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1.1Mentre il tiranno s'apparecchia a l'armi,
1.2soletto Ismeno un dì gli s'appresenta,
1.3Ismen che trar di sotto a i chiusi marmi
1.4può corpo estinto, e far che spiri e senta,
1.5Ismen che al suon de' mormoranti carmi
1.6sin ne la reggia sua Pluton spaventa,
1.7e i suoi demon ne gli empi uffici impiega
1.8pur come servi, e gli discioglie e lega.
2.1Questi or Macone adora, e fu cristiano,
2.2ma i primi riti anco lasciar non pote;
2.3anzi sovente in uso empio e profano
2.4confonde le due leggi a sé mal note,
2.5ed or da le spelonche, ove lontano
2.6dal vulgo essercitar suol l'arti ignote,
2.7vien nel publico rischio al suo signore:
2.8a re malvagio consiglier peggiore.
3.1– Signor, – dicea – senza tardar se 'n viene
3.2il vincitor essercito temuto,
3.3ma facciam noi ciò che a noi far conviene:
3.4darà il Ciel, darà il mondo a i forti aiuto.
3.5Ben tu di re, di duce hai tutte piene
3.6le parti, e lunge hai visto e proveduto.
3.7S'empie in tal guisa ogn'altro i propri uffici,
3.8tomba fia questa terra a' tuoi nemici.
4.1Io, quanto a me, ne vegno, e del periglio
4.2e de l'opre compagno, ad aiutarte:
4.3ciò che può dar di vecchia età consiglio,
4.4tutto prometto, e ciò che magica arte.
4.5Gli angeli che dal Cielo ebbero essiglio
4.6constringerò de le fatiche a parte.
4.7Ma dond'io voglia incominciar gl'incanti
4.8e con quai modi, or narrerotti avanti.
5.1Nel tempio de' cristiani occulto giace
5.2un sotterraneo altare, e quivi è il volto
5.3di Colei che sua diva e madre fece
5.4quel vulgo del suo Dio nato e sepolto.
5.5Dinanzi al simulacro accesa face
5.6continua splende; egli è in un velo avolto.
5.7Pendono intorno in lungo ordine i voti
5.8che vi portano i creduli devoti.
6.1Or questa effigie lor, di là rapita,
6.2voglio che tu di propria man trasporte
6.3e la riponga entro la tua meschita:
6.4io poscia incanto adoprerò sì forte
6.5ch'ognor, mentre ella qui fia custodita,
6.6sarà fatal custodia a queste porte;
6.7tra mura inespugnabili il tuo impero
6.8securo fia per novo alto mistero. –
7.1Sì disse, e 'l persuase; e impaziente
7.2il re se 'n corse a la magion di Dio,
7.3e sforzò i sacerdoti, e irriverente
7.4il casto simulacro indi rapio;
7.5e portollo a quel tempio onde sovente
7.6s'irrita il Ciel co 'l folle culto e rio.
7.7Nel profan loco e su la sacra imago
7.8sussurrò poi le sue bestemmie il mago.
8.1Ma come apparse in ciel l'alba novella,
8.2quel cui l'immondo tempio in guardia è dato
8.3non rivide l'imagine dov'ella
8.4fu posta, e in van cerconne in altro lato.
8.5Tosto n'avisa il re, ch'a la novella
8.6di lui si mostra feramente irato,
8.7ed imagina ben ch'alcun fedele
8.8abbia fatto quel furto, e che se 'l cele.
9.1O fu di man fedele opra furtiva,
9.2o pur il Ciel qui sua potenza adopra,
9.3che di Colei ch'è sua regina e diva
9.4sdegna che loco vil l'imagin copra:
9.5ch'incerta fama è ancor se ciò s'ascriva
9.6ad arte umana od a mirabil opra;
9.7ben è pietà che, la pietade e 'l zelo
9.8uman cedendo, autor se 'n creda il Cielo.
10.1Il re ne fa con importuna inchiesta
10.2ricercar ogni chiesa, ogni magione,
10.3ed a chi gli nasconde o manifesta
10.4il furto o il reo, gran pene e premi impone.
10.5Il mago di spiarne anco non resta
10.6con tutte l'arti il ver; ma non s'appone,
10.7ché 'l Cielo, opra sua fosse o fosse altrui,
10.8celolla ad onta de gl'incanti a lui.
11.1Ma poi che 'l re crudel vide occultarse
11.2quel che peccato de' fedeli ei pensa,
11.3tutto in lor d'odio infellonissi, ed arse
11.4d'ira e di rabbia immoderata immensa.
11.5Ogni rispetto oblia, vuol vendicarse,
11.6segua che pote, e sfogar l'alma accensa.
11.7– Morrà, – dicea – non andrà l'ira a vòto,
11.8ne la strage comune il ladro ignoto.
12.1Pur che 'l reo non si salvi, il giusto pèra
12.2e l'innocente; ma qual giusto io dico?
12.3è colpevol ciascun, né in loro schiera
12.4uom fu giamai del nostro nome amico.
12.5S'anima v'è nel novo error sincera,
12.6basti a novella pena un fallo antico.
12.7Su su, fedeli miei, su via prendete
12.8le fiamme e 'l ferro, ardete ed uccidete. –
13.1Così parla a le turbe, e se n'intese
13.2la fama tra' fedeli immantinente,
13.3ch'attoniti restàr, sì gli sorprese
13.4il timor de la morte omai presente;
13.5e non è chi la fuga o le difese,
13.6lo scusar o 'l pregare ardisca o tente.
13.7Ma le timide genti e irrisolute
13.8donde meno speraro ebber salute.
14.1Vergine era fra lor di già matura
14.2verginità, d'alti pensieri e regi,
14.3d'alta beltà; ma sua beltà non cura,
14.4o tanto sol quant'onestà se 'n fregi.
14.5E' il suo pregio maggior che tra le mura
14.6d'angusta casa asconde i suoi gran pregi,
14.7e de' vagheggiatori ella s'invola
14.8a le lodi, a gli sguardi, inculta e sola.
15.1Pur guardia esser non può ch'in tutto celi
15.2beltà degna ch'appaia e che s'ammiri;
15.3né tu il consenti, Amor, ma la riveli
15.4d'un giovenetto a i cupidi desiri.
15.5Amor, ch'or cieco, or Argo, ora ne veli
15.6di benda gli occhi, ora ce gli apri e giri,
15.7tu per mille custodie entro a i più casti
15.8verginei alberghi il guardo altrui portasti.
16.1Colei Sofronia, Olindo egli s'appella,
16.2d'una cittate entrambi e d'una fede.
16.3Ei che modesto è sì com'essa è bella,
16.4brama assai, poco spera, e nulla chiede;
16.5né sa scoprirsi, o non ardisce; ed ella
16.6o lo sprezza, o no 'l vede, o non s'avede.
16.7Così fin ora il misero ha servito
16.8o non visto, o mal noto, o mal gradito.
17.1S'ode l'annunzio intanto, e che s'appresta
17.2miserabile strage al popol loro.
17.3A lei, che generosa è quanto onesta,
17.4viene in pensier come salvar costoro.
17.5Move fortezza il gran pensier, l'arresta
17.6poi la vergogna e 'l verginal decoro;
17.7vince fortezza, anzi s'accorda e face
17.8sé vergognosa e la vergogna audace.
18.1La vergine tra 'l vulgo uscì soletta,
18.2non coprì sue bellezze, e non l'espose,
18.3raccolse gli occhi, andò nel vel ristretta,
18.4con ischive maniere e generose.
18.5Non sai ben dir s'adorna o se negletta,
18.6se caso od arte il bel volto compose.
18.7Di natura, d'Amor, de' cieli amici
18.8le negligenze sue sono artifici.
19.1Mirata da ciascun passa, e non mira
19.2l'altera donna, e innanzi al re se 'n viene.
19.3Né, perché irato il veggia, il piè ritira,
19.4ma il fero aspetto intrepida sostiene.
19.5– Vengo, signor, – gli disse – e 'ntanto l'ira
19.6prego sospenda e 'l tuo popolo affrene:
19.7vengo a scoprirti, e vengo a darti preso
19.8quel reo che cerchi, onde sei tanto offeso. –
20.1A l'onesta baldanza, a l'improviso
20.2folgorar di bellezze altere e sante,
20.3quasi confuso il re, quasi conquiso,
20.4frenò lo sdegno, e placò il fer sembiante.
20.5S'egli era d'alma o se costei di viso
20.6severa manco, ei diveniane amante;
20.7ma ritrosa beltà ritroso core
20.8non prende, e sono i vezzi esca d'Amore.
21.1Fu stupor, fu vaghezza, e fu diletto,
21.2s'amor non fu, che mosse il cor villano.
21.3– Narra – ei le dice – il tutto; ecco, io commetto
21.4che non s'offenda il popol tuo cristiano. –
21.5Ed ella: – Il reo si trova al tuo cospetto:
21.6opra è il furto, signor, di questa mano;
21.7io l'imagine tolsi, io son colei
21.8che tu ricerchi, e me punir tu déi. –
22.1Così al publico fato il capo altero
22.2offerse, e 'l volse in sé sola raccòrre.
22.3Magnanima menzogna, or quand'è il vero
22.4sì bello che si possa a te preporre?
22.5Riman sospeso, e non sì tosto il fero
22.6tiranno a l'ira, come suol, trascorre.
22.7Poi la richiede: – I' vuo' che tu mi scopra
22.8chi dié consiglio, e chi fu insieme a l'opra.
23.1– Non volsi far de la mia gloria altrui
23.2né pur minima parte; – ella gli dice
23.3– sol di me stessa io consapevol fui,
23.4sol consigliera, e sola essecutrice.
23.5– Dunque in te sola – ripigliò colui
23.6– caderà l'ira mia vendicatrice. –
23.7Diss'ella: – E' giusto: esser a me conviene,
23.8se fui sola a l'onor, sola a le pene. –
24.1Qui comincia il tiranno a risdegnarsi;
24.2poi le dimanda: – Ov'hai l'imago ascosa?
24.3– Non la nascosi, – a lui risponde – io l'arsi,
24.4e l'arderla stimai laudabil cosa;
24.5così almen non potrà più violarsi
24.6per man di miscredenti ingiuriosa.
24.7Signore, o chiedi il furto, o 'l ladro chiedi:
24.8quel no 'l vedrai in eterno, e questo il vedi.
25.1Benché né furto è il mio, né ladra i' sono:
25.2giust'è ritòr ciò ch'a gran torto è tolto. –
25.3Or, quest'udendo, in minaccievol suono
25.4freme il tiranno, e 'l fren de l'ira è sciolto.
25.5Non speri più di ritrovar perdono
25.6cor pudico, alta mente e nobil volto;
25.7e 'ndarno Amor contr'a lo sdegno crudo
25.8di sua vaga bellezza a lei fa scudo.
26.1Presa è la bella donna, e 'ncrudelito
26.2il re la danna entr'un incendio a morte.
26.3Già 'l velo e 'l casto manto a lei rapito,
26.4stringon le molli braccia aspre ritorte.
26.5Ella si tace, e in lei non sbigottito,
26.6ma pur commosso alquanto è il petto forte;
26.7e smarrisce il bel volto in un colore
26.8che non è pallidezza, ma candore.
27.1Divulgossi il gran caso, e quivi tratto
27.2già 'l popol s'era: Olindo anco v'accorse.
27.3Dubbia era la persona e certo il fatto;
27.4venia, che fosse la sua donna in forse.
27.5Come la bella prigioniera in atto
27.6non pur di rea, ma di dannata ei scorse,
27.7come i ministri al duro ufficio intenti
27.8vide, precipitoso urtò le genti.
28.1Al re gridò: – Non è, non è già rea
28.2costei del furto, e per follia se 'n vanta.
28.3Non pensò, non ardì, né far potea
28.4donna sola e inesperta opra cotanta.
28.5Come ingannò i custodi? e de la Dea
28.6con qual arti involò l'imagin santa?
28.7Se 'l fece, il narri. Io l'ho, signor, furata. –
28.8Ahi! tanto amò la non amante amata.
29.1Soggiunse poscia: – Io là, donde riceve
29.2l'alta vostra meschita e l'aura e 'l die,
29.3di notte ascesi, e trapassai per breve
29.4foro tentando inaccessibil vie.
29.5A me l'onor, la morte a me si deve:
29.6non usurpi costei le pene mie.
29.7Mie son quelle catene, e per me questa
29.8fiamma s'accende, e 'l rogo a me s'appresta. –
30.1Alza Sofronia il viso, e umanamente
30.2con occhi di pietade in lui rimira.
30.3– A che ne vieni, o misero innocente?
30.4qual consiglio o furor ti guida o tira?
30.5Non son io dunque senza te possente
30.6a sostener ciò che d'un uom può l'ira?
30.7Ho petto anch'io, ch'ad una morte crede
30.8di bastar solo, e compagnia non chiede. –
31.1Così parla a l'amante; e no 'l dispone
31.2sì ch'egli si disdica, e pensier mute.
31.3Oh spettacolo grande, ove a tenzone
31.4sono Amore e magnanima virtute!
31.5ove la morte al vincitor si pone
31.6in premio, e 'l mal del vinto è la salute!
31.7Ma più s'irrita il re quant'ella ed esso
31.8è più costante in incolpar se stesso.
32.1Pargli che vilipeso egli ne resti,
32.2e ch'in disprezzo suo sprezzin le pene.
32.3– Credasi – dice – ad ambo; e quella e questi
32.4vinca, e la palma sia qual si conviene. –
32.5Indi accenna a i sergenti, i quai son presti
32.6a legar il garzon di lor catene.
32.7Sono ambo stretti al palo stesso; e vòlto
32.8è il tergo al tergo, e 'l volto ascoso al volto.
33.1Composto è lor d'intorno il rogo omai,
33.2e già le fiamme il mantice v'incita,
33.3quand'il fanciullo in dolorosi lai
33.4proruppe, e disse a lei ch'è seco unita:
33.5– Quest'è dunque quel laccio ond'io sperai
33.6teco accoppiarmi in compagnia di vita?
33.7questo è quel foco ch'io credea ch'i cori
33.8ne dovesse infiammar d'eguali ardori?
34.1Altre fiamme, altri nodi Amor promise,
34.2altri ce n'apparecchia iniqua sorte.
34.3Troppo, ahi! ben troppo, ella già noi divise,
34.4ma duramente or ne congiunge in morte.
34.5Piacemi almen, poich'in sì strane guise
34.6morir pur déi, del rogo esser consorte,
34.7se del letto non fui; duolmi il tuo fato,
34.8il mio non già, poich'io ti moro a lato.
35.1Ed oh mia sorte aventurosa a pieno!
35.2oh fortunati miei dolci martìri!
35.3s'impetrarò che, giunto seno a seno,
35.4l'anima mia ne la tua bocca io spiri;
35.5e venendo tu meco a un tempo meno,
35.6in me fuor mandi gli ultimi sospiri. –
35.7Così dicea piangendo. Ella il ripiglia
35.8soavemente, e 'n tai detti il consiglia:
36.1– Amico, altri pensieri, altri lamenti,
36.2per più alta cagione il tempo chiede.
36.3Chè non pensi a tue colpe? e non rammenti
36.4qual Dio prometta a i buoni ampia mercede?
36.5Soffri in suo nome, e fian dolci i tormenti,
36.6e lieto aspira a la suprema sede.
36.7Mira 'l ciel com'è bello, e mira il sole
36.8ch'a sé par che n'inviti e ne console. –
37.1Qui il vulgo de' pagani il pianto estolle:
37.2piange il fedel, ma in voci assai più basse.
37.3Un non so che d'inusitato e molle
37.4par che nel duro petto al re trapasse.
37.5Ei presentillo, e si sdegnò; né volle
37.6piegarsi, e gli occhi torse, e si ritrasse.
37.7Tu sola il duol comun non accompagni,
37.8Sofronia; e pianta da ciascun, non piagni.
38.1Mentre son in tal rischio, ecco un guerriero
38.2(ché tal parea) d'alta sembianza e degna;
38.3e mostra, d'arme e d'abito straniero,
38.4che di lontan peregrinando vegna.
38.5La tigre, che su l'elmo ha per cimiero,
38.6tutti gli occhi a sé trae, famosa insegna,
38.7insegna usata da Clorinda in guerra;
38.8onde la credon lei, né 'l creder erra.
39.1Costei gl'ingegni feminili e gli usi
39.2tutti sprezzò sin da l'età più acerba:
39.3a i lavori d'Aracne, a l'ago, a i fusi
39.4inchinar non degnò la man superba.
39.5Fuggì gli abiti molli e i lochi chiusi,
39.6ché ne' campi onestate anco si serba;
39.7armò d'orgoglio il volto, e si compiacque
39.8rigido farlo, e pur rigido piacque.
40.1Tenera ancor con pargoletta destra
40.2strinse e lentò d'un corridore il morso;
40.3trattò l'asta e la spada, ed in palestra
40.4indurò i membri ed allenogli al corso.
40.5Poscia o per via montana o per silvestra
40.6l'orme seguì di fer leone e d'orso;
40.7seguì le guerre, e 'n esse e fra le selve
40.8fèra a gli uomini parve, uomo a le belve.
41.1Viene or costei da le contrade perse
41.2perch' a i cristiani a suo poter resista,
41.3bench'altre volte ha di lor membra asperse
41.4le piaggie, e l'onda di lor sangue ha mista.
41.5Or quivi in arrivando a lei s'offerse
41.6l'apparato di morte a prima vista.
41.7Di mirar vaga e di saper qual fallo
41.8condanni i rei, sospinge oltre il cavallo.
42.1Cedon le turbe, e i duo legati insieme
42.2ella si ferma a riguardar da presso.
42.3Mira che l'una tace e l'altro geme,
42.4e più vigor mostra il men forte sesso.
42.5Pianger lui vede in guisa d'uom cui preme
42.6pietà, non doglia, o duol non di se stesso;
42.7e tacer lei con gli occhi al ciel sì fisa
42.8ch'anzi 'l morir par di qua giù divisa.
43.1Clorinda intenerissi, e si condolse
43.2d'ambeduo loro e lagrimonne alquanto.
43.3Pur maggior sente il duol per chi non duolse,
43.4più la move il silenzio e meno il pianto.
43.5Senza troppo indugiare ella si volse
43.6ad un uom che canuto avea da canto:
43.7– Deh! dimmi: chi son questi? ed al martoro
43.8qual gli conduce o sorte o colpa loro? –
44.1Così pregollo, e da colui risposto
44.2breve ma pieno a le dimande fue:
44.3Stupissi udendo, e imaginò ben tosto
44.4ch'ugualmente innocenti eran que' due.
44.5Già di vietar lor morte ha in sé proposto,
44.6quanto potranno i preghi o l'arme sue.
44.7Pronta accorre a la fiamma, e fa ritrarla,
44.8che già s'appressa, ed a i ministri parla:
45.1– Alcun non sia di voi che 'n questo duro
45.2ufficio oltra seguire abbia baldanza,
45.3sin ch'io non parli al re: ben v'assecuro
45.4ch'ei non v'accuserà de la tardanza. –
45.5Ubidiro i sergenti, e mossi furo
45.6da quella grande sua regal sembianza.
45.7Poi verso il re si mosse, e lui tra via
45.8ella trovò che 'ncontra lei venia.
46.1– Io son Clorinda: – disse – hai forse intesa
46.2talor nomarmi; e qui, signor, ne vegno
46.3per ritrovarmi teco a la difesa
46.4de la fede comune e del tuo regno.
46.5Son pronta, imponi pure, ad ogni impresa:
46.6l'alte non temo, e l'umili non sdegno;
46.7voglimi in campo aperto, o pur tra 'l chiuso
46.8de le mura impiegar, nulla ricuso. –
47.1Tacque; e rispose il re: – Qual sì disgiunta
47.2terra è da l'Asia, o dal camin del sole,
47.3vergine gloriosa, ove non giunta
47.4sia la tua fama, e l'onor tuo non vole?
47.5Or che s'è la tua spada a me congiunta,
47.6d'ogni timor m'affidi e mi console:
47.7non, s'essercito grande unito insieme
47.8fosse in mio scampo, avrei più certa speme.
48.1Già già mi par ch'a giunger qui Goffredo
48.2oltra il dover indugi; or tu dimandi
48.3ch'impieghi io te: sol di te degne credo
48.4l'imprese malagevoli e le grandi.
48.5Sovr'a i nostri guerrieri a te concedo
48.6lo scettro, e legge sia quel che comandi. –
48.7Così parlava. Ella rendea cortese
48.8grazie per lodi, indi il parlar riprese:
49.1– Nova cosa parer dovrà per certo
49.2che preceda a i servigi il guiderdone;
49.3ma tua bontà m'affida: i' vuo' ch'in merto
49.4del futuro servir que' rei mi done.
49.5In don gli chieggio; e pur, se 'l fallo è incerto,
49.6gli danna inclementissima ragione;
49.7ma taccio questo, e taccio i segni espressi
49.8onde argomento l'innocenza in essi.
50.1E dirò sol ch'è qui comun sentenza
50.2che i cristiani togliessero l'imago;
50.3ma discordo io da voi, né però senza
50.4alta ragion del mio parer m'appago.
50.5Fu de le nostre leggi irriverenza
50.6quell'opra far che persuase il mago:
50.7ché non convien ne' nostri tèmpi a nui
50.8gl'idoli avere, e men gl'idoli altrui.
51.1Dunque suso a Macon recar mi giova
51.2il miracol de l'opra, ed ei la fece
51.3per dimostrar ch'i tempi suoi con nova
51.4religion contaminar non lece.
51.5Faccia Ismeno incantando ogni sua prova,
51.6egli a cui le malie son d'arme in vece;
51.7trattiamo il ferro pur noi cavalieri:
51.8quest'arte è nostra, e 'n questa sol si speri. –
52.1Tacque, ciò detto; e 'l re, bench'a pietade
52.2l'irato cor difficilmente pieghi,
52.3pur compiacer la volle; e 'l persuade
52.4ragione, e 'l move autorità di preghi.
52.5– Abbian vita – rispose – e libertade,
52.6e nulla a tanto intercessor si neghi.
52.7Siasi questa o giustizia over perdono,
52.8innocenti gli assolvo, e rei gli dono. –
53.1Così furon disciolti. Aventuroso
53.2ben veramente fu d'Olindo il fato,
53.3ch'atto poté mostrar che 'n generoso
53.4petto al fine ha d'amore amor destato.
53.5Va dal rogo a le nozze; ed è già sposo
53.6fatto di reo, non pur d'amante amato.
53.7Volse con lei morire: ella non schiva,
53.8poi che seco non muor, che seco viva.
54.1Ma il sospettoso re stimò periglio
54.2tanta virtù congiunta aver vicina;
54.3onde, com'egli volse, ambo in essiglio
54.4oltra i termini andàr di Palestina.
54.5Ei, pur seguendo il suo crudel consiglio,
54.6bandisce altri fedeli, altri confina.
54.7Oh come lascian mesti i pargoletti
54.8figli, e gli antichi padri e i dolci letti!
55.1Dura division! scaccia sol quelli
55.2di forte corpo e di feroce ingegno;
55.3ma il mansueto sesso, e gli anni imbelli
55.4seco ritien, sì come ostaggi, in pegno.
55.5Molti n'andaro errando, altri rubelli
55.6fèrsi, e più che 'l timor potè lo sdegno.
55.7Questi unìrsi co' Franchi, e gl'incontraro
55.8a punto il dì che 'n Emaùs entraro.
56.1Emaùs è città cui breve strada
56.2da la regal Gierusalem disgiunge,
56.3ed uom che lento a suo diporto vada,
56.4se parte matutino, a nona giunge.
56.5Oh quant'intender questo a i Franchi aggrada!
56.6Oh quanto più 'l desio gli affretta e punge!
56.7Ma perch'oltra il meriggio il sol già scende,
56.8qui fa spiegare il capitan le tende.
57.1L'avean già tese, e poco era remota
57.2l'alma luce del sol da l'oceano,
57.3quando duo gran baroni in veste ignota
57.4venir son visti, e 'n portamento estrano.
57.5Ogni atto lor pacifico dinota
57.6che vengon come amici al capitano.
57.7Del gran re de l'Egitto eran messaggi,
57.8e molti intorno avean scudieri e paggi.
58.1Alete è l'un, che da principio indegno
58.2tra le brutture de la plebe è sorto;
58.3ma l'inalzaro a i primi onor del regno
58.4parlar facondo e lusinghiero e scòrto,
58.5pieghevoli costumi e vario ingegno
58.6al finger pronto, a l'ingannare accorto:
58.7gran fabro di calunnie, adorne in modi
58.8novi, che sono accuse, e paion lodi.
59.1L'altro è il circasso Argante, uom che straniero
59.2se 'n venne a la regal corte d'Egitto;
59.3ma de' satrapi fatto è de l'impero,
59.4e in sommi gradi a la milizia ascritto:
59.5impaziente, inessorabil, fero,
59.6ne l'arme infaticabile ed invitto,
59.7d'ogni dio sprezzatore, e che ripone
59.8ne la spada sua legge e sua ragione.
60.1Chieser questi udienza ed al cospetto
60.2del famoso Goffredo ammessi entraro,
60.3e in umil seggio e in un vestire schietto
60.4fra' suoi duci sedendo il ritrovaro;
60.5ma verace valor, benché negletto,
60.6è di se stesso a sé fregio assai chiaro.
60.7Picciol segno d'onor gli fece Argante,
60.8in guisa pur d'uom grande e non curante.
61.1Ma la destra si pose Alete al seno,
61.2e chinò il capo, e piegò a terra i lumi,
61.3e l'onorò con ogni modo a pieno
61.4che di sua gente portino i costumi.
61.5Cominciò poscia, e di sua bocca uscièno
61.6più che mèl dolci d'eloquenza i fiumi;
61.7e perché i Franchi han già il sermone appreso
61.8de la Soria, fu ciò ch'ei disse inteso.
62.1– O degno sol cui d'ubudire or degni
62.2questa adunanza di famosi eroi,
62.3che per l'adietro ancor le palme e i regni
62.4da te conobbe e da i consigli tuoi,
62.5il nome tuo, che non riman tra i segni
62.6d'Alcide, omai risuona anco fra noi,
62.7e la fama d'Egitto in ogni parte
62.8del tuo valor chiare novelle ha sparte.
63.1Né v'è fra tanti alcun che non le ascolte
63.2come egli suol le meraviglie estreme,
63.3ma dal mio re con istupore accolte
63.4sono non sol, ma con diletto insieme;
63.5e s'appaga in narrarle anco a le volte,
63.6amando in te ciò ch'altri invidia e teme:
63.7ama il valore, e volontario elegge
63.8teco unirsi d'amor, se non di legge.
64.1Da sì bella cagion dunque sospinto,
64.2l'amicizia e la pace a te richiede,
64.3e 'l mezzo onde l'un resti a l'altro avinto
64.4sia la virtù s'esser non può la fede.
64.5Ma perché inteso avea che t'eri accinto
64.6per iscacciar l'amico suo di sede,
64.7volse, pria ch'altro male indi seguisse,
64.8ch'a te la mente sua per noi s'aprisse.
65.1E la sua mente è tal, che s'appagarti
65.2vorrai di quanto hai fatto in guerra tuo,
65.3né Giudea molestar, né l'altre parti
65.4che ricopre il favor del regno suo,
65.5ei promette a l'incontro assecurarti
65.6il non ben fermo stato. E se voi duo
65.7sarete uniti, or quando i Turchi e i Persi
65.8potranno unqua sperar di riaversi?
66.1Signor, gran cose in picciol tempo hai fatte
66.2che lunga età porre in oblio non pote:
66.3esserciti, città, vinti, disfatte,
66.4superati disagi e strade ignote,
66.5sì ch'al grido o smarrite o stupefatte
66.6son le provincie intorno e le remote;
66.7e se ben acquistar puoi novi imperi,
66.8acquistar nova gloria indarno speri.
67.1Giunta è tua gloria al sommo, e per l'inanzi
67.2fuggir le dubbie guerre a te conviene,
67.3ch'ove tu vinca, sol di stato avanzi,
67.4né tua gloria maggior quinci diviene;
67.5ma l'imperio acquistato e preso inanzi
67.6e l'onor perdi, se 'l contrario aviene.
67.7Ben gioco è di fortuna audace e stolto
67.8por contra il poco e incerto il certo e 'l molto.
68.1Ma il consiglio di tal cui forse pesa
68.2ch'altri gli acquisti a lungo ancor conserve,
68.3e l'aver sempre vinto in ogni impresa,
68.4e quella voglia natural, che ferve
68.5e sempre è più ne' cor più grandi accesa,
68.6d'aver le genti tributarie e serve,
68.7faran per aventura a te la pace
68.8fuggir, più che la guerra altri non face.
69.1T'essorteranno a seguitar la strada
69.2che t'è dal fato largamente aperta,
69.3a non depor questa famosa spada,
69.4al cui valore ogni vittoria è certa,
69.5sin che la legge di Macon non cada,
69.6sin che l'Asia per te non sia deserta:
69.7dolci cose ad udir e dolci inganni
69.8ond'escon poi sovente estremi danni.
70.1Ma s'animosità gli occhi non benda,
70.2né il lume oscura in te de la ragione,
70.3scorgerai, ch'ove tu la guerra prenda,
70.4hai di temer, non di sperar cagione,
70.5ché fortuna qua giù varia a vicenda
70.6mandandoci venture or triste or buone,
70.7ed a i voli troppo alti e repentini
70.8sogliono i precipizi esser vicini.
71.1Dimmi: s'a' danni tuoi l'Egitto move,
71.2d'oro e d'arme potente e di consiglio,
71.3e s'avien che la guerra anco rinove
71.4il Perso e 'l Turco e di Cassano il figlio,
71.5quai forze opporre a sì gran furia o dove
71.6ritrovar potrai scampo al tuo periglio?
71.7T'affida forse il re malvagio greco
71.8il qual da i sacri patti unito è teco?
72.1La fede greca a chi non è palese?
72.2Tu da un sol tradimento ogni altro impara,
72.3anzi da mille, perché mille ha tese
72.4insidie a voi la gente infida, avara.
72.5Dunque chi dianzi il passo a voi contese,
72.6per voi la vita esporre or si prepara?
72.7chi le vie che comuni a tutti sono
72.8negò, del proprio sangue or farà dono?
73.1Ma forse hai tu riposta ogni tua speme
73.2in queste squadre ond'ora cinto siedi.
73.3Quei che sparsi vincesti, uniti insieme
73.4di vincer anco agevolmente credi,
73.5se ben son le tue schiere or molto sceme
73.6tra le guerre e i disagi, e tu te 'l vedi;
73.7se ben novo nemico a te s'accresce
73.8e co' Persi e co' Turchi Egizi mesce.
74.1Or quando pure estimi esser fatale
74.2che non ti possa il ferro vincer mai,
74.3siati concesso, e siati a punto tale
74.4il decreto del Ciel qual tu te 'l fai;
74.5vinceratti la fame: a questo male
74.6che rifugio, per Dio, che schermo avrai?
74.7Vibra contra costei la lancia, e stringi
74.8la spada, e la vittoria anco ti fingi.
75.1Ogni campo d'intorno arso e distrutto
75.2ha la provida man de gli abitanti,
75.3e 'n chiuse mura e 'n alte torri il frutto
75.4riposto, al tuo venir più giorni inanti.
75.5Tu ch'ardito sin qui ti sei condutto,
75.6onde speri nutrir cavalli e fanti?
75.7Dirai: <>
75.8Da i venti dunque il viver tuo dipende?
76.1Comanda forse tua fortuna a i venti,
76.2e gli avince a sua voglia e gli dislega?
76.3e 'l mar ch'a i preghi è sordo ed a i lamenti,
76.4te sol udendo, al tuo voler si piega?
76.5O non potranno pur le nostre genti,
76.6e le perse e le turche unite in lega,
76.7così potente armata in un raccòrre
76.8ch'a questi legni tuoi si possa opporre?
77.1Doppia vittoria a te, signor, bisogna,
77.2s'hai de l'impresa a riportar l'onore.
77.3Una perdita sola alta vergogna
77.4può cagionarti e danno anco maggiore:
77.5ch'ove la nostra armata in rotta pogna
77.6la tua, qui poi di fame il campo more;
77.7e se tu sei perdente, indarno poi
77.8saran vittoriosi i legni tuoi.
78.1Ora se in tale stato anco rifiuti
78.2co 'l gran re de l'Egitto e pace e tregua,
78.3(diasi licenza al ver) l'altre virtuti
78.4questo consiglio tuo non bene adegua.
78.5Ma voglia il Ciel che 'l tuo pensier si muti,
78.6s'a guerra è vòlto, e che 'l contrario segua,
78.7sì che l'Asia respiri omai da i lutti,
78.8e goda tu de la vittoria i frutti.
79.1Né voi che del periglio e de gli affanni
79.2e de la gloria a lui sète consorti,
79.3il favor di fortuna or tanto inganni
79.4che nove guerre a provocar v'essorti.
79.5Ma qual nocchier che da i marini inganni
79.6ridutti ha i legni a i desiati porti,
79.7raccòr dovreste omai le sparse vele,
79.8né fidarvi di novo al mar crudele. –
80.1Qui tacque Alete, e 'l suo parlar seguiro
80.2con basso mormorar que' forti eroi;
80.3e ben ne gli atti disdegnosi apriro
80.4quanto ciascun quella proposta annoi.
80.5Il capitan rivolse gli occhi in giro
80.6tre volte e quattro, e mirò in fronte i suoi,
80.7e poi nel volto di colui gli affisse
80.8ch'attendea la risposta, e così disse:
81.1– Messaggier, dolcemente a noi sponesti
81.2ora cortese, or minaccioso invito.
81.3Se 'l tuo re m'ama e loda i nostri gesti,
81.4è sua mercede, e m'è l'amor gradito.
81.5A quella parte poi dove protesti
81.6la guerra a noi del paganesmo unito,
81.7risponderò, come da me si suole,
81.8liberi sensi in semplici parole.
82.1Sappi che tanto abbiam sin or sofferto
82.2in mare, in terra, a l'aria chiara e scura,
82.3solo acciò che ne fosse il calle aperto
82.4a quelle sacre e venerabil mura,
82.5per acquistarne appo Dio grazia e merto
82.6togliendo lor di servitù sì dura,
82.7né mai grave ne fia per fin sì degno
82.8esporre onor mondano e vita e regno;
83.1ché non ambiziosi avari affetti
83.2ne spronaro a l'impresa, e ne fur guida
83.3(sgombri il Padre del Ciel da i nostri petti
83.4peste sì rea, s'in alcun pur s'annida;
83.5né soffra che l'asperga, e che l'infetti
83.6di venen dolce che piacendo ancida),
83.7ma la sua man ch'i duri cor penètra
83.8soavemente, e gli ammollisce e spetra.
84.1Questa ha noi mossi e questa ha noi condutti,
84.2tratti d'ogni periglio e d'ogni impaccio;
84.3questa fa piani i monti e i fiumi asciutti,
84.4l'ardor toglie a la state, al verno il ghiaccio;
84.5placa del mare i tempestosi flutti,
84.6stringe e rallenta questa a i venti il laccio;
84.7quindi son l'alte mura aperte ed arse,
84.8quindi l'armate schiere uccise e sparse;
85.1quindi l'ardir, quindi la speme nasce,
85.2non da le frali nostre forze e stanche,
85.3non da l'armata, e non da quante pasce
85.4genti la Grecia e non da l'arme franche.
85.5Pur ch'ella mai non ci abbandoni e lasce,
85.6poco dobbiam curar ch'altri ci manche.
85.7Chi sa come difende e come fère,
85.8soccorso a i suoi perigli altro non chere.
86.1Ma quando di sua aita ella ne privi,
86.2per gli error nostri o per giudizi occulti,
86.3chi fia di noi ch'esser sepulto schivi
86.4ove i membri di Dio fur già sepulti?
86.5Noi morirem, né invidia avremo a i vivi;
86.6noi morirem, ma non morremo inulti,
86.7né l'Asia riderà di nostra sorte,
86.8né pianta fia da noi la nostra morte.
87.1Non creder già che noi fuggiam la pace
87.2come guerra mortal si fugge e pave,
87.3ché l'amicizia del tuo re ne piace,
87.4né l'unirci con lui ne sarà grave;
87.5ma s' al suo impero la Giudea soggiace,
87.6tu 'l sai; perché tal cura ei dunque n'have?
87.7De' regni altrui l'acquisto ei non ci vieti,
87.8e regga in pace i suoi tranquilli e lieti. –
88.1Così rispose, e di pungente rabbia
88.2la risposta ad Argante il cor trafisse;
88.3nè 'l celò già, ma con enfiate labbia
88.4si trasse avanti al capitano e disse:
88.5– Chi la pace non vuol, la guerra s'abbia,
88.6ché penuria giamai non fu di risse;
88.7e ben la pace ricusar tu mostri,
88.8se non t'acqueti a i primi detti nostri. –
89.1Indi il suo manto per lo lembo prese,
89.2curvollo e fenne un seno; e 'l seno sporto,
89.3così pur anco a ragionar riprese
89.4via più che prima dispettoso e torto:
89.5– O sprezzator de le più dubbie imprese,
89.6e guerra e pace in questo sen t'apporto:
89.7tua sia l'elezione; or ti consiglia
89.8senz'altro indugio, e qual più vuoi ti piglia. –
90.1L'atto fero e 'l parlar tutti commosse
90.2a chiamar guerra in un concorde grido,
90.3non attendendo che risposto fosse
90.4dal magnanimo lor duce Goffrido.
90.5Spiegò quel crudo il seno e 'l manto scosse,
90.6ed: – A guerra mortal – disse – vi sfido –;
90.7e 'l disse in atto sì feroce ed empio
90.8che parve aprir di Giano il chiuso tempio.
91.1Parve ch'aprendo il seno indi traesse
91.2il Furor pazzo e la Discordia fera,
91.3e che ne gli occhi orribili gli ardesse
91.4la gran face d'Aletto e di Megera.
91.5Quel grande già che 'ncontra il cielo eresse
91.6l'alta mole d'error, forse tal era;
91.7e in cotal atto il rimirò Babelle
91.8alzar la fronte e minacciar le stelle.
92.1Soggiunse allor Goffredo: – Or riportate
92.2al vostro re che venga, e che s'affretti,
92.3che la guerra accettiam che minacciate;
92.4e s'ei non vien, fra 'l Nilo suo n'aspetti. –
92.5Accomiatò lor poscia in dolci e grate
92.6maniere, e gli onorò di doni eletti.
92.7Ricchissimo ad Alete un elmo diede
92.8ch'a Nicea conquistò fra l'altre prede.
93.1Ebbe Argante una spada; e 'l fabro egregio
93.2l'else e 'l pomo le fe' gemmato e d'oro,
93.3con magistero tal che perde il pregio
93.4de la ricca materia appo il lavoro.
93.5Poi che la tempra e la ricchezza e 'l fregio
93.6sottilmente da lui mirati foro,
93.7disse Argante al Buglion: – Vedrai ben tosto
93.8come da me il tuo dono in uso è posto. –
94.1Indi tolto il congedo, è da lui ditto
94.2al suo compagno: – Or ce n'andremo omai,
94.3io a Gierusalem, tu verso Egitto,
94.4tu co 'l sol novo, io co' notturni rai,
94.5ch'uopo o di mia presenza, o di mio scritto
94.6esser non può colà dove tu vai.
94.7Reca tu la risposta, io dilungarmi
94.8quinci non vuo', dove si trattan l'armi. –
95.1Così di messaggier fatto è nemico,
95.2sia fretta intempestiva o sia matura:
95.3la ragion de le genti e l'uso antico
95.4s'offenda o no, né 'l pensa egli, nè 'l cura.
95.5Senza risposta aver, va per l'amico
95.6silenzio de le stelle a l'alte mura,
95.7d'indugio impaziente, ed a chi resta
95.8già non men la dimora anco è molesta.
96.1Era la notte allor ch'alto riposo
96.2han l'onde e i venti, e parea muto il mondo.
96.3Gli animai lassi, e quei che 'l mar ondoso
96.4o de' liquidi laghi alberga il fondo,
96.5e chi si giace in tana o in mandra ascoso,
96.6e i pinti augelli, ne l'oblio profondo
96.7sotto il silenzio de' secreti orrori
96.8sopian gli affanni e raddolciano i cori.
97.1Ma né 'l campo fedel, né 'l franco duca
97.2si discioglie nel sonno, o almen s'accheta,
97.3tanta in lor cupidigia è che riluca
97.4omai nel ciel l'alba aspettata e lieta,
97.5perché il camin lor mostri, e li conduca
97.6a la città ch'al gran passaggio è mèta.
97.7Mirano ad or ad or se raggio alcuno
97.8spunti, o si schiari de la notte il bruno.
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