi nostri
77.2trascorro!) ei solo il re può dare al regno
77.3e 'l regno al re, dòmi i tiranni e i mostri
77.4e placarli del Cielo il grave sdegno.
77.5E i duo nepoti eletti ai lucid'ostri
77.6chiama, onde l'uno e l'altro in prima è degno:
77.7nunzi o ministri, e fidi, e gravi, e saggi,
77.8che spargeran de le sue grazie i raggi.
78.1Roma che rimirò nel secol prisco
78.2duo soli, e maraviglia e timor n'ebbe,
78.3come vedesse in ciel spavento e risco,
78.4tanti soli scorgendo, or che direbbe?
78.5Nel cui lume affissarti a pena ardisco
78.6tanto lor gloria al sommo sol s'accrebbe
78.7ch'è vivo fonte pur che luce infonde,
78.8e rai sparge e faville in fiume e 'n onde.
79.1Quinci ne' sacri regi ella deriva:
79.2e, se terreno affetto in mezzo e posto,
79.3qual luna suol ch'al sommo cielo arriva
79.4ed abbia il maggior lume incontra opposto
79.5l'augusta gloria imbruna, e fosca e priva
79.6quasi d'onor, tiene il suo raggio ascosto.
79.7Questa è l'ecclissi in ciel, ch'in nubi e 'n ombra
79.8la real maestà sovente adombra.
80.1Mira come s'offusca (ahi terra avara!)
80.2dianzi nel padre, ed or nel figlio Enrico:
80.3ma volgi gli occhi ove più bella e chiara,
80.4risplende in quel sì grande a Cristo amico,
80.5ch'a' rai del suo Vicario arda e rischiara
80.6il mondo tutto; e lascia il seggio antico.
80.7Quel, fiammeggiante in guisa di piropo,
80.8è Costantino; e 'l buon Teodosio è dopo.
81.1In quel gran seggio, ov'è la santa Libra
81.2in cui la terra in lance e 'l mar si pone,
81.3Giustiniano è quel ch'il mondo libra,
81.4tutto di palme adorno e di corone.
81.5Ne l'altro Foca: appresso i raggi vibra
81.6il magnanimo Carlo e 'l primo Ottone:
81.7oh quante cose astringo in picciol fascio,
81.8e quanti nomi illustri addietro lascio!
82.1Però ch'a dipartir n'affretta il tempo,
82.2ed il sol, che i mortali omai richiama
82.3là giuso a l'opre, ove regnare a tempo,
82.4figlio, devrai con glorïosa fama:
82.5poi qui, dov'io men vivo e non m'attempo,
82.6tornare al ciel che ti conforta e chiama:
82.7e gran sede prepara a l'alma stanca,
82.8in cui di lucide ali 'l cigno imbianca.
83.1Tu sei quel cigno, anzi il morir sì lieto
83.2d'un bel presagio a cui non sorse eguale;
83.3e dal regno terren senza divieto
83.4al ciel dispiegherai le candide ale:
83.5poscia (conserva al cor l'alto secreto)
83.6là dée regnar il tuo fratel mortale:
83.7e, vòlta a Dio la faccia, al mondo il tergo,
83.8a te qui salirà ne l'aureo albergo;
84.1perché di Leda i favolosi figli,
84.2ch'antica fama uniti in ciel figura,
84.3la nuova età non lodi 'nfra perigli
84.4de la tempesta e de la notte oscura:
84.5ma 'l vostro esempio e i vostri alti consigli
84.6segua, dove minaccia aspra ventura:
84.7e gemino voi siate e vivo lampo,
84.8ch'altrui risplenda in tempestoso campo.–
85.1Appresso gli apparian, quasi congiunti,
85.2tre seggi e quattro, in cui nessuno asside;
85.3ma quasi raggio che turbato spunti,
85.4la gemma de l'estremo ombrata ei vide.
85.5Questi de' sette regi, a' primi aggiunti,
85.6avranno (udì) l'alme devote e fide.–
85.7Parte il ciel si turbava, e fiera pioggia
85.8cadea di sangue in disusata foggia.
86.1Dir parve il padre, e non col viso asciutto
86.2(se per pietate in ciel si plora e geme):
86.3–Ahi! di regno infelice, e pur distrutto,
86.4caduta è la corona e spento il seme.
86.5Non ricercar de' tuoi l'amaro lutto,
86.6e le percosse e le ruine estreme.
86.7Non rimirar la giù le statue ignude,
86.8come ciascuna par che pianga e sude.–
87.1Poi, qual di tomba tenebrosa, o d'arca,
87.2uscì dolente e lacrimosa voce,
87.3e di donna sembrò, che si rammarca:
87.4–Preso è 'l sepolcro e svelta in me la croce;
87.5macchiato il tempio, e d'infedel monarca
87.6sostegno, orba regina, il giogo atroce.–
87.7Tuoni di voce allor quasi lugubri
87.8scorrean da l'Ellesponto a' lidi rubri.
88.1Di novo il sol con vergognosa fronte
88.2mirar pareva, e con turbate ciglia
88.3soffrir gli oltraggi di catene e l'onte
88.4di Sion, mesta e nubilosa figlia;
88.5e 'n Acra alzarsi e ne l'opposto monte,
88.6non più la croce del Signor vermiglia;
88.7ma de l'Egitto la superba insegna,
88.8e 'l trofeo di Satàn, ch'è sciolto e regna.
89.1Poscia di fiero colpo il sol percosso
89.2vedeasi in vista spaventosa e negra.
89.3E le stelle cader dal ciel commosso,
89.4né rimaner là su la spera integra:
89.5fervido il mar di Tracia e tinto in rosso;
89.6il lido e 'l campo omai simiglia a Flegra:
89.7e schiere di giganti orribil corso
89.8fanno, con testa di serpente e d'orso.
90.1Grande e terribil drago or vola, or serpe
90.2e sparge fiamme, e versa il tosco, e fischia
90.3dintorno a la gentile antica sterpe,
90.4dove l'aquila annida, e pur s'arrischia.
90.5Co' nodi avvolta è la tartarea serpe
90.6a quel sacrato augello in fiera mischia.
90.7Lo scaccia alfin dal nido ingombro e guasto,
90.8e due regni divora: ahi fiero pasto!
91.1Oltra i mari, oltra i monti, il fosco e l'aura
91.2del tenebroso ciel trapassa e fende
91.3l'augel volante, e 'l nido orna e restaura
91.4dove ricovra, e 'nsino al cielo ascende.
91.5Ed a due capi alte corone inaura;
91.6l'ali al Borea, a l'Occaso innalza e stende,
91.7e i popoli e i paesi a l'ombra ammanta,
91.8e chi d'antica libertà si vanta.
92.1Al gran sol di giustizia il chiaro sguardo,
92.2e i figli coronati a prova affisa,
92.3al cui volo sublime ogni altro è tardo
92.4sovra la terra ch'è del mar divisa;
92.5né vola al segno mai saetta, o dardo,
92.6com'ella al ciel, né l'è sua via precisa:
92.7e mentre gira pur di cerchio in cerchio,
92.8nulla s'abbaglia a lo splendor soverchio.
93.1Mira Goffredo, e de' guerrieri egregi
93.2spirti far gli parean lucente rota;
93.3e per fama ei conosce i nomi e i pregi,
93.4s'è pur d'alcun l'alta sembianza ignota.
93.5Quivi Ugon risplendea, da' Franchi regi
93.6nato, e Goffredo il zio, l'alma devota:
93.7e de la gente d'Azio a tutti innanzi
93.8Guelfo apparia, che si partì pur dianzi.
94.1Seco girar parean, qual fiamme accese,
94.2l'alme de' prischi eroi, nel ciel consorti,
94.3cbe per l'Italia in onorate imprese
94.4piaghe soffrîro e glorïose morti:
94.5e del barbaro orgoglio a l'aspre offese,
94.6fûr quasi scogli in mar turbato, o porti:
94.7Caio, Aurelio, Foresto, il nuovo Ettorre
94.8contra Attila, e di guerra eccelsa torre.
95.1Il luminoso cerchio in giro volve
95.2Acarino, il primo Azzo, il pio Germano,
95.3che trionfâr di lei che 'l vel dissolve,
95.4con piaghe adorne di splendor sovrano:
95.5di sua luce Aforisio ancor s'involve,
95.6vincitore altri d'Unno, altri d'Alano,
95.7d'Erulo altri o di Goto; e par che segua
95.8Valerïano il padre, e 'l padre adegua.
96.1Già de gli schiavi il vincitore Ernesto
96.2ancor fiammeggia infra l'eterne luci:
96.3e tu, al Lombardo re grave e molesto,
96.4quivi, Adoardo, al pio signor riluci.
96.5Enrico e Berengario il bel contesto
96.6adorna; e dopo gli altri invitti duci,
96.7Ottone e i figli; e già con lor rotando
96.8Patrizio, Belisario, Anselmo, Orlando.
97.1Traslato in maggior tempio, allegro or gode
97.2Americo de' suoi ch'in terra ei lassa,
97.3dove le rive il Po distringe e rode,
97.4la cui forma co 'l mondo ancor trapassa:
97.5molti Azzi han seco in cielo eterna lode,
97.6verso di cui l'umana e vile e bassa,
97.7e Tedaldo, e Matilde ancor si vela
97.8di casta luce, e fra gli eroi s'inciela.
98.1E tra il chiaro candor del puro latte,
98.2e l'acceso del foco e vivo raggio,
98.3trionfa or co' Normandi, e non combatte,
98.4né v'è sdegno fra lor di vecchio oltraggio.
98.5Aure o fiamme già mai non fûr sì ratte
98.6né sol girando obliquo erto vïaggio,
98.7come girar parean Latini e Franchi,
98.8pronti e leggieri a' pensier gravi e stanchi.
99.1Poi vedea quei che a la spietata rabbia
99.2far contrasto solean del Mauro infido:
99.3e spesso gli serrâr quai fère in gabbia,
99.4o vinti gli cacciâr di lido in lido.
99.5Ruïdiàs il primo: e par ch'egli abbia
99.6compagni di gran nome e d'alto grido.
99.7Vedea de' Greci alme lucenti e vaghe,
99.8contente in ciel de l'onorate piaghe.
100.1Ma pur volger pareva al pio guerriero
100.2gli occhi già stanchi e di mirar non sazi,
100.3là 've, poi che avrà pieno il corso intero
100.4de la vita mortale e i brevi spazi,
100.5alma real degnissima d'impero
100.6dée seder fra smeraldi e fra topazi.
100.7–Quei seggi (disse il padre) il cielo estolle
100.8a la stirpe che a l'altre il pregio tolle.
101.1Da l'Austro il nome, e 'ncontra l'Austro avranno
101.2ne l'estreme del mondo avverse parti,
101.3corone e scettri, oltre il cammin de l'anno
101.4e del sole, ove i raggi appena ha sparti:
101.5non fia de l'Occidente empio tiranno
101.6che non tremi il valor, e l'armi e l'arti;
101.7e dal destro d'Europa e dal sinistro
101.8lato, gloria daranle Ibero ed Istro.
102.1Né prole augusta mai sì nobil parto
102.2di tanti re, di tanti eroi vi scorse,
102.3com'ella poi ch'il sesto appresso il quarto
102.4vedrà regnar fra le Colonne e l'Orse,
102.5ed oltre. E te da' tuoi nulla diparto,
102.6né d'altro successor la mente inforse,
102.7né mèta a quel valor, né pari al seggio,
102.8né confine a l'imperio in terra io veggio.
103.1Di questa nascer dée l'invitto Carlo,
103.2promesso a lei da' lumi erranti e fissi,
103.3anzi da Dio, ch'altrui vorrà mostrarlo,
103.4qual raggio suo, dopo l'oscura ecclissi.
103.5Farà più bello il mondo; e ciò che io parlo
103.6è breve stilla d'infiniti abissi;
103.7e stenderà l'imperio e quinci e quindi,
103.8vittorïoso, a' Mauritani, a gl'Indi.
104.1Già sin ora tremar gli antri profondi
104.2veggio d'Ercinia e de l'antica Ardenna;
104.3e i regni di Baldacco, e i templi immondi,
104.4e l'arca infame di cadere accenna:
104.5e ne l'ampio Oceàno in novi mondi,
104.6dove or non spiega il volo ardita antenna:
104.7muto è l'idol bugiardo a plebe inferma,
104.8o 'l precipizio, mugghiando, afferma.
105.1Carlo che avrà portato il grave incarco
105.2del mondo che ruina alfin minaccia,
105.3in quel sarà c'ha le colonne, e 'l varco,
105.4perché d'Alcide il corso omai si taccia:
105.5benché Lerna spaventi al suon de l'arco,
105.6e plachi 'l bosco d'Erimanto in caccia:
105.7né tanto ei circondò d'estrania terra,
105.8mostri domando, o pur tiranni in guerra;
106.1né Bacco, il qual frenò da l'alto giogo
106.2di Nisa al carro suo l'orrida tigre,
106.3né quel che pose a' Persi 'l duro giogo,
106.4e correr fece servi Eufrate e Tigre:
106.5né Cesare, o Traian; ché tempo, o luogo
106.6non manca a l'o pre del valor impigre.
106.7E dubbi siam, restando ove combatti,
106.8stender virtù con gli animosi fatti?
107.1Là vedi il trono, e vedi inscritto il nome
107.2di Ferdinando e del gran figlio eletto,
107.3perché gli empi rispinga e l'aspre some,
107.4sin che muoia il dragon da rabbia astretto:
107.5e di Rodolfo a cui le sacre chiome
107.6veder di gloria incoronate aspetto
107.7e di tanti altri, a cui virtù divina
107.8ed origin celeste i regi inchina.
108.1In quell'età non fia maggior sostegno,
108.2che 'l barbaro crudel ritenga a bada,
108.3d'Alfonso invitto; e quell'imperio 'ndegno
108.4vincer potria con l'onorata spada:
108.5nato a gli onori, a le vittorie, al regno,
108.6mostrerà di valor sublime strada;
108.7né man più forte o degna ha palma o scettro,
108.8o sì grand'alma in ciel lucido elettro.
109.1Lasciam le caste e glorïose donne,
109.2schiera d'un bel silenzio assai contenta;
109.3e d'alto soglio mira alte colonne,
109.4onde l'eternitate il ciel sostenta:
109.5per cui varca la fama, e non assonne,
109.6ben che la vita sia caduca e spenta:
109.7né fôra egual sostegno Abila e Calpe
109.8a tanto onore, ovver Pirene ed Alpe.
110.1Là di vittorie e di corone adorno
110.2(se pur vita mortale in terra è lunga)
110.3farà veglio Filippo al ciel ritorno.
110.4Dov'egli gloria a la sua gloria aggiunga;
110.5poi che avrà sparso il suo gran nome intorno,
110.6ovunque i regni estremi il mar disgiunga,
110.7domi popoli, genti, e regi avversi,
110.8vinti in terra i nemici, e 'n mar dispersi.
111.1Altri salvati, altri d'incerte e false
111.2leggi d'error conversi al proprio culto,
111.3ed illustrato in mezzo a l'onde salse
111.4con l'arme e con la fede il vero occulto;
111.5là dove Alcide a trapassar non valse,
111.6né 'l Greco che fu errando in mar sepulto,
111.7o nave che afferrò con duro morso
111.8Asia od Europa, o sciolse altronde il corso.
112.1Veggio sul lido estremo al polo alzarsi,
112.2non pur su quelli onde fu domo Anteo
112.3e 'n fiammeggianti stelle altrui mostrarsi
112.4la croce, eterno al Re del ciel trofeo.
112.5Veggio altri lumi a' naviganti apparsi,
112.6poi che Boote e 'l carro in mar cadéo.–
112.7Ma chi sommerge e scaccia infida turba,
112.8che tutti i nostri lidi omai perturba?
113.1Angelo par, che tenga al freno avvinto
113.2Euro con Austro, e che gli schiuda e sciolga.
113.3Angel certo è, di zona in guerra accinto,
113.4e dà vittoria ove secondo ei volga.
113.5L'altro ha la verga; e d'ostro e d'òr dipinto,
113.6par che sparga le nubi o pur le accolga.
113.7Il terzo co 'l tridente arde e sfavilla,
113.8e fa l'onda turbata e poi tranquilla.
114.1Paiono isole o selve, in torbida onda
114.2d'arbor volanti; e 'l mar s'innalza e mugge.
114.3Chi tante navi prende, e parte affonda?
114.4altre n'infiamma, e vincitor distrugge?
114.5Vola intorno a' trofei di sponda in sponda
114.6l'aquila imperïosa, e 'l leon rugge:
114.7cerca 'l drago crudel speco o latebre:
114.8copre Bizanzio ed Asia orror funebre.
115.1La regina del mar di lucid'ostro
115.2lieta risplende, e mille tempi alluma,
115.3e de' sacri animai gli artigli, e 'l rostro
115.4loda, e quel suo che i vanni al volo impiuma
115.5E Partenope ancor del vinto mostro
115.6canta la fuga, e 'ncende odori, e fuma:
115.7Roma rinova le sue antiche pompe
115.8al glorïoso, che l'incontra e rompe.
116.1Di Gedeone ancora il puro vello
116.2quivi i sacri misteri alfin rinova.
116.3Ma qual pria narrar debbo, o questo o quello,
116.4di tanti eroi che 'l porteranno a prova?
116.5E i nomi ignoti di splendor novello
116.6farà lucenti in bella etate e nova?
116.7Te, Cosmo invitto, al tuo splendor conosco,
116.8o saggio fondator del regno Tosco.
117.1Tu c'hai del mondo 'l nome, e 'l ciel riempi
117.2de la tua fama, e 'l fai più adorno e chiaro,
117.3a' tuoi figli darai sublimi esempi
117.4da sprezzar Dite ed Acheronte avaro;
117.5vincendo quei che ne gli antichi tempi
117.6statue o colonne a la giustizia alzâro:
117.7e mentre lieto corre e l'Arbia e l'Arno,
117.8catenato il furor si rode indarno.
118.1Ma Ferrando, al cui saggio alto governo
118.2placate ubbidiran la terra e l'onde,
118.3men in sue squadre e nel furore esterno
118.4di gente mossa a guerreggiar altronde,
118.5meno in tesor che ne l'amore interno,
118.6e 'n se medesmo, e 'n sue virtù profonde,
118.7fonderà quel potere ond'ei corregge
118.8Toscana, a sé di sé corona e legge.
119.1Del Bavarico duce invitta prole
119.2par ch'in Germania il primo onor confermi
119.3e glorïosa, e più chiara che 'l sole,
119.4la veggion de' nemici i lumi 'nfermi:
119.5e de l'imperio la gravosa mole
119.6in lei sostegni avrà costanti e fermi,
119.7e 'n prisca nobiltà pace tranquilla,
119.8e fede che non teme e non vacilla.
120.1De gli Avali 'l valor non lunge io scorgo,
120.2come illustre risplende e chiaro avVampa,
120.3in monte, 'n lido, 'n tempestoso gorgo,
120.4e vincitore in varie parti accampa.
120.5Qui del buon Doria, il veglio, ancor m'accorgo,
120.6ch'in mezzo a l'onda par lucida lampa
120.7d'eterna gloria; e 'n sommo grado il giunge
120.8Andrea 'l nipote, e palme a palme aggiunge.
121.1Sarà terror de l'Africana piaggia
121.2il gran Ferrando, e de l'algente Reno;
121.3là dove fugga sanguinoso, e caggia
121.4l'empio, mordendo il suo natio terreno.
121.5Non avrà man più forte, alma più saggia,
121.6cittati, e regni, a cui ristringa il freno;
121.7ma di Corduba il nome, e di Cardona
121.8con altissime laudi al ciel risuona.
122.1La gloria di Consalvo, altrui molesta,
122.2il buon duca di Sessa ancor lusinga;
122.3e col suon de' trofei virtù si desta,
122.4e poggia a' primi onori alfin solinga.
122.5Né di Zuniga il merto o cessa o resta,
122.6dove a l'eccelse imprese alcun s'accinga;
122.7ma di Zuniga il nome e di Miranda
122.8avvien che glorïoso l'ali spanda.
123.1Né quel di Feria, o del suo duce, adombra
123.2futura età, né fia men chiaro il grido:
123.3o pur quel di Toledo, onde s'ingombra
123.4d'Africa quasi o pur di Spagna il lido:
123.5altri regge l'Italia, e scaccia e sgombra
123.6altri, Malta salvando, il Trace infido:
123.7qual varca l'Albi algente, o dove il lasso,
123.8che serri ad un de' nostri il duro passo?
124.1Ahi, chi tanto valore in vane imprese,
124.2e 'n periglioso campo oscura a torto?
124.3Che altrove quelle insegne alfin distese,
124.4sarian temute da l'Occaso a l'Orto.
124.5Cessin, sangue real, sì gravi offese:
124.6e gitta l'armi, o tu correggi il torto;
124.7o le rivolgi 'ncontra 'l fero Trace,
124.8dando a' popoli tuoi salute e pace.
125.1Tu, Carlo, tu primiero a tanti sdegni
125.2pon fine, e queta le discordie antiche,
125.3tu che prendi i gran regi e doni i regni,
125.4ed in gelate parti, e 'n parti apriche;
125.5tu che di perdonar, vincendo, insegni,
125.6e premio stimi 'l ciel d'alte fatiche,
125.7a cui, vivendo ancora, il calle aprirti
125.8potrai d'Olimpo infra divini spirti.
126.1Ma Filiberto vince, e vince 'n modo,
126.2che d'eterna vittoria ha pace i frutti:
126.3e tra possenti regi ordisce il nodo,
126.4per cui torna d'Europa in festa i lutti.
126.5L'arti di Guidobaldo, o l'arme io lodo,
126.6o 'l senno, o quel valor che è luce a tutti?
126.7O la gloria del padre io più sublimo,
126.8o lui felice più d'un figlio estimo?
127.1Già per le vie dell'avo al cielo aspira
127.2il magnanimo figlio in più verd'anni;
127.3e fra' regi, e fra l'armi e splende e spira
127.4la fama del suo onore, e spiega i vanni:
127.5novo Alessandro a l'Orïente or gira
127.6la nobil destra; e gravi e lunghi affanni
127.7sostien poi ne l'Occaso, e 'l vince e doma:
127.8più d'altri non si gloria Italia o Roma.
128.1Glorïosa colonna a l'empia forza
128.2de' barbari in mar sembra orrido scoglio,
128.3tra fulmini di guerra; e si rinforza,
128.4e frange di quegli empi 'l duro orgoglio:
128.5al nome sol de l'onorato Sforza,
128.6verga l'eternità più lungo foglio.
128.7Segue Vespasiano alti vestigi,
128.8sempre lunge da' laghi Averni e Stigi.
129.1Chi potrebbe tacer l'invitte posse
129.2di Luigi o di Carlo, altera coppia?
129.3Cadran le schiere a quel valor percosse,
129.4e le mura, ove il ferro i rischi addoppia:
129.5e i gran giganti a le feroci scosse,
129.6e ciò che la possanza e l'arte accoppia:
129.7e dove quel valor percote, o 'ncontra,
129.8non fia forza o furor securo incontra.
130.1Chi d'un altro Ferrante il core e 'l senno,
130.2o la man larga a l'oro, a lo stil pronta,
130.3o quanti seco in un silenzio accenno
130.4di progenie, ch'al ciel poggia e sormonta?
130.5Potrian chiudere il passo a Pirro, a Brenno,
130.6e fare ad Annibàl vergogna ed onta,
130.7que' valorosi, che alzeranno in guerra
130.8l'Orsa sublime in ciel, sublime in terra.
131.1Veggio Onorato pur co 'l vello d'oro,
131.2o gli altri suoi che l'aquila d'argento
131.3dispiegheranno; al trionfale alloro
131.4già veggio Pietro, 'l valoroso, intento;
131.5e, lungo il Reno, o sovra il mar sonoro,
131.6co 'l duce suo fra cento squadre e cento,
131.7veggio Savelli e Conti, e quindi e quinci;
131.8e te che l'orso a la colonna avvinci.
132.1Ecco de' regni che divide il mare,
132.2partendo i monti con sentiero angusto,
132.3due regie stirpi, e glorïose e chiare,
132.4in cui riluce lo splendor vetusto:
132.5e ne l'una e ne l'altra a prova appare
132.6cortesia, largità degna d'Augusto.
132.7E Luigi di qua dal breve golfo
132.8scenderà da Guglielmo e da Aristolfo.
133.1Co' figli di valor, di gloria adorni,
133.2fra' quali or fonda Alfonso in salda pietra;
133.3e fia ch'Italia al primo onor ritorni,
133.4s'ella mai grazia d'adorarlo impètra.
133.5E Carlo, a cui par che Venosa adorni
133.6armi e corone, e la famosa cetra.
133.7Quei l'insegna dal cielo e 'l gran cognome
133.8avran da genti sparse, ancise e dome.
134.1Gli africani trofei, le spoglie, e l'armi,
134.2le vittorie d'Epiro, ovver de' Sardi,
134.3non pur fian degne di sublimi carmi
134.4ne' tempi fortunati a venir tardi;
134.5ma n'intagli Ierace i bianchi marmi,
134.6in cui l'antiche imprese altri risguardi.
134.7Ma sol Giovanni io scelgo, e solo ardisco
134.8di farlo paragone al secol prisco.
135.1L'un suocero, d'onore e d'anni antico,
135.2duce sarà d'Eràclea; al fin del corso,
135.3gl'Insubri reggerà, di Carlo amico,
135.4gran tempo innanzi a lui nel ciel precorso.
135.5Principe l'altro fia nel suolo aprico,
135.6ove il foco de' monti infiamma il dorso:
135.7né d'altri più Sicilia allor si vanti,
135.8ben che molti Ieroni onori e canti.
136.1Saria più degna d'irnmortale stato
136.2la fé di lui che Bisignano onora,
136.3e tutta Europa, ond'egli al ciei traslato
136.4celesti grazie a l'alta stirpe irrora.
136.5Quel di Stigliano e di Sulmona a lato,
136.6a cui virtù corone e scettri indora:
136.7coppia degna del ciel, che in varie forme
136.8par che le vie sublimi a' figli informe.
137.1Fia in quei di Capua alta fortuna ad alta
137.2virtù congiunta, il che di rado avviene:
137.3e benché ingiurïosa Italia assalta,
137.4ora i monti varcando, ed or l'arene,
137.5la nobiltà, che i gran principi esalta,
137.6il pregio antico e 'l prisco onor mantiene.
137.7Ma nel prence di Conca al sommo poggia,
137.8e splende adorna in disusata foggia
138.1Chi il buon prence d'Avella, e i saggi e forti
138.2cavalier di quel sangue alzar potrebbe,
138.3se fian da sua virtute al cielo scòrti,
138.4co 'l grande onor che a pochi unqua si debbe?
138.5Debbo a' Romani, o debbo a' Greci opporti,
138.6in cui lo studio pregio a l'armi accrebbe,
138.7o di Napoli gloria e di Nocera,
138.8successor d'Alessandro, e prole altera?
139.1Oh! quanti duci di lontano io veggio,
139.2come gran lumi in lucido sereno:
139.3quel d'Atri al cui splendor pochi io pareggio,
139.4pien di filosofia la lingua e 'l seno.
139.5Quel di Termoli è seco in alto seggio,
139.6e 'l Cosso che Fortuna ha sotto il freno:
139.7d'alto intelletto il Sangro eccelsa torre,
139.8due Spinelli, il Ghevara, il novo Ettorre.
140.1E quel d'Eboli ancora a cui Fortuna,
140.2che le cose quaggiù confonde e mesce,
140.3non toglie la sua luce, e non l'imbruna;
140.4ma, scemando i tesori, i merti accresce.
140.5E quel di Massa appo l'antica Luna,
140.6e quel, che ne lo scudo ha l'onde e 'l pesce.
140.7E non men ricchi di virtù che d'auro,
140.8lo Spinola, il Pinello e quel di Lauro.
141.1E 'l gran Loffredo, il qual fra' Belgi e Celti,
141.2ne l'arme splenderà con vivo raggio,
141.3quand'i bei gigli d'or fian quasi svelti,
141.4e Francia afflitta da crudele oltraggio.
141.5E i Capeci con altri a prova scelti
141.6animosi guerrier d'alto coraggio:
141.7e 'l cortese Pignone, e 'l Gambacorta,
141.8con l'alta sua progenie alfin risorta.
142.1E di Circello e d'Ansa altri marchesi,
142.2e 'l figlio, indegno di fortuna avversa,
142.3gli animi avranno al vero onore accesi,
142.4e 'l conte di Loreto, e quel d'Anversa.
142.5Fra' cavalier magnanimi e cortesi
142.6risplende il Manso, e doni e raggi ei versa.
142.7Ma cieco oblio già non asconde e copre
142.8del buon duca di Sora il nome e l'opre.
143.1Roma, che a tutti gli altri fama or tolli,
143.2l'arme e quel mansueto alto governo,
143.3tu loderai ne' più sublimi colli;
143.4ne tremerà Ginevra e 'l lago Averno.
143.5Tu, Bonel, tu, Sfondrato, e tu ch'estolli
143.6scala celeste, avrai l'onore eterno,
143.7Aldobrandino, asceso in degno grado,
143.8purgando de' ladroni il varco e 'l guado.
144.1E tu Michele, in cui sì cara aggiunge
144.2virtute, e 'n verde età gran pregio acquista.
144.3Oh qual novo splendor veggio io da lunge,
144.4cui nulla oscura nube alfine attrista!
144.5Cesare quegli fia che in sé congiunge
144.6senno e valor, così pensoso in vista;
144.7degno che serbi in lui virtute amica
144.8la stirpe d'Azio e la sua gloria antica.
145.1Ma Vincenzo a l'Olimpo il cor pareggia,
145.2la fede al cielo, e la sua fama al mondo;
145.3né mai 'l più degno a la stellante reggia
145.4salse, o sprezzò d'inferno orror profondo:
145.5non quel di cui si canta e si vaneggia
145.6che portasse d'Atlante 'l grave pondo,
145.7non Enea, ch'i nepoti a l'ombre scorge;
145.8ma più vera pietà l'illustra e scorge.
146.1Pietà, giustizia, fede, amiche scorte
146.2saran del nobil duce a certi passi:
146.3così l'uom vince la seconda morte,
146.4e sale al ciel pria che la spoglia ei lassi.
146.5Fama mortal che le Caucasee porte
146.6sorvoli, e quel gran monte indi trapassi,
146.7ed oltre il Gange nuoti, al fine è nulla:
146.8spesso è meglio il morir ignoto in culla.
147.1Che gioverà, ch'al suo valore estenda
147.2l'angusto spazio Carlo, o 'l gran Filippo
147.3oltra le mète, e sia chi i nomi intenda,
147.4e nel marmo gl'intagli, altro Lisippo?
147.5A chi l'invido sguardo altrove intenda,
147.6e paia cieco a tanta luce, o lippo?
147.7Tu volgi gli occhi;– e dimostrolli a dito
147.8la terra, cinta d'arenoso lito.
148.1–Quanto e bassa cagion d'alta virtude!
148.2E d'eterno valor vano contrasto!
148.3In picciol giro astretto, e in erme e nude
148.4solitudini è chiuso 'l grido e 'l fasto.
148.5Lei, com'isola, il mare inonda e chiude;
148.6e lui, che ora Oceàn chiamate, or vasto,
148.7null'ha, fuor che tai nomi, altero e magno;
148.8ma è bassa palude e breve stagno.–
149.1Così l'un disse; e l'altro a terra i lumi
149.2volse, quasi sdegnando: indi sorrise,
149.3che vide a un punto sol mar, terre e fiumi,
149.4che qui paion distinti in mille guise,
149.5e disdegno che pur a l'ombre, a' fumi,
149.6la nostra folle umanità s'affise;
149.7servo imperio cercando e muta fama,
149.8né miri il ciel che a sé ne invita e chiama.
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