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1.1Ma 'l buon Ruperto, a cui di nulla calse
1.2fuor che di ritrovare il fido amico,
1.3e 'n lui cercando, i monti e l'onde salse
1.4varcheria, non che il fiume o 'l lido aprico;
1.5non da parole è mosso incerte o false
1.6a cui diè vana fede il tempo antico,
1.7né da fantasma, o da terror notturno,
1.8né da sogno che vien da l'uscio eburno:
2.1ma da lume del cielo, onde s'informa
2.2del sacro Piero la divina mente,
2.3o seggia, o vada, o parli, o pensi, o dorma;
2.4tal ch'a' suoi detti ei s'attenea sovente.
2.5E, senza ritrovar vestigio od orma
2.6del suo signor, sen gìo co 'l sol nascente.
2.7E per compagno il dano Araldo elesse,
2.8che terzo in tanto amor esser potesse.
3.1Veduti Araldo in verde etate e cêrchi
3.2vari costumi avea, vari paesi;
3.3peregrinando da' più freddi cerchi
3.4del nostro mondo a gli Eti¢pi accesi;
3.5e com'uom che virtute e senno merchi
3.6le favelle e le usanze e i modi appresi;
3.7poi, grave d'anni, a quelle imprese eccelse
3.8Sueno seguì, che ricercollo e scelse.
4.1Ambo avean già lasciato addietro il lago
4.2che de l'ira del cielo anco s'attrista;
4.3ma pur tre volte a la celeste imago
4.4il dì si pinge e par cangiato in vista.
4.5E vedeano il Giordan corrente e vago,
4.6che, due stagni passando, il corso acquista
4.7più chiaro sempre, e verde riva asperge:
4.8pur manca alfin nel terzo, e si disperge.
5.1Poscia il lago mirâr che lui nel grembo
5.2secondo accoglie, e 'l bel paese intorno;
5.3dico di Genesar, cui fèro nembo
5.4e fulmine non fece o danno o scorno,
5.5e 'l primo ancor fangoso il seno e 'l lembo,
5.6cui Giordan parte con più chiaro corno,
5.7non lunge al Panio, ov'alta rupe instilla
5.8ne l'ombrosa spelunca onda tranquilla.
6.1E pensan di mirar fontana ignota
6.2più oltre, s'egli pur deriva altronde.
6.3E come Fiala entro la propria rota
6.4mai non cresca né scemi e sempre abonde.
6.5E fonte anco veder ch'è men remota,
6.6e più lunge ha del Nilo i pesci e l'onde.
6.7Ma lor gran maraviglia intanto occorse,
6.8che da tutt'altro a sé gli volse e torse.
7.1Mentre sospesi stanno, a lor d'aspetto
7.2venerabile in vista un vecchio appare;
7.3pur come sorga dal profondo letto
7.4che volge il viso al fonte, e 'l tergo al mare;
7.5chiuso ed avvolto in vestir lungo e schietto,
7.6che di candido lin contesto pare.
7.7Scote questi una verga, e 'l fiume calca
7.8co' piedi asciutti, e contra 'l corso il valca.
8.1Sì come soglion là vicino al polo,
8.2se avvien che 'l verno i fiumi agghiacci e indure,
8.3correr su 'l Ren le villanelle a stuolo,
8.4con lunghi strisci, e sdrucciolar secure:
8.5tal ei ne vien sovra l'instabil suolo
8.6de l'acque che non son salde, né dure.
8.7Ma lui tosto conobbe il buon Ruperto;
8.8ché certa aita è nel periglio incerto.
9.1Questi il principio d'alta stirpe antica
9.2traea d'arabi regi, e da caldei;
9.3e perché l'alma avea saggia e pudica,
9.4sprezzò gl'idoli vani, e i falsi dèi;
9.5e i Franchi amò pur come gente amica,
9.6e lor sovvenne quattro volte e sei.
9.7A lui salvò la patria il gran Riccardo,
9.8però a' compagni or non vien lento e tardo.
10.1–Amici, per fornir l'impresa onesta,
10.2non v'è d'uopo passar montagne e lidi,
10.3né mari avversi con fortuna infesta,
10.4ma convien che virtù vi scorga e guidi;
10.5e, se fia cosa al vostro andar molesta,
10.6ella sol v'avvalori, ella v'affidi:
10.7e 'n vece d'un bel sol, nel basso mondo
10.8di tenebre v'illustri orror profondo.
11.1Piacciavi entrar ne le spelunche ascose
11.2dunque, e veder questa secreta sede;
11.3ch'ivi udrete da me non lievi cose,
11.4onde s'accresca l'animosa fede.–
11.5Disse; e che lor dia loco a l'acqua impose,
11.6ed ella tosto si ritira e cede;
11.7e quinci e quindi, d'erto monte in guisa,
11.8curvata pende, e 'n mezzo appar divisa.
12.1Ei mena lor ne le sue stanze interne,
12.2ove non splende più l'aria serena;
12.3ma incerta e debil luce ivi si scerne,
12.4qual di luna fra' boschi ancor non piena.
12.5E gravide d'umor ampie caverne
12.6veggiono, onde fra noi sorge ogni vena,
12.7la qual distilli in fonte, o 'n fiume vago
12.8discorra, o stagni e si dilati in lago.
13.1Stupidi rimirâr gli umidi regni,
13.2e tra spelunche chiuse acque stagnanti,
13.3e sotto a' monti cavernosi e pregni,
13.4senza luce, o splendor, selve sonanti:
13.5secreti ascosi a' men sublimi ingegni,
13.6non ch'a la vista, o pur a' sensi erranti:
13.7e sbigottiti più ch'in campo, o 'n guerra,
13.8al gran suon di tante acque andâr sotterra.
14.1Potean vedere onde il Giordano, ed onde
14.2nasca l'Oronte, o pur l'Eufrate, e 'l Tigre
14.3ch'unito è pria, poi fa diverse sponde,
14.4e veloce è vie più che pardo o tigre;
14.5e Capro, e Lico, e Gorgo, e 'l corso e l'onde
14.6chiare del Cidno, e de l'Arasse impigre:
14.7né quivi tiene 'l Nilo il capo occulto,
14.8o 'l Negro, che risorge ancor sepulto.
15.1E non si cela a' sensi Idaspe od Indo,
15.2e de gli altri maggior si mostra il Gange,
15.3ed ogni altro che parte il Perso o l'Indo,
15.4e i gran campi del mar percote e frange:
15.5e quanti in lui ne versa Olimpo e Pindo,
15.6e quel gelato in cui Prometeo s'ange;
15.7quanti o 'n Parnaso o 'n Tauro alpestri fonti
15.8ha più sublimi, o in Iperborei monti.
16.1E quivi si vedea con vene d'auro
16.2Pattolo, ed Ermo, e Tago ancor più lunge;
16.3e con fronte superba il Po di tauro,
16.4lo qual con cento fiumi al mare aggiunge:
16.5e 'l Tebro trïonfal cinto di lauro,
16.6con gli ondosi fratei ch'a sé congiunge:
16.7e 'l bel Tesino, e l'Adda, e 'l Mincio, e l'Arno,
16.8e 'l suo picciol Sebeto, e 'l Liri, e 'l Sarno.
17.1Vedeano appresso i puri zolfi e i vivi
17.2argenti in quella terra umida e molle:
17.3dove trapassa il sol con raggi estivi,
17.4sì ch'ella fuma riscaldata e bolle;
17.5e tra quasi correnti e vaghi rivi,
17.6si stringe in glebe argentee o 'n auree zolle;
17.7e fiorir varie gemme infra metalli,
17.8come fiori purpurei, azzurri e gialli.
18.1Né di rose e di gigli un chiaro fiume
18.2suol più le rive intorno aver dipinto.
18.3Quivi scintilla con ceruleo lume
18.4il celeste zafiro e 'l bel giacinto:
18.5e par che l'ombre il gran carbonchio allume
18.6con chiara face onde l'orrore è vinto;
18.7e 'l rubino, e 'l diamante ancor più saldo
18.8splende, e lieto verdeggia il bel smeraldo.
19.1I guerrier fra le cose antiche e nove
19.2sen vanno, in guisa d'uom cui sonno lega:
19.3maravigliando, Araldo alfin commove
19.4l'affettüose voci, e parla e prega:
19.5–Deh, padre, dinne ove noi siamo, ed ove
19.6ci guidi, e tua condizion ne spiega:
19.7e di quel che veggiam, qual sogno ed ombra,
19.8dotti ci rendi, e lo stupor disgombra.–
20.1Risponde: –Or sète (e non v'inganna il senso)
20.2nel grembo de la terra oscuro, interno,
20.3ch'in una parte è raro, in altra è denso;
20.4ma tutto passa lo splendor superno:
20.5pur non è ella il gran principio immenso,
20.6il gran principio de le cose eterno;
20.7ben che madre si chiami, e vesta, e vanti
20.8la reggia, e i figli suoi divi e giganti.
21.1Ma se degna di fede è fama antica,
21.2l'Oceàn de le cose è il vecchio padre.
21.3L'Oceàn chiude in sé la terra aprica,
21.4e 'n grembo siede a lui chi detta è madre.
21.5Da prima egli produce, egli nudrica
21.6d'umor le forme rilucenti e l'adre:
21.7gli animali, le piante, i fiori e l'erbe
21.8generate d'umore, avvien ch'ei serbe.
22.1E non sol quanto a noi s'estingue e nasce,
22.2e qui vede fra noi mattino e sera,
22.3ma le stelle lucenti e 'l sole ei pasce,
22.4mentre si volge per obliqua sfera.
22.5Quinci avvien ch'or un segno, or l'altro lasce,
22.6e trapassi là su di fèra in fèra:
22.7ma i sensi e le ragioni il volo han corto,
22.8contemplando nel ciel l'occaso e l'òrto.
23.1Altri forse sarà ch'a voi racconte
23.2d'altre acque sovra il cielo in suon più sacro,
23.3d'altro vero Oceàno, e d'altro fonte
23.4di luce, e d'altro puro ampio lavacro:
23.5e le cinque fontane a voi fian conte,
23.6non pur la somma, a cui purgo e consacro
23.7il torbido pensiero e l'alma immonda,
23.8e ber vi fia concesso in lucid'onda.
24.1Io, quel che lece in quest'ombroso chiostro,
24.2in cui dispiega il suo poter natura,
24.3sgombro la cieca notte al senso vostro,
24.4che sì profonda e densa i lumi oscura:
24.5ed ecco i fonti a voi del mar dimostro
24.6da cui deriva la materia oscura:
24.7e prima e poi ch'indi si faccia il tutto,
24.8ondeggia pur con tempestoso flutto.
25.1E di Cocito, e d'ogni fiume ardente
25.2a voi noto pur fia quant'io conosco.–
25.3Così diss'egli; ed apparian repente
25.4de l'Oceàno i fonti, a l'aer fosco.
25.5E come sia di lor fiume e torrente
25.6il mar di Gade, e l'Africano, e 'l Tosco,
25.7e quello ove è sepolto il fier Tifeo,
25.8l'Adriano, e l'Ionio, e 'l padre Egeo,
26.1e l'inospite Eusino, e 'l Ponto ondoso,
26.2e quel ch'appresso fa l'ampia palude,
26.3e ciascun altro che per loco ombroso,
26.4o sotto aperto cielo indi si schiude.
26.5Né pure il Caspio per sentiero ascoso
26.6trapassa e 'ntorno si circonda e chiude;
26.7ma tutti gli altri con perpetuo giro
26.8là parean far ritorno, onde partîro.
27.1Altro che mai non sorse e non
27.2apparve a l'aria dolce che del sol s'allegra,
27.3al Tartaro tornar veloce or parve,
27.4facendo più d'una rivolta integra:
27.5e volar, quai fantasme oscure e larve,
27.6l'alme dolenti intorno a l'onda negra;
27.7parte dentro attuffarsi a mille a mille:
27.8e quinci poi fumar fiamme e faville.
28.1E lor mostrava in lagrimosa vista
28.2volar al foco gli amorosi spirti:
28.3–E questo (disse) per amar s'acquista;
28.4né qui dà refrigerio ombra di mirti:
28.5altri ritien la sabbia, e l'onda attrista
28.6dove l'arena fa fervide Sirti:
28.7ed altri Flegetonte al fondo infiamma
28.8sotto l'acqua che son d'ondosa fiamma.
29.1E quelli (disse) d'innocente sangue
29.2macchiâr la destra vizïata e lorda;
29.3e quei diêro il venen d'orribil angue,
29.4per fame d'oro e di ricchezza ingorda:
29.5o la morte aflrettâr de l'egro esangue
29.6in altro modo ch'a ragion discorda:
29.7e quegli altri seguîr l'arme de gli empi,
29.8spogliando altari, e vïolando i tempî.
30.1Ma 'l Tartaro profondo assorbe e copre
30.2chi 'l suo proprio signore e 'l dato pegno
30.3de la fede ha tradito; e non discopre
30.4tiranno, usurpator d'ingiusto regno.
30.5Né si ponno purgar le colpe e l'opre
30.6d'alma crudel ch'irriti eterno sdegno:
30.7ma involto è giù ne la miseria estrema
30.8il capo che portò l'alto diadema.
31.1Apprendete giustizia, egri mortali;
31.2e non sprezzate il Re che 'l mondo regge;
31.3il cui voler non fa le pene eguali:
31.4ma ne le varie colpe è giusta legge.–
31.5Così diss'egli; e quei, che i fieri mali
31.6e de l'alme mirar l'inferme gregge,
31.7vinti eran da pietate, e da temenza
31.8del sommo Re che dà l'alta sentenza.
32.1Ma da l'orribil vista i lumi e i passi
32.2tosto lor volse in altra parte il saggio,
32.3e gli condusse affaticati e lassi,
32.4poggiando, che già splende un vivo raggio.
32.5–E per imo sentiero al sommo vassi,
32.6(disse) e s'apre a le stelle alto vïaggio;
32.7se colpa non ritiene e grave incarco
32.8di vizi alma sublime al dubbio varco.
33.1Ed io sempre lontan dal chiaro cielo
33.2non sto sotterra in tenebrosa stanza,
33.3ma su 'l Libano spesso e su 'l Carmelo
33.4ho sublime magion che tutte avanza.
33.5E qui spiegansi a me senza alcun velo
33.6Venere e Marte, ed ogni lor sembianza:
33.7e veggio come ogni altra, o presto, o tardi,
33.8roti benigna o minacciosa guardi.
34.1E sotto i piè mi veggio or folte or rade
34.2le nubi, or negre ed or pinte da Iri;
34.3e generar le pioggie e le rugiade
34.4risguardo, e come il vento obliquo spiri:
34.5come s'accenda, e quai distorte strade
34.6il folgore tonando infiammi e giri:
34.7scorgo comete ne gli aperti campi,
34.8ed altre forme onde lo cielo avvampi.
35.1E non pensiate già ch'angeli stigi
35.2a l'alte maraviglie or qui costringa,
35.3come colei che prigionieri e ligi
35.4fa tanti eroi con arte e con lusinga:
35.5ma de l'Un ricercando alti vestigi,
35.6avvien ch'al sommo gli altri e me sospinga;
35.7sol per unirmi a l'Un c'ha nulla parte,
35.8ed unir può ciò che si sparge o parte.
36.1Egli è quel ch'è; sublime, anzi superno:
36.2e quel che non è lui, da lui disgiunto,
36.3è falso e nulla: e 'n lui diviene eterno
36.4(quasi parte di lui) chi seco è giunto.
36.5Nol vider gli avi miei, ned io discerno
36.6ne l'altissima nube il vero appunto:
36.7che son fra 'l suo splendore e i lumi nostri
36.8di diece spere i luminosi chiostri.
37.1Nol vider gli avi miei che magi appella
37.2il mondo ancora, e scettro aveano e regno
37.3ne l'Orïente, insin che nova stella
37.4a gli estremi di lor fu scorta e segno.
37.5Anzi ciascun de' nostri innanzi a quella
37.6felice età, fu di mirarlo indegno
37.7nel proprio volto, e 'n maestà vetusta:
37.8ma l'orme vide e la sua man robusta.
38.1Or ben vegg' io ch'augel notturno al sole
38.2è nostra vista a' rai del primo vero;
38.3e men s'abbaglia in questa eccelsa mole,
38.4fatta con sì mirabil magistero.
38.5E di me stesso rido e d'altrui fole,
38.6onde scorno mi fece il vostro Piero:
38.7ma sono in parte altr' uom da quel ch'io fui;
38.8che da lui pendo, e mi rivolgo a lui.
39.1E se nulla d'antico io qui riserbo,
39.2a me sembiante o pur a lui difforme;
39.3non son de gli avi, o del saper superbo
39.4sì, ch'io nol lasci e vesta in altre forme.
39.5Veglio farò quel ch'io non feci acerbo,
39.6di lui seguendo pur la voce e l'orme:
39.7Filagliteo mi chiamo; e basti or questo,
39.8ch'io son del vero amico e de l'onesto.–
40.1Così disse, e da l'antro al monte usciva
40.2quegli che rado fece inganno o fallo:
40.3dove abitò, non lunge a l'erta riva,
40.4d'oro albergo lucente e di cristallo:
40.5sovra sette, sembianti a fiamma viva,
40.6di piropo o di lucido metallo
40.7altissime colonne, in cui s'appoggia,
40.8quasi da contemplar teatro o loggia.
41.1Di candido zafiro e d'adamante
41.2eran le porte in cui lo sol traluce:
41.3e tanto l'uno e l'altro era sembiante,
41.4che mal si distinguea colore o luce;
41.5ma quel che preme con le gravi piante,
41.6senza lasciar vestigio, il vecchio duce,
41.7è di topazio, oltra misura adorno,
41.8col segno di armellino e d'unicorno.
42.1Son di fini topazi i gradi ancora,
42.2onde si monta a l'alto albergo e sale.
42.3Di marmo il muro, che si pinge e 'ndora,
42.4di bel candore al bianco avorio eguale:
42.5e le finestre, volte inver l'aurora,
42.6di chiar cristallo o gemma altra non frale:
42.7di ceruleo zafir la somma parte
42.8sparsa è di stelle con mirabil arte.
43.1Quivi il celeste Arturo ed Orïone,
43.2chi lor fece, imitando, impresse e finse;
43.3e ben mille del cielo auree corone,
43.4e poi l'un cerchio a l'altro intorno cinse:
43.5e 'n cinque giri il cielo, e 'n cinque zone,
43.6nel suo mezzo la terra ancor distinse.
43.7Così scolpiti, varïando a' sensi,
43.8avea di questo mondo i lumi accensi.
44.1Gli altri non già, ma stesi innanzi al volto
44.2un gran velo di luce e di splendori,
44.3onde uom potrebbe immaginarsi avvolto
44.4quel ch'è più occulto de' celesti cori.
44.5Quinci da l'alta loggia il lido incolto,
44.6quindi rimira ombre, fontane, e fiori,
44.7e ciò che può nudrir l'erta pendice
44.8di vago, d'odorato e di felice.
45.1Balsamo, cassia, incenso, amomo e croco
45.2vi sono, e piante, ed erbe a mille a mille;
45.3mirra ivi ancor nel dilettoso loco
45.4versa il dolore in lagrimose stille;
45.5e ciò ch'aduna al suo vivace foco
45.6la Fenice, ond'accesa arda e sfaville:
45.7e ciò che 'l saggio re descrisse in prima
45.8in quel già colto o 'n altro estranio clima.
46.1E quanto accolse poi Latino o Greco,
46.2ch'abbia di chiara fama illustri gridi.
46.3Quinci per vie secrete oscuro speco
46.4di Joppe scorge e d'Ascalona a' lidi:
46.5ond'ei, che sa le strade, a l'aer cieco
46.6talor giunse improvviso a' guerrier fidi:
46.7e per refugio occulto, e per ostello
46.8su le ripe fondò torre o castello.
47.1Or quivi non mancâr ministri e servi,
47.2ch'a l'ombra d'un bel faggio e d'un alloro
47.3portâro in lieta mensa e lepri e cervi
47.4in bei vasi d'argento e di fino oro:
47.5perché le stanche membra indi conservi
47.6ciascuno, e prenda al travagliar ristoro.
47.7Alfin, volto a Ruperto il vecchio saggio:
47.8–Sf¢rzati (disse) al cielo, alto coraggio:
48.1e disgombra il timor, ch'al tuo Riccardo,
48.2oltre ogni tuo pensier, vicino or sei;
48.3e di sua libertate a te riguardo
48.4l'onore, eguale a quel d'alti trofei.–
48.5–Padre (rispose) io tardo mossi, e tardo
48.6tu non spiasti già gli affetti miei:
48.7ma de la vita e di famose palme
48.8non curo omai, tanto di lui sol calme.
49.1Allor fia in vece a me d'alta vittoria
49.2la morte, che per lui quest'alma io versi.
49.3Solamente ch'ei torni a quella gloria
49.4ch'invidïaro i suoi nemici avversi.
49.5Perda ogni altro di me grata memoria:
49.6pur ch'ei la serbi, e mostri i lumi aspersi
49.7ne la mia morte, come già vid'io
49.8il dì ch'ei disse a' dolci amici –a Dio–.
50.1Egli piangea, tanto di me gl'increbbe,
50.2a cui 'l proprio fratello appena adegua.
50.3Io prima nacqui, ed egli in prima crebbe:
50.4e sol temo morir, perch'ei non segua.
50.5Ben ti sovvenne, e sovvenir ti debbe
50.6(che la memoria in te non si dilegua)
50.7quando mi predicesti, in dubbio caso,
50.8òrto immortal dopo il mortale occaso:
51.1dicendo ch'a me fine era prescritto
51.2immaturo ne l'Asia, e morte acerba,
51.3s'io liberava il cavaliero invitto
51.4da la dolce prigion ch'amor gli serba:
51.5pur n'avrei lunga fama oltra l'Egitto,
51.6ed oltra Babilonia empia e superba.
51.7Ma, lui lasciando, e l'altre imprese e l'armi,
51.8poteva al duro fato anch'io sottrarmi.
52.1Allor morir elessi: or non mi pento,
52.2né viver sì ozïoso in pace io sceglio,
52.3né se vivessi ancor cent'anni e cento,
52.4sazio sarei di vita, infermo veglio.
52.5Ma ne' suoi rischi neghittoso e lento
52.6son troppo, e tardi al mio dover mi sveglio:
52.7or fa' ch'io sappia ove si trovi, e come,
52.8o domito d'amore, o d'altre some.–
53.1Rispose al guerrier forte il vecchio grave:
53.2–Esser non puote il ver ch'a te si celi.
53.3Dunque saprai de la prigion soave
53.4quanto addivenne, e com'egli arda e geli.
53.5Ma l'alma invitta che di nulla pave,
53.6non si perturbi al minacciar de' cieli,
53.7perch'il destin non signoreggia e sforza,
53.8e la pietà divina ogn'ira ammorza.–
54.1Poscia ricominciò: –L'opre e le frodi
54.2note a voi son de la crudele Armida:
54.3com'ella al campo venne, e con quai modi
54.4molti indi trasse la fallace guida.
54.5Sapete ancor che di tenaci nodi
54.6dipoi gli avvinse, albergatrice infida,
54.7e ch'indi a Gaza gl'inviò con molti
54.8custodi, e che tra via fûr poi disciolti.
55.1Or quella io narrerò ch'appresso occorse
55.2vera istoria, e da voi non anco intesa.
55.3Poi che la maga rea vide ritôrse
55.4la preda sua, già con tanta arte presa,
55.5ambe le mani per dolor si morse,
55.6e disse fra suo cor, di sdegno accesa:
55.7“Ah vero unqua non fia che d'aver tanti
55.8guerrieri liberati egli si vanti.
56.1Se gli altri sciolse, ei serva; ed io sostegna
56.2le pene altrui serbate e il lungo affanno:
56.3egli sia stretto di catena indegna,
56.4né proprio suo, ma sia comune il danno”.
56.5Così, tra sé dicendo, ordir s'ingegna
56.6questo, ch'ora udirete, iniquo inganno.
56.7Viensene al loco in cui Riccardo vinse
56.8l'empia scorta in battaglia, e 'n parte estinse.
57.1Quivi, poi che 'l suo scudo ebbe deposto,
57.2la sopravveste d'un pagan si pose,
57.3forse perché bramava andarne ascosto
57.4con meno illustri insegne e men famose.
57.5Le sue prese la maga iniqua, e tosto
57.6v'involse un tronco busto e poi l'espose
57.7in riva a un picciol fiume ove doveva
57.8stuol di Franchi arrivar, come soleva.
58.1E questo antiveder potea ben ella,
58.2che mandarvi le spie solea dintorno:
58.3onde spesso del campo avea novella
58.4e s'altri indi partiva, o fêa ritorno:
58.5e con maligni spirti anco favella
58.6sovente, e fa con lor lungo soggiorno.
58.7Espose dunque il falso corpo in parte
58.8molto opportuna a l'ingannevol'arte.
59.1Non lunge un sagacissimo valletto
59.2pose, vestito pur di rozzi panni,
59.3e 'mpose lui come recar effetto
59.4egli dovesse a' mal pensati inganni.
59.5E questi sparse poi d'empio sospetto
59.6fra' vostri il seme, e di futuri affanni:
59.7onde si mieta di spietata guerra
59.8frutto, e di morte in mal divisa terra.
60.1E fu, come ella disegnò, creduto
60.2per opra di quel pio Riccardo ucciso,
60.3bench'il falso sospetto, indarno avuto,
60.4del ver si dileguasse al primo avviso.
60.5Cotal d'Armida l'artificio astuto
60.6primieramente fu, quale io diviso:
60.7ora udirete come poi seguisse
60.8il bel Riccardo, e quel ch'indi avvenisse.
61.1Qual cauta cacciatrice, Armida aspetta
61.2Riccardo al varco. Ei su l'Oronte aggiunge,
61.3dove un rio si dirama, e un'isoletta
61.4facendo, tosto a lui si ricongiunge:
61.5e 'n su le rive una colonna eretta
61.6vede, e un picciol battello indi non lunge.
61.7Fisa egli tosto gli occhi al bel lavoro
61.8de la colonna, e legge in lettre d'oro:
62.1“O chiunque tu sia che voglia o caso,
62.2peregrinando, adduce a queste sponde,
62.3maraviglia maggior l'Orto e l'Occaso
62.4non ha di ciò che l'isoletta asconde.
62.5Passa se vuoi vederla”. E' persuaso
62.6tosto l'incauto a gire oltre quell'onde:
62.7e perché mal capace è frale barca,
62.8gli scudieri abbandona, e solo e' varca.
63.1Come è là giunto, cupido e vagante
63.2volge intorno lo sguardo, e nulla ei vede,
63.3fuor ch'antri ed acque, e fiori, ed erbe e piante,
63.4onde quasi schernito allor si crede.
63.5Ma pur il loco e così lieto, e 'n tante
63.6guise l'alletta, ch'ei si ferma e siede:
63.7e disarma la fronte, e la ristaura
63.8al soave spirar di placid'aura.
64.1Il fiume gorgogliar frattanto udìo
64.2con roco suono, e là con gli occhi corse:
64.3e mover vide un'onda in mezzo al rio,
64.4che tornò in se medesma, e si ritorse:
64.5e quinci alquanto d'un crin biondo uscìo,
64.6e quinci di donzella un volto sorse,
64.7quinci il petto, e le mamme, e ciò che vela
64.8onestate, ed amore altrui rivela.
65.1Così talvolta da notturna scena
65.2o ninfa o dèa tardi sorgendo appare.
65.3Questa già de l'Eufrate empia sirena
65.4a l'Oronte fu tratta, e 'n vista pare
65.5di quelle ch'abitâr l'onda tirrena,
65.6sì com'è fama, e 'nsidïoso mare.
65.7Né men ch'in vista è bella, in suono è dolce:
65.8e così canta, e 'l cielo a l'aura molce.
66.1“O giovinetti, mentre aprile e maggio
66.2v'ammanta di fiorite e verdi spoglie,
66.3di gloria e di virtù fallace raggio
66.4la semplicetta mente ah non v'invoglie.
66.5Solo chi segue ciò che piace è saggio,
66.6e 'n sua stagion de gli anni il frutto coglie.
66.7Questo grida natura: ah folli! e voi
66.8pur indurate l'alme a' detti suoi.
67.1Folli, perché gettate il caro dono,
67.2che breve è si di vostra età novella?
67.3Nomi, e senza soggetto idoli sono
67.4quel che merto ed onore il mondo appella.
67.5La fama ch'invaghisce al dolce suono
67.6voi superbi mortali, e par sì bella,
67.7è un eco, un sogno, anzi del sogno un'ombra,
67.8ch'ad ogni vento si dilegua e sgombra.
68.1Goda il corpo securo, e 'n lieti oggetti
68.2l'alma tranquilla appaghi i sensi frali:
68.3oblii le noie andate, e non affretti
68.4le sue miserie in aspettando i mali.
68.5Nulla curi se 'l ciel tuoni e saetti,
68.6minacci egli a sua voglia e 'nfiammi strali.
68.7Questo è saver, questa è felice vita,
68.8e natura l'insegna, anzi l'addita”.
69.1Sì canta l'empia: e 'l giovinetto al sonno
69.2con note invoglia sì soavi e scòrte.
69.3Quel placido già serpe, e fatto è donno
69.4sovra ogni senso in lui più fermo e forte:
69.5né i tuoni omai destar, non ch'altro, il ponno
69.6da quella queta imagine di morte.
69.7Esce d'aguato allor la falsa maga,
69.8e gli va sopra, di vendetta vaga.
70.1Ma quando in lui fissò lo sguardo, e vide
70.2come placido in vista egli respira,
70.3e quell'atto gentil che dolce ride,
70.4ne' lumi chiusi: or che fia, s'ei gli gira?
70.5pria sospesa si ferma, e poi s'asside
70.6a lui vicina, e si dilegua ogn'ira
70.7mentre lui guarda; e 'n su la vaga fronte
70.8pende così che par Narciso al fonte.
71.1De' ligustri, de' gigli, e de le rose,
71.2ch'allor fiorian per quelle piagge amene,
71.3con bell'arte congiunte indi compose
71.4lente ma indissolubili catene.
71.5Queste al collo, a le braccia, ai piè gli pose:
71.6così l'avvinse, e così preso il tiene;
71.7e 'n guardia il diè fra l'erbe e i fior novelli
71.8al Sonno ed a la Morte, ambo gemelli:
72.1che il portâr ne le selve occulte e sole,
72.2onde verdeggia il Libano frondoso;
72.3e tra i bianchi ligustri e le vïole
72.4il posâr dolcemente in letto erboso,
72.5dove l'ombra de' cedri a' rai del sole
72.6e de l'erranti stelle il tenne ascoso,
72.7sovra spargendo in disusata foggia
72.8di mille fiori l'odorata pioggia.
73.1Ella non torna de' Fenici al regno,
73.2né dove ha il suo castello in mezzo a l'onde;
73.3ma, ingelosita di sì caro pegno,
73.4e vergognosa del suo amor, s'asconde
73.5dove giunger non possa armato legno
73.6da le Tirrene rive, o d'altre sponde.
73.7Quivi un palagio fonda appresso un lago,
73.8né fece opra maggior regina o mago.
74.1A piè del monte ove la maga alberga,
74.2sibilando strisciar nuovi pitoni,
74.3e cinghiali arricciar l'aspre lor terga,
74.4ed aprir la gran bocca orsi e leoni
74.5vedrete; ma scuotendo una mia verga
74.6temeranno appressarsi ove ella suoni.
74.7Poscia, molto maggior (s'uom dritto estima)
74.8è l'occulto periglio al monte in cima.
75.1Ivi a la Sira dea sublime tempio
75.2(ché memoria de l'opra ancor non langue)
75.3fu sacro e 'l culto fu profano ed empio:
75.4e dove giacque il bel fanciullo esangue,
75.5costei paventa pur l'antico esempio
75.6fra duo bei fiumi: un di purpureo sangue
75.7fatto si crede, e d'amoroso pianto
75.8l'altro c'ha di chiarezza il pregio e 'l vanto.
76.1Quinci ella derivò di lucid'onde
76.2il fonte, e 'l rio che i riguardanti asseta;
76.3ma dentro a' freddi suoi cristalli asconde
76.4di tosco micidial forza secreta:
76.5ch'un picciol sorso il suo venen diffonde,
76.6e inebria l'alma, e lei fa vaga e lieta:
76.7indi a ridere uom muove, e tanto il riso
76.8s'avanza alfin, ch'ei ne rimane ucciso.
77.1Lunge la bocca disdegnosa e schiva
77.2torcete da l'umor che tosto ancide;
77.3né le dolci vivande in verde riva
77.4v'allettin pur, né le donzelle infide
77.5con voce soavissima e lasciva,
77.6con dolce aspetto che lusinga e ride;
77.7ma voi, gli sguardi e le parole accorte
77.8sprezzando, entrate pur ne l'alte porte.
78.1Dentro è di muri inestricabil cinto,
78.2con mille torti in sé confusi giri;
78.3ma io vi porgo il filo, e lui dipinto,
78.4sì che nessuno error fia che v'aggiri.
78.5Verdeggia un bosco in mezzo al laberinto,
78.6che par che d'ogni fronde amore spiri,
78.7quivi, nel verde sen d'erba novella,
78.8giace il guerrier sovente e la donzella.
79.1Ma come essa, lasciando il caro amante,
79.2in altra parte 'l piede avrà rivolto,
79.3vo' ch'a lui vi scopriate, e d'adamante
79.4lo scudo, ch'io darò, gli alziate al volto:
79.5perch'ei se stesso miri in quel sembiante,
79.6e 'n abito lascivo e molle involto:
79.7ch'a tal vista potrà vergogna e sdegno
79.8scacciar dal petto suo l'amore indegno.
80.1Altro che dirvi omai poco m'avanza,
80.2se non ch'assai securi ir ne potrete;
80.3e trapassar de la secreta stanza
80.4ne le più interne parti e più secrete:
80.5perché non fia che magica possanza
80.6a voi ritardi il corso, o 'l passo viete:
80.7né potrà pur (cotal virtù vi guida)
80.8il giunger vostro antivedere Armida.
81.1Ma s'ella, sue minacce aggiunte a' preghi,
81.2voi perseguisse, come suol, superba;
81.3non sia di voi chi per suo amor si pieghi,
81.4né per lusinga, o per querela acerba;
81.5ma con più stretti nodi allor si leghi
81.6per vostra mano, e non tra' fiori e l'erba.
81.7Voi da me di topazio infuso in Lete
81.8e d'adamante aspra catena avrete.–
82.1Già del sol richiamava il nuovo raggio
82.2a l'opre ogni mortal ch'in terra alberga,
82.3quando tornò da' suoi riposi il saggio
82.4a' due guerrieri; e: –Pria ch'il di più s'erga,
82.5accingiamci (lor disse) al bel vïaggio;
82.6ecco lo scudo, il filo, ecco la verga
82.7d'òr circondata, a cui d'antichi regi
82.8scettro agguagliar non ponno i mastri egregi.
83.1Questa è d'un'erba che talor germoglia
83.2d'arida sabbia in arenose sponde,
83.3con lunga in cima e ripiegata foglia,
83.4e due come ali del suo piè diffonde;
83.5e quinci e quindi de la verde spoglia
83.6sparge nel mezzo poi minori fronde:
83.7ruhat fu detta in barbaro idïoma,
83.8ma la Grecia licnite ancor la noma.
84.1Questa v'affida di periglio e scorno
84.2(disse), né belva fia ch'a voi s'appresse;–
84.3ma i due guerrier, ch'avean gia l'arme intorno
84.4per vie che d'orme non vedeano impresse,
84.5partîr col veglio; e nel chinar del giorno
84.6giunsero ove la stanza Armida elesse:
84.7e videro il palagio, a gli altri occulto,
84.8dov'era più del monte il giogo inculto.
85.1–Mirate (dicea lor) quell'alta mole
85.2ch'in cima al monte di lontan si vede.
85.3Quivi fra cibi, ed ozio, e scherzi, e fole
85.4torpe il campion de la cristiana fede.
85.5Voi con la scorta poi del novo sole
85.6su per quell'erto moverete il piede:
85.7né vi gravi aspettar la bella aurora,
85.8che notturna fatica inutil fôra.
86.1Ben co 'l lume del sol, ch'anco riluce,
86.2insino al monte andar per voi potrassi.–
86.3Essi al congedo di quel saggio duce,
86.4posero da' cavalli a terra i passi:
86.5e ritrovâr la via ch'ivi conduce,
86.6ch'agevol fôra a' più impediti e lassi:
86.7ma quando v'arrivâr, da l'Oceàno
86.8era il carro di Febo ancor lontano.
87.1I due guerrieri in loco ermo e selvaggio,
87.2chiuso d'ombre, fermârsi a piè del monte:
87.3e come 'l ciel rigò col nuovo raggio
87.4il sol, de l'aurea luce eterno fonte:
87.5–Su su,– gridâro; e 'l dubbio erto viaggio
87.6ricominciâr con voglie ardite e pronte.
87.7Ma esce, non so d'onde, e s'attraversa
87.8fiera, serpendo orribile e diversa.
88.1Innalza d'oro squallido squamose
88.2le creste e 'l capo, e gonfia il collo d'ira:
88.3arde ne gli occhi, e le vie tutte ascose
88.4tien sotto il ventre, e tosco e fumo spira:
88.5or s'accoglie in se stessa, or le nodose
88.6rote distende, e sé dopo sé tira:
88.7tal s'appresenta, e 'l passo orribil guarda,
88.8né però de' guerrieri i passi or tarda.
89.1Ruperto il ferro stringe e 'l drago assale;
89.2ma l'altro grida a lui: –Che fai? che tente?
89.3Per isforzo di man, con arme tale,
89.4vincere avvisi il difensor serpente?–
89.5Egli vibra la verga e l'òr non frale,
89.6sì che la belva 'l sibilar ne sente,
89.7e 'mpaurita al suon fuggendo ratta,
89.8lascia quel varco libero, e s'appiatta.
90.1Più suso, alquanto il passo a lor contende
90.2fèro leon che gli rimira e rugge,
90.3e d'ampia bocca apre caverne orrende,
90.4onde ei divora i vivi corpi e strugge:
90.5si sferza con la coda, e l'ira accende;
90.6ma da la verga poi s'arretra e fugge,
90.7più che da foco, e da virtù secreta
90.8d'augel che nuncio sia del gran pianeta.
91.1Seguia la coppia il suo cammin veloce:
91.2ma terribile schiera han già davante
91.3de' selvaggi animai, vari di voce,
91.4vari di moto, vari di sembiante.
91.5Ciò che di mostruoso e di feroce
91.6erra fra 'l Nilo e 'l mauritano Atlante,
91.7par qui tutto raccolto: e quante belve
91.8l'Ercinia ha in sen, quante l'Ircane selve.
92.1Ma pur sì fèro esercito e sì grosso
92.2non vien che lor respinga, o che resista,
92.3anzi (miracol novo) in fuga è mosso
92.4da un picciol fischio e da una breve vista.
92.5La coppia omai vittorïosa il dosso
92.6de la montagna senza intoppo acquista:
92.7se non che lor ritarda al fin vicino
92.8de le rigide vie l'aspro cammino.
93.1Ma poi che già le spalle ebber varcate,
93.2lasciando a tergo il discosceso e l'erto,
93.3un bel tepido ciel di dolce state
93.4trovâr, e 'l pian sul monte ampio ed aperto:
93.5aure fresche mai sempre ed odorate
93.6vi spiran con tenor stabile e certo,
93.7né i fiati lor, sì come altrove suole,
93.8sopisce o desta, ivi girando, il sole.
94.1Né, come altrove suol, ghiacci ed ardori,
94.2nubi e sereni in quelle piagge alterna;
94.3ma 'l ciel di candidissimi splendori
94.4sempre s'ammanta, e non s'infiamma o verna:
94.5e nudre a' prati l'erba, a l'erbe i fiori,
94.6a' fior l'odore, a' rami l'ombra eterna:
94.7siede su l'acque, e signoreggia intorno
94.8le piaggie e i monti, il bel palagio adorno.
95.1La coppia a l'erta cima omai salita
95.2pronti aveva gli spirti e 'l corpo lasso:
95.3onde ne gìan per quella via fiorita,
95.4lenti or movendo, ed or fermando il passo:
95.5quando ecco un fonte, ch'a bagnar invita
95.6le labbra, alto cader da un vivo sasso,
95.7con larghissima vena e con ben mille
95.8vaghi giri spruzzar l'erbe di stille.
96.1Ma tutta insieme poi tra gli olmi e i faggi
96.2in profondo sentier l'acqua s'aduna,
96.3e sotto l'ombra di perpetui maggi,
96.4mormorando sen va gelida e bruna:
96.5e pura, e chiusa al trapassar de' raggi,
96.6senza celare in sé vaghezza alcuna,
96.7e sovra le sue rive alta s'estolle
96.8l'erbetta, e vi fa seggio fresco e molle.
97.1–Ecco il fonte del riso, ed ecco il rio,
97.2che mortali perigli in sé contiene.
97.3Or qui tenere a fren nostro desio,
97.4ed esser cauti molto a noi conviene:
97.5chiudiam gli orecchi al dolce canto e rio
97.6di queste del piacer false sirene:
97.7così (diceva Araldo) al chiaro gorgo
97.8n'andremo, ove l'insidie or tese io scorgo.–
98.1Quivi di cibi prezïosa e cara
98.2drizzata è l'ampia mensa in verdi rive;
98.3e scherzando vedean per l'acqua chiara
98.4due donzellette garrule e lascive,
98.5ch'or si spruzzano il volto, or fanno a gara
98.6chi prima a un segno destinato arrive:
98.7si tuffano talora, e 'l capo e 'l dorso
98.8scoprono alfin dopo il celato corso.
99.1Mosser le natatrici ignude e belle
99.2de' duo guerrieri alquanto i duri petti,
99.3sì che fermârsi a riguardarle; ed elle
99.4seguian pure i lor giuochi e i lor diletti.
99.5Ma l'una intanto candide mammelle,
99.6e tutto ciò che più la vista alletti,
99.7mostrò, da' fianchi in suso, ignudo al cielo:
99.8fêan quasi l'acque a l'altre parti il velo.
100.1Qual mattutina stella esce de l'onda
100.2rugiadosa e stillante, o come fuore
100.3spuntò, nascendo già, da la feconda
100.4spuma de l'Oceàn, la dea d'amore:
100.5tale apparve costei; tal crespa e bionda
100.6chioma stillava il cristallino umore:
100.7poi girò gli occhi, e pure allor s'infinse
100.8que' duo vedere, e in sé tutta si strinse.
101.1La chioma allor su l'aurea testa accolta,
101.2con un bel nodo ella repente sciolse,
101.3che lunghissima in giù cadendo e folta,
101.4d'un velo d'oro il molle avorio involse.
101.5O che leggiadra vista a gli occhi è tolta!
101.6Ma non men vago fu chi lor la tolse;
101.7così da l'acque e da' capelli ascosa,
101.8a lor si volse lieta e vergognosa.
102.1Rideva insieme, e insieme ella arrossia,
102.2ed era nel rossor più bello il riso,
102.3e nel riso il rossor che le copria
102.4insino al bianco mento il chiaro viso.
102.5Mosse la voce poi sì dolce e pia,
102.6che fôra ciascun altro indi conquiso:
102.7–O fortunati peregrin', cui lice
102.8giungere in questa sede alma e felice!
103.1Questo è il porto del mondo, e qui è il ristoro
103.2de le sue noie, e quel piacer si sente,
103.3che già senti ne' secoli de l'oro
103.4l'antica e senza fren libera gente.
103.5L'arme, che insino a qui d'uopo vi fôro,
103.6potete omai spogliar securamente,
103.7e sacrarle in quest'ombra a la quiete;
103.8ché guerrieri qui sol d'amor sarete.
104.1E dolce campo di battaglia il letto
104.2fiavi, e l'erbetta de' più verdi prati;
104.3e noi mêrrenvi anzi 'l regale aspetto
104.4di lei che qui fa i servi suoi beati,
104.5che v'accorrà nel bel numero eletto
104.6di quei, ch'a le sue gioie ha destinati;
104.7ma pria la polve in queste acque deporre
104.8vi piaccia, e 'l cibo a quella mensa or tôrre.–
105.1L'una disse così: l'altra concorde
105.2l'invito accompagnò d'atti e di sguardi;
105.3e come al suon de le canore corde
105.4s'accompagnano i passi, or lenti or tardi.
105.5Ma i cavalieri hanno indurate e sorde
105.6l'alme a quei vezzi lor vani e bugiardi:
105.7e 'l lusinghiero aspetto e 'l parlar dolce
105.8di fuor s'aggira, e solo i sensi molce.
106.1E se di tal dolcezza entro diffusa
106.2parte si sparge, ond'il desio germoglie,
106.3tosto ragion, ne l'arme sua rinchiusa,
106.4sterpa, o recide le nascenti voglie.
106.5L'una coppia riman vinta e delusa,
106.6l'altra sen va, né pur congedo toglie.
106.7Essi entrâr nel palagio, elle ne l'acque:
106.8cotanto l'esser vinte a lor dispiacque.
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