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Libro decimoquarto

1.1De' combattenti udì l'alto fracasso
1.2Nèstore in quella che una colma tazza
1.3accostava alle labbra; e d'Esculapio
1.4rivolto al figlio: Oh, che mai fia, diss'egli,
1.5divino Macaon? Presso alle navi
1.6dell'usato maggiori odo le grida
1.7de' giovani guerrieri. Alla vedetta
1.8vado a saperne la cagion. Tu siedi
1.9intanto, e bevi il rubicondo vino,
1.10mentre i caldi lavacri t'apparecchia
1.11la mia bionda Ecamède, onde del sangue
1.12di che vai sozzo, dilavar la gruma.
2.1Del suo figliuol si tolse in questo dire
2.2il brocchier che giacea dentro la tenda,
2.3il fulgido brocchier di Trasimède
2.4che il paterno portava. Indi una salda
2.5asta d'acuta cuspide impugnata
2.6fuor della tenda si sofferma, e vede
2.7miserando spettacolo: cacciati
2.8in fuga i Greci, e alle lor spalle i Teucri
2.9inseguenti e furenti, e la muraglia
2.10degli Achei rovesciata. Come quando
2.11il vasto mar s'imbruna, e presentendo
2.12de' rauchi venti il turbine vicino,
2.13tace l'onda atterrita, ed in nessuna
2.14parte si volve, finché d'alto scenda
2.15la procella di Giove; in due pensieri
2.16così del veglio il cor pendea diviso,
2.17se fra i rapidi carri de' fuggenti
2.18Dànai si getti, o se alla volta ei corra
2.19del duce Atride Agamennón. Lo meglio
2.20questo gli parve, e s'avvïò. Seguìa
2.21la mutua strage intanto, e intorno al petto
2.22de' combattenti risonava il ferro
2.23dalle lance spezzato e dalle spade.
3.1Fuor delle navi gli si fêro incontro
3.2i re feriti Ulisse e Dïomede
3.3e Agamennón. Di questi a fior di lido
3.4stavan lungi dall'armi le carene.
3.5L'altre, che prime lo toccâr, dedotte
3.6più dentro alla pianura, eran le navi
3.7a cui dintorno fu costrutto il muro;
3.8perocché il lido, benché largo, tutte
3.9non potea contenerle, ed acervate
3.10stavan le schiere. Statuiti adunque
3.11l'uno appo l'altro, come scala, i legni
3.12tutto empieano del lido il lungo seno
3.13quanto del mare ne chiudean le gole.
3.14Scossi al trambusto, che s'udìa, que' duci,
3.15e di saper lo stato impazïenti
3.16della battaglia, ne venìan conserti,
3.17alle lance appoggiati, e gravi il petto
3.18d'alta tristezza. Terror loro accrebbe
3.19del veglio la comparsa, e Agamennóne
3.20elevando la voce: O degli Achei
3.21inclita luce, Nèstore Nelìde,
3.22perché lasci la pugna, e qui ne vieni?
3.23Temo ohimè! che d'Ettòr non si compisca
3.24la minacciata nel troian consesso
3.25fiera parola di non far ritorno
3.26nella città, se pria spenti noi tutti,
3.27tutte in faville non mettea le navi.
3.28Ecco il detto adempirsi. Eterni Dei!
3.29Dunque in ira son io, come ad Achille,
3.30a tutto il campo acheo, sì che non voglia
3.31più pugnar dell'armata alla difesa?
4.1Ahi! pur troppo l'evento è manifesto,
4.2Nestor rispose, né disfare il fatto
4.3lo stesso tonator Giove potrebbe.
4.4Il muro, che de' legni e di noi stessi
4.5riparo invitto speravam, quel muro
4.6cadde, il nemico ne combatte intorno
4.7con ostinato ardire e senza posa:
4.8né, come che tu l'occhio attento volga,
4.9più ti sapresti da qual parte il danno
4.10degli Achivi è maggior, tanto son essi
4.11alla rinfusa uccisi, e tanti i gridi
4.12di che l'aria risuona. Or noi qui tosto,
4.13se verun più ne resta util consiglio,
4.14consultiamo il da farsi. Entrar nel forte
4.15della mischia non io però v'esorto,
4.16ché mal combatte il battaglier ferito.
5.1Saggio vegliardo, replicò l'Atride,
5.2poiché fino alle tende hanno i nemici
5.3spinta la pugna, e più non giova il vallo
5.4né della fossa né dell'alto muro,
5.5a cui tanto sudammo, e inviolato
5.6schermo il tenemmo delle navi e nostro,
5.7chiaro ne par che al prepossente Giove
5.8caro è il nostro perir su questa riva
5.9lungi d'Argo, infamati. Il vidi un tempo
5.10proteggere gli Achei; lui veggo adesso
5.11i Troiani onorar quanto gli stessi
5.12beati Eterni, e incatenar le nostre
5.13forze e l'ardir. Mia voce adunque udite.
5.14Le navi, che ne stanno in secco al primo
5.15lembo del lido, si sospingan tutte
5.16nel vasto mare, e tutte sieno in alto
5.17sull'àncora fermate insin che fitta
5.18giunga la notte, dal cui velo ascosi
5.19varar potremo il resto, ove pur sia
5.20che ne dian tregua dalla pugna i Teucri.
5.21Non è biasmo fuggir di notte ancora
5.22il proprio danno, ed è pur sempre il meglio
5.23scampar fuggendo, che restar captivo.
6.1Lo guatò bieco Ulisse, e gli rispose:
6.2Atride, e quale ti fuggì dal labbro
6.3rovinosa parola? Imperadore
6.4fossi oh! tu di vigliacchi, e non di noi,
6.5di noi che Giove dalla verde etade
6.6infino alla canuta agli ardui fatti
6.7della guerra incitò, finché ciascuno
6.8vi perisca onorato. E così dunque
6.9puoi tu de' Teucri abbandonar l'altera
6.10città che tanti già ne costa affanni?
6.11Per dio! nol dire, dagli Achei non s'oda
6.12questo sermone, della bocca indegno
6.13d'uom di senno e scettrato, e, qual tu sei,
6.14di tante schiere capitano. Io primo
6.15il tuo parer condanno. Arde la pugna,
6.16e tu comandi che nel mar lanciate
6.17sien le navi? Ciò fôra un far più certo
6.18de' Troiani il vantaggio, e più sicuro
6.19il nostro eccidio: perocché gli Achivi
6.20in quell'opra assaliti, anzi che fermi
6.21sostener l'inimico, al mar terranno
6.22rivolto il viso, a' Teucri il tergo: e allora
6.23vedrai funesto, o duce, il tuo consiglio.
7.1Rispose Agamennón: La tua pungente
7.2rampogna, Ulisse, mi ferì nel core.
7.3Ma mia mente non è che lor malgrado
7.4traggan le navi in mar gli Achivi; e s'ora
7.5altri sa darne più pensato avviso,
7.6sia giovine, sia veglio, io l'avrò caro.
8.1Chi darallo n'è presso (il bellicoso
8.2Tidìde ripigliò), né fia mestieri
8.3cercarlo a lungo, se ascoltar vorrete,
8.4né, perché d'anni inferïor vi sono,
8.5con disdegno spregiarmi. Anch'io mi vanto
8.6figlio d'illustre genitor, del prode
8.7Tidèo, di Cadmo nel terren sepolto.
8.8Portèo tre figli generò dell'alta
8.9Calidone abitanti e di Pleurone,
8.10Agrio, Mela ed Enèo, tutti d'egregio
8.11valor, ma tutti li vincea di molto
8.12il cavaliero Enèo padre al mio padre.
8.13Ivi egli visse; ma da' numi astretto
8.14a gir vagando il padre mio, sua stanza
8.15pose in Argo, e d'Adrasto a moglie tolse
8.16una figlia; e signor di ricchi alberghi
8.17e di campi frugiferi per molte
8.18file di piante ombrosi, e di fecondo
8.19copioso gregge, a tutti ancor gli Argivi
8.20ei sovrastava nel vibrar dell'asta.
8.21Conte vi sono queste cose, io penso,
8.22tutte vere; e sapendomi voi quindi
8.23nato di sangue generoso, a vile
8.24non terrete il mio retto e franco avviso.
8.25Orsù, crudel necessità ne spinge.
8.26Al campo adunque, tuttoché feriti;
8.27e perché piaga a piaga non s'aggiunga,
8.28fuor di tiro si resti, ma propinqui
8.29sì, che possiamo gl'indolenti almeno
8.30incitar coll'aspetto e colla voce.
9.1Piacque il consiglio, e s'avvïâr precorsi
9.2dal re supremo Agamennón. Li vide
9.3Nettunno, e tolte di guerrier canuto
9.4le sembianze, e per man preso l'Atride,
9.5fe' dal labbro volar queste parole:
10.1Atride, or sì che degli Achei la strage
10.2e la fuga gioir fa la crudele
10.3alma d'Achille, poiché tutto l'ira
10.4gli tolse il senno. Oh possa egli in mal punto
10.5perire, e d'onta ricoprirlo un Dio!
10.6Ma tutti a te non sono irati i numi,
10.7e de' Teucri vedrai di nuovi i duci
10.8empir di polve il piano, e dalle tende
10.9e dalle navi alla città fuggirsi.
11.1Disse, e corse, e gridò quanto di nove
11.2o dieci mila combattenti alzarse
11.3potrìa, nell'atto d'azzuffarsi, il grido:
11.4tanto fu l'urlo che dal vasto petto
11.5l'Enosigèo mandò. Risurse in seno
11.6degli Achei la fortezza a quella voce,
11.7e il desìo di pugnar senza riposo.
12.1Su le vette d'Olimpo in aureo trono
12.2sedea Giuno, e di là visto il divino
12.3suo cognato e fratel che in gran faccenda
12.4per la pugna scorrea, gioinne in core.
12.5Sovra il giogo maggior scôrse ella poscia
12.6dell'irrigua di fonti Ida seduto
12.7l'abborrito consorte; e in suo pensiero
12.8l'augusta Diva a ruminar si mise
12.9d'ingannarlo una via. Calarsi all'Ida
12.10in tutto il vezzo della sua persona,
12.11infiammarlo d'amor, trarlo rapito
12.12di sua beltà nelle sue braccia, e dolce
12.13nelle palpèbre e nell'accorta mente
12.14insinuargli il sonno, ecco il partito
12.15che le parve il miglior. Tosto al regale
12.16suo talamo s'avvìa, che a lei l'amato
12.17figlio Vulcano fabbricato avea
12.18con salde porte, e un tal serrame arcano
12.19che aperto non l'avrebbe iddio veruno.
12.20Entrovvi: e chiusa la lucente soglia,
12.21con ambrosio licor tutto si terse
12.22pria l'amabile corpo, e d'oleosa
12.23essenza l'irrigò, divina essenza
12.24fragrante sì che negli eterni alberghi
12.25del Tonante agitata e cielo e terra
12.26d'almo profumo rïempìa. Ciò fatto
12.27le belle chiome al pettine commise,
12.28e di sua mano intorno all'immortale
12.29augusto capo le compose in vaghi
12.30ondeggianti cincinni. Indi il divino
12.31peplo s'indusse, che Minerva avea
12.32con grand'arte intessuto, e con aurate
12.33fulgide fibbie assicurollo al petto.
12.34Poscia i bei fianchi d'un cintiglio a molte
12.35frange ricinse, e ai ben forati orecchi
12.36i gemmati sospese e rilucenti
12.37suoi ciondoli a tre gocce. Una leggiadra
12.38e chiara come sole intatta benda
12.39dopo questo la Diva delle Dive
12.40si ravvolse alla fronte. Al piè gentile
12.41alfin legossi i bei coturni, e tutte
12.42abbigliate le membra uscì pomposa,
12.43ed in disparte Venere chiamata,
12.44così le disse: Mi sarai tu, cara,
12.45d'una grazia cortese? o meco irata,
12.46perch'io gli Achivi, e tu li Teucri aiti,
12.47negarmela vorrai? — Parla, rispose
12.48l'alma figlia di Giove: il tuo desire
12.49manifestami intero, o veneranda
12.50Saturnia Giuno. Mi comanda il core
12.51di far tutto (se il posso, e se pur lice)
12.52il tuo voler, qual sia. — Dammi, riprese
12.53la scaltra Giuno, l'amoroso incanto
12.54che tutti al dolce tuo poter suggetta
12.55i mortali e gli Dei. Dell'alma terra
12.56ai fini estremi a visitar men vado
12.57l'antica Teti e l'Oceàn de' numi
12.58generator, che presami da Rea,
12.59quando sotto la terra e le profonde
12.60voragini del mar di Giove il tuono
12.61precipitò Saturno, mi nudriro
12.62ne' lor soggiorni, e m'educâr con molta
12.63cura ed affetto. A questi io vado, e solo
12.64per ricomporne una difficil lite
12.65ond'ei da molto a gravi sdegni in preda
12.66e di letto e d'amor stansi divisi.
12.67Se con parole ad acchetarli arrivo
12.68e a rannodarne i cuori, io mi son certa
12.69che sempre avranmi e veneranda e cara.
13.1E l'amica del riso Citerèa,
13.2Non lice, replicò, né dêssi a quella
13.3che del tonante Iddio dorme sul petto,
13.4far di quanto ella vuol niego veruno.
14.1Disse; e dal seno il ben trapunto e vago
14.2cinto si sciolse, in che raccolte e chiuse
14.3erano tutte le lusinghe. V'era
14.4d'amor la voluttà, v'era il desire
14.5e degli amanti il favellìo segreto,
14.6quel dolce favellìo ch'anco de' saggi
14.7ruba la mente. In man gliel pose, e disse:
14.8Prendi questo mio cinto in che si chiude
14.9ogni dolcezza, prendilo, e nel seno
14.10lo ti nascondi, e tornerai, lo spero,
14.11tutte ottenute del tuo cor le brame.
15.1L'alma Giuno sorrise, e di contento
15.2lampeggiando i grand'occhi in quel sorriso,
15.3lo si ripose in seno. Alle paterne
15.4stanze Ciprigna incamminossi: e Giuno
15.5frettolosa lasciò l'olimpie cime,
15.6e la Pïeria sorvolando e i lieti
15.7emazii campi, le nevose vette
15.8varcò de' tracii monti, e non toccava
15.9col piè santo la terra. Indi dell'Ato
15.10superate le rupi, all'estuoso
15.11ponto discese, e nella sacra Lenno,
15.12di Toante città, rattenne il volo.
15.13Ivi al fratello della Morte, al Sonno
15.14n'andò, lo strinse per la mano, e disse:
16.1Sonno, re de' mortali e degli Dei,
16.2s'unqua mi festi d'un desìo contenta,
16.3or n'è d'uopo, e saprotti eterno grado.
16.4Tosto ch'io l'abbia fra mie braccia avvinto,
16.5m'addormenta di Giove, amico Dio,
16.6le fulgide pupille: ed io d'un seggio
16.7d'auro incorrotto ti farò bel dono,
16.8che lavoro sarà maraviglioso
16.9del mio figlio Vulcan, col suo sgabello
16.10su cui si posi a mensa il tuo bel piede.
17.1Saturnia Giuno, veneranda Dea,
17.2rispose il Sonno, agevolmente io posso
17.3ogni altro iddio sopir, ben anche i flutti
17.4del gran fiume Oceàn di tutte cose
17.5generatore; ma il Saturnio Giove
17.6né il toccherò né il sopirò, se tanto
17.7non comanda egli stesso. I tuoi medesmi
17.8cenni di questo m'assennâr quel giorno
17.9ch'Ercole il suo gran figlio, Ilio distrutto
17.10navigava da Troia. Io su la mente
17.11dolce mi sparsi dell'Egìoco Giove,
17.12e l'assopii. Tu intanto in tuo segreto
17.13macchinando al suo figlio una ruina,
17.14di fieri venti sollevasti in mare
17.15una negra procella, e lui sviando
17.16dal suo cammin, spingesti a Coo, da tutti
17.17i suoi cari lontano. Arse di sdegno
17.18destatosi il Tonante, e per l'Olimpo
17.19scompigliando i Celesti, in cerca andava
17.20di me fra tutti, e avrìa dal ciel travolto
17.21me meschino nel mar, se l'alma Notte,
17.22de' numi domatrice e de' mortali,
17.23non mi campava fuggitivo. Ei poscia
17.24per lo rispetto della bruna Diva
17.25placossi. E salvo da quel rischio appena
17.26vuoi che con esso a perigliarmi io torni?
18.1Di periglio che parli? e di che temi?
18.2gli rispose Giunon; forse t'avvisi
18.3che al par del figlio, per cui sdegno il prese,
18.4Giove i Teucri protegga? Or via, mi segui,
18.5ch'io la minore delle Grazie in moglie
18.6ti darò, la vezzosa Pasitèa,
18.7di cui so che sei vago e sempre amante.
19.1Giuralo per la sacra onda di Stige,
19.2tutto in gran giubilìo ripiglia il Sonno;
19.3e l'alma terra d'una man, coll'altra
19.4tocca del mar la superficie, e quanti
19.5stansi intorno a Saturno inferni Dei
19.6testimoni ne sian, che mia consorte
19.7delle Grazie farai la più fanciulla,
19.8la gentil Pasitèa cui sempre adoro.
20.1Disse; e conforme a quel desir giurava
20.2la bianca Diva, e i sotterranei numi
20.3tutti invocava che Titani han nome.
20.4Fatto il gran sacramento, abbandonaro
20.5d'Imbro e di Lenno le cittadi, e cinti
20.6di densa nebbia divorâr la via.
20.7D'Ida altrice di belve e di ruscelli
20.8giunti alla falda, uscîr della marina
20.9alla punta lettèa. Preser leggieri
20.10del monte la salita, e della selva
20.11sotto i lor passi si scotea la cima.
20.12Ivi il Sonno arrestossi, e per celarsi
20.13di Giove agli occhi un alto abete ascese,
20.14che sovrana innalzava al ciel la cima.
20.15Quivi s'ascose tra le spesse fronde
20.16in sembianza d'arguto augel montano
20.17che noi Cimindi, e noman Calci i numi.
21.1Con sollecito piede intanto Giuno
21.2il Gàrgaro salìa. La vide il sommo
21.3delle tempeste adunatore, e pronta
21.4al cor gli corse l'amorosa fiamma,
21.5siccome il dì che de' parenti al guardo
21.6sottrattisi gustâr commisti insieme
21.7la furtiva d'amor prima dolcezza.
21.8Si fece incontro alla consorte, e disse:
22.1Giuno, a che vieni dall'Olimpo, e senza
22.2cocchio e destrieri? — E a lui la scaltra: Io vado
22.3dell'alma terra agli ultimi confini
22.4a visitar de' numi il genitore
22.5Oceano e Teti, che ne' loro alberghi
22.6con grande cura m'educâr fanciulla.
22.7Vado a comporne la discordia: ei sono
22.8e di letto e d'amor per ire acerbe
22.9da gran tempo divisi. Alle radici
22.10d'Ida lasciati ho i miei destrier che ratta
22.11su la terra e sul mar mi porteranno.
22.12Or qui vengo per te, ché meco irarti
22.13non dovessi tu poi se taciturna
22.14del vecchio iddio n'andassi alla magione.
23.1Altra volta v'andrai, Giove rispose:
23.2or si gioisca in amoroso amplesso;
23.3ché né per donna né per Dea giammai
23.4mi si diffuse in cor fiamma sì viva:
23.5non quando per la sposa Issïonèa,
23.6che Piritòo, divin senno, produsse,
23.7arsi d'amor, non quando alla gentile
23.8figlia d'Acrisio generai Persèo,
23.9prestantissimo eroe, né quando Europa
23.10del divin Radamanto e di Minosse
23.11padre mi fece. Né le due di Tebe
23.12beltà famose Sèmele ed Alcmena,
23.13d'Ercole questa genitrice, e quella
23.14di Bacco de' mortali allegratore;
23.15né Cerere la bionda, né Latona,
23.16né tu stessa giammai, siccome adesso,
23.17mi destasti d'amor tanto disìo.
24.1E l'ingannevol Diva: Oh che mai parli,
24.2importuno! Ascoltar vuoi tu d'amore
24.3le fantasie qui d'Ida in su le vette
24.4dove tutto si scorge? E se qualcuno
24.5degli Dei ne mirasse, e agli altri Eterni
24.6conto lo fésse, rïentrar nel cielo
24.7con che fronte ardirei? Ciò fôra indegno.
24.8Pur se vera d'amor brama ti punge,
24.9al talamo n'andiam, che il tuo diletto
24.10figlio Vulcan ti fabbricò di salde
24.11porte; e quivi di me fa il tuo volere.
25.1Né d'uom mortale né d'iddio veruno
25.2lo sguardo ne vedrà, Giove riprese.
25.3Diffonderotti intorno un'aurea nube
25.4tal che per essa né del Sol pur anco
25.5la vista passerà quantunque acuta.
26.1Disse, ed in grembo alla consorte il figlio
26.2di Saturno s'infuse: e l'alma terra
26.3di sotto germogliò novelle erbette
26.4e il rugiadoso loto e il fior di croco
26.5e il giacinto, che in alto li reggea
26.6soffice e folto. Qui corcârsi, e densa
26.7li ricopriva una dorata nube
26.8che lucida piovea dolce rugiada.
27.1Sul Gàrgaro così queto dormìa
27.2Giove in braccio alla Dea, preda d'amore
27.3e del soave Sonno che veloce
27.4corse alle navi ad avvisarne il nume
27.5scotitor della Terra; e a lui venuto,
27.6con presto favellar, T'affretta, ei disse,
27.7a soccorrer gli Achivi, o re Nettunno,
27.8e almen per poco vincitor li rendi
27.9finché Giove si dorme. Io lo ricinsi
27.10d'un tenero sopor mentre ingannato
27.11dalla consorte in seno le riposa.
28.1Sparve il Sonno, ciò detto, e de' mortali
28.2su l'altere città l'ali distese.
28.3Allor Nettunno d'aïtar bramoso
28.4più che prima gli Achei, diessi nel mezzo
28.5alle file di fronte, alto gridando:
28.6Achivi, lascerem di Prìamo al figlio
28.7noi dunque il vanto di novel trïonfo,
28.8e la gloria d'averne arse le navi?
28.9Ei certo lo si crede, e vampo mena,
28.10perché d'Achille neghittosa è l'ira.
28.11Ma d'Achille non fia molto il bisogno,
28.12se noi far opra delle man sapremo,
28.13e alternarci gli aiuti. Or su, concordi
28.14seguiam tutti il mio detto. I più sicuri
28.15e grandi scudi, che nel campo sièno,
28.16imbracciamo, e copriam de' più lucenti
28.17elmi le teste, e le più lunghe picche
28.18strette in pugno, marciam: io vi precedo,
28.19né per forte ch'ei sia l'audace Ettorre,
28.20l'impeto nostro sosterrà. Chïunque
28.21è guerrier valoroso, e di leggiero
28.22scudo si copre, al men valente il ceda,
28.23e allo scudo maggior sottentri ei stesso.
29.1Obbedîr tutti al cenno. I re medesmi
29.2Tidìde, Ulisse e Agamennón, sprezzate
29.3le lor ferite, in ordinanza a gara
29.4ponean le schiere, e via dell'armi il cambio
29.5per le file facean; le forti al forte,
29.6al peggior le peggiori. E poiché tutti
29.7di lucido metallo la persona
29.8ebber coverta, s'avvïâr. Nettunno
29.9li precorrea, nella robusta mano
29.10sguainata portandosi una lunga
29.11orrenda spada che parea di Giove
29.12la folgore, e mettea nel cor paura.
29.13Misero quegli che la scontra in guerra!
30.1Dall'altra parte il troian duce i suoi
30.2pone ei pure in procinto, e senza indugio
30.3l'illustre Ettorre ed il ceruleo Dio,
30.4l'uno i Greci incorando e l'altro i Teucri,
30.5una fiera attaccâr pugna crudele.
30.6Gonfiasi il mare, e i padiglioni innonda
30.7e gli argivi navigli, e con immenso
30.8clamor si viene delle schiere al cozzo.
30.9Non così la marina onda rimugge
30.10dal tracio soffio flagellata al lido;
30.11non così freme il foco alla montagna
30.12quando va furibondo a divorarsi
30.13l'arida selva; né d'eccelsa quercia
30.14rugge sì fiero fra le chiome il vento,
30.15come orrende de' Teucri e degli Achei
30.16nell'assalirsi si sentìan le grida.
31.1Contro Aiace, che voltagli la fronte,
31.2scaglia Ettorre la lancia, e lo colpisce
31.3ove del brando e dello scudo il doppio
31.4balteo sul petto si distende; e questo
31.5dal colpo lo salvò. Visto uscir vano
31.6Ettore il telo, di rabbia fremendo
31.7in securo fra' suoi si ritraea.
31.8Mentr'ei recede, il gran Telamonìde
31.9ad un sasso, de' molti che ritegno
31.10delle navi giacean sparsi pel campo
31.11de' combattenti al piè, dato di piglio,
31.12l'avventò, lo rotò come palèo,
31.13e sul girone dello scudo al petto
31.14l'avversario ferì. Con quel fragore
31.15che dal foco di Giove fulminata
31.16giù ruina una quercia, e grave intorno
31.17del grave zolfo si diffonde il puzzo:
31.18l'arator, che cadersi accanto vede
31.19la folgore tremenda, imbianca e trema:
31.20così stramazza Ettòr; l'asta abbandona
31.21la man, ma dietro gli va scudo ed elmo,
31.22e rimbombano l'armi sul caduto.
31.23V'accorsero con alti urli gli Achei,
31.24strascinarlo sperandosi, e di strali
31.25lo tempestando; ma nessun ferirlo
31.26poteo, ché ratti gli fêr serra intorno
31.27i più valenti, Enea, Polidamante,
31.28Agènore, e de' Licii il condottiero
31.29Sarpendonte con Glauco, e nullo in somma
31.30de' suoi l'abbandonò, ch'altri gli scudi
31.31gli anteposero, e lunge altri dall'armi
31.32l'asportâr su le braccia a' suoi veloci
31.33destrier che fuori della pugna a lui
31.34tenea pronti col cocchio il fido auriga.
31.35Volâr questi, e portâr l'eroe gemente
31.36verso l'alta città; ma giunti al guado
31.37del vorticoso Xanto, ameno fiume
31.38generato da Giove, ivi dal carro
31.39posârlo a terra, gli spruzzâr di fresca
31.40onda la fronte, ed ei rinvenne, e aperte
31.41girò le luci intorno, e sui ginocchi
31.42suffulto vomitò sangue dal petto.
31.43Ma di nuovo all'indietro in sul terreno
31.44riversossi; e coll'alma ancor dal colpo
31.45doma oscurârsi all'infelice i lumi.
31.46Gli Achei, veduto uscir del campo Ettorre,
31.47si fêr più baldi addosso all'inimico,
31.48e primo Aiace d'Oïlèo d'assalto
31.49Satnio ferì, che Nàïde gentile
31.50ad Enopo pastor lungo il bel fiume
31.51Satnïoente partorito avea.
31.52Lo colpì coll'acuta asta il veloce
31.53Oïlìde nel lombo; ei resupino
31.54si versò nella polve, e intorno a lui
31.55più che mai fiera si scaldò la zuffa.
32.1A vendicar l'estinto oltre si spinge
32.2Polidamante, e tale a Protenorre,
32.3figliuol d'Arëilìco un colpo libra,
32.4che tutto la gagliarda asta gli passa
32.5l'omero destro. Ei cadde, e il suol sanguigno
32.6colla palma ghermì. Sovra il caduto
32.7menò gran vanto il vincitor, gridando:
32.8Dalla man del magnanimo Pantìde
32.9non uscì, parmi, indarno il telo, e certo
32.10lo raccolse nel corpo un qualche Acheo
32.11che appoggiato a quell'asta or scende a Pluto.
33.1Ferì gli Achivi di dolor quel vanto;
33.2più che tutti ferì l'alma del grande
33.3Telamonìde, al cui fianco caduto
33.4era quel prode. E tosto al borioso,
33.5che indietro si traea, la folgorante
33.6asta scagliò. Polidamante a tempo
33.7schivò la morte con un salto obliquo;
33.8e ricevella (degli Dei tal era
33.9l'aspro decreto) l'antenòreo figlio
33.10Archìloco. Lo colse il fatal ferro
33.11alla vertebra estrema, ove nel collo
33.12s'innesta il capo, e ne precise il doppio
33.13tendine. Ei cadde, e del meschin la testa,
33.14colla bocca davanti e le narici,
33.15prima a terra n'andò, che la persona.
33.16Alto allora a quel colpo Aiace esclama:
33.17Polidamante, oh! guarda, e dinne il vero,
33.18non val egli Protènore quest'altro
33.19ch'io qui posi a giacer? Né ei mi sembra
33.20mica de' vili, né d'ignobil seme,
33.21ma d'Antènore un figlio, o suo germano;
33.22sì n'ha l'impronta della razza in viso.
34.1Così parlava infinto, conoscendo
34.2ben ei l'ucciso. Addolorârsi i Teucri;
34.3ma del fratello vindice Acamante
34.4a Pròmaco beozio, che l'estinto
34.5traea pe' piedi, fulminò di lancia
34.6tale un sùbito colpo, che lo stese.
34.7Alto allor grida l'uccisor superbo:
34.8O voi guerrieri da balestra, e forti
34.9sol di minacce! e voi pur anco, Argivi,
34.10morderete la polve, e non saremo
34.11noi soli al lutto. Dalla mia man domo
34.12mirate di che sonno or dorme il vostro
34.13Pròmaco, e paga del fratello mio
34.14tosto lo sconto! Perciò preghi ognuno
34.15di lasciar dopo sé vendicatore
34.16di sua morte un fratel nel patrio tetto.
35.1Destò quel vanto negli Achei lo sdegno:
35.2sovra ogni altro crucciossi il bellicoso
35.3Penelèo. Si scagliò questi con ira
35.4contro Acamante che del re l'assalto
35.5non attese; ed il colpo a lui diretto
35.6Ilïonèo percosse, unica prole
35.7di Forbante che ricco era di molto
35.8gregge; e Mercurio, che d'assai l'amava,
35.9di dovizie fra' Troi l'avea cresciuto.
35.10Il colse Penelèo sotto le ciglia
35.11dell'occhio alla radice, e la pupilla
35.12schizzandone passar l'asta gli fece
35.13via per l'occhio alla nuca. Ilïonèo
35.14assiso cadde colle man distese:
35.15ma stretta Penelèo l'acuta spada,
35.16gli recise le canne, e il mozzo capo,
35.17coll'elmo e l'asta ancor nell'occhio infissa,
35.18gli mandò nella polve. Indi l'alzando
35.19languente in cima alla picca e cadente
35.20come lasso papavero, ai nemici
35.21lo mostra, e altero esclama: In nome mio
35.22dite, o Teucri, del chiaro Ilïonèo
35.23ai genitor, che per la casa innalzino
35.24il funebre ulular, da che né pure
35.25di Pròmaco, figliuol d'Alegenorre,
35.26la consorte potrà del caro aspetto
35.27del marito gioir quando da Troia
35.28farem ritorno alle paterne rive.
36.1Sì disse, e tutti impallidîr di tema,
36.2e col guardo ciascun giva cercando
36.3di salvarsi una via. Celesti Muse,
36.4or voi ne dite chi primier le spoglie
36.5cruente riportò, poi che agli Achivi
36.6fe' piegar la vittoria il re Nettunno.
36.7Primiero Aiace Telamònio uccise
36.8de' forti Misii il duce Irzio Girtìde;
36.9Antìloco spogliò Falce e Mermèro:
36.10da Merïon fu spento Ippozïone
36.11con Mori: a Protoone e Perifete
36.12Teucro diè morte: Menelao nel ventre
36.13Iperènore colse, e dalla piaga
36.14tutte ad un tempo uscîr le lacerate
36.15intestina e la vita. Altri più molti
36.16ne spense Aiace d'Oïlèo; ché nullo
36.17ratto al paro di lui gli spaventati
36.18fuggitivi inseguìa, quando ne' petti
36.19della fuga il terror Giove mettea.
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