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1.1Già cheti erano i tuoni e le tempeste,
1.2e cessato il soffiar d'austro e di coro,
1.3e l'alba uscìa da la magion celeste,
1.4con la fronte di rose e co' piè d'oro:
1.5ma quei che le procelle avean già deste,
1.6facean di nuovi inganni altro lavoro:
1.7onde l'un d'essi, ch'Astagorre è detto,
1.8così parlava a la compagna Aletto:
2.1–Mira, Aletto, venir da l'ermo lito
2.2(né fermarlo possiam) forte guerriero,
2.3che da la man sanguigna è vivo uscito
2.4del sovran difensor del nostro impero.
2.5Questi, narrando del suo duce ardito,
2.6e de' compagni a' Franchi il caso fèro,
2.7forse avverrà che faccia alfin concordi
2.8gli animi alteri e di vendetta ingordi.
3.1Sai quanto ciò rilievi, e si convene
3.2a gran princìpi oppor forza ed inganno.
3.3Scendi adunque tra' Franchi, ov'ei sen vene,
3.4e ciò che dice a pro, rivolgi in danno:
3.5empi di tosco tu le occulte vene
3.6del Latin, del Tedesco e del Britanno;
3.7movi l'ire e i tumulti, e fa tal'opra
3.8che tutto vada il campo alfin sossopra.
4.1L'opra è degna di te: tu nobil vanto
4.2ten désti già dinanzi al signor nostro.–
4.3Così le parla; e basta ben sol tanto,
4.4perché muova a l'impresa il fèro mostro.
4.5Giunto a le tende, e quivi fermo intanto
4.6quel cavaliero il cui venir fu mostro,
4.7chiede chi gli sia scorta, e lui conduca,
4.8per mercede e per grazia, al sommo duca.
5.1Molti il guidâro al cavalier soprano,
5.2vaghi d'udir dal peregrin novelle.
5.3Egli inchinollo, e l'onorata mano
5.4volea baciare onde tremò Babelle.
5.5–Signor (dicea), con l'ultimo Oceàno
5.6termina la tua fama e con le stelle:
5.7ma venirne vorrei più lieto messo.–
5.8Qui sospirava, e soggiungeva appresso:
6.1–Suen, del re de' Dani unico figlio,
6.2gloria e sostegno a la cadente etade,
6.3tra que' fu che, seguendo alto consiglio,
6.4cinto han per Cristo le onorate spade.
6.5Né timor di fatica, né periglio,
6.6né vaghezza di regno né pietade
6.7del vecchio padre, sì fervente affetto
6.8intepidîr nel generoso petto.
7.1Lo spingeva un desio d'apprender l'arte
7.2de la milizia faticosa e dura
7.3da te, sì nobil mastro: e sentia in parte
7.4sdegno e vergogna di sua fama oscura;
7.5già di Riccardo il nome in ogni parte
7.6con gloria udendo in verdi anni matura:
7.7ma pià il commosse ardente e vivo zelo,
7.8non del terren ma de l'onor del cielo.
8.1Precipitò gl'indugi e seco tolse
8.2stuol di fidi compagni assai robusto,
8.3e dritto vêr la Tracia ei si rivolse.
8.4E prima che passasse il varco angusto,
8.5lui 'l greco imperador cortese accolse
8.6ne la città dove è il gran seggio augusto.
8.7Quivi giunse in tuo nome un tuo messaggio,
8.8perch'al ciel più si sforzi alto coraggio.
9.1Ei le fatiche e i sanguinosi assalti
9.2di gente pia che sol per te non erra,
9.3e tinto Ascanio di sanguigni smalti,
9.4e 'ncendi e rischi di nemica terra,
9.5e i trofei gli narrò sublimi ed alti,
9.6più del gran Tauro soggiogato in guerra,
9.7e palme e spoglie di già vinti regi,
9.8tuoi primi e di Riccardo alteri pregi.
10.1Soggiunse alfin come già il duce Franco
10.2veniva a dar l'assalto a queste porte,
10.3e invitò lui ch'i tuoi non vide unquanco
10.4a seguitar la tua seconda sorte.
10.5Questo parlare al giovinetto fianco
10.6del fier Sueno è stimolo sì forte,
10.7che teco brama insanguinar la destra,
10.8e mar più nol ritiene, o rupe alpestra.
11.1Sente l'indugio suo rimproverarsi
11.2ne l'altrui gloria, e se ne affligge e rode;
11.3e chi 'l consiglia e chi 'l prega a fermarsi,
11.4o che non l'esaudisce o che non l'ode.
11.5Rischio non teme, fuor che non trovarsi
11.6a parte di gran rischio e d'alta lode.
11.7Questo gli sembra sol periglio grave,
11.8de gli altri o nulla intende, o nulla pave.
12.1Egli medesmo sua fortuna affretta,
12.2fortuna che noi tragge, e lui conduce;
12.3pero ch'appena al suo partire aspetta
12.4i primi rai de la novella luce:
12.5e per miglior la via più breve eletta
12.6(tale ei la stima, ch'è signore e duce)
12.7passa dove Ellesponto appresso Abido
12.8mareggia, e lascia l'arenoso lido.
13.1Guida forte drappello, e leve e scarco,
13.2selve passando e valli ime e pendici;
13.3né teme dubbia via né dubbio varco
13.4fra Bitini e Pisidi, o fra Cilici:
13.5sperando di fugare al suon de l'arco
13.6i domi e stanchi e timidi nemici:
13.7e 'n guisa superar l'accolte insidie,
13.8ch'il ben preso cammin nulla gl'invidie.
14.1Or difetto di cibo, or cammin duro
14.2trovammo, or violenza ed or agguati:
14.3ma tutti fûr vinti i disagi, e fûro
14.4or uccisi i nemici ed or fugati.
14.5Fatte avean ne' perigli ogni uom securo
14.6le vittorie, e più audaci i fortunati,
14.7quando, al sorger de l'ombra inculta ed erma
14.8terra stanza ci diè capace e ferma.
15.1Quivi da' precursori a noi fu detto
15.2che lunge romor d'arme aveano udito,
15.3e visto e 'nsegne e segni ond'han sospetto
15.4d'esercito maggiore, anzi infinito,
15.5non pensier, non color, non cangia aspetto,
15.6non muta voce il mio signor ardito,
15.7ben che molti vi sian ch'al fèro avviso
15.8tingano di pallor la fronte e 'l viso.
16.1Ma dice: “O quale omai vicina abbiamo
16.2palma di nobil morte o di vittoria.
16.3L'una spero io ben più, ma non ben bramo
16.4l'altra, ov'è maggior merto e pari gloria.
16.5Questo campo, o fratelli, ov'or noi siamo,
16.6fia consacrato ad immortal memoria,
16.7in cui l'età futura additi e mostri
16.8le nostre sepolture, o i trofei nostri.
17.1Qui solo non chied'io verde corona,
17.2o d'ostro nel trionfo andar vermiglio;
17.3ma quei ch'a noi promette il cielo e dona,
17.4eterni pregi di mortal periglio.
17.5Né qui le fère strette, o Maratona,
17.6ma gli avi e' padri a voi rammento io, figlio
17.7di Dano invitto; a voi la croce e 'l sangue
17.8sparso dal re sul fèro monte esangue”.
18.1Così disse; e le guardie allor dispose,
18.2e compartì gli offici e la fatica:
18.3fece armati giacerne, e non depose
18.4ei medesmo la forte aurea lorica.
18.5Già la notte copria le umane cose,
18.6de l'alto sonno e del silenzio amica,
18.7allor che d'urli barbareschi udissi
18.8romor che giunse al cielo e negli abissi.
19.1Si grida: –A l'arme, a l'arme;– e Sueno, involto
19.2ne l'arme sue lucenti, oltra si spinge:
19.3e magnanimamente i lumi e 'l volto
19.4di non usato ardire infiamma e tinge.
19.5Ecco siamo assaliti, e un cerchio folto
19.6da tutti i lati ne circonda e cinge,
19.7e 'ntorno un bosco abbiam d'aste e di spade,
19.8e sovra noi di strali un nembo cade.
20.1Ne la pugna inegual (ché diece o venti
20.2fûr quelli assalitori incontra ad uno)
20.3altri piagati, altri conquisi e spenti
20.4son da cieche ferite a l'aer bruno.
20.5Ma 'l numero de gli egri e de' cadenti,
20.6fra l'ombre oscure non discerne alcuno.
20.7Copre la notte i nostri danni, e l'opre
20.8de la nostra virtute anco ricopre.
21.1Ma fra gli altri Sueno alzò la fronte,
21.2ch'agevol cosa è ch'ei veder si possa
21.3far cose in orrida ombra illustri e conte,
21.4ardir mostrando ed incredibil possa.
21.5Di sangue un rio, di morti corpi un monte
21.6d'ogn'intorno gli fanno e muro e fossa;
21.7e par ch'ove si volga ei seco apporte
21.8lo spavento ne gli occhi, e in man la morte.
22.1Tal guerra fu sin ch'al bramato albore
22.2del lucido orïente il ciel s'aperse;
22.3ma poi che scosso è quel notturno orrore
22.4che l'orror de le morti in sé coperse,
22.5la desiata luce a noi terrore
22.6portò con fère immagini e diverse;
22.7perché vedemmo il nostro vallo a terra,
22.8pieno di morti in lacrimosa guerra.
23.1Seimila fummo, e non siam cento. Or quando
23.2tanto sangue egli mira e tante morti,
23.3la fèra vista il perturbò mirando,
23.4e fece noi del proprio danno accorti.
23.5Ei già nol mostra, anzi, la voce alzando:
23.6“Seguiam (ne grida) que' compagni forti,
23.7ch'al ciel, lunge dai laghi averni e stigi,
23.8n'han segnati co 'l sangue alti vestigi”.
24.1Disse; e lieto di morte omai vicina,
24.2nel magnanimo core e nel sembiante,
24.3incontra a la barbarica ruina
24.4ne porta il petto intrepido e costante.
24.5Tempra non sosterrebbe eletta e fina,
24.6ben che fosse di lucido diamante,
24.7i fèri colpi, ond'egli il campo allaga:
24.8e fatto è il corpo suo vermiglia piaga.
25.1La vita no, ma la virtù sostenta
25.2il cavaliero indomito e feroce:
25.3ripercote percosso, e non s'allenta;
25.4ma quando offeso è più, tanto più nòce.
25.5Quando ecco, pien di rabbia, a lui s'avventa
25.6uom smisurato e di sembianza atroce,
25.7con molti insieme, onde reciso e tronco,
25.8come da ferro fu sublime tronco.
26.1Cade il garzone invitto (ahi caso amaro)
26.2né v'è fra noi chi vendicare il possa.
26.3Voi chiamo in testimonio, o del mio caro
26.4signor sangue ben sparso e nobil'ossa;
26.5ch'allor non fui de la mia vita avaro,
26.6né schivai ferro né schivai percossa:
26.7e, se piaciuto pur fosse là sopra
26.8ch'io vi morissi, il meritai con l'opra.
27.1Fra gli estinti compagni io sol cadei
27.2vivo, né forse vivo è chi mi pensi:
27.3né de' nemici più cosa saprei
27.4ridir, sì tutti avea sopiti i sensi.
27.5Ma poi che tornò il lume a gli occhi miei,
27.6ch'eran d'atra caligine condensi,
27.7notte mi parve; ed a lo sguardo fioco
27.8s'offerse il vacillar d'un picciol foco.
28.1Non rimaneva in me tanta virtude,
28.2ch'a discerner le cose io fossi presto;
28.3ma vedea, come quel ch'or apre or chiude
28.4gli occhi, mezzo tra 'l sonno e l'esser desto:
28.5e 'l duolo omai de le ferite crude
28.6più cominciava a farmisi molesto,
28.7ché l'inaspria l'aura notturna e il gelo,
28.8in terra nuda e sotto il freddo cielo.
29.1E più e più s'avvicinava in tanto
29.2quel lume, e 'nsieme un tacito bisbiglio,
29.3sin ch'a me giunse e mi si pose a canto.
29.4Alzo allor, ben che a pena, il debil ciglio,
29.5e veggio due vestiti in lungo manto
29.6tener due faci; e dirmi sento: “O figlio,
29.7confida in quel Signor ch'a' pii sovviene,
29.8e con la grazia i preghi altrui previene”.
30.1In tal guisa parlava: indi la mano,
30.2benedicendo, sovra me distese,
30.3e susurrava in suon devoto e piano
30.4voci allor poco udite e meno intese.
30.5“Sorgi (poi disse), e sarai forte e sano”,
30.6e con la destra la mia destra ei prese.
30.7O pietà vera, o fede! allor mi sembra
30.8piene di vigor novo aver le membra.
31.1Maraviglioso i' guardo, e non ben crede
31.2l'anima sbigottita il certo e 'l vero:
31.3onde l'un d'essi a me: “Di poca fede
31.4perché tanto vacilla il tuo pensiero?
31.5Verace corpo è quel che in noi si vede:
31.6servi siam di Gesù, ch'il lusinghiero
31.7mondo e 'l suo falso dolce abbiam fuggito,
31.8e qui viviamo in seggio erto e romito.
32.1Me per ministro a tua salute eletto
32.2ha quel Signor che solo eterno regna,
32.3che per ignobil mezzo oprar effetto
32.4maraviglioso ed alto non disdegna:
32.5né men vorrà così lasciar negletto
32.6quel corpo in cui già visse alma sì degna,
32.7lo qual con essa ancor, lucido e leve
32.8e immortal fatto, riunir si deve.
33.1Dico di quel Sueno, a cui vedremo
33.2alzar, quando che sia, marmorea tomba
33.3in questa parte o 'n altro lido estremo,
33.4ove la gloria di Gesù rimbomba:
33.5ma solleva omai gli occhi al ciel supremo
33.6a cui l'alma volò, quasi colomba;
33.7e mira quella chiara e ardente luce
33.8che mostra il corpo del tuo nobil duce”.
34.1Allor vegg' io che da la eterna face,
34.2anzi dal sol notturno, un raggio scende
34.3che dritto là dove il gran corpo giace,
34.4quasi aureo tratto di pennel, si stende:
34.5e sopra lui co 'l suo splendor vivace,
34.6le piaghe illustra e l'aria intorno accende;
34.7e subito da me si raffigura
34.8ne la sanguigna orribile mistura.
35.1Giacea, converso a terra avendo il volto,
35.2pien di santa umilta, l'invitto sire
35.3ch'ebbe vivendo il core al ciel rivolto,
35.4in guisa d'uom ch'a gloria eterna aspire.
35.5Chiusa la destra, e 'l ferro avea raccolto,
35.6com'il pugno stringesse, anzi 'l morire;
35.7e con l'altra lo scudo ancor teneva,
35.8né l'arme a gli empi, a Dio l'alma rendeva.
36.1Nel modo stesso i suoi fidi seguaci
36.2volto a la terra avean il petto e 'l viso,
36.3quasi dando a la madre estremi baci,
36.4quando lo spirto fu da lor diviso.
36.5Ma con faccia crudel di que' rapaci
36.6tutto giacea supino il volgo anciso:
36.7così dal guerrier pio distinto è l'empio,
36.8un destinato a' corvi, e l'altro al tempio.
37.1Le calde piaghe al mio signor col pianto
37.2lavo; né sfogo il duol che l'alma accora.
37.3Parve la fredda mano aprire intanto,
37.4e la spada mi diè ch'Europa onora:
37.5quella che sparso avea sangue cotanto,
37.6onde i segni veder potresti ancora:
37.7ch'è di tempra perfetta, e non è forse
37.8altra spada che debba a lei preporse.
38.1Non è chi meglio fenda e meglio punga;
38.2né dura squamma, o duro cuoio, o cerro
38.3far potrebbe difesa ov'ella aggiunga,
38.4e taglierebbe ancor l'acciaio e 'l ferro:
38.5ma grave oltra misura, e larga e lunga,
38.6pari in terra non ha, s'io pur non erro;
38.7se non s'è quella che portò in esiglio
38.8di forte padre assai più forte il figlio.
39.1La pres'io ben, ma dissi: “Altrui si serba,
39.2ch'abbia pari valor, più lieta sorte,
39.3e con lei vendicar la troppo acerba
39.4e troppo iniqua possa e dura morte.
39.5Io non ho contra il vero alma superba,
39.6né mi do vanto d'aver man sì forte,
39.7che raggirar la possa: altrui s'aspetta
39.8dunque del mio signor l'aspra vendetta”.
40.1Disse il romito allor: “L'empio soldano
40.2ha il tuo signor co' tuoi compagni anciso:
40.3vattene dunque al cavalier soprano,
40.4che sarà intorno a l'alte mura assiso;
40.5e non temer che nel paese estrano
40.6ti sia il sentier di nuovo ancor preciso;
40.7ché t'agevolerà per l'aspra via
40.8l'alta destra del ciel che là t'invia.
41.1Quivi egli vuol che da la chiara voce,
41.2che viva in te serbò, si manifesti
41.3la pietade, il valor, l'ardir feroce,
41.4che nel diletto tuo signor vedesti;
41.5perché a segnar de la purpurea croce
41.6l'arme, con tal esempio, altri si desti;
41.7ed ora, e dopo cento e cento lustri,
41.8infiammati ne siano i duci illustri.
42.1Frattanto appresso i fidi e cari amici
42.2giacerà del tuo duce il corpo ascoso,
42.3mentre l'anime, amando, in ciel felici
42.4godon perpetuo onore e glorïoso.
42.5Ma tu col pianto omai gli estremi offici
42.6pagati hai loro, e tempo è di riposo:
42.7e meco albergo avrai, sin ch'al viaggio
42.8far non possa stanchezza o piaga oltraggio”.
43.1Così diceva; ed ecco oscura e negra
43.2nube di corvi e d'avvoltoi volanti
43.3scendere al campo in cui vittoria allegra
43.4non ebbe il gran nemico onde si vanti:
43.5né lasciar faccia con gli artigli integra,
43.6o pur col rostro, de' seguaci erranti;
43.7e tutti sazi di quel fèro pasto
43.8non fèr viso de' nostri orrido e guasto.
44.1Un'aquila vid'io con penne d'oro
44.2tra le vermiglie piume al vento sparse,
44.3ch'un angelo parea del sommo coro,
44.4così repente fiammeggiando apparse:
44.5e 'ntorno al corpo, ond'io mi lagno e ploro,
44.6pur come a guardia la vedea girarse:
44.7e 'l veglio mi dicea: “Questi anco il guarda.
44.8Ma segui me, ché la partita è tarda”.
45.1Tacque; e per lochi ora sublimi, or cupi
45.2mi scorse, ond'a gran pena il fianco trassi;
45.3poi, dove pende da selvagge rupi
45.4cava spelonca, raccogliemmo i passi.
45.5Questo è il suo albergo; ivi, fra gli orsi e i lupi
45.6co 'l suo compagno egli securo stassi,
45.7che difesa miglior ch'usbergo e scudo,
45.8è la santa innocenza al petto ignudo.
46.1Silvestre cibo e duro letto porse
46.2restauro alfine e posa al languir nostro.
46.3Ma poi ch'accesi in orïente scorse
46.4i primi rai de l'alba òrati e d'ostro;
46.5vigilante ad orar subito sorse
46.6l'un e l'altro eremita in verde chiostro:
46.7e ricercâr, fin che tra loro i' fui,
46.8a me salute, e sepoltura altrui.
47.1Sepolti il nobil duce e' suoi compagni
47.2in umil loco sono e 'n parte oscura;
47.3ch'è ben alta cagione ond'io mi lagni
47.4e del mondo e di mia forte ventura:
47.5e brami trasportarli ov'il mar bagni
47.6di porto, o di città famose mura,
47.7in qualche riva d'Asia, ovver più lunge,
47.8dove stanca la fama a pena aggiunge;
48.1perché di peregrini e bianchi marmi
48.2gli alzi sublime tomba il vecchio padre,
48.3e la sua gloria scriva in brevi carmi,
48.4dov'egli pianga e la sua antica madre:
48.5e vi sospenda intorno insegne ed armi,
48.6temute già ne le famose squadre:
48.7e l'imagine armata in cima aggiunga,
48.8ch'il possente destrier affreni e punga.
49.1Indi passando il navigante audace
49.2de l'inospite mar l'arene algenti;
49.3“Ivi Suen, dirà, si posa e giace,
49.4che in Asia ucciso fu da l'empie genti,
49.5mentre andava al Sepolcro: eterna pace
49.6conceda a l'ossa il cielo, il mare e i venti;
49.7e non turbi Aquilon, quando più verna,
49.8del suo onore immortal la face eterna”.–
50.1Qui tacque il messaggiero, e gli rispose
50.2il sommo duce: –O cavalier, tu pòrte
50.3dure novelle al campo e dolorose,
50.4ond'a ragion si turbi e si sconforte;
50.5poi che genti sì amiche e valorose,
50.6breve ora ha tolte e poca terra assorte;
50.7e in guisa d'un balen lucente apparve
50.8il signor vostro in Asia, e poi disparve.
51.1Ma che? felice è cotal morte e scempio,
51.2via più ch'acquisto di province e d'auro:
51.3né dar l'antico Campidoglio esempio
51.4d'alcun può mai sì glorïoso lauro.
51.5Egli del cielo in luminoso tempio
51.6trionfa il mondo, non pur l'Indo o 'l Mauro:
51.7ivi cred'io che le sue belle piaghe
51.8ciascun lieto dimostri, e se n'appaghe.
52.1Ma tu, ch'a le fatiche ed al periglio
52.2ne la milizia ancor resti del mondo,
52.3di lor gloria t'allegra, e lieto il ciglio
52.4mostra, e quanto conviene il cor giocondo:
52.5che non sol qui del gran Guglielmo il figlio
52.6può sostener di quella spada il pondo,
52.7né lodo io già che dubbia via tu prenda,
52.8pria che di lui certa novella intenda.–
53.1Questo parlar ne l'animosa mente
53.2di Riccardo l'amor desta e rinnova:
53.3e v'è chi dice: –Ahi fra nemica gente
53.4il giovinetto errante si ritrova:–
53.5e non v'è quasi alcun che non rammente,
53.6narrando al Dano, i suoi gran fatti a prova:
53.7le cittadi espugnate, e i vinti regni,
53.8la prigione, e gli antichi e i novi sdegni.
54.1Or quando del guerrier l'alta possanza
54.2avea gli animi accesi e 'nteneriti;
54.3ecco molti tornar, che per usanza
54.4eran d'intorno a depredar usciti;
54.5e, sc¢rsi con insolita baldanza,
54.6e gregge conduceano e buoi rapiti;
54.7o ciò che può saziar l'umane brame,
54.8o pascer de' cavalli ingorda fame.
55.1E questi di sciagura aspra e noiosa
55.2segno portâr ch'in apparenza è certo:
55.3rotta del bel Riccardo e sanguinosa
55.4la sopravvesta, e 'l forte arnese aperto.
55.5Tosto si sparse (e chi potria tal cosa
55.6tener celata?) un romor vario e 'ncerto:
55.7corre il volgo dolente a le novelle
55.8del guerriero e de l'arme, e vuol vedelle.
56.1Vede e conosce ben l'immensa mole
56.2del grand'usbergo, e 'l folgorar del lume,
56.3e l'arme tutte, ov'è l'augel ch'al sole
56.4prova i suoi figli, e mal crede a le piume:
56.5ché di vederle già primiere o sole
56.6ne l'imprese più grandi ebbe in costume;
56.7ed or, non senza alta pietate ed ira,
56.8rotte e sanguigne ivi giacer le mira.
57.1E narra il portator: –Quinci lontano
57.2quanto in un giorno un messaggero andria,
57.3verso i confini d'Arce un picciol piano,
57.4chiuso tra colli, alquanto è fuor di via:
57.5e 'n lui d'alto deriva or presto or piano
57.6famoso fiume, e verso 'l mar s'invia;
57.7e, d'arbori di macchie ombroso e folto,
57.8opportuno a l'insidie il loco è molto.
58.1Trascorre il fiume qui da fonte ignota,
58.2e per sei dì non si riposa o stanca;
58.3ma con alto rimbombo i sassi ei rota,
58.4e 'n su la destra sponda, e 'n su la manca:
58.5nel dì settimo poi si scema e vòta
58.6l'urna al suo corso, onde languisce e manca;
58.7pur come di riposo alfin sia vago,
58.8è de l'eternità corrente imago.
59.1Qui greggia o armento cercavam, che fosse
59.2venuta a' paschi de l'erbose sponde;
59.3e 'n su l'erbe miriam di sangue rosse
59.4giacere un guerrier morto in riva a l'onde.
59.5A l'arme ed a l'insegne ogni uom si mosse,
59.6che furon conosciute ancor ch'immonde.
59.7Io m'appressai per discoprirgli il viso,
59.8ma trovai ch'era il capo indi reciso.
60.1Mancava ancor la destra; e 'l corpo grande
60.2intero aveva il tergo, intero il petto;
60.3l'elmo, in cui l'ale il sacro augello spande,
60.4giacea del prato ne l'erboso letto.
60.5Mentre cerco d'alcuno a cui dimande,
60.6un villanel sopraggiungea soletto,
60.7ch'indietro il passo per fuggirne torse,
60.8subitamente che di noi s'accorse.
61.1Ma ne la fuga sua veloce e presta
61.2fu preso; e dimandato, alfin rispose:
61.3che 'l giorno avanti uscir d'alta foresta
61.4vide molti guerrieri, ond'ei s'ascose:
61.5e ch'un d'essi tenea recisa testa
61.6per le sue chiome bionde e sanguinose;
61.7la qual le parve, in rimirando intento,
61.8d'uom giovinetto, e senza peli al mento;
62.1e ch'il guerriero stesso indi l'avvolse
62.2in una tela da l'arcion pendente.
62.3Questo, ed altro da lui non si raccolse,
62.4fuor ch'egli lo stimò di nostra gente.
62.5Io spogliar feci il corpo, e sì men dolse,
62.6che piansi nel sospetto amaramente:
62.7e portai meco l'arme, e lasciai cura
62.8ch'avesse degno onor di sepoltura.
63.1Ma se quel nobil tronco è quel ch'io credo,
63.2altra tomba, altra pompa egli ben merta.–
63.3Così detto, Aliprando ebbe congedo,
63.4però che non avea cosa più certa.
63.5Rimase grave, e sospirò Goffredo;
63.6pur nel tristo pensier non si raccerta:
63.7e con più chiari segni il tronco busto
63.8conoscer vuole, e 'l micidiale ingiusto.
64.1Sorgea la notte intanto, e sotto l'ali
64.2ricopriva del cielo i campi immensi,
64.3e 'l sonno, ozio de l'alme, oblio de' mali,
64.4lusingando sopia le cure e i sensi:
64.5tu sol, punto, Argilan, d'acuti strali
64.6d'aspro dolor, volgi gran cosa e pensi:
64.7né l'agitato seno o gli occhi ponno
64.8la quiete raccôrre o 'l molle sonno.
65.1Costui, pronto di man, di lingua ardito,
65.2impetuoso e fervido d'ingegno,
65.3nacque del Tronto in riva, e fu nodrito
65.4ne le risse civil d'odio e di sdegno:
65.5poscia in esiglio spinto, i colli e 'l lito
65.6empié di sangue, e depredò quel regno,
65.7sin che ne l'Asia a guerreggiar sen venne,
65.8e per fama miglior chiaro divenne.
66.1Alfin questi su l'alba i lumi chiuse,
66.2né già fu sonno il suo queto e soave;
66.3ma fu stupor ch'Aletto al cor gl'infuse,
66.4non men che morte sia, profondo e grave.
66.5Sono l'interne sue virtù deluse,
66.6e riposo, dormendo ancor, non ave;
66.7ché la furia crudel gli s'appresenta
66.8sotto orribili larve, e lo sgomenta.
67.1Gli figura un gran busto, ond'è diviso
67.2il capo, e de la destra il braccio è mozzo;
67.3e sostien con la manca il teschio inciso,
67.4di sangue e di pallor livido e sozzo.
67.5Spira, e parla spirando il morto viso;
67.6e 'l parlar vien co 'l sangue, e co 'l singhiozzo:
67.7–Fuggi, Argilan, non vedi omai la luce?
67.8fuggi le tende e 'l dispietato duce.
68.1Chi dal fèro Goffredo, e da la frode
68.2ch'uccise me, voi, cari amici, affida?
68.3D'astio dentro il fellon tutto si rode,
68.4e pensa sol come voi meco uccida.
68.5Pur se cotesta mano a vera lode
68.6aspira, e 'n sua virtù tanto si fida,
68.7non fuggir, no; plachi il tiranno esangue
68.8lo spirto mio co 'l suo maligno sangue.
69.1Io sarò teco, ombra di ferro e d'ira
69.2ministra, e t'armerò la destra e 'l seno.–
69.3Così gli parla e nel parlar gl'inspira
69.4spirito novo di furor ripieno.
69.5Si rompe il sonno, e sbigottito ei gira
69.6gli occhi gonfi di rabbia e di veneno:
69.7e come armato egli è, con importuna
69.8voce i guerrier d'Italia insieme aduna.
70.1Gli aduna là, dove sospese stanno
70.2l'arme del buon Riccardo; e con superba
70.3voce il furore e 'l conceputo affanno
70.4in tai detti divolga, e disacerba:
70.5–Dunque un popol sì barbaro e tiranno,
70.6che non prezza ragion, che fé non serba,
70.7che non fu mai di sangue e d'òr satollo,
70.8ci terrà il freno in bocca, e 'l giogo al collo?
71.1Ciò che sofferto abbiam d'aspro e d'indegno
71.2sette anni omai sotto l'iniqua soma,
71.3è tal ch'arder di scorno, arder di sdegno
71.4potrà da qui a mille anni Italia e Roma.
71.5Taccio che fu da l'arme e da l'ingegno
71.6del buon Tancredi la Cilicia doma;
71.7e ch'ora il Franco sol l'ingombra e gode,
71.8e i premi usurpa del valor la frode.
72.1Taccio che ov'il bisogno e 'l tempo chiede
72.2pronta man, pensier alto, animo audace
72.3alcuno ivi di noi privo si vede
72.4portar fra mille morti o ferro, o face:
72.5quando le palme poi, quando le prede
72.6si dispensan ne l'ozio e ne la pace,
72.7nostri in parte non son, ma tutti loro
72.8i trionfi, gli onor, le terre e l'oro.
73.1Tempo forse già fu che gravi e strane
73.2ne poteano parer sì fatte offese;
73.3come lievi or le passo e come vane:
73.4che maggior ferita ne l'alte imprese
73.5e duro intoppo; e con le leggi umane
73.6son le divine leggi insieme offese.
73.7E non fulmina il cielo? e non l'inghiotte
73.8la terra entro la sua perpetua notte?
74.1Riccardo han morto, il qual fu spada e scudo
74.2di nostra fede, ed ancor giace inulto.
74.3Inulto giace, e su 'l terreno ignudo
74.4lacerato il lasciâro ed insepulto.
74.5Ricercate saper chi fosse il crudo?
74.6A chi puote, compagni, essere occulto?
74.7Chi de' Franchi non sa l'invidia e l'arti?
74.8e i cori enfiati e lor veneni sparti?
75.1Ma pur cerco argomenti? Il ciel io giuro,
75.2il ciel, che n'ode, e ch'ingannar non lice,
75.3ch'allor che si rischiara il mondo oscuro,
75.4spirito errante il vidi ed infelice,
75.5del suo macchiato e di quel sangue impuro.
75.6Deh quai cose racconta, e quai predice!
75.7Io 'l vidi, e non fu sogno; e ovunque miri,
75.8par che dinanzi a gli occhi ancor s'aggiri.
76.1Ora che farem noi? dée quella mano,
76.2che di morte sì ingiusta è ancora immonda,
76.3reggerci sempre? o pur vorrem lontano
76.4girne da lei, dove l'Oronte inonda?
76.5dove a timide genti in fertil piano
76.6tante ville e città nutre e feconda,
76.7anzi a noi pur: nostre saranno, io spero;
76.8né co' Franchi comune avrem l'impero.
77.1Andiànne: e resti invendicato il sangue
77.2(se così parvi) illustre ed innocente:
77.3ben che se la virtù che fredda langue,
77.4fosse ora in voi, quanto dovrebbe, ardente;
77.5questo che divorò, pestifer angue,
77.6il più bel fior di nostra invitta gente,
77.7daria con la sua morte e co 'l suo scempio
77.8a gli altri di memoria eterno esempio.
78.1Io, io vorrei, se 'l vostro alto valore,
78.2quanto egli può, tanto volere osasse,
78.3che per questa mia man ne l'empio core,
78.4nido di tradimento, il ferro entrasse.–
78.5Così parla agitato; e nel furore
78.6e ne l'impeto suo ciascuno ei trasse:
78.7–Arme! Arme!– freme il forsennato, e insieme
78.8la gioventù superba: –Arme! arme!– freme.
79.1Rota fra lor la destra armata Aletto,
79.2e co 'l foco il velen ne' petti mesce.
79.3L'ira cieca, il furor, l'empio sospetto,
79.4e la sete del sangue avanza e cresce:
79.5e serpe quella peste e 'l volgo infetto
79.6lascia, e lunge da lor si spande ed esce:
79.7e passando fra' duci, ivi s'apprende,
79.8tanto ciascuno a la partenza intende.
80.1Né sol le strane genti avvien che mova
80.2il duro caso e 'l gran publico danno;
80.3ma le cagioni antiche a l'ira nova
80.4materia insieme e nutrimento or danno.
80.5Ogni sopito sdegno or si rinova:
80.6chiamano il popol Franco empio e tiranno:
80.7e in superbe minacce esce diffuso
80.8l'odio che non può starne omai più chiuso.
81.1S'aggiunge a gli altri sdegni il novo scorno
81.2fatto da' Franchi a le latine genti,
81.3a cui rapîr, mentre scorreano intorno,
81.4la fatta preda e i già rapiti armenti:
81.5e riportâr, quasi in trionfo adorno,
81.6del famoso guerrier l'arme lucenti,
81.7che fûr sospese ove i trofei dispiega
81.8l'invitto duce, cui timor non piega.
82.1Così nel cavo rame umor che bolle,
82.2per troppo foco, entro gorgoglia e fuma,
82.3né capendo in se stesso alfin s'estolle
82.4sovra gli orli del vaso, e inonda e spuma:
82.5né bastano a frenare il volgo folle
82.6que' pochi a cui la mente il vero alluma;
82.7tra quai Ruperto fu, ma tutto inteso
82.8a racquistar de l'arme il nobil peso.
83.1Però che Baldovin, a cui n'increbbe,
83.2come di cosa ch'è creduta a pena,
83.3l'arme chiese al fratel, e pur non l'ebbe,
83.4né quel primo disdetto ancor l'affrena;
83.5ma quel lucente acciaio vestir vorrebbe,
83.6e la spada impugnar d'aurea catena
83.7pendente, ei brama; e pria ch'indi le mova,
83.8Ruperto d'Ansa ancor le chiede a prova.
84.1E dice al pio Goffredo: –O vere o false
84.2che sian le voci che fallaci estimo,
84.3l'arme di quel, che più ch'il mondo valse
84.4e vale ancor (né solo il ver sublimo),
84.5chiedo, signor, ché troppo a me ne calse;
84.6al chieder tardo, a l'amar lui son primo:
84.7né v'è chi mi precorra, e 'n ciò m'adegua
84.8solo il fratel Ramusio, ov'ei mi segua.
85.1Chiedole, e 'l suo fratello il mi concede.
85.2Se vive, com'io spero, a lui le serbo:
85.3se di lui fatte dolorose prede
85.4ha l'empia morte e 'l suo destin superbo,
85.5men giustamente ogni altro or le richiede,
85.6per consolare il suo dolor acerbo;
85.7e per memoria di sì nobil pegno,
85.8o per vendetta far con pio disdegno.–
86.1Così disse quel d'Ansa; e fu risposto
86.2dal pio Goffredo in parlar saggio e breve:
86.3–Non m'è il tuo merto e 'l tuo valore ascosto,
86.4e qual premio d'onore a te si deve;
86.5benché amassi colui che troppo opposto
86.6ebbe al nostro voler l'animo leve,
86.7e troppo superbì; ma certo duolmi,
86.8che tanti nostri affanni accresca e colmi.
87.1Ma non posso donar l'arme sanguigne,
87.2bench'il suo le richieda o 'l mio fratello,
87.3o tu che le parole hai sì benigne,
87.4in esaltando il mio quasi ribello,
87.5mentre del suo morir voci maligne
87.6sparge con nostro biasmo il volgo fello.
87.7Qui dunque si staranno infin ch'è dubbio
87.8chi la fallace tela avvolga al subbio.–
88.1Mentre ei così ragiona, irati a l'arme
88.2corrono in altra parte i più feroci,
88.3e già s'odon cantar guerriero carme
88.4cento canore trombe in fère voci.
88.5Gridano intanto al duce pio che s'arme
88.6molti di qua di là messi veloci.
88.7E Baldovin dinanzi a tutti armato
88.8gli s'appresenta, e gli si pone a lato.
89.1Egli ch'ode l'accuse, i lumi al cielo
89.2drizza, e pur, come suole, a Dio ricorre:
89.3–Signor, tu, che sai ben con quanto zelo
89.4la destra mia dal Latin sangue abborre,
89.5tu squarcia a questi da la mente il velo,
89.6e reprimi il furor che sì trascorre:
89.7e l'innocenza mia, ch'a voi di sopra
89.8è nota, al mondo cieco ancor si scopra.–
90.1Tacque; e dal cielo infuso entro le vene
90.2sentissi un novo inusitato caldo,
90.3colmo d'alto vigor, d'ardita speme,
90.4che fuor si sparge e 'l fa più ardito e baldo:
90.5e da' suoi cinto ad incontrar sen viene
90.6chi mal ne l'alte imprese è fermo e saldo:
90.7né perché d'arme e di minacce ei senta
90.8fremito d'ogn'intorno, il passo allenta.
91.1Ha la corazza indosso, e nobil veste
91.2sopra l'adorna com'è suo costume;
91.3nudo e le mani e 'l volto, e di celeste
91.4maestà vi risplende un vivo lume:
91.5scuote il divino scettro, e sol con queste
91.6arme acquetar quegl'impeti ei presume:
91.7e mentre ei tal si mostra, e tal ragiona,
91.8più ch'in guisa mortal riluce e suona:
92.1–Quali stolte minacce, e quale or odo
92.2vano strepito d'arme? e chi 'l commove?
92.3Così qui riverito, e in questo modo
92.4noto son io, dopo sì lunghe prove,
92.5che v'è pur chi sospetti, e d'empio frodo
92.6Goffredo accusi, e chi l'accuse approve?
92.7Forse aspettate ancor ch'a voi mi pieghi,
92.8e ragioni v'adduca, e porga i preghi?
93.1Ah non sia ver che tanta indignitate
93.2la terra piena del mio nome intenda:
93.3me questo imperio, me de l'onorate
93.4opre mie la memoria, e 'l ver difenda.
93.5Ed ora la giustizia a la pietate
93.6ceda, né sovr' a' rei la pena scenda.
93.7A' vostri merti il vostro error perdono,
93.8ed al vostro Riccardo ancor vi dono.
94.1Ma come verga o scettro al verde tronco,
94.2svelto, e polito con sottil lavoro,
94.3per arte del suo fabro, or ch'egli è tronco,
94.4più non può germogliar dal lucid'oro;
94.5tal s'a questa perfidia il capo io tronco;
94.6vostra vita serbando e mio decoro,
94.7non fia nudrita qui ne gli ampi chiostri,
94.8quasi un'idra, peggior di tutti i mostri.
95.1Co 'l sangue suo lavi il comun difetto
95.2quel che principio fu d'ogni furore:
95.3e mosso a leggerissimo sospetto
95.4sospinti ha gli altri nel medesmo errore.–
95.5Lampi e folgori ardean nel regio aspetto
95.6(mentr' ei parlò) di maestà, d'onore;
95.7talch'il fèro Argilan, muto e conquiso,
95.8vinto è da l'ira d'un turbato viso.
96.1E 'l volgo, ch'anzi irriverente, audace,
96.2tutto fremer s'udia d'orgogli e d'onte,
96.3quasi le mani a l'arme, ed a la face,
96.4(non ch'i piedi al partir) fosser già pronte,
96.5non osa, e i gravi detti ascolta e tace,
96.6fra vergogna e timore alzar la fronte,
96.7e sostien ch'Argilano, armato e cinto
96.8da l'arme lor, sia da' ministri avvinto.
97.1Così leon, ch'anzi l'orribil coma
97.2con ruggito scotea superbo e fèro;
97.3se poi vede il suo mastro onde fu doma
97.4la natia ferità del core altero,
97.5può del giogo soffrir la grave soma,
97.6e teme le minacce e l'aspro impero:
97.7né i gran velli e i gran denti e l'unghie, c'hanno
97.8tanta in sé forza, insuperbire il fanno.
98.1Parte videro alcuni in v¢lto crudo,
98.2ed in atto feroce e minacciante,
98.3l'angel lui circondar co 'l chiaro scudo
98.4di veritate opposto al volgo errante:
98.5e vibrar fulminando il ferro ignudo,
98.6che di sangue appariva anco stillante;
98.7sangue era forse di città, di regni,
98.8che provocâr del cielo i tardi sdegni.
99.1Così, cheto il tumulto, ognun si spoglia
99.2l'arme più gravi, ed ogni sdegno è spento:
99.3e torna il duce con placata voglia,
99.4a varie cose, ad alta impresa intento;
99.5che d'assalir più la città s'invoglia,
99.6quando alcuno de' suoi scorge più lento:
99.7e rivedendo va le incise travi,
99.8già in macchine conteste orrende e gravi.
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