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LIBRO DECIMOTTAVO

1.1Ma poi che vide aggiunti il Re superno
1.2a la bramata impresa i duo Roberti,
1.3a cui devean nel più gelato verno
1.4esser de l'ampio mare i seni aperti;
1.5ben che nel suo divino alto governo
1.6non abbian parte i fati o i casi incerti,
1.7gli occhi rivolse da quei curvi legni
1.8d'Esperia estrema a' combattuti regni.
2.1Né sol del Frisio duce e del Normando,
2.2rimira le fatiche e i gran perigli,
2.3ma i giustissimi Ispani, e di Fernando
2.4e di Ramiro i valorosi figli,
2.5per cui Spagna dal giogo il capo alzando,
2.6del regno di Leone oprò gli artigli
2.7là 've domar devea, dal regio soglio,
2.8d'empi regi africani il fèro orgoglio.
3.1Il sommo Dio degli altri dèi vetusto,
3.2che vuol che di sua luce ognun s'illustri,
3.3guardava il nuovo re, qual novo Augusto,
3.4ch'ivi regnar devea tanti anni e lustri:
3.5spirando in lui col vero amor del giusto,
3.6e con pietà l'alte virtuti illustri:
3.7né ad Alfonso girò le sante luci,
3.8quasi men curi in Asia i nostri duci.
4.1Ma non fêa cieca guardia il gran ribello,
4.2quegli che muover suol tempeste e lampi;
4.3e quasi eguale al suo infernal fratello,
4.4perturba il mare e fa che l'aria avvampi:
4.5e 'n Libano sedendo, or questo or quello
4.6lido mirava, e i salsi mari e campi,
4.7ed Elia e Joppe, e tante navi e 'l porto,
4.8dal giogo onde scorgea l'occaso e l'òrto.
5.1Già visto avea di corredate navi,
5.2che uscian di Laodicea, veloce il corso,
5.3ben che sian di cavalli e d'arme gravi,
5.4che dànno al figlio di Lucia soccorso;
5.5e 'n varie forme le conteste travi
5.6le quai rompean del mar ceruleo il dorso,
5.7spiegar le vele da sublimi antenne,
5.8e vittoria volar con auree penne.
6.1Ed or veggendo di colori e d'auro
6.2avvicinarsi l'Aquila dipinta,
6.3così detta è la prima, onde restauro
6.4potria la gente aver rinchiusa e vinta,
6.5la Sfinge, l'Idra, l'Orca, e 'l gran Centauro,
6.6poi Glauco e la Sirena oltre la quinta,
6.7commossa avrebbe la procella e 'l nembo,
6.8per tuffarle del mar nel vasto grembo.
7.1Ma dicea fra sé poi: –S'io queste immergo,
7.2lentando il freno a' procellosi spirti,
7.3o lor per l'ampio mar porto e dispergo
7.4infra gli scogli e l'arenose Sirti,
7.5lunge dal colle ov'ha securo albergo
7.6il guerrier che fuggi gli ombrosi mirti;
7.7che de l'altre avverrà, già scòrte al lido,
7.8nel periglio comun del mare infido?
8.1Propria tempesta a quelle, e proprio risco
8.2già muover converrebbe in questi mari,
8.3ch'io di veder turbati a pena ardisco,
8.4tanti han legni da me guardati e cari.
8.5E 'l Signore ond'io temo e sbigottisco,
8.6sdegnato, non farebbe il danno or pari;
8.7ma daria tutti in preda i legni nostri
8.8a gli abissi, ai diluvi, a i fèri mostri.
9.1Dunque, che fo? Tutto ozïoso attendo,
9.2che giungan salve a le bramate rive;
9.3vittorïose al re del cielo offrendo
9.4di spoglie ostili i doni e di votive?
9.5Ma 'l gran tridente mio vinto sospendo,
9.6e torno a l'ombre ch'ei di luce ha prive,
9.7per non veder giammai su l'ampio Egeo,
9.8o di Siri, o d'Egizi alzar trofeo.
10.1Ma se ne gli alti fati è sol prescritto
10.2che tocchin le famose antiche sponde,
10.3né d'Arabia le navi, o pur d'Egitto,
10.4vinceran combattendo in mezzo a l'onde;
10.5io sono il duce ancor de l'acque invitto,
10.6e signoreggio ovunque il mar circonde:
10.7e le concedo a la vorace fiamma
10.8del mio fèro fratel che tutto infiamma.–
11.1Così diss'egli, e i piè veloci e pronti
11.2mosse de l'erto giogo, e venne a basso,
11.3e l'alte selve e quei selvaggi monti
11.4fece tremar co 'l suo terribil passo:
11.5e tre volte crollò l'orride fronti
11.6d'aspre montagne, e ruppe il vivo sasso;
11.7ma del quarto vestigio il lido informa,
11.8né gli consente il suo furor che dorma.
12.1Or mentre del tumulto il ciel risuona,
12.2e che dal muro ognun rifugge e scampa,
12.3al gran Roberto Goldemar ragiona:
12.4–Già dentro il muro 'l fier nemico accampa,
12.5e già, prese le porte, aspra corona
12.6d'orribil guerra a te d'intorno avvampa:
12.7già per le navi son divisi e sparsi
12.8Egizi e Siri, e non potran ritrarsi.
13.1Noi dobbiam tosto farlo, insieme accolti
13.2i più forti di questo o d'altro stuolo;
13.3pria che siam presi in mezzo, e 'ntorno avvolti
13.4d'empi nemici, in mal securo suolo;
13.5ché pochi e stanchi, incontra i fèri e molti
13.6fuor de la ròcca avrian di morte il duolo;
13.7ma se colà potrem ritrarci in alto,
13.8sosterrem de le turbe il nuovo assalto.–
14.1Così diss'ei: né spiacque il suo consiglio
14.2al magnanimo cor del gran Roberto;
14.3e, ben che far bramasse il pian vermiglio
14.4de l'altrui sangue, esposto al caso incerto,
14.5pria che lasciar le navi in quel periglio,
14.6pur con le schiere si rivolge a l'erto:
14.7e seco il buon Normando e 'l bel Guglielmo,
14.8Goldemaro, Aristolfo, e 'l fido Antelmo.
15.1Tutti facean di lor folta falange,
15.2qual Roma avria lodata, e Pella e Sparta,
15.3ch'impeto alcun non la perturba o frange,
15.4o si fermi in battaglia, o si diparta:
15.5e se avvien che si volga e loco cange,
15.6non si vede però confusa o sparta.
15.7Così appressava allor Germania e Francia
15.8scudo a scudo, elmo ad elmo, e lancia a lancia.
16.1Lancia a lancia, elmo ad elmo, e scudo a scudo,
16.2e guerriero a guerriero, e duce a duce,
16.3parean quasi congiunti; e 'l ferro ignudo
16.4splendeva al ciel con più terribil luce.
16.5Così ristretti incontra 'l popol crudo,
16.6gli ordini densi il gran guerrier conduce:
16.7e vibrando 'l cimier, l'insegna e l'asta
16.8ciascun de gli altri, ei solo a lor sovrasta.
17.1In tal guisa ordinati, oltra sen vanno,
17.2già pronti avendo ad ogni estrema sorte
17.3gli animi alteri, ch'a temer non hanno,
17.4senza vergogna e scorno, orrida morte;
17.5ma pria gli assalta del crudel tiranno
17.6il figliuol più animoso, anzi 'l più forte,
17.7co' Filistei ch'il suo valor seguîro,
17.8e con quei di Sidone e quei di Tiro.
18.1Fra' caduti ripari, a loro incontra
18.2ruinoso venia dal lato destro,
18.3come per verno o per diluvio, incontra
18.4che si svella dal monte un sasso alpestro
18.5e tutto abbatte ciò ch'a caso incontra
18.6precipitando per cammin silvestro:
18.7rimbombano i torrenti e l'alte selve,
18.8e fuggon per timore armenti e belve.
19.1Pur non fuggîro, e non turbâro i Franchi
19.2l'ordine in cui venian, condenso e folto;
19.3ma l'aste acute gli opponeano a' fianchi,
19.4al forte petto, al minaccioso volto;
19.5né però avvien ch'egli vacilli o manchi;
19.6ma, vibrando la sua, Torindo ha colto,
19.7ed aprendo lo scudo e la lorica,
19.8il petto gli passò l'asta nemica.
20.1Ma fu ripieno il loco, e si ristrinse
20.2la schiera, e vi successe il buon Toraldo,
20.3a cui passò l'usbergo e dentro ei spinse
20.4la già sanguigna lancia, e 'l ferro caldo
20.5giunse ove il cibo scende, onde l'estinse.
20.6Pur l'ordine rimase intero e saldo:
20.7e dove cade l'un, trafitto 'l ventre,
20.8subito avvien ch'il successor rientre.
21.1Né per timor ch'altri il disossi e spolpi,
21.2sarebbe alcun dal loco addietro or mosso;
21.3ma tanti fûro e sì gravosi i colpi
21.4ond'Argante è da lor còlto e percosso,
21.5che non sarà che il suo ritrarsi incolpi,
21.6romano cavalier, greco, o molosso;
21.7ma pur conforta i suoi con alte voci,
21.8e gli fa co 'l suo esempio ancor feroci.
22.1–O Turchi in guerra forti, o popol fido,
22.2o voi che già solcaste i salsi flutti,
22.3per me passando a sì remoto lido,
22.4dove lieta fortuna or v'ha condutti:
22.5durate meco, e 'n quel già vecchio nido,
22.6i ladroni del mare or fian distrutti:
22.7né lungo tempo sosterran la forza
22.8nostra, e di tutti noi, se più si sforza.–
23.1Così parlava; e 'n ragionando, accese
23.2di ciascuno de' suoi gli spirti e 'l core,
23.3a dimostrar ne l'onorate imprese,
23.4quanto avesser di forza e di valore.
23.5Fra gli altri Norandin che tardi intese
23.6a farsi, mentre visse, al mondo onore,
23.7lo scudo avendo a' suoi nemici opposto,
23.8a l'audace fratel si fece accosto.
24.1E con sublime cor ristretto e chiuso
24.2sotto il lucente acciaio tutto s'accolse,
24.3allor che Antelmo, di fallir non uso,
24.4vibrò l'asta pungente e 'n mezzo il colse;
24.5ma fragil parve il legno e 'l ferro ottuso,
24.6tal che del vano colpo egli si dolse,
24.7e si ritrasse disdegnoso addietro,
24.8dicendo: –Il mio troncon somiglia il vetro,
25.1signore, e d'esser teco ho gran vergogna,
25.2se non emenda or questo error la spada.–
25.3Così se stesso e l'arme sue rampogna.
25.4Ma Guglielmo no 'l tien, parlando, a bada:
25.5e l'uno e l'altro, in guisa d'uom che agogna
25.6gloria, e far ch'il nemico a terra cada,
25.7taciti combattean, colmi di sdegno,
25.8col ferro a prova e co 'l ferrato legno.
26.1Guglielmo di sua mano a morte diede
26.2il feroce Almansor, che d'Alessandro
26.3tenne gran tempo la superba sede,
26.4ma nacque dove al mar corre Scamandro:
26.5e condusse di là prigioni e prede,
26.6e 'nsin dal lido ove s'innalza Antandro;
26.7onde per mezzo de' suoi fatti egregi,
26.8fu tra' generi ancor del re de' regi.
27.1Il Britanno signor con l'asta lunga
27.2ferì costui sotto il sinistro orecchio,
27.3e fe' sentir quanto sia grave e punga,
27.4poi la svelse con l'alma al corpo vecchio.
27.5Qual tronco annoso cui dal suol disgiunga
27.6vïolenza di ferro o di Libecchio,
27.7cade dal giogo, onde lontano apparse,
27.8ben mille aride foglie a terra sparse:
28.1tale indietro cadea, sonando intorno
28.2l'arme dorate e le dipinte spoglie;
28.3e mentre a lui si fece oscuro il giorno,
28.4gemendo egli membrò tenera moglie,
28.5ch'avea sì di sua man il veglio adorno,
28.6e questo accrebbe più l'estreme doglie:
28.7ed ella pur l'amor godea di furto,
28.8stimando a' suoi diletti il tempo curto.
29.1Ma con la spada 'l fido Antelmo intanto
29.2prima troncava l'asta, e poi la mano
29.3de l'empio Asarco, indi gli stese a canto
29.4col terzo colpo il suo fedel germano:
29.5e de la fuga ancor gli tolse il vanto,
29.6e col quarto il mandò sossopra al piano,
29.7perché, mentre ei volgea le inermi spalle,
29.8il colse in parte ov'il colpir non falle,
30.1e tutta quella vena a lui recise,
30.2la qual dal largo dorso in su trascorre,
30.3e giunge a la cervice, onde l'ancise
30.4e 'l feo cader presso l'antica torre.
30.5Ma Norandin frattanto anch'ei divise
30.6con la sua lancia il petto al bruno Ettorre,
30.7venuto insin da l'arenosa piaggia
30.8che inonda il mare a l'isola selvaggia.
31.1E 'l fido Antelmo a Norandin converso
31.2ferì lo scudo d'ogni parte eguale;
31.3e di nuovo l'acciaio lucente e terso
31.4sostenne il colpo che saria mortale.
31.5Il turco a lui lasciò di sangue asperso
31.6il braccio, onde schifò l'ira fatale,
31.7ch'ad altra mano il suo destin riserba
31.8la vita, ch'è sì dolce, ancor acerba.
32.1E 'l suo fratello Argante ancor gli punse
32.2il suo nemico, e, l'asta in lui vibrando,
32.3ruppe ogni piastra ed ogni acciaio disgiunse,
32.4pur il ferito braccio allor piagando.
32.5Si trasse Antelmo a dietro, e si congiunse
32.6co 'l buon principe Inglese e co 'l Normando,
32.7che l'amico salvâr piagato ed egro,
32.8opponendo a quel fiero il tronco integro.
33.1Ma le schiere de' Turchi apre e scompiglia
33.2il gran Ruberto, e l'arme incide e parte;
33.3e da poi che spezzò l'asta vermiglia
33.4entro le membra d'atro umor cosparte,
33.5tra 'l largo naso e le due irsute ciglia,
33.6là dove siedon gli occhi in cava parte,
33.7con la pungente spada Alteo feriva,
33.8e per la via del pianto il sangue usciva.
34.1E l'una e l'altra luce a terra, mista
34.2co 'l sangue, cadde entro la nera sabbia.
34.3Quegli combattea ancor privo di vista,
34.4di vita no, con dispietata rabbia:
34.5sin che l'anima sua dogliosa e trista,
34.6quasi fèra selvaggia, uscìo di gabbia
34.7con fier muggito, e 'l volto esangue e torvo
34.8restò per disfamare il cane e 'l corvo.
35.1Ma Roberto da poi la punta immerse
35.2ne l'ampio petto del crudele Almonte,
35.3che tant'oltre la strada in giù s'aperse,
35.4che pervenne del sangue al caldo fonte:
35.5quinci la spada ad Oribel converse,
35.6e 'nsino al mento gli partia la fronte,
35.7tal ch'Arifan fu d'improvvisa tèma
35.8mosso invano a fuggir l'ora suprema.
36.1Ma dove il capo a la cervice è giunto
36.2Roberto il colse; ed ogni nervo inciso,
36.3sì ch'uopo non saria fascia né punto,
36.4pender sul petto fea la testa e 'l viso:
36.5e come ramo d'alto pin disgiunto,
36.6con poca scorza ancor non è diviso,
36.7così atteneasi a quel sanguigno tronco
36.8quasi divelto il teschio, e quasi tronco.
37.1Fra gli altri che a fuggir l'estremo fato
37.2in quel sanguigno assalto allor non valse,
37.3né la forza e 'l furor del conte irato,
37.4Ismael fu, ch'incauto ivi l'assalse.
37.5Questi varcò sin da l'avverso lato
37.6del mondo i lidi aprici e l'onde salse,
37.7là 've a sinistra il sol cader fa l'ombra,
37.8e poco al mezzogiorno o nulla adombra.
38.1Né già venne a cercare o spoglia ostile
38.2in nobil guerra o glorïosa fama;
38.3ma nobil moglie e stirpe alta e gentile,
38.4che la figlia del re sospira ed ama.
38.5E d'illustrar la sua progenie umìle,
38.6e le nuove ricchezze altero ei brama;
38.7oro scoprendo e gemme ancora occulte,
38.8pria del sepolto padre a lui sepulte.
39.1Ma fèra morte al suo desio s'oppose,
39.2ed a le nozze ond'egli era sì vago,
39.3ch'a lui Roberto il ferro in seno ascose,
39.4e fe' di nero sangue in terra un lago.
39.5Da quelle parti in respirar ventose,
39.6in cui traluce imaginata immago:
39.7e forse ancor da la vicina sede
39.8amor cacciò, ch'ivi abitar si crede.
40.1Bucentaffo e Sinan, fidi compagni,
40.2la spada micidiale aggiunse appresso,
40.3perché non sia chi si lamenti e lagni
40.4de la sua morte anzi l'onor promesso;
40.5o tepide acque d'odorati bagni
40.6scaldi al foco di mirto e di cipresso,
40.7ed amomo prepari, e mirra, e 'ncensi
40.8al corpo ingrato, in cui son morti i sensi.
41.1Ma 'l figlio d'Assagor più forte e saggio,
41.2e l'indomito Ircan che morte sprezza,
41.3pur dimostran pugnando alto coraggio
41.4contra la schiera a le vittorie avvezza;
41.5attraversando lor l'alto vïaggio
41.6di quella rocca a la sublime altezza,
41.7dove i Liguri suoi Guglielmo aduna,
41.8con Guimerto che scòrse alta fortuna.
42.1E Rodoan sotto il piloso mento
42.2a Cimosco il Frison gran lancia affisse;
42.3mentre a parlar, più ch'a ferire intento,
42.4volea: –Compagni–, dir: ma nulla disse:
42.5perché insieme col sangue uscìa, qual vento,
42.6per la piaga lo spirto ond'egli visse:
42.7e fece un mormorar dolente e roco,
42.8pur come stride umido legno al foco.
43.1E poscia ch'in Argeo l'impeto ei volve,
43.2tutto gli ebbe passato il destro fianco.
43.3E, lui disteso entro l'immonda polve,
43.4trafisse d'Ariman l'omero manco,
43.5ed in preda a colei che tutto solve,
43.6fra gli altri morti lui gittò pur anco.
43.7Quegli prendea con la sinistra palma
43.8la lorda terra, anzi 'l fuggir de l'alma.
44.1Ma sotto il ciglio Ircano allor percosse
44.2Rifeo, che nacque ove più gela e verna,
44.3fra 'l Reno e Mosa, e giovinetto ei mosse
44.4per acquistarsi nome e fama eterna;
44.5ma l'asta acuta la pupilla scosse,
44.6e de l'occhio passò l'atra caverna,
44.7e, per la sua nuca uscendo, il sangue tetro
44.8per un colpo spargea davanti e dietro.
45.1Venne Ramberto ancor da l'alte sponde
45.2de l'alma Olandia, e presso 'l mar palustre:
45.3e da quella città ch'è in mezzo a l'onde,
45.4cercando in Asia gloria ond'ei s'illustre:
45.5già prima, per solcar l'acque profonde
45.6de l'ondoso Oceàn, fra' Goti illustre
45.7e fra' Norvegi, al porto or sì vicino
45.8sul lido 'l giunge il suo fermo destino.
46.1Ganfredo ed Ugo avean lasciato 'nsieme
46.2Ulisinga del mar sonante in riva,
46.3a cui dintorno egli s'aggira e freme:
46.4con lor di Gravelinga Anton veniva.
46.5Or, per l'istessa man che nulla teme,
46.6lasciâr la carne che di spirto è priva;
46.7ma non può il fèro Ircan per sua possanza
46.8chiudere il passo a quel che tutt'avanza.
47.1E Rodoano, ed egli a viva forza,
47.2ed ogni altro con lor cedea rispinto,
47.3al gran Roberto che gli atterra e sforza,
47.4tal ch'il sinistro lato avea già vinto.
47.5Dal destro invitta è la nemica forza
47.6d'Argante, d'altrui sangue orrido e tinto,
47.7lo qual seguito da feroce turba,
47.8già mossa ha la falange e la perturba.
48.1E l'uno verso l'altro allor converte
48.2de' duo gran cavalieri l'impeto e l'ira,
48.3onde le squadre avverse aveano aperte,
48.4ma vie pià incauto Argante i passi gira;
48.5e i non ben vinti e le fortune incerte
48.6lascia da tergo, ed a la ròcca aspira;
48.7e prima in arrivando ei l'asta abbassa
48.8nel gravissimo scudo, e no 'l trapassa.
49.1Né già vacilla nel suo colpo ed erra,
49.2ma la possente man rimase inerme;
49.3né mosse il cavalier ch'in soda terra
49.4l'alte vestigia aveva impresse e ferme:
49.5qual aspro scoglio, o torre alta di guerra,
49.6fondata in piagge solitarie ed erme
49.7che non si crolli per soffiar de l'Austro,
49.8o per vento che spiri il freddo plaustro.
50.1Argante, ch'il suo cerro indarno ha rotto,
50.2e l'altro ond'è percosso integro scorge,
50.3di quel soverchio ardir che l'ha condotto,
50.4e del suo gran periglio allor s'accorge:
50.5e si vien ritirando a' suoi di sotto,
50.6ov'è chi nuova lancia in man gli porge:
50.7ma Roberto adirato anco il persegue,
50.8e più seco non vuol paci né tregue.
51.1Ma contra lui che rapido s'arretra,
51.2mostra di sì lontano il fèro sdegno:
51.3di molti sassi, onde quel suol s'impetra
51.4perché a le navi sien fermo ritegno,
51.5lanciando la pià grave e dura pietra,
51.6pur come dardo o stral s'avventa al segno;
51.7e nel petto il percosse il grave pondo,
51.8su 'l giro de lo scudo ampio e ritondo.
52.1E come quercia, ch'orrida procella
52.2del ciel turbato e fulmine tonante
52.3da le radici sue sterpi e divella,
52.4così cadéo lo spaventoso Argante:
52.5e questa mano in su l'arena e quella
52.6l'asta e lo scudo abbandonò tremante,
52.7e la terra tremò per dura scossa,
52.8tutti gridando a la crudel percossa.
53.1Ma i Fiamminghi lanciâr quadrella e sassi
53.2sovra 'l disteso corpo, e no 'l ferîro,
53.3ché Ircano e Norandin con pronti passi,
53.4e Celebin gli fece intorno un giro.
53.5Alcun non è che t'abbandoni e lassi
53.6nel rischio, Argante, o sia Fenicio, o Siro;
53.7ma con lo scudo alzato a coprir t'ebbe,
53.8tanto del suo periglio a tutti increbbe.
54.1Da le pietose man de' fidi amici
54.2a' veloci cavalli ei fu portato,
54.3che lunge da furor d'aspri nemici,
54.4eran congiunti al ricco giogo aurato:
54.5e quinci ei fu condotto a' lidi aprici,
54.6in cui gran padiglione aveano alzato,
54.7vicino al sasso ove cotanto piacque
54.8Andromeda legata in riva a l'acque.
55.1E fra coltre dipinte e molli piume
55.2fu posto il cavalier ch'anco languia;
55.3e 'l volto sparso dal licor d'un fiume
55.4che seca indi non lunge umida via:
55.5e sorgendo a sedere, al dolce lume
55.6de' bei raggi del sol già gli occhi apria,
55.7ma poi ricadde, e pur d'orrori e d'ombre
55.8avvien che oscura notte ancor gl'ingombre.
56.1Ma come quei di Frisa e quei d'Olanda,
56.2e quei che Leuci già fûr detti e Remi,
56.3e quei che in navigando il mar d'Irlanda
56.4solean prima adoprar le vele e i remi,
56.5e gli altri, a cui Roberto allor comanda,
56.6abitatori già de' lidi estremi,
56.7vider portare il corpo al duro scoglio,
56.8gl'infedeli assalîr con grande orgoglio.
57.1E 'l Normando signor fra tutti il primo
57.2fu che d'asta ferìa l'empio Siracco,
57.3e sotto il duro scudo aperse l'imo
57.4ventre, e ciò ch'ascondea il tristo sacco:
57.5e lui ravvolse in quel sanguigno limo,
57.6sì che più non vedrà Menfi, o Baldacco,
57.7dove solea da queste parti a quelle
57.8portar fra due califfi alte novelle.
58.1E disse rampognando: –Or va', racconta
58.2quel che tra noi si faccia al re d'Inferno,
58.3e come l'uomo in guerra a l'uom s'affronta,
58.4e narra ivi di me nel lago Averno.–
58.5Così a la fèra morte oltraggio ed onta
58.6aggiungea per vendetta e per ischerno;
58.7perché già il falso messaggier deluse
58.8i nostri duci, e vera pace escluse.
59.1Ma Norandin, che vendicar non pote
59.2di lui, come vorrebbe, il fier dispregio,
59.3fére Albion fra le vermiglie gote,
59.4già di cavalli domatore egregio:
59.5quel, dove ora non sono o spazi o rote,
59.6per cui nel corso acquisti onore e pregio,
59.7muore a piè tra le navi, e brama invano
59.8carro e destrier che 'l porti indi lontano.
60.1E già di Norandin rigida Parca
60.2l'estreme fila intorno al fuso accoglie,
60.3perché il principe Inglese a lui sen varca,
60.4che d'averne desia l'ultime spoglie:
60.5e 'n quello spazio ove le ciglia inarca,
60.6d'acutissima punta in fronte il coglie,
60.7tal ch'egli cade, e tosto avvien che spiri,
60.8mandando al frate gli ultimi sospiri.
61.1Che rado muor senza vendetta alcuna,
61.2chi lascia il buon fratel nel caro albergo.
61.3Ma Celebin per varïar fortuna,
61.4anco non volge al fier nemico il tergo;
61.5e i suoi compagni a sé d'intorno aduna
61.6e dice: –Se di sangue or non m'aspergo,
61.7non curo riveder la patria, o 'l padre,
61.8né baci aspetto da l'antica madre.–
62.1Disse; e passò del buon Gisolfo il braccio,
62.2la parte al fiero Albingo opposta al dorso:
62.3l'un colà nato ove l'acuto ghiaccio
62.4talor restringe a la Mosella il corso,
62.5l'altro tra' boschi ove al suo duro laccio
62.6prese le fère, e combattea con l'orso;
62.7e spesso, in paludosa ed ima valle,
62.8del feroce cinghial ferì le spalle.
63.1Percote appresso in su le cave tempie
63.2Protoldo, d'Alemar ministro e donno,
63.3e nel pian che del sangue altrui s'adempie,
63.4lui manda asciutto in preda al grave sonno.
63.5Ma qui sorgiunge il gran Roberto, e l'empie
63.6turbe il suo incontro sostener non ponno.
63.7Celebin piu non fe' né far poteva,
63.8ch'il nemico maggior di fama il leva.
64.1E 'l pallido timore ingombro a tutti
64.2l'animo e 'l volto avea di freddo gelo;
64.3e fuggian, paventando, a' salsi flutti.
64.4la destra che parea destra del cielo.
64.5Or chi narrar potria le strida e i lutti?
64.6e de gli anni squarciar l'oscuro velo?
64.7perché sian conte con eterna gloria
64.8la morte de' più forti e la vittoria?
65.1Dite voi, Muse, che nel ciel lucente
65.2fra l'aure stelle fate alto soggiorno,
65.3qual fosse il primo cavalier possente
65.4di ricche spoglie in quel contrasto adorno,
65.5poi che la timorosa e varia gente
65.6facea precipitosa al mar ritorno:
65.7Roberto il grande fu, che stese a terra
65.8Sciriffo il Turco, assai famoso in guerra,
66.1duce di quei che le frondose cime
66.2di Libano abitâro e quei paesi;
66.3e lode ebbe vicina a quelle prime
66.4l'alto signor de' sagittari Inglesi,
66.5ch'alzar trofeo di Norandin sublime
66.6volle, e lui dispogliò d'aurati arnesi:
66.7e 'l fèro Gazi a lui congiunto estinse,
66.8e dal fianco aurea zona ancor gli scinse.
67.1Aristolfo, Laméc, e Bala, e Niso,
67.2duci d'Arabi ancide e d'Idumei.
67.3E Raimondo Baduc avea conquiso,
67.4tra' Palestini uom chiaro e Nabatei.
67.5Guglielmo e Guimerin del volgo anciso
67.6poteano in terra anco drizzar trofei,
67.7ma non stimâro onor fallace e corto,
67.8se pria non s'acquistava il mare e 'l porto.
68.1Ma più d'ogni altro in perseguir veloce
68.2si dimostrava il buon duce Normando;
68.3e di quei che fuggian, la man feroce
68.4più ne mandava ancor di vita in bando:
68.5volgeasi a' lidi dolorosa voce,
68.6e 'l mar gonfiava l'onde, alto mugghiando:
68.7e già d'urli e di strida e di cordogli
68.8sonar s'udian le piagge e i duri scogli.
69.1Eldalfio intanto il cavalier d'Egitto
69.2trova, che più non giace e 'n coltre siede,
69.3che già raccolto avea l'animo invitto
69.4dal fèro colpo che gran duol gli diede;
69.5e 'l sudor e l'ansar del corpo afflitto
69.6è già cessato, e 'l suo vigor sen riede,
69.7e conosce gli amici, e parla, e duolsi
69.8del caso onde perdeo gli spirti e i polsi.
70.1Ragiona Eldalfio a lui come lo inspira
70.2l'angelo, ch'è vicino e lunge adopra;
70.3quel, dico, che destar lo sdegno e l'ira
70.4suol d'alto vento e volge il mar sossopra,
70.5con tenebrosa potestate e dira
70.6che data, com'ogni altra, è sol di sopra:
70.7demonio il chiama angelica favella,
70.8ma 'l pazzo mondo lui Fortuna appella.
71.1–O del gran re de' regi amico eletto
71.2e genero fedele, osa e confida,
71.3ché non fia sempre al valoroso petto
71.4il cielo avverso e la fortuna infida.
71.5Io tosto il calle d'appianar prometto
71.6a quella rbcca ove il ladron s'annida;
71.7e quel muro atterrarti in picciol tempo:
71.8tu sorgi, e vieni a la vendetta a tempo.
72.1E vedrai sovra il lido omai discese
72.2le marittime turbe, ond'è coperto,
72.3e con giri larghissimi distese
72.4tosto n'andran gridando in loco aperto:
72.5tal che far non potrà da noi difese
72.6quella ròcca, quel fosso, o quel Roberto.
72.7Or segui, ed a l'impresa anco t'accingi,
72.8e i cavalli a le navi omai sospingi.–
73.1Così diss'egli; e col suo dire infuse
73.2la Fortuna in Argante ardire e possa,
73.3tal che più non sentia di carni ottuse
73.4il dolor, che lasciò l'aspra percossa:
73.5né de l'altro pensier ella il deluse,
73.6ché fermò la sua gente in fuga mossa,
73.7tosto ch'apparve, come suol, maligno
73.8Marte, lucendo di splendor sanguigno.
74.1E quei che sino allora avean seguìto,
74.2per riportare alfin vittoria intera,
74.3ora veggendo il cavaliero ardito
74.4sorto in sembianza minacciosa e fèra,
74.5che intorno scorre a l'arenoso lito,
74.6riordinando i suoi di schiera in schiera:
74.7sbigottiti fermârsi a lui d'incontro
74.8e l'animo lor cadde al nuovo incontro.
75.1Così da' can veloci in alta selva,
75.2o presso a precipizi ed a dirupi,
75.3fugge il cornuto cervo e si rinselva,
75.4e la selvaggia capra a l'erte rupi:
75.5sin ch'appare, e spaventa orrida belva
75.6lo stormo, che non teme o gli orsi, o i lupi,
75.7ne la terra di Bocco ovver di Juba,
75.8d'artigli armata e di terribil iuba.
76.1Disse Aristolfo, di lor tèma accorto:
76.2–Qual miracolo è questo? o ch'io vaneggio.
76.3Il fiero Argante, che ci parve uom morto
76.4pur dianzi, or vivo e 'ncontra armato il veggio,
76.5come sia da l'Inferno oggi risorto,
76.6per opra del demonio, a farne il peggio.
76.7Ma non temiam; ciascuno a me ristringa
76.8di voi più forti i passi, e lui rispinga.
77.1Ma la gente più frale omai dia vòlta
77.2dopo il mio tergo, e se n'andrà secura,
77.3sin ch'ella fia dentro a' ripari accolta
77.4e tra le navi e le difese mura.–
77.5Tacque; e la schiera feo più densa e folta,
77.6che fu suo proprio magistero e cura:
77.7come in far torre, per umano ingegno,
77.8pietra a pietra si giunge e legno a legno.
78.1Quivi ordinava a' suoi nemici a fronte
78.2quei ch'erano più forti e d'arme gravi,
78.3lor ristringendo appresso al fèro conte,
78.4l'altre genti mandava a l'alte navi.
78.5Ma lor, di trapassar bramose e pronte,
78.6tardava il fosso a le confisse travi:
78.7copriano intanto il ciel d'orride nubi
78.8quei ch'abitâro ove latrava Anubi.
79.1E d'alto giù cadean gli acuti strali,
79.2come in sul tetto grandine sonora;
79.3e molti di quei colpi eran mortali,
79.4là 've facean entrando ancor dimora;
79.5e già Eldalfio avea stese, in guisa d'ali,
79.6quinci e quindi la gente Egizia e Mora;
79.7e, come selva si circonda o tana,
79.8cinger vorria la gente ancor lontana.
80.1E i Roberti, e Guglielmo, e Goldemaro
80.2al numero cedeano omai soverchio,
80.3contra 'l qual non restava altro riparo
80.4perché non gli circondi il fèro cerchio;
80.5e l'ordine bramato avrian più raro,
80.6se non faceano al capo alto coperchio:
80.7ma nel volger la fronte e nel ritrarsi,
80.8gli ordini si turbâr divisi e sparsi.
81.1Però ch'Eldalfio i suoi distesi e vòlti
81.2avea girando, e combattea dappresso,
81.3mentre Argante i destrieri omai raccolti
81.4sospingea ne lo stuol ristretto e spesso.
81.5E d'arme saettate a' corpi, a' v¢lti,
81.6parte lasciò l'orribil segno impresso,
81.7parte ancor, fissa in terra, ingorda sembra
81.8del fèro pasto di sanguigne membra.
82.1Ma innanzi a tutti il gran demonio adombra
82.2i cavalieri, e gli perturba e caccia:
82.3ben che di nube abbia vestite e d'ombra
82.4l'orride spalle e la terribil faccia:
82.5e, scotendo il tridente, ond'egli ingombra
82.6d'alte ruine il lido, ancor minaccia
82.7ricoprir de' gran monti il capo e 'l dorso,
82.8togliendo a l'onde tempestose il morso;
83.1in cui, come la fama altrui divolga,
83.2l'antichissima Joppe occulta giacque;
83.3Joppe, che par del mostro ancor si dolga,
83.4fondata anzi il diluvio appresso l'acque:
83.5e ch'umilmente gli occhi a Dio rivolga,
83.6cui sino a quell'età salvarla piacque,
83.7perch'egli la difenda ancor vetusta,
83.8fra gl'inondati lidi e 'n terra adusta.
84.1Ma quel superbo, il suo timor deposto,
84.2dicea: –Termine a me l'umida terra
84.3già non prescrive; e 'l lido e 'l monte opposto
84.4crollar posso, ed aprir chiuso e sotterra:
84.5ed or farò, ne le mie nubi ascosto,
84.6invisibile a' Franchi oltraggio e guerra.–
84.7Disse; e, qual mare mormorando o vento,
84.8in lor mandò la fuga e lo spavento.
85.1Allor di sparsa e dissipata schiera,
85.2l'un repente ancidea l'altro nemico,
85.3pur come oblio de la virtù primiera
85.4in lor nascesse e del valore antico;
85.5Argante a' colpi de la destra altera
85.6turba gli estremi e quivi atterra Enrico,
85.7gitta seco Odoardo, il fier britanno,
85.8e Rodoano appresso ancide Orcanno.
86.1Ircan toglie la vita al buon Alardo,
86.2che d'Ascanio è figliuolo e non traligna
86.3dal paterno valor, ma, lento e tardo,
86.4fuggito avea 'l furor d'empia matrigna:
86.5Celebin d'una punta Alfan gagliardo
86.6stende, e fa quindi uscir l'alma sanguigna.
86.7Ma i primi intanto, da terror sospinti,
86.8caggion in mezzo al fosso, e sono estinti.
87.1Eldalfio con le turbe a piè del muro,
87.2riempiendo la fossa, il varco adegua;
87.3per opra ancor di quel demonio oscuro
87.4che sparisce a la vista e si dilegua:
87.5tal ch'omai sembra il trapassar securo
87.6a chiunque dapoi secondi e segua:
87.7e non ritarda i passi abete od elce,
87.8acuto e dura, o pur macigno e selce.
88.1Il muro ancora ivi cadea repente,
88.2il muro, ch'in più mesi a poco a poco
88.3fatto crescea da faticosa gente,
88.4alto riparo al ben guardato loco:
88.5or percosso, al furor del gran tridente,
88.6simigliò di fanciullo opra da gioco,
88.7ch'ei fa d'umida arena appresso l'onde,
88.8e poi co' piè la guasta e la confonde.
89.1E non vi rimanea materia o forma,
89.2né pur vestigio omai d'alto lavoro;
89.3se non come talor l'arena informa,
89.4cui sparge lo spirar d'Austro e di Coro.
89.5Argante intanto pur di torma in torma
89.6spingea sue genti, e 'l suo fratel con loro
89.7tutto rabbioso, e quivi era da sezzo;
89.8il che stima suo scorno e suo disprezzo.
90.1Però sgridava i più ritrosi e lenti,
90.2o per timore o per desio di preda:
90.3–Non sia chi spogli i morti e 'l corso allenti
90.4de la vittoria, e con le spoglie or rieda:
90.5ma s'avverrà che da le navi ardenti
90.6alcun di voi lunge ritrarsi i' veda,
90.7l'anciderò là 've il mar cala e cresce,
90.8lasciando il corpo esangue in cibo al pesce.–
91.1Disse: e gli altri, gridando, addietro lassa,
91.2che lui seguîr, mentre egli sprona e varca
91.3la terra ov'era il muro, eguale e bassa,
91.4se non che di ruine è sparsa e carca
91.5in parte: ed egli primo ascende e passa,
91.6e punge il suo destrier tra barca e barca.
91.7Molti a tergo seguian seguaci, e 'ntorno,
91.8perche a' Franchi quel sia l'estremo giorno.
92.1Come fulmine ardente in ciel lampeggia,
92.2fra le nubi tonando e scorre avanti;
92.3turbando altrui da la celeste reggia,
92.4seguon poscia co 'l turbo Austri e Levanti,
92.5e freme il mar sonoro e tutto ondeggia
92.6con onde curve rapide e spumanti,
92.7e l'una dopo l'altra al lido aggiunge,
92.8e quinci s'ode mormorar da lunge:
93.1così splendean di ferro i Turchi e i Siri,
93.2l'un folto sovra l'altro, e quasi addosso,
93.3seguendo Argante; e 'nfin ne' quarti giri
93.4Marte egli par, tutto infiammato e rosso.
93.5Di nuovo s'odon pur voci e sospiri
93.6di chi percuote e fére, e del percosso,
93.7e minacciosi gridi e fèri sdegni,
93.8e si tingon di sangue i neri legni.
94.1E quinci e quindi da sublime parte
94.2con lunghe aste si fêa guerra vicina,
94.3usando quei da l'alte navi ogni arte
94.4in rispinger gran fiamma e gran ruina,
94.5e questi da' cavalli; e sol diparte
94.6breve intoppo l'incendio e la rapina.
94.7Chi vide mai simil rifugio e scampo,
94.8e naval guerra in arenoso campo?
95.1Intorno a l'altre navi altri seguaci
95.2del fèro Argante fanno aspra battaglia;
95.3egli medesmo pur con gli altri audaci
95.4quella del gran Roberto avvien ch'assaglia:
95.5porta dal lido alcun sulfuree faci,
95.6e tenta alcun come v'ascenda o saglia;
95.7né l'uno stuol la nave ancora infiamma,
95.8né l'altro indi respinge ardente fiamma.
96.1Roberto fiede allor tra 'l capo e 'l busto
96.2l'empio Medonte, e nol percuote invano,
96.3perch'egli cade in quel sentiero angusto
96.4col foco che portato avea lontano:
96.5e del fumante pino il tronco adusto
96.6gittò con la tremante e fredda mano.
96.7Spiacque al feroce Argante il fèro colpo,
96.8e fra se disse: –Or mia stanchezza incolpo.–
97.1E rivolto al fratel, cui stanca e doma
97.2tenere e gravi membra il grave peso,
97.3e come sian quell'arme ingiusta soma,
97.4è in rimirar l'altrui fatiche inteso,
97.5una e due volte rampognando il noma:
97.6–Celebin, Celebin, chi n'ha difeso?
97.7Or tu sano ed io infermo ancor viviamo?
97.8ove son gli altri ch'io sospiro e bramo?
98.1Ove Alfansor, ove Ismael rimase?
98.2la forza di Sanguigno ove lasciasti?
98.3come tornare a le dolenti case,
98.4senza il tuo Norandino anco pensasti?
98.5Manca a la reggia omai sostegno e base,
98.6per vari sanguinosi empi contrasti:
98.7e dal sommo Sion vacilla e trema,
98.8e minaccia ruina a noi suprema.–
99.1Disse; e da l'animoso alto fanciullo
99.2tal risposta il feroce incontra udia:
99.3–Altra volta fu, Argante, il mio trastullo
99.4cessar da l'arme e soggiornar tra via;
99.5nessun riposo oggi ritrovo, e nullo
99.6spazio da respirar, come solia;
99.7ma te difesi e 'l nostro onore e 'l regno,
99.8tutto 'l dì armato, e son di biasmo indegno.
100.1I compagni che cerchi, invido fato
100.2a la nostra vittoria estinti invola,
100.3fuor che Sanguigno, il qual partì piagato
100.4nel primo assalto e più non fe' parola;
100.5me, del fratello e non d'onor privato,
100.6questo sol che m'avanza, oggi consola:
100.7e per seguirti, a la persona stanca,
100.8con prontissimi spirti, ardir non manca.
101.1Dunque dove comandi, o vengo o vado,
101.2non fia ch'in me virtute invan s'attenda,
101.3e pugnerò quanto la forza, e 'l grado
101.4ch'io sostegno fra gli altri, oggi si stenda.
101.5Oltra le forze, ancor se fosse a grado,
101.6non lece; or fa ch'il tuo volere intenda.–
101.7Così dice egli; e placar può nel core
101.8del suo fratello il disdegnoso ardore.
102.1E l'uno e l'altro ove più avvampa e ferve
102.2la battaglia si spinge in mezzo a l'armi;
102.3e pria che si ristori, o si conserve
102.4il lor corpo già stanco e si disarmi,
102.5arder le navi e quella ròcca, e serve
102.6pensan farvi le genti; e senza marmi,
102.7di tanti eroi le membra, e senza spoglie,
102.8lasciar di lupi a l'affamate voglie.
103.1Con sì fatto pensiero Argante or libra
103.2l'asta che molto pesa, e lunge splende,
103.3nel gran Roberto poi l'avventa e vibra,
103.4ma falla il segno, e 'l suo scudiero offende;
103.5e gli apre il duro petto, e sangue in fibra
103.6in lui non lascia, in guisa 'l cor gli fende:
103.7Ugon da l'alta nave al ciel si volve
103.8cadendo, e stampa la vermiglia polve.
104.1Guglielmo intanto da vicina proda
104.2saetta, e l'ampio segno ei già non falle;
104.3ma percote Ismagondo ove s'annoda
104.4il nero collo a le sue quadre spalle:
104.5né meritar potea più chiara loda,
104.6ch'appresso Argante fe' sanguigno il calle,
104.7ed urlando a' suoi piè l'alma feroce
104.8fuggì d'Inferno a la tartarea foce.
105.1Il principe da l'arco il colpo addoppia,
105.2e la destra d'Osbida al viso affige,
105.3tal che la piaga d'uno strale è doppia,
105.4e manda ancor quell'alma all'atra Stige.
105.5Argante, il qual cader la fiera coppia
105.6si vede a lato, per dolor s'afflige;
105.7ma 'l terzo colpo a lui dal teso nervo
105.8venia ch'ancise a tergo il fido servo.
106.1E fu del buono arcier ventura il fallo,
106.2e gloria e pregio di sua nobil arte,
106.3perch'in quel duro e lucido metallo
106.4le sue quadrella invano avria cosparte;
106.5ma pur temendo Argante, e 'l fier cavallo
106.6ritratto, si rivolse a quella parte,
106.7e ne lo scudo attese il quarto strale,
106.8ch'ivi si ruppe assai vicino a l'ale.
107.1E spezzato cadeo nel corto volo
107.2da scudo adamantin, non che rispinto.
107.3Guglielmo allora ebbe vergogna e duolo
107.4del colpo vano, e pur vi perde il quinto:
107.5poi gitta l'arco disdegnando al suolo,
107.6l'arco onde mille pregi avea già vinto;
107.7e cruccioso dicea: –Là giù rimanti,
107.8ché non fia che per te giammai mi vanti.
108.1Tu m'abbandoni in su l'estremo giorno,
108.2in cui sperai di fama eterni fregi,
108.3nel maggior nostro risco; e un nuovo scorno
108.4non vaglion mille vani antichi pregi.–
108.5Quinci si pon lo scudo al petto intorno,
108.6e spera far gran colpi e fatti egregi
108.7con l'asta, quai non fece (e non s'inganna)
108.8stral di Partia, o di tosco armata canna.
109.1Ma rimirando i suoi come s'arrischi
109.2il giovinetto ancor d'acerba etate,
109.3e come squarci omai, non pure incischi,
109.4l'arme e le membra di sua man piagate;
109.5s'opposer tosto a gli onorati rischi,
109.6e le navi cingean di genti armate,
109.7tal ch'un vallo di ferro intorno il chiuse,
109.8e de' nemici ogni pensier deluse.
110.1Così d'intorno a l'odorate celle,
110.2ov'han raccolti i rugiadosi odori,
110.3cingon l'api 'l lor re stridenti e snelle,
110.4pungendo chi s'appressa a' colti fiori:
110.5e cercan con ferite assai più belle
110.6di bella morte i glorïosi onori;
110.7tal che più non si gloria il re degl'Indi
110.8d'aver fidi ministri e quinci e quindi.
111.1Ma lor di faci Argante omai circonda
111.2fumanti, e mille a l'opra accoglie e mille;
111.3e non fu a' legni mai di vento o d'onda,
111.4quanto or di fiamma è rischio e di faville.
111.5Roberto scorre allor di sponda in sponda
111.6la sua nave con l'altre, ove sortille
111.7pari fortuna, e da vicine parti
111.8rispinge con gran lancia i fochi sparti.
112.1Quanti ei vede portar facelle accese
112.2tanti ne manda giù percossi e morti;
112.3e dieci con le membra a terra stese
112.4caggiono, o più, de gli animosi e forti.
112.5Ei grida: –Or quai rifugi, o quai difese
112.6restano in altre piagge o 'n altri porti?
112.7O con quai navi ritornar potremo
112.8(se perdiam queste) a l'Occidente estremo?
113.1De la vostra fortezza or vi sovvegna,
113.2compagni, che il valor non copre oblio,
113.3e di me, di cui già seguir l'insegna
113.4vi piacque, e de l'onor ch'è vostro e mio.
113.5Non vogliate turbar con morte indegna
113.6quelli ch'ora per voi fan voti a Dio:
113.7né la vostra temenza oggi interrompa
113.8glorïoso ritorno e nobil pompa.–
114.1Ed Argante a l'incontro i suoi conforta
114.2a l'incendio, a le morti, a le rapine:
114.3–Deh struggiam questo nido, e questa porta
114.4a l'arme ingiuriose e peregrine,
114.5fedeli amici, a cui son duce e scorta,
114.6e diamo a questa guerra ultimo fine.
114.7Non cercate al morir tempo migliore,
114.8ché bel fin fa chi ben pugnando mòre.
115.1Salvi saranno poscia i figli almeno,
115.2e le tenere mogli, e i vecchi padri,
115.3e quelle che solean nel caro seno
115.4voi fanciulli nudrir, canute madri,
115.5godendo i frutti del natio terreno;
115.6e con abiti voi lugubri ed adri
115.7pianti sarete, e con eterna gloria
115.8lascerete a' nipoti alta vittoria.–
116.1Così dicendo, ei gli occhi gira, e guarda
116.2le navi che portâr gl'invitti eroi,
116.3e pensa qual primiero infiammi ed arda,
116.4e qual più esposta sembri a' fochi suoi.
116.5Quella il proprio signore or più non guarda,
116.6che già Guglielmo espose a' lidi Eoi;
116.7quel d'Italia dich'io, ch'a' primi assalti
116.8tinse l'arene di sanguigni smalti.
117.1Giaceva estrema ne la terra aprica,
117.2e 'l legno di Tancredi avea vicino,
117.3pur con l'insegna de' Normandi antica,
117.4che Lilibeo, Peloro, e 'l gran Pachino
117.5onora. Argante allor l'alta e nemica
117.6proda prese con man del curvo pino,
117.7la dove ancor tra questa parte e quella
117.8si facea guerra impetuosa e fella.
118.1Piastre e lance spezzate, arnesi e scudi,
118.2spade cadute, e strai con rotte penne,
118.3braccia e gambe recise, e capi ignudi,
118.4piena avean quell'arena, ov'ei sostenne
118.5su l'arme che parean sonore incudi
118.6i colpi di secure e di bipenne;
118.7né rilassò, né rallentò l'impresa,
118.8sin che a quel legno fu la fiamma appresa.
119.1E 'l circondò d'inestinguibil face
119.2foco inquïeto con oscuri lumi;
119.3e da la negra pece ardor vorace
119.4al ciel diffuse le faville e i fumi:
119.5e giunse la dove riposo e pace
119.6hanno i vicini monti, e i mari, e i fiumi,
119.7lo splendor de la fiamma oscura e mista,
119.8tal che dal gran Riccardo ancor fu vista.
120.1Mirava il cavalier dal colle occulto
120.2de l'indomito mar l'onda crudele,
120.3e le aspettate navi al lido inculto
120.4giunger vedeva, e già raccôr le vele:
120.5da l'altra parte udia quasi tumulto,
120.6e suon d'arme, di grida, e di querele;
120.7e 'ntorno a la gran torre i fochi sparsi
120.8scorgeva, e da que' legni il fumo alzarsi.
121.1E percuotendo il fianco allor diceva
121.2al signor d'Anzio: –O mio fedel amico,
121.3il mio lungo aspettar nulla rileva
121.4quei che manda mia madre e l'avo antico:
121.5perché lor tardo aiuto or non solleva
121.6la gente oppressa dal crudel nemico:
121.7ed io qui tra le piagge inculte ed erme,
121.8la vittoria de gli empi or miro inerme.
122.1Né senza disprezzar il gran divieto
122.2del mio liberatore, armar mi lice,
122.3ch'arme celesti ond'io sia illustre e lieto
122.4(non so se vero o falso) a me predice:
122.5parte a la vista altrui chiuso e secreto,
122.6così mi tiene in questa erma pendice:
122.7né potrei, s'io volessi ancora, armarme,
122.8perché angusti sarian gli arnesi e l'arme.
123.1Dunque tu muovi; e se discesi in terra
123.2saranno i miei su le solinghe arene,
123.3falli tornar colà dove riserra
123.4Laodicea 'l porto d'umide catene,
123.5sin che veggiam quel che d'incerta guerra,
123.6oggi o domani, in questo lido avviene,
123.7ch'io sempre non sarò de l'arme ignudo,
123.8o mi provvedi almen d'elmo e di scudo.–
124.1Così disse Riccardo, a cui rispose
124.2Ruperto: –Deh concedi a' giusti preghi,
124.3ch'io guidi senza te le tue animose
124.4schiere, e 'l soccorso a' nostri oggi non nieghi.
124.5Forse altramente, amico, il Ciel dispose,
124.6e fia che la fortuna a noi si pieghi,
124.7sì ch'io scacci i nemici e 'l foco estingua,
124.8e dappresso i perigli omai distingua.
125.1E se in me non bastasse ardire e senno,
125.2bastan le tue vittorïose insegne,
125.3ch'in ogni parte han vinto, e vincer denno,
125.4se giammai foco per valor si spegne:
125.5questo del nostro amor sia caro cenno,
125.6non comandar ch'io di catene indegne
125.7carchi rimiri i nostri duci, o morti
125.8fra gente armata armato, e ch'io 'l sopporti.
126.1Se non vuoi che de l'arme oggi mi spogli,
126.2per non cinger mai più la spada al fianco,
126.3non far ch'io soffra i barbareschi orgogli,
126.4e lo strazio crudel d'Inglese o Franco:
126.5non celerian deserte arene o scogli
126.6il mio disnor cui non fu pari unquanco,
126.7ma ne risoneriano i lidi e l'onde:
126.8ché nulla al tempo, e nulla al Ciel s'asconde.–
127.1Tacque; e l'altro soggiunse: –Or va, combatti,
127.2e i cari amici, e l'onor tuo co 'l nostro
127.3difendi: e questi al rischio omai sottratti,
127.4e 'n sì grand'uopo il tuo valor dimostro,
127.5poscia non trapassar (sien fermi i patti)
127.6ma fa ritorno a me nel verde chiostro,
127.7senza irritar dal fier soldàn la forza,
127.8ch'a contender con lei più forti sforza.
128.1Non provar la pietà di quel pietoso,
128.2se pur con gli altri di tornar eleggi:
128.3non turbar la sua pace e 'l suo riposo;
128.4ma 'l soverchio de' nostri ardir correggi:
128.5e di me ti sovvenga, al mondo ascoso,
128.6e de le sue di guerra amare leggi,
128.7onde in me quasi rinnovò gl'imperi
128.8di Torquato e di Lucio, aspri e severi.–
129.1Così diss'egli; e parte al cor profondo
129.2di tai parole il buon Ruperto inscrisse:
129.3parte obliò, ch'il suo valor secondo
129.4non stimò ad altro che d'Europa uscisse,
129.5trattone lui che par non ebbe al mondo
129.6d'intrepida virtù, mentr' egli visse:
129.7felice pria con poche spade e lance;
129.8ma non librò l'ardir con giusta lance.
130.1Sceser dopo tai detti a l'onde estreme,
130.2l'un di lor tutto inerme e l'altro armato,
130.3dove fa picciol seno il mar che freme,
130.4a le superbe rive ancor turbato:
130.5e quivi sette legni uniti insieme
130.6può a pena accôrre in procelloso stato,
130.7ché sette duci d'arrischiar la vita
130.8fermato avean ne la promessa aita.
131.1Però fendean con più veloci pini
131.2del tempestoso mar lo instabil suolo;
131.3e 'l vento che gonfiava i bianchi lini,
131.4a la vittoria alata affretta il volo.
131.5E porti da ritrarsi eran vicini
131.6verso l'occaso alquanto, e verso il polo,
131.7schifando quei di Joppe e d'Ascalona,
131.8dond'Euro spira, od Austro altrui risuona.
132.1Già l'Aquila sublime e l'alta Sfinge
132.2presa la terra avean co' duri morsi,
132.3e l'altre ch'aura amica a riva spinge,
132.4tanti indomiti mari omai trascorsi:
132.5e d'arme i lidi omai corona e cinge
132.6la gente ch'osa a gran perigli esporsi,
132.7da sette navi scesa in sette squadre,
132.8con lucid'armi e spoglie auree e leggiadre.
133.1Achille il primo fu de' duci illustri,
133.2che de' regi lombardi ancor si vanta,
133.3e cento avi racconta e cento lustri,
133.4ramo gentil di glorïosa pianta:
133.5né i nomi antichi candidi ligustri
133.6parvero al ciel, che lor di nebbia ammanta.
133.7Gisulfo, il materno avo, ha nobil sede
133.8Capua e Salerno, e senza maschio erede.
134.1Ma di due figlie fu Lucia la prima,
134.2che Riccardo portò nel casto seno,
134.3e 'l partorì nel fortunato clima,
134.4dove Napoli bagna il mar Tirreno:
134.5l'altra s'incinse in lui che non s'estima,
134.6per oro, o per castella, o per terreno,
134.7ma per sangue gentil onde riluce,
134.8e per virtù che a l'altrui schiere è duce.
135.1L'altro è Giustin, da quel Giustin disceso
135.2che già passò con Belisario invitto,
135.3quando scosse l'Italia il grave peso
135.4del suo giogo crudel, sì come è scritto.
135.5Cosso il terzo, ch'il nome antico ha preso,
135.6brama l'opime spoglie; il quarto Afflitto,
135.7del cui maggior la fama ancor non langue,
135.8che ne' tormenti fu per Cristo esangue.
136.1Succede il buon Metello al duce quarto,
136.2che d'azzurro leon dispiega i velli,
136.3nato col grande Ettorre in un sol parto,
136.4come di Leda i lucidi gemelli:
136.5Napoli, e già da te non mi diparto,
136.6ch'indi due antiche stirpi ancora appelli;
136.7degni d'aspetto in ciel lieto e benigno,
136.8e di volar presso il lucente cigno.
137.1Belprato il sesto fu, né corse meglio
137.2altri gran lancia, o raggirò destriero;
137.3uscì l'estremo il buon Loffredo il veglio,
137.4non so se miglior duce o cavaliero:
137.5de l'antico valor lucente speglio,
137.6e d'ogni arte più bella o magistero,
137.7diè questi esempio, onde Riccardo apprese
137.8d'aspirar giovinetto a l'alte imprese.
138.1Seguian vari destrier con vario pelo,
138.2e con varie fattezze e vari segni;
138.3altri vince in candor la neve e 'l gelo,
138.4altri sembra carbon ch'attuffi e spegni;
138.5altri è d'altro color, ma tutti in cielo
138.6il sol medesmo di portar son degni,
138.7non che in battaglia il troppo irato Achille,
138.8e paion d'aura nati e di faville.
139.1Tutti avean de le genti impresso il nome
139.2e 'l segno, a gloria de' guerrieri armenti;
139.3superbi in vista e con ben culte chiome,
139.4d'ostro guerniti e di fin'òr lucenti,
139.5con piume sparse; e chi gli terge e come
139.6par che disfidi al leggier corso i venti.
139.7Attraversando il lido al suon di tromba,
139.8e nel nitrire il mare e 'l ciel rimbomba.
140.1Brevi fûr le accoglienze, e brevi i detti
140.2del gran Riccardo: –Amici, Iddio vi scorge
140.3ove il valor de gli animosi petti
140.4meglio in grand'uopo si dimostra e scorge.
140.5A vincere o morir ognun s'affretti,
140.6perché l'ora opportuna a voi sen porge:
140.7vincer voi senza me potrete a tempo,
140.8io senza voi già non vivrei gran tempo,
141.1ma di salvar gli amici a voi concedo,
141.2come spero, la gloria: a me non lece;
141.3e questi al cui valor me stesso or credo,
141.4potrà in battaglia sostener mia vece.
141.5Fate ch'omai conosca il pio Goffredo,
141.6ch'in partirlo da lui gran torto ei fece;
141.7né sol lodi virtù matura e lenta,
141.8ma d'averne incolpati alfin si penta.
142.1La sua fortezza impetuosa or mostri
142.2ciascuno in opra ond'io per voi m'esalti;
142.3e s'egli i miei biasmò, gl'impeti vostri
142.4or laudi: ite veloci a' fieri assalti.–
142.5Disse; e quelli ordinati, a' curvi rostri
142.6volsero il corso, anzi il finîro a salti,
142.7la 've mirò il Signor ne l'ampio ed atro
142.8campo di fèra morte, o pur teatro.
143.1Ma, conservando pur l'usanza e 'l modo
143.2del secol prisco, anzi mirabil arte,
143.3l'ordin più folto de' nemici, e 'l nodo
143.4d'aspra guerra incidean da quella parte;
143.5come cuneo talor, dov'è più sodo
143.6il tronco alpestro, ivi il divide e parte:
143.7e i duri colpi trapassâro addentro
143.8del ferreo cerchio al sanguinoso centro.
144.1Quivi era lasso, e mal ferito, ed egro
144.2il duce de gl'Inglesi, e de' Normandi,
144.3tra' suoi che non servâro ordine integro;
144.4e giacean molti de' feroci e grandi.
144.5Goldemar, Aristolfo, il sangue negro
144.6versano, e tu, Raimondo, ancor lo spandi.
144.7Sol de l'arme gravissime coperto,
144.8senza piaga combatte il gran Roberto.
145.1Ma intorno al petto e le lanose gote,
145.2il percosso metallo e stride e squilla;
145.3ei con lena affannata omai non pote
145.4più respirar, mentre in sudor distilla:
145.5e d'ogni lato son fumanti rote
145.6de la fiamma crudel ch'arde e sfavilla:
145.7ei con la stanca destra il tronco verde
145.8gitta di rotta lancia, e 'l cor non perde.
146.1Ma con la spada ancor Guglielmo infermo
146.2scampa, e quasi addivien ch'a morte invole,
146.3ch'intrepido il ricopre, e saldo schermo
146.4è de lo scudo suo la grave mole:
146.5e ne l'alte vestigia impresso e fermo,
146.6de l'altrui morte entro si cruccia e duole;
146.7ma non sperato è già 'l soccorso aggiunto,
146.8onde molti schifâr terribil punto.
147.1Ruperto, in arrivando, orribil piaga
147.2fa con l'asta pungente al fèro Ircano,
147.3e dentro al petto 'l denso cor gl'impiaga,
147.4ond'ei tremando si distese al piano:
147.5né medicina a tempo, od arte maga,
147.6sarebbe a' colpi de l'ardita mano,
147.7che i suoi compagni paurosi e lassi
147.8volser di fuga ne gli amari passi.
148.1Egli da' curvi legni allor rispinse
148.2la fiamma che stridea di trave in trave;
148.3e mal grado di tutti il foco estinse,
148.4e mezza accesa ivi restò la nave:
148.5e molti che il timore in prima vinse,
148.6uscìan de le sentine oscure e cave,
148.7perché non serpa e cresca ardore occulto,
148.8e grande al ciel s'ergea grido e tumulto.
149.1Qual dal sommo talor d'eccelso monte
149.2l'orride nubi il re del ciel disgombra,
149.3e scopre in lui la fulminata fronte,
149.4e i tronchi i quai lasciâro i rami e l'ombra,
149.5e i nudi gioghi, e 'l conturbato fonte,
149.6e tutto ciò ch'una ruina ingombra:
149.7tal ne l'aria serena è quivi apparso
149.8orror di morte, e foco, e sangue sparso.
150.1E rimirâr que' Franchi e que' Britanni
150.2incontra sé, quanti menò già Serse;
150.3e misurar con gli occhi i propri danni,
150.4poich'il fumo i suoi giri in ciel disperse,
150.5con tristo annunzio di futuri danni,
150.6per tèma ancor de le fortune avverse:
150.7né gran conforto di non grande aita
150.8solleva la speranza ancor smarrita.
151.1Ma Ruperto non cessa; e 'n breve spazio
151.2ancide Clodo, Ireo, Lorfin, Meganto,
151.3Orson, Pardin, Ramarrio; e fèro strazio
151.4fa d'Arispa, di Serga e di Lofanto:
151.5e leon di sua fame ancor non sazio
151.6sembra chi 'l segue, o chi guerreggia accanto.
151.7Achille atterra Cauro; Amon, Corindo;
151.8Giustino, Brunellon; Corispo, Olindo.
152.1Cosso abbatte Arifal; Sorano, Idargo;
152.2Metello, Orimael; Notturo Argeste,
152.3lo qual con nave più veloce d'Argo,
152.4sprezzato avea del mar mille tempeste;
152.5parte Afflitto d'Armenio il petto largo,
152.6di Baldano e d'Ormeo l'orride teste:
152.7Belprato a Jarda, a Jaspi, a Bocco adusto;
152.8toglie a Cirneo la vita 'l più vetusto.
153.1Come tra valli selva antica e fosca,
153.2in cui 'l fèro ladrone ancide e spoglia;
153.3e 'l lupo altrui divora e l'angue attosca,
153.4ed empie ogni altra fèra ingorda voglia;
153.5per ben mille percosse a l'aura fosca
153.6prima tremando si dirama e sfoglia,
153.7e con terribil suono i faggi e i cerri
153.8caggion recisi alfin da acuti ferri:
154.1così la fèra turba e varia e mista,
154.2e percossa ed ancisa a terra or cade;
154.3e de l'opra Ruperto onore acquista,
154.4con mille aste pungenti e mille spade.
154.5Ma 'l sol cadendo lagrimoso in vista,
154.6fa del cielo imbrunir l'alte contrade;
154.7e 'l gran Roberto può ne l'ampia torre
154.8tutte le fide schiere omai raccôrre.
155.1Argante con Eldalfio, il qual pur anco
155.2lei di turbe infinite e lor circonda,
155.3cedon l'alto refugio al duce stanco,
155.4ritraendosi al mar che il lido inonda:
155.5e quai su 'l destro lato, e quai sul manco
155.6accendon fochi in arenosa sponda;
155.7tal che par alto incendio omai risorto
155.8lungo il mar risonante e presso il porto.
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