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CANTO XIV

Avarchide

PoeTree.it

1.1In tal riposo e 'n sì fiorita speme
1.2le guardie avea l'esercito d'Avarco;
1.3ma d'altro lato acerba doglia preme
1.4il cor d'Arturo, che di tema è carco,
1.5d'ira, di sdegno e di vergogna insieme,
1.6ché mal difeso avea l'antico varco
1.7tenuto infino allor senz'altro danno
1.8quasi tutto il cammin del settim'anno.
2.1Il medesmo avvenia ne gli altri ancora
2.2duci e gran cavalier che 'ntorno avea.
2.3Tra i privati guerrier gran parte plora
2.4d'amico o di cugin la morte rea;
2.5chi di sé, lamentando, l'ultim'ora
2.6con gli occhi del timor presso vedea,
2.7ché l'altrui di quel dì passato essempio
2.8gli mostrava vicin l'istesso scempio.
3.1Soli il chiaro Tristano e 'l pio Boorte
3.2si potean riveder quali eran mai
3.3d'invittissimo cor, d'animo forte
3.4minacciare a i nemici ontosi guai,
3.5e del sentito mal biasmar la sorte
3.6e del ciel contr'a lor gl'irati rai:
3.7confortando ciascun di sperar bene,
3.8ché non sempre il medesmo ha dolce o pene.
4.1E poi ch'ebbero i due disposte intorno,
4.2Tristano al destro e quegli al manco lato,
4.3le gardie sì, che non potesse scorno
4.4dal nemico vicino esser portato,
4.5là dov'era il gran re fanno ritorno,
4.6che 'n mezzo stava del suo stuolo amato
4.7ripien d'atra tristezza del seguìto,
4.8e di quello avvenire sbigottito;
5.1ma al rimirar de i due la vista chiara
5.2il volto e 'l cor si rasserena alquanto,
5.3dicendo: “Or che faremo, altera e rara
5.4coppia a cui di virtù dò il primo vanto?
5.5Che fin veggiamo alla rovina amara
5.6che ne sta sopra, ed al perpetuo pianto
5.7dell'onor già perduto e del gran nome
5.8nostro, aggravato di sì abbiette some?
6.1Deviam noi ritornar, come a me pare,
6.2al medesmo cammin che qui n'ha indotto,
6.3e rivarcar della Britannia il mare
6.4poi ch'è 'l nostro sperar piegato e rotto?
6.5E dar gioia a i nemici senza pare,
6.6e sovra tutti al crudo Lancilotto?
6.7E lì dietro a i confin del mio paese
6.8esser presti a soffrir novelle offese?
7.1O pur, quinci restando, in altra prova
7.2e 'n gran rischio ripor le nostre genti
7.3per veder s'a pietade il ciel si muova
7.4o se vuol più che mai farne dolenti?
7.5Ché 'l sovente tentar talvolta giova,
7.6talvolta i tentator per sempre ha spenti;
7.7dura cosa è il partir senza alcun frutto,
7.8e durissima ancor perdere il tutto”.
8.1Così disse, e Tristan turbato in volto
8.2risponde: “Or fia possibile che 'n voi
8.3così breve accidente aggia ritolto
8.4quell'ardir ch'avanzò gli antichi suoi,
8.5e per sì poco danno or caggia avvolto
8.6di timore il pensier che gli altri eroi
8.7si lasciò indietro col montare in alto,
8.8senza curar di sorte alcuno assalto?
9.1Non crederrò già mai che 'l grande Arturo
9.2ragioni del fuggir se non per gioco:
9.3il qual pens'io che viveria securo
9.4in tra i folti nemici e 'n mezzo il foco,
9.5non che cinto sì ben di fosso e muro,
9.6tra tanti cavalier che d'ogni loco
9.7basso, aperto ed esposto a i propri danni
9.8porrian saldo guardarlo infinit'anni.
10.1Dico adunque, signor, che qui si deve
10.2ristorare e posar le genti lasse
10.3della lunga fatica e sudor greve,
10.4mentre che 'l sol nell'oceàno stasse;
10.5ma poi che 'l suo splendor l'alba riceve,
10.6che si debba uscir fuor con l'aste basse,
10.7e col cor più che mai securo ed alto
10.8apportare a i nemici un nuovo assalto.
11.1A chi contrario al mio doni consiglio
11.2dico ch'al vostro onor fa estremo torto,
11.3ché in guerra non si va senza periglio,
11.4né si può navigar restando in porto.
11.5E s'or mostra fortuna irato il ciglio,
11.6doman fia chiaro, e 'l cammin destro e corto
11.7forse ne mostrerrà di vera gloria,
11.8ornando il nostro duol d'alta vittoria”.
12.1Qui tacendo, il re Lago le parole
12.2con dolcissimo suono allor riprende
12.3dicendo: “O di virtù lucido sole
12.4che di sì ardenti rai fra noi risplende,
12.5te riguardi ciascun che 'n terra vuole
12.6ritrovare il cammin ch'al cielo ascende,
12.7e s'acconci i pensier, l'arme e la mano
12.8a seguir l'orme sacre di Tristano.
13.1Cotai si pon chiamre i cavalieri,
13.2invittissimo re, d'alto valore,
13.3che secondo il bisogno e saggi e feri
13.4si mostran sempre, e con desio d'onore.
13.5Non si porriano aver più dritti e veri
13.6consigli altronde, e di più intero amore
13.7di quel ch'or dona in semplice sermone
13.8il rettore onorato di Leone.
14.1Tal che, lassata indietro ogni altra cura,
14.2si pensi alla difesa e alla vendetta:
14.3ciascun gli andati danni e la paura
14.4sotto nuovi pensieri in oblio metta.
14.5Sì dirò ben ch'al render voi men dura
14.6e più larga la strada or aspra e stretta
14.7modo agevol v'è dato, se vi piace
14.8con Lancilotto omai di tentar pace;
15.1la qual noia apportar non vi devria,
15.2ben ch'a minor di lei s'inchini l'alma:
15.3ch'onta o gloria non va dove non sia
15.4di grandezza o d'onore egual la salma;
15.5e tra servo e signor non si desia
15.6simil che tra' nemici e lauro e palma,
15.7e men tra 'l figlio irato e 'l pio parente,
15.8quali io stimo esser voi veracemante.
16.1Si conviene al gran re di tener fiso
16.2solo alle cose altissime il pensiero,
16.3e d'ogni altra men degna esser diviso
16.4che non sia duro scoglio al sommo impero;
16.5piegar talora il cor, cangiare avviso,
16.6non esser grave a chi gli mostre il vero
16.7e pensar che Dio sol può senza altrui
16.8ogni cosa adattar qual piace a lui.
17.1Non avete or quistion con Lancilotto,
17.2ma col nemico e perfido Clodasso:
17.3né sì onorato stuolo è qui condotto
17.4perché 'l figlio di Ban sia tristo e basso.
17.5Né il vostro onore altissimo più sotto,
17.6per richiamarlo a voi, sarà d'un passo,
17.7ma sarà ben nel centro della terra
17.8se così indegno fine ha questa guerra”.
18.1Mentre che 'l gran Britanno intento ascolta
18.2del suo buon re dell'Orcadi il consiglio,
18.3le veraci parole in cor rivolta
18.4tenendo alta la mente e basso il ciglio.
18.5Poi che 'l sente in silenzio, a lui si volta
18.6col riverente onor che deve il figlio
18.7dicendo: “O padre, e ben mi sète tale
18.8poi che voi tengo a Pandragone eguale;
19.1io non posso negar che 'l vostro dire
19.2non men di senno sia che d'amor pieno,
19.3e ch'al bisogno tal le privat'ire
19.4deven di chi più sa sgombrare il seno:
19.5ma troppo è dura cosa incontra gire
19.6al suo giusto disdegno e metter freno
19.7al desio di mostrar ch'umana forza
19.8un generoso core a nulla sforza.
20.1E se qui sola in rischio la mia vita
20.2fosse, e sola di me la propria sorte,
20.3pria che ciò far, per via corta e spedita
20.4di tosto eleggerei correre a morte:
20.5ma quando così nobile e gradita
20.6gente mi veggio, e sì onorate scorte,
20.7che delle nostre colpe avrebber doglia,
20.8al voler di ciascun piego la voglia.
21.1E perché 'l mondo intende ch'io non amo
21.2di più gradire il mio, che 'l vostro bene,
21.3contento son che dell'uliva il ramo
21.4come a chi sia maggior, quasi, conviene
21.5si chieggia in nome mio, con dir ch'io bramo
21.6che di quanto seguìo sien mie le pene,
21.7e di lui sia larghissimo il guadagno
21.8in volermi tornar pari e compagno:
22.1perché in premio di ciò sarò contento
22.2di lassare a lui sol di qua dal mare
22.3di tutto quel paese il reggimento
22.4che si potrà con l'arme guadagnare:
22.5oltra il regno d'Avarco, ch'io consento
22.6che sotto al suo voler debba restare;
22.7tal che 'nvidia ad alcun non possa avere
22.8di tesor, di terreno e di potere.
23.1Poscia oltra il mar nel lito mio britanno
23.2di sette alme città gli darò impero,
23.3d'Udon, di Bervelai, d'Ulla, che stanno
23.4ove l'Umbra a Nettunno apre il sentiero,
23.5e d'Alertone, ove irrigando il vanno
23.6con le fredde onde sue la Tesa e 'l Vero,
23.7e di Varvico, che suoi lidi stende
23.8alle piagge miglior ch'Avone scende;
24.1poi nella Cantabrigia Eli e Valpole,
24.2ch'al Germanico sen drizzan la fronte,
24.3delle quai più gentil non vede il sole
24.4ovunque al suo cammin si corchi o monte.
24.5Né queste avrà, per quant'io speri, sole,
24.6che di molte altre ancor più chiare e conte
24.7gli porrò scettro in mano, e dir potrasse
24.8che d'ogni occidental l'altezza passe.
25.1Darogli in pace poi gradite squadre
25.2di cavalieri arditi in compagnia,
25.3che 'l seguiran qual pio signore e padre,
25.4come fia il suo piacer, per ogni via:
25.5co i quai potrà nell'opere leggiadre
25.6spender gli anni miglior, come desia,
25.7di lauri ornando la famosa chioma,
25.8e di gloria avanzar la Grecia e Roma;
26.1e sì ben d'arme ornati e di destriero,
26.2che pochi incontrerranno eguali a loro.
26.3E perché il ferro cade di leggiero
26.4senza sostegno aver talor dell'oro,
26.5da poter ben nutrirgli un anno intero
26.6provvederò l'andar suo d'ampio tesoro:
26.7doppo il qual, se non prima, dalla spada
26.8di trovarne maggior fia fatta strada.
27.1E se sfogar gli alteri suoi disegni
27.2di Nettuno vorrà premendo il dorso,
27.3cento ampissime navi e cento legni
27.4di fortissimi remi accinti al corso
27.5avrà, che in tutti i liti e 'n tutti i regni
27.6il mar dentro e di fuor fia prima scorso
27.7ch'alcun saldo lavoro in lor si stanche,
27.8o de' suoi conduttori il cibo manche.
28.1Poi, perch'altra non ho congiunta e cara
28.2più che fia Lodaganta, la sorella
28.3di Ginevra mia sposa, unica e rara
28.4d'ogni virtude e sovra ogni altra bella,
28.5e che per l'alto cor di sé fu avara
28.6a mille re famosi e fu rubella
28.7sempre e fin qui del giogo maritale,
28.8perché nullo a' suoi merti estima eguale:
29.1quella in dolce pregare a lui prometto
29.2di far cara compagna e pia mogliera,
29.3e con sì larghi don che sarà detto
29.4di fortuna ricchissima ed altera;
29.5in cui possa trovar pace e diletto
29.6poi che il suo bel mattin vada alla sera,
29.7come in tra' nuovi germi uliva suole,
29.8di dolcissima cinto e chiara prole.
30.1Né a tal rendergli onor viltà m'induce,
30.2né quella, ov'io son or, necessitade;
30.3ma l'amor ch'io gli porto in ciò m'è duce,
30.4già incominciato in tenerella etade
30.5dal primo dì che la superna luce
30.6di venirmi a trovar gli aprì le strade:
30.7che 'ntra gli altri infiniti elessi solo
30.8lui per pegno gratissimo e figliuolo.
31.1E quantunque l'altr'ier sì amaro sdegno
31.2mi percotesse il cor a i detti suoi
31.3e che d'odio in quel dì mostrassi segno,
31.4tosto il primiero amor risurse poi:
31.5né mi fora più a grado ogni gran regno
31.6che 'l vederlo tornare amico a noi
31.7quanto esser mai solea, chiaro del tutto,
31.8quanto fosse anco ciò senz'altro frutto.
32.1Or si pensi fra voi qual più si deve
32.2a lui tosto inviar che gli sia caro,
32.3ch'assai più l'un che l'altro in dolce e leve
32.4può il peso convertir greve ed amaro;
32.5perché 'l ricordo altrui che si riceve
32.6come da spirto pio, fedele e chiaro
32.7penetra a maraviglia un core amico
32.8come d'april la pioggia il campo aprico”.
33.1Allor dice il re Lago: “O sommo onore
33.2col britanno terren del mondo insieme,
33.3ben ch'io con ragion, che 'l tuo splendore
33.4quante mai luci furo offusca e preme,
33.5poi ch'a quella pietà s'arrende il core
33.6ch'aver si dee delle miserie estreme
33.7di chi segua con lui l'istessa sorte,
33.8e per dar vita a quel s'esponga a morte,
34.1e per salute altrui da sé dispoglia
34.2contr'a minor di sé l'ira tenace
34.3e più tosto la sua che di lui doglia
34.4vuole, e co' suoi minori indegna pace,
34.5il disdegno abbattendo e l'aspra voglia
34.6di seguire il cammin ch'al senso piace.
34.7Or per bene adempire un tal desio
34.8Maligante è 'l migliore, al parer mio:
35.1ch'oltra che sovr'ogni altro ei l'ama e cole,
35.2ha sì dolce movente e vago il dire
35.3ch'ascoltar non si pon le sue parole
35.4senza al lor dimostrar pieno obbedire:
35.5ché, se non fosser sordi, al maggior sole
35.6faria gli aspi acquetar le rabbie e l'ire;
35.7e sia seco Lambego, il vecchio antico,
35.8che 'l nodrì giovinetto al padre amico:
36.1e potrà molto oprare in Lancilotto
36.2quel primo ricordar che mai non cade,
36.3già dalla verga sua formato e 'ndotto
36.4a' buon costumi in tenerella etade,
36.5e perché da i medesmi esser prodotto
36.6e d'anni e di voler la paritade
36.7han gran forza, e 'l seguir l'istessa sorte,
36.8per terzo ambasciador vorrei Boorte”.
37.1Così detto, ciascun che 'ntorno siede
37.2l'impresa e gli orator lodando approva,
37.3e i tre duci onorati il core e 'l piede
37.4han pronti, e mossi alla novella prova:
37.5e dritti vanno ove in solinga sede
37.6Lancilotto, e lontana si ritrova,
37.7sciolta quasi dall'altre, al sezzo varco
37.8onde può più vicin vedere Avarco.
38.1Trovanlo ch'era ancora a mensa assiso,
38.2già pervenuta a fin la parca cena,
38.3col fido Galealto, che diviso
38.4non ha mai la stagion fosca o serena:
38.5ch'erano ad ascoltar col pensier fiso
38.6il chiar Euterpo, che con dotta vena
38.7alto cantava ne' passati lustri
38.8del cortese Girone i fatti illustri.
39.1Come vede apparire amici tali
39.2ch'a tutti altri in amor più innanzi vanno
39.3doppo il suo Galealto, dice: “E quali
39.4cagion nuove, signor, menati v'hanno
39.5all'albergo di quel che tra i mortali
39.6vivo è sepolto in infernale affanno?”
39.7E così ragionando, e riverente,
39.8surge all'incontra lor lieto e ridente;
40.1poscia fa che Falario, un suo scudiero,
40.2nuovi seggi a ciascun vicini apporte.
40.3Così alla mensa pur ghirlanda fero
40.4tutti i cinque soletti, e poi le porte
40.5fur serrate d'intorno per l'impero
40.6di Lancilotto; e poi che d'altre scorte
40.7fu del tutto sgombrato il chiuso loco
40.8Maligante i compagni guarda un poco,
41.1e 'n cortese parlar dolce gli prega
41.2ch'ei vogliano a' pensier la lingua sciorre;
41.3ma l'uno e l'altro vergognando il nega,
41.4che braman sopra lui l'incarco porre.
41.5Et esso al fin, ch'al lor desio si piega,
41.6tacendo alquanto con la mente scorre;
41.7poi con voce soave e 'n pio sembiante
41.8così diceva al cavaliero errante:
42.1“Valoroso signor, quando il ciel vuole
42.2scorger alcun mortale al sommo onore,
42.3per vie lunghe, aspre e faticose suole
42.4tra periglio inviarlo e tra sudore:
42.5tal che sovente l'uom si lagna e duole,
42.6che sol discerne quanto appar di fuore,
42.7di quello onde finito il sentier rio
42.8grazie ne rende poi divoto a Dio.
43.1Simile avvien di voi, per quel ch'appare,
43.2ch'a sempiterna gloria alzar procura:
43.3ché per porvi in affanni e 'n doglie amare
43.4ne i trapassati dì stese ogni cura;
43.5tal ch'ove più speraste in alto andare,
43.6di gravissima pietra alpestre e dura
43.7in maniera cotal v'oppresse il volo,
43.8ch'al centro gìo dove aspirava al polo.
44.1Or con ambe le man quindi vi tira
44.2e con sommo favor v'accoglie in seno,
44.3se vorrete, qual spero, alla nuov'ira
44.4che vi trasporta ancor por giusto freno:
44.5perché del nostro re nel core spira
44.6dritto voler d'ogni salute pieno
44.7d'esservi amico omai dritto e verace,
44.8e ricercar da voi gradita pace.
45.1E per questa cagione a voi ne 'nvia
45.2tai congiunti d'amor, come sapete,
45.3perché più il consentir dolce vi sia
45.4e la credenza in noi n'aggiunga sete:
45.5che 'l ragionar di lingua amica e pia
45.6delle dubbiose insidie altrui segrete
45.7puote il velo squarciar con quella fede
45.8che nel candido petto ha degna sede;
46.1e perché il mondo intenda apertamente
46.2che, quantunque sia re, s'inchina a voi,
46.3se vorrete la man chiara e possente
46.4in difesa spiegar per tutti noi
46.5e la vostra animosa e fera gente
46.6col fido Galealto e gli altri suoi
46.7della chiara britannica sua insegna,
46.8come facea l'altr'ieri, scorta vegna;
47.1che quanto ha infino ad or tolto a Clodasso
47.2e quanto nel futuro avere spera
47.3che non sia di Tristan, là 've più in basso
47.4per distorto cammin discende l'Era,
47.5o del gran Clodoveo, che 'ngombra il passo
47.6più in alto alla medesima riviera,
47.7e quanto è tra 'l Pirene e la Garona
47.8a voi, come a figliuol, cortese dona.
48.1Poi di sette città nel suo bel nido,
48.2onde il nome da poi vedrete in carte,
48.3che sien fra l'altre di più altero grido,
48.4in premio al faticar vi farà parte,
48.5e col bel d'Imeneo legame fido
48.6Lodagante leggiadra, in cui le sparte
48.7virtù Vener, Giunone e Palla aggiunge,
48.8di Ginevra sorella, a voi congiunge.
49.1E poi ch'avrà per voi di questa guerra,
49.2col favor delle stelle, amico fine,
49.3di quel seme miglior che viva in terra
49.4vi darà genti nostre e peregrine
49.5per acquistar quanto circonda e serra
49.6del gran padre Oceano ogni confine,
49.7o, s'amerete il mar, gran legni e navi
49.8d'arme, d'oro e di cibo ornate e gravi:
50.1onde possiate solo all'alto nome
50.2di quanti oggi si parla andar di sopra,
50.3e di mille ghirlande ornar le chiome
50.4il cui chiaro splendor tutt'altro cuopra;
50.5sì che i regni abbattuti e genti dome
50.6si mettano al narrar le piume in opra:
50.7tal ch'a i gran vostri onori aggiano invidia
50.8l'India, i Rifei, l'Iberia e la Numidia:
51.1e benché tutto ciò render devria
51.2ogni aspro e duro cor soave e piano,
51.3non l'ho detto però credendo sia
51.4quel che muova di voi l'alma e la mano:
51.5ch'amor solo e pietade e cortesia
51.6ponno il chiaro figliuol del gran re Bano
51.7condurre al vendicar d'estrema sorte
51.8anco i nemici suoi con propria morte.
52.1Senza dunque parlar d'altra mercede,
52.2che pur sempre stimar si deve assai,
52.3muova l'altero cor chi aita chiede
52.4per trar, chi ha speme in lui, d'estremi guai:
52.5e che 'l gran re di Pandragone erede
52.6ch'a fortuna o timor non piegò mai,
52.7ripentito ora a voi tutto si piega
52.8e di voi ricovrar domanda e prega.
53.1Qual più ricco trofeo, qual spoglia opima
53.2può bramare in fra noi duce onorato
53.3che 'l vedersi ripor di lode in cima
53.4dallo istesso parlar che l'ha sprezzato?
53.5e doppiato l'onor che aveva in prima
53.6dalla medesma man che l'ha furato?
53.7e sentirsi chiamar per sua difesa
53.8da chi fatta gli avea primiero offesa?
54.1Scacciate, alto guerrier, l'ira e lo sdegno,
54.2e del re ricevete il prego umile:
54.3che 'l soverchio esser duro passa il segno
54.4del generoso spirito e gentile,
54.5e d'orgoglioso nome si fa degno
54.6vie più che di magnanimo e virile;
54.7ché come il contrastare è bel talora
54.8così 'l non ceder mai si biasma ognora.
55.1Di mille alte vittorie ornato sète
55.2più d'altro cavalier sotto la luna:
55.3ma il numero maggior comune avete
55.4con l'arme, co i guerrier, con la fortuna;
55.5or, se voi sol voi stesso vincerete,
55.6né di lor né d'altrui fia parte alcuna:
55.7vostro il consiglio fia, l'opra e la palma
55.8e del divino onor l'eterna salma.
56.1Fate ch'ei corra il grido in ogni parte
56.2che 'n voi sia più che gemino il valore,
56.3e se l'armata man non cede a Marte
56.4non s'arrende a minerva il saggio core;
56.5e che la cortesia, le grazie sparte
56.6in qual regno mai fu di vero amore
56.7verso il patrio terreno e i signor suoi
56.8più ch'altrove già mai splendano in voi;
57.1e prendete or del re le rare offerte,
57.2non perch'un tal guerrier l'apprezzi molto
57.3né perché 'l vostro ardir vie più non merte,
57.4ch'ha il duro giogo alla Britannia tolto;
57.5ma per far de' mortai le menti certe
57.6ch'avete un cotal re con pace accolto
57.7come fa il peccator grazia divina
57.8che co i devoti doni a lei s'inchina.
58.1Né vogliate soffrir che tali amici,
58.2qual vedete noi tre che quinci semo,
58.3riportiamo aspri detti a gli infelici
58.4e compagni e signor nel punto estremo:
58.5ma che saran più che già mai felici
58.6per l'oprar vostro, e 'l rio Clodasso scemo
58.7d'ogni sua terra, e l'empio Segurano
58.8avrà con meno ardir più lenta mano”.
59.1Qui finio Maligante, e 'n tai parole
59.2il duro Lancilotto gli rispose:
59.3“Perché sprezzando il dir, dell'opre sole
59.4alto desire in me natura pose,
59.5voi, che sète fra noi lo speglio e 'l sole
59.6del saggio dimostrar le altere cose,
59.7scusate il mio parlar semplice e greve,
59.8s'assai fia del dever più rozzo e breve.
60.1Non pensate o famoso re di Gorre,
60.2che mai più per Arturo io stringa spada,
60.3né ch'io possa anco mai lo sdegno porre
60.4sì ch'al cospetto suo chiamato vada:
60.5onde altre forze al suo periglio sciorre,
60.6altra aita procacce, e in altra strada
60.7cerchi i suoi buon guerrier, cerchi Gaveno
60.8che in largo minacciar tien gli altri a freno;
61.1ché l'altezza del cor, la cortesia
61.2ch'è compagna la valor, come diceste,
61.3usar conviene ove raccolta sia
61.4dall'alme chiare e non a i buon moleste
61.5a cui invidia e viltà chiuggia la via
61.6di discernere il ben, qual voi vedeste
61.7avvenir d'esso a me, che l'altro giorno
61.8ebbi del bene oprar vergogna e scorno,
62.1ch'or con prezzo vilissimo l'ingrato
62.2pensa di ristorar di terra e d'oro:
62.3né si ricorda ben ch'io sono usato
62.4di dare, e non di tòr, regni e tesoro;
62.5e senza suoi guerrieri o legno armato
62.6d'Euro al nido lontan, d'Austro e di Coro
62.7non mi manca l'ardir di farmi strada
62.8col mio buon Galealto e con la spada.
63.1Né voglio io Logadante, la sorella
63.2di Ginevra onorata, aver mogliera,
63.3come troppo per me leggiadra e bella,
63.4di virtude, d'onor, di sangue altera.
63.5D'altrui sia sposa a cui benigna stella
63.6il cielo allumi, e non turbata e fera
63.7come a me face ognor, sì ch'aggia vita,
63.8quant'io bassa e 'nfelice, alta e gradita.
64.1E s'alcun mi dirà che la pietate
64.2ch'aver debbo di voi m'aggiunga sprone,
64.3risponderò che a torto fabbricate
64.4del vostro mal voi stessi la cagione.
64.5E perché folli omai non ritrovate
64.6ciascun la sua nativa regione
64.7più tosto che servire ingrato ed empio
64.8che si fa sol onor del vostro scempio?
65.1E, se non fosse pur ch'io temerei
65.2d'esser tenuto vil da Segurano,
65.3son molti giorni omai ch'io calcherei
65.4altro nuovo sentier di qui lontano:
65.5sì che con mio dolor non udirei
65.6chi di servo tornar mi prega in vano:
65.7e col breve poter che sarìa meco
65.8forse avria di me luce il mondo cieco.
66.1Or potete tornar, diletti frati,
66.2e di noi riportar la ferma voglia,
66.3certi d'esser da me non meno amati
66.4che le sue proprie luci e 'l cor si soglia”.
66.5Restan dell'alme lor quasi privati
66.6i tre buon cavalier, colmi di doglia,
66.7udendo il fer voler di Lancilotto
66.8ch'avea già il suo parlar tacendo rotto.
67.1Ma il buon vecchio Lambego, il volto cinto
67.2d'amarissime lagrime, dicea:
67.3“Perch'a sì bianca etade ha, lasso, spinto
67.4il lungo viver mio fortuna rea?
67.5Perch'io veggia il terren molle e dipinto
67.6d'intorno Avarco, a cui tant'odio avea,
67.7del sangue de i Britanni, ivi condotto
67.8dal securo sperare in Lancilotto?
68.1Come a ragion devea, che da i primi anni
68.2ch'abbandonaste il latte e la nutrice,
68.3Viviana, che vi avea da gli aspri affanni
68.4del lago posto all'umida pendice,
68.5a me vi diede, ed io de' vostri danni
68.6rimostrando la piaga agra e 'nfelice
68.7nella memoria ancor tenera e fresca
68.8di vendetta al desio nodriva l'esca;
69.1e 'n quei primi trastulli ch'all'etate
69.2ch'a gran pena snodar la lingua suole
69.3più dolci sono, or sopra carte ornate
69.4di pueril pitture, or con parole
69.5in fanciullesco suon d'altrui cantate,
69.6or sotto alle verdi ombre, or sotto il sole
69.7rappresentava sol l'empio Clodasso
69.8che 'l gran regno de' vostri ha posto in basso.
70.1Io vi mostrava ognor Bano e Boorte
70.2or con forza scacciati ed or con frode,
70.3e ch'ei del loro essilio e della morte
70.4non men che de i suoi beni invido gode,
70.5e 'n voi dolce pietà dell'aspra sorte
70.6con quel favoleggiar che dolce s'ode
70.7accendea notte e dì, fingendo poi
70.8morti di vostra man lui stesso e' suoi.
71.1Poscia che di dì in dì crescendo giva
71.2l'intelletto che 'l cielo e l'uso infonde,
71.3con più gravi ricordi allora apriva
71.4quel ch'a i cor giovinetti ancor s'asconde:
71.5ch'al supremo d'onor quel solo arriva
71.6cui d'onesto desir l'anima abbonde
71.7di vendicare i suoi, rendendo sciolto
71.8l'almo patrio teren tra i lacci avvolto;
72.1e ricercando ognor cagion novella
72.2ve n'empiea notte e dì la vaga mente,
72.3sì ben che in breve andar vedeva in ella
72.4il medesmo che in me volere ardente.
72.5Tosto poi ch'al montar sopra la sella
72.6et all'arme vestir foste possente,
72.7di portare altamente mi giuraste
72.8sempre in danno di lui la spada e l'aste.
73.1Né infino a questi dì giuraste in vano,
73.2tal gli apportaste ognor danno e disnore,
73.3mentre che avea l'esercito lontano,
73.4e poco il suo terreno avea timore.
73.5Or che vicina è sì la vostra mano,
73.6ch'offendere il porria nel proprio core
73.7e punir mille offese in un sol giorno,
73.8fa sdegnosa de i suoi pigro soggiorno?
74.1Né tien del suo dever più cura alcuna
74.2né degli amici ancor pietà la muove,
74.3i quai sospinti all'ultima fortuna
74.4in lei drizzan la speme e non altrove?
74.5Guardate pur che se lassù s'imbruna
74.6la chiarissima grazia che 'n voi piove,
74.7com'or vi fa il maggior, tosto porria
74.8porvi in sorte minor ch'al mondo sia;
75.1che la Preghiera umil di Giove figlia
75.2le ginocchia ha rattratte e 'l collo storto,
75.3gli omeri curvi e bieche ambe le ciglia,
75.4la fronte afflitta e di colore smorto;
75.5ma dritta, snella e pronta a maraviglia,
75.6con le membra robuste e 'l guardo accorto,
75.7quale ancilla fedel per ogni calle
75.8sempre ha la Punizion dietro alle spalle,
76.1ma chi quella nel seno amica accoglie
76.2e con pietoso cor dolce l'ascolta,
76.3del gran Parente pio piega le voglie,
76.4ch'alla seguace sua la forza è tolta.
76.5Or se 'l nostro pregar da voi non spoglie
76.6la troppa ostinazione in seno accolta,
76.7guardate pur, famoso mio figliuolo,
76.8che 'l nostro sopra voi non caggia duolo;
77.1e che venga poi tempo in cui vorreste
77.2al mortal nostro mal donar rimedio,
77.3che impossibil vi fia, poi che le meste
77.4genti oppresse saran nel tristo assedio:
77.5e con rampogne allora agre e funeste
77.6v'assaliran pietà, dolore e tedio
77.7e la disperazion, che segue ognora
77.8quel ch'a scernere il vben troppo dimora.
78.1Or vogliate appagar queste mie voci,
78.2ond'ho per vostro ben già tante spese.
78.3Spogliate al cor gli spiriti feroci
78.4che prepongon le basse all'alte offese,
78.5e ne i vostri nemici aspri ed atroci
78.6spiegate drittamente le difese
78.7per quelli a cui più sète caro assai,
78.8che fratelli o figliuoi ch'avesser mai;
79.1et vi sovvenga omai che 'l cielo istesso
79.2nell'altrui ripentire al fin si piega
79.3e del tutto il fallir largo ha rimesso
79.4a chi, com'or facciam, divoto il prega.
79.5Prendete il largo onor che v'è concesso,
79.6ch'a via maggior di voi talor si nega,
79.7e i ricchi doni in segno di virtute
79.8e della data a noi per voi salute”.
80.1Qui l'amare sue lagrime asciugando
80.2tacque il tenero vecchio, al qual rispose
80.3il duro Lancilotto: “Or come e quando
80.4sì contrario il volere in voi si pose,
80.5che già ogni altro pensier lassato in bando,
80.6chiaro mio nutritor, sol quelle cose
80.7che m'eran care vi sentia gradire,
80.8d'uno stesso col mio fermo desire?
81.1E più non vi sovvien quante fiate
81.2il britannico re biasmaste meco
81.3di superbo parlar, di voglie ingrate
81.4e 'nverso i merti miei d'animo bieco,
81.5ch'or tutta contra me l'ira voltate
81.6che in più dritta ragione avreste seco,
81.7e dove esso accusar più si conviene,
81.8al mio soverchio mal giungete pene?
82.1E con più aperto cor rispondo a voi
82.2che de i promessi don nulla mi cale,
82.3ch'assai regni ed onori ho senza i suoi
82.4dalla bontà infinita ed immortale,
82.5mentr'ella lasserà lo spirto in noi
82.6senza torgli il veder né troncar l'ale,
82.7che per grazia di lei tant'alto aspira
82.8che sì basso tesor quaggiù non mira.
83.1Né mi accresca il dolor, caro Lambego,
83.2il veder voi di me dolerse a torto;
83.3e s'oltra l'uso mio questo vi nego,
83.4condannate d'altrui l'oltraggio scorto,
83.5secur, che 'l ciel, come devoto il prego,
83.6mi scorgerà il cammino a miglior porto,
83.7e con onta di quello il nostro stuolo
83.8di periglio trarrà tosto e di duolo.
84.1E per questo sperar, con lieto core
84.2di restar nel mio albergo disponete,
84.3ch'omai troppo per voi son tarde l'ore,
84.4e 'n nido peregrino altrove sète.
84.5Maligante e Boorte al lor signore
84.6porteran le risposte o triste o liete
84.7quali ordinò colui, che 'l tutto vede
84.8e dov'è il suo voler n'addrizza il piede”.
85.1Acconsente il buon vecchio, che disdetto
85.2al suo più che figliuol mai non farebbe.
85.3Ma l'illustre Boorte, poi che in petto
85.4tutto il crudo parlare accolto s'ebbe,
85.5volto al compagno suo con fosco aspetto
85.6gli dicea: “Maligante, se non debbe
85.7altra risposta farne Lancilotto,
85.8ritroviamo il cammin che n'ha condotto,
86.1dicendo a tutto l'oste del re Arturo
86.2che per l'ira d'un sol, che 'n sen riserba,
86.3nega ostinatamente fermo e duro
86.4di scampar molti suoi da morte acerba,
86.5e d'espugnar di quella sede il muro
86.6ch'è di tanti suoi danni alta e superba,
86.7e vedere il suo onor di luce casso
86.8pria che la mano armar contr'a Clodasso.
87.1Ma pensate in fra voi che potrà dire,
87.2o chiarissimo erede del re Bano,
87.3chi vedrà in voi poter le privat'ire
87.4più che 'l pubblico amor, che prega in vano;
87.5e che 'ndarno soffriste i detti udire
87.6di tai due vostri amici e d'un germano
87.7che v'han sempre onorato con quel zelo
87.8che più sacro e maggior s'aspetta al cielo.
88.1Né vi sembri di cor lodata altezza
88.2l'esser inesorabile all'offese,
88.3ch'a i più saggi parrà cruda fierezza,
88.4poi ch'al chieder mercede altri discese.
88.5Qual fia padre già mai di tale asprezza
88.6in cui l'unico figlio a morte stese
88.7che al fin per umiltà, per preghi e doni
88.8con generoso cor non gli perdoni?
89.1E voi, per breve suon di poche note
89.2ch'a sì famoso re dettò lo sdegno,
89.3delle voci pentite e 'n voi devote
89.4non tenete il pregar di pace degno:
89.5e tale ogni ragion dal cuor vi scuote
89.6che ponendo in oblio la patria e 'l regno,
89.7i suoi cari signori e gli altri in tutto,
89.8non vi cal di vedergli in morte o in lutto.
90.1E so ben che di me l'antiche prove
90.2vi ponno assicurar che tema alcuna
90.3al ragionarvi tal nulla mi muove,
90.4né il turbato voltar della fortuna:
90.5ch'altra aita non vo' che 'n ciel da Giove
90.6e da questa mia man sotto la luna;
90.7ma l'impero del re, l'altrui pietade
90.8mi fece al venir qui trovar le strade”.
91.1Con parlar dolce Lancilotto allora
91.2risponde: “O mio chiarissimo germano
91.3nel cui buon cor tanta virtù dimora
91.4che d'ogni cavaliero il fa sovrano,
91.5ben conosch'io che forse alquanto fuora
91.6vo dal dritto cammin del corso umano,
91.7trasportato dall'ira, ch'oggi è tale
91.8che a ritenerle il fren nulla mi vale:
92.1ma miracol non sia, che troppo pesa
92.2all'anima gentil che gloria brama
92.3il sentirse da quello a torto offesa
92.4che qual sacro immortale onora ed ama:
92.5prendendo contro a lei per uom difesa
92.6che d'alto orgoglio sia, di bassa fama,
92.7e scacciarse spregiando, come cosa
92.8inutile, vilissima e noiosa;
93.1poi mandarla a chiamar, quando lo stringe
93.2il bisogno maggior, che vinto giace,
93.3con mille alte promesse che si finge
93.4per lei ingannar lo spirito fallace:
93.5come accorta nutrice che rispinge
93.6col mostrar dolci pomi a nuova pace
93.7fanciullo irato cui plorar fa lunge
93.8della verga il dolor ch'ancora il punge.
94.1Or, s'a grado vi fia, con Maligante
94.2al Britannico re direte ch'io
94.3non intendo di qui muover le piante,
94.4s'altro non disporrà nel cielo Dio,
94.5se pria non veggia in orrido sembiante
94.6assalir Segurano il popol mio;
94.7ma ch'allor farò sì che a questo albergo
94.8vedrò quanti saran voltare il tergo”.
95.1Qui pon fine al suo dire; e 'l pio Boorte
95.2pien di dolore il sen tacito resta:
95.3altresì Maligante, a cui la sorte
95.4del suo misero stuol troppo è molesta,
95.5poi che non trova più che 'l riconforte
95.6la speme ch'apparia vicina e presta
95.7d'aver Clodasso in mano e la sua terra,
95.8se 'l fero Lancilotto usciva in guerra.
96.1Pur, chiaro quanto può fingendo il viso,
96.2doppo alquanto pensar dicea: “Signore,
96.3quel supremo Motor ch'oggi diviso
96.4tien da i nostri desiri il vostro core
96.5con sì gran duol, con altrettanto riso
96.6ne porria ricongiungere in poc'ore,
96.7e se pur non farà, per altra via,
96.8quel ch'esser dee di noi farà che sia.
97.1Al qual, per quello amor ch'io già portai
97.2al vostro alto valor, devoto chieggio
97.3che voi tenga lontan da simil guai
97.4in cui, vostra mercè, noi cinti veggio;
97.5vostra mercè dirò, se i tristi lai
97.6di quei ch'oggi il morir temono, e peggio,
97.7tanto pon muover voi col suo cordoglio
97.8quanto puote Aquilone orrido scoglio”.
98.1Così detto, soletti fan ritorno
98.2i due, ch'ivi rimase il vecchio antico:
98.3a cui già molti servi erano intorno
98.4a sgravarlo dell'arme in atto amico.
98.5Poi 'l dolce letticciuol gli fanno adorno,
98.6secondo il picciol loco, in sito aprico
98.7ov'ei vegna a posar le membra stanche
98.8fin che 'l notturno vel l'aurora imbianche.
99.1I tristi cavalier dall'altra parte
99.2con la risposta lor ratti inviati,
99.3dalle genti in cammin, ch'erano sparte
99.4son con sommo desire accompagnati.
99.5Hanno speranza tutti, e temon parte,
99.6come il più spesso fan gli sconsolati:
99.7ma nessun di spiar baldanza prende
99.8se il lor gran re primiero non l'intende.
100.1Giungon poscia all'albergo dove Arturo
100.2tra molti cavalier bramando siede,
100.3il qual del suo pensar poco securo
100.4comincia a domandar, come gli vede:
100.5“Resta ancor Lancilotto acerbo e duro,
100.6o pur dal vostro dir piegato cede,
100.7dispogliando al suo cor l'ira e lo sdegno,
100.8dell'antica ragion tornare al segno?”
101.1Cotal domanda, e 'l saggio Maligante
101.2risponde: “Re famoso, Lancilotto
101.3col pio nostro pregar non più che innante
101.4nel soccorso de i nostri avemo indotto:
101.5né i chiari don né le promesse tante
101.6del suo sdegno il cammino hanno interrotto,
101.7ma più l'han fatto assai largo ed aperto,
101.8e di sempre esser tale afferma certo.
102.1E 'l medesmo ch'io dico anco Boorte,
102.2che 'l riprese e 'l biasmò, narrar porria;
102.3Lambego no, ché chiuse gli ha le porte
102.4e di qui ritornar tronca la via,
102.5irato contr'a lui che l'altrui sorte
102.6seguiva, e non la sua, come solìa,
102.7mentre il buon vecchio uman piangea di doglia
102.8no 'l potendo ritrar dall'empia voglia”.
103.1Qui finio Maligante, e 'l re famoso,
103.2e quanti altri ha con lui muti restaro:
103.3chi del comune onor resta pensoso,
103.4chi temea di se stesso il fine amaro.
103.5Ma il nobile Tristan non tenne ascoso
103.6l'armorico valore invitto e chiaro,
103.7e dicea: “Sacro re, poi che da voi
103.8non manca d'acquetar gli sdegni suoi,
104.1né vi puote accusare il vostro stuolo
104.2che troppo a danno suo foste ostinato,
104.3non prendete di ciò soverchio duolo,
104.4ché forse miglior via troverrà il fato,
104.5e 'l soverchio pregar talora il volo
104.6cresce al furor d'un cavaliero irato:
104.7ma serrato in se stesso, a poco a poco
104.8torna in cenere al fine ogni aspro foco.
105.1E non temete in van che di lui privi
105.2noi deviam de i nemici essere in mano,
105.3né per ciò di vittoria al colmo arrivi
105.4il superbo Clodino e Segurano,
105.5mentre tanti altri duci integri e vivi
105.6sono ancor vosco; e mentre che Tristano
105.7può la spada vibrar, regger lo scudo,
105.8non vogliate di speme essere ignudo.
106.1Nè il ricevuto danno dia credenza
106.2che non sia il vostro esercito quel ch'era
106.3né che i nostri avversari altra eccellenza
106.4aggian, né più che pria nell'arme fera.
106.5Tengasi pure in bando la temenza
106.6e l'arme al guerreggiar si serve intera,
106.7con richiesto riguardo e dentro e fuore,
106.8ch'ei non n'avvegna mai per nostro errore.
107.1Ristori pur ciascun le membra omai
107.2e di cibo e di vin, ch'al sonno appresso
107.3possiamo in guardia dar gli avuti guai
107.4e 'l vigor rinforzar frale e dimesso:
107.5a fin che pria che 'l sol raccenda i rai
107.6sia nell'ordine suo ciascun rimesso
107.7per difender noi stessi o premer quelli,
107.8se pur l'occasion mostre i capelli”.
108.1Così detto, all'albergo ha mosso il piede;
108.2e gli altri duci ancor l'istesso fanno,
108.3e di Meliadusse il grande erede
108.4sovra ogni altro guerrier lodando vanno.
108.5L'altro popol minor, che sente e vede
108.6il suo volto e 'l parlar, l'avuto danno
108.7pensa già ricovrar, sì chiara luce,
108.8di speranza ne i cor Tristano adduce.
109.1E con sommo desio ciascun ritruova
109.2sotto il suo basso ostel l'inculta cena,
109.3nella qual ragionando si rinnuova
109.4l'aspra guerra mortal di sangue piena;
109.5e 'n dolce sicurtà diletta e giova
109.6il rimembrar fra lor l'andata pena.
109.7e poi ch'hanno al digiun sazie le voglie
109.8giocondissimo sonno in sen gli accoglie.
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