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1.1Queste de' Teucri eran le veglie. Intanto
1.2del gelido Terror negra compagna
1.3la Fuga, dagli Dei ne' petti infusa,
1.4l'achivo campo possedea. Percosso
1.5da profonda tristezza era di tutti
1.6i più forti lo spirto; e in quella guisa
1.7che il pescoso Oceàno si rabbuffa,
1.8quando improvviso dalla tracia tana
1.9di Ponente sorgiunge e d'Aquilone
1.10l'impetuoso soffio; alto s'estolle
1.11l'onda, e si sparge di molt'alga il lido:
1.12tale è l'interna degli Achei tempesta.
1.13Sovra ogni altro l'Atride addolorato
1.14di qua, di là s'aggira, ed agli araldi
1.15comanda di chiamar tutti in segreto
1.16ad uno ad uno i duci a parlamento.
1.17Come fûro adunati, e mesti in volto
1.18s'assisero, levossi Agamennóne.
1.19Lagrimava simìle a cupo fonte
1.20che tenebrosi da scoscesa rupe
1.21versa i suoi rivi; e dal profondo seno
1.22messo un sospiro, cominciò: Diletti
1.23principi Argivi, in una ria sciagura
1.24Giove m'avvolse. Dispietato! ei prima
1.25mi promise e giurò che al suol prostrate
1.26d'Ilio le mura, glorïoso in Argo
1.27avrei fatto ritorno; ed or mi froda
1.28indegnamente, e dopo tante in guerra
1.29estinte vite, di partir m'impone
1.30inonorato. Il piacimento è questo
1.31del prepotente nume, che già molte
1.32spianò cittadi eccelse, e molte ancora
1.33ne spianerà, ché immenso è il suo potere.
1.34Dunque al mio detto obbediam tutti, al vento
1.35diam le vele, fuggiamo alla diletta
1.36paterna terra, ché dell'alta Troia
1.37lo sperato conquisto è vana impresa.
2.1Ammutîr tutti a queste voci, e in cupo
2.2lungo silenzio si restâr dolenti
2.3i figli degli Achei. Lo ruppe alfine
2.4il bellicoso Dïomede, e disse:
3.1Atride, al torto tuo parlar col vero
3.2libero dir, che in libero consesso
3.3lice ad ognun, risponderò. Tu m'odi
3.4senza disdegno. Osasti, e fosti il primo,
3.5alla presenza degli Achei pur dianzi
3.6vituperarmi, e imbelle dirmi, e privo
3.7d'ogni coraggio, e l'udîr tutti. Or io
3.8dico a te di rimando, che se Giove
3.9l'un ti diè de' suoi doni, l'onor sommo
3.10dello scettro su noi, non ti concesse
3.11l'altro più grande che lo scettro, il core.
3.12Misero! e speri sì codardi e fiacchi
3.13corne pur cianci, della Grecia i figli?
3.14Se il cor ti sprona alla partenza, parti;
3.15sono aperte le vie; le numerose
3.16navi, che d'Argo ti seguîr, son pronte:
3.17ma gli altri Achivi rimarran qui fermi
3.18all'eccidio di Troia; e se pur essi
3.19fuggiran sulle prore al patrio lido,
3.20noi resteremo a guerreggiar; noi due
3.21Stènelo e Dïomede, insin che giunga
3.22il dì supremo d'Ilïon; ché noi
3.23qua ne venimmo col favor d'un Dio.
4.1Tacque; e tutti mandâr di plauso un grido,
4.2del Tidìde ammirando i generosi
4.3sensi; e di Pilo il venerabil veglio
4.4surto in piedi dicea: Nelle battaglie
4.5forte ti mostri, o Dïomede, e vinci
4.6di senno insieme i coetanei eroi.
4.7Né biasmar né impugnar le tue parole
4.8potrà qui nullo degli Achei: ma pure,
4.9benché retti e prudenti e di noi degni,
4.10non ferîr giusto i tuoi discorsi il segno.
4.11Giovinetto se' tu, sì che il minore
4.12esser potresti de' miei figli. Io dunque
4.13che di te più d'assai vecchio mi vanto,
4.14dironne il resto, né il mio dir veruno
4.15biasmerà, non lo stesso Agamennóne.
4.16È senza patria, senza leggi e senza
4.17lari chi la civile orrenda guerra
4.18desidera. Ma giovi or della fosca
4.19diva dell'ombre rispettar l'impero.
4.20S'apprestino le cene, ed ogni scolta
4.21vegli al fosso del muro, e questo sia
4.22de' giovani il pensier. Tu, sommo Atride,
4.23come a capo s'addice, accogli a mensa
4.24i più provetti, e ben lo puoi, ché piene
4.25le tende hai tu del buon lïeo che ognora
4.26pel vasto mar ti recano veloci
4.27l'achive prore dalle tracie viti.
4.28Nulla all'uopo ti manca, ed al tuo cenno
4.29tutto obbedisce. Congregati i duci,
4.30apra ognun la sua mente, e tu seconda
4.31il consiglio miglior, ché di consiglio
4.32utile e saggio or fa mestier davvero.
4.33Imminente alle navi è l'inimico,
4.34pien di fuochi il suo campo. E chi mirarli
4.35può senza tema? Questa fia la notte
4.36che l'esercito perda, o lo conservi.
5.1Disse, e tutti obbediro. Immantinente
5.2uscîr di rilucenti armi vestite
5.3le sentinelle. N'eran sette i duci;
5.4il Nestoride prence Trasimède,
5.5di Marte i figli Ascàlafo e Ialmeno,
5.6Merïon, Dëipìro ed Afarèo
5.7con Licomede di Creonte; e cento
5.8giovani prodi conducea ciascuno
5.9di lunghe picche armati. In ordinanza
5.10si difilâr tra il fosso e il muro, e quivi
5.11destaro i fuochi, e apposero le cene.
6.1Nella tenda regal l'Atride intanto
6.2convita i duci, di vivande grate
6.3li ristaura; e sì tosto che de' cibi
6.4e del bere in ciascun tacque il desìo,
6.5il buon Nestorre, di cui sempre uscìa
6.6ottimo il detto, cominciò primiero
6.7a svolgere dal petto un suo consiglio,
6.8e in questo saggio ragionar l'espose:
7.1Agamennóne glorïoso Atride,
7.2da te principio prenderan le mie
7.3parole, e in te si finiranno, in te
7.4di molte genti imperador, cui Giove,
7.5per la salute de' suggetti, il carco
7.6delle leggi commise e dello scettro.
7.7Principalmente quindi a te conviensi
7.8dir tua sentenza, ed ascoltar l'altrui,
7.9e la porre ad effetto, ove da pura
7.10coscienza proceda, e il ben ne frutti;
7.11ché il buon consiglio, da qualunque ei vegna,
7.12tuo lo farai coll'eseguirlo. Io dunque
7.13ciò che acconcio a me par, dirò palese,
7.14né verun penserà miglior pensiero
7.15di quel ch'io penso e mi pensai dal punto
7.16che dalla tenda dell'irato Achille
7.17via menasti, o gran re, la giovinetta
7.18Briseide, sprezzato il nostro avviso.
7.19Ben io, lo sai, con molti e caldi preghi
7.20ti sconfortai dall'opra: ma tu spinto
7.21dall'altero tuo cor onta facesti
7.22al fortissimo eroe, dagl'Immortali
7.23stessi onorato, e il premio gli rapisti
7.24de' suoi sudori, e ancor lo ti ritieni.
7.25Or tempo egli è di consultar le guise
7.26di blandirlo o piegarlo, o con eletti
7.27doni o col dolce favellar che tocca.
8.1Tu parli il vero, Agamennón rispose,
8.2parli il vero pur troppo, enumerando
8.3i miei torti, o buon vecchio. Errai, nol nego:
8.4val molte squadre un valoroso in cui
8.5ponga Giove il suo cor, siccome in questo
8.6per lo cui solo onor doma gli Achei.
8.7Ma se ascoltando un mal desìo l'offesi,
8.8or vo' placarlo, e il presentar di molti
8.9onorevoli doni, e a voi qui tutti
8.10li dirò: sette tripodi, non anco
8.11tocchi dal foco; dieci aurei talenti;
8.12due volte tanti splendidi lebèti;
8.13dodici velocissimi destrieri
8.14usi nel corso a riportarmi i primi
8.15premii, e di tanti già mi fêr l'acquisto,
8.16che povero per certo e di ricchezze
8.17desideroso non sarìa chi tutti
8.18li possedesse. Donerogli in oltre
8.19di suprema beltà sette captive
8.20lesbie donzelle a meraviglia sperte
8.21nell'opre di Minerva, e da me stesso
8.22trascelte il dì che Lesbo ei prese. A queste
8.23aggiungo la rapita a lui poc'anzi
8.24Briseide, e farò giuro solenne
8.25ch'unqua il suo letto non calcai. Ciò tutto
8.26senza indugio fia pronto. Ove gli Dei
8.27ne concedano poscia il porre al fondo
8.28la troiana città, primiero ei vada,
8.29nel partir delle spoglie, a ricolmarsi
8.30d'oro e bronzo le navi, e si trascelga
8.31venti bei corpi di dardanie donne
8.32dopo l'argiva Elèna le più belle.
8.33Di più: se d'Argo riveder n'è dato
8.34le care sponde, ei genero sarammi
8.35onorato e diletto al par d'Oreste,
8.36ch'unico germe a me del miglior sesso
8.37ivi s'edùca alle dovizie in seno.
8.38Ho di tre figlie nella reggia il fiore,
8.39Crisotemi, Laòdice, Ifianassa.
8.40Qual più d'esse il talenta a sposa ei prenda
8.41senza dotarla, ed a Pelèo la meni.
8.42Doterolla io medesmo, e di tal dote
8.43qual non s'ebbe giammai altra donzella:
8.44sette città, Cardamile ed Enòpe,
8.45le liete di bei prati Ira ed Antèa,
8.46l'inclita Fere, Epèa la bella, e Pèdaso
8.47d'alme viti feconda: elle son poste
8.48tutte quante sul mar verso il confine
8.49dell'arenosa Pilo, e dense tutte
8.50di cittadini che di greggi e mandre
8.51ricchissimi, co' doni al par d'un Dio
8.52l'onoreranno, e di tributi opimi
8.53faran bello il suo scettro. Ecco di quanto
8.54gli farò dono se depor vuol l'ira.
8.55Placar si lasci: inesorato è il solo
8.56Pluto, e per questo il più abborrito iddio.
8.57Rammenti ancora che di grado e d'anni
8.58io gli vo sopra; lo rammenti, e ceda.
9.1Potentissimo Atride Agamennóne,
9.2riprese il veglio cavalier, pregiati
9.3sono i doni che appresti al re Pelìde.
9.4Senza dunque indugiar alla sua tenda
9.5si mandino i legati. Io stesso, o sire,
9.6li nomerò, né alcun mi fia ritroso:
9.7primamente Fenice, al sommo Giove
9.8carissimo mortale, e capo ei sia
9.9dell'imbasciata. Il seguirà col grande
9.10Aiace il divo Ulisse, e degli araldi
9.11n'andran Odio ed Eurìbate. Frattanto
9.12date l'acqua alle mani, e comandate
9.13alto silenzio, acciò che salga a Giove
9.14la nostra prece, e la pietà ne svegli.
10.1Disse; e a tutti fu caro il suo consiglio.
10.2Dier le linfe alle mani i banditori;
10.3lesti i donzelli coronâr di liete
10.4spume le tazze, e le portaro in giro:
10.5e libato e gustato a pien talento
10.6il devoto licore, uscîr veloci
10.7dalla tenda regal gli ambasciadori;
10.8e molti avvisi porgea lor per via
10.9il buon veglio, girando a ciascheduno,
10.10principalmente di Laerte al figlio,
10.11le parlanti pupille, e a tentar tutte
10.12le vie gli esorta d'ammansar quel fiero.
10.13Del risonante mar lungo la riva
10.14avviârsi i legati, supplicando
10.15dall'imo cor l'Enosigèo Nettunno
10.16perché d'Achille la grand'alma ei pieghi.
11.1Alle tende venuti ed alle navi
11.2de' Mirmidóni, ritrovâr l'eroe
11.3che ricreava colla cetra il core,
11.4cetra arguta e gentil, che la traversa
11.5avea d'argento, e spoglia era del sacco
11.6della città d'Eezïon distrutta.
11.7Su questa degli eroi le glorïose
11.8geste cantando raddolcìa le cure:
11.9solo a rincontro gli sedea Patròclo
11.10aspettando la fin del bellicoso
11.11canto in silenzio riverente. Ed ecco
11.12dall'Itaco precessi all'improvviso
11.13avanzarsi i legati, e al suo cospetto
11.14rispettosi sostar. Alzasi Achille
11.15del vederli stupito, ed abbandona
11.16colla cetra lo seggio; alzasi ei pure
11.17di Menèzio il buon figlio, e lor porgendo
11.18il Pelìde la man, Salvete, ei dice,
11.19voi mi giungete assai graditi: al certo
11.20vi trae grand'uopo: benché irato, io v'amo
11.21sovra tutti gli Achei. — Così dicendo,
11.22dentro la tenda interïor li guida,
11.23in alti scanni fa sederli sopra
11.24porporini tappeti, ed a Patròclo
11.25che accanto gli venìa, Recami, disse,
11.26o mio diletto, il mio maggior cratere,
11.27e mesci del più puro, ed apparecchia
11.28il suo nappo a ciascun: sotto il mio tetto
11.29oggi entrâr generose anime care.
12.1Disse; e Patròclo del suo dolce amico
12.2alla voce obbedì. Su l'ignee vampe
12.3concavo bronzo di gran seno ei pose,
12.4e dentro vi tuffò di pecorella
12.5e di scelta capretta i lombi opimi
12.6con esso il pingue saporoso tergo
12.7di saginato porco. Intenerite
12.8così le carni, Automedonte in alto
12.9le sollevava; e con forbito acciaro
12.10acconciamente le incidea lo stesso
12.11divino Achille, e le infiggea ne' spiedi.
12.12Destava intanto un grande foco il figlio
12.13di Menèzio, e conversi in viva bragia
12.14i crepitanti rami, e già del tutto
12.15queta la fiamma, delle brage ei fece
12.16ardente un letto, e gli schidion vi stese;
12.17del sacro sal gli asperse, e tolte alfine
12.18dagli alari le carni abbrustolate
12.19sul desco le posò; prese di pani
12.20un nitido canestro, e su la mensa
12.21distribuilli; ma le apposte dapi
12.22spartìa lo stesso Achille, assiso in faccia
12.23ad Ulisse col tergo alla parete.
12.24Ciò fatto, ingiunse al suo diletto amico
12.25le sacre offerte ai numi; e quei nel foco
12.26le primizie gettò. Stesero tutti
12.27allor le mani all'imbandito cibo.
13.1Come fur sazi, fe' degli occhi Aiace
13.2al buon Fenice un cotal cenno: il vide
13.3lo scaltro Ulisse, e ricolmato il nappo,
13.4al grande Achille propinollo, e disse:
14.1Salve, Achille; poc'anzi entro la tenda
14.2d'Atride, ed ora nella tua di lieto
14.3cibo noi certo ritroviam dovizia;
14.4ma chi di cibo può sentir diletto
14.5mentre sul capo ci veggiam pendente
14.6un'orrenda sciagura, e sul periglio
14.7delle navi si trema? E periranno
14.8se tu, sangue divin, non ti rivesti
14.9di tua fortezza, e non ne rechi aita.
14.10Gli orgogliosi Troiani e gli alleati
14.11imminente all'armata e al nostro muro
14.12han posto il campo, e mille fuochi accesi,
14.13e fan minaccia d'avanzarsi arditi,
14.14e le navi assalir. Giove co' lampi
14.15del suo favor gli affida; Ettore i truci
14.16occhi volgendo d'ogni parte, e molto
14.17delle sue forze altero e del suo Giove,
14.18terribilmente infuria, e non rispetta
14.19né mortali né Dei (tanto gl'invade
14.20furor la mente), e della nuova aurora
14.21già le tardanze accusa, e freme, e giura
14.22di venirne a schiantar di propria mano
14.23delle navi gli aplustri, ed a scagliarvi
14.24dentro le fiamme, e incenerirle tutte,
14.25e tutti tra le vampe istupiditi
14.26ancidere gli Achivi. Or io di forte
14.27timor la mente contristar mi sento,
14.28che le costui minacce avversi numi
14.29non mandino ad effetto, e che non sia
14.30delle Parche decreto il dover noi
14.31lungi d'Argo perir su queste rive.
14.32Ma tu deh! sorgi, e benché tardi, accorri
14.33a preservar dall'inimico assalto
14.34i desolati Achei. Se gli abbandoni,
14.35alto cordoglio un dì n'avrai, né al danno
14.36troverai più riparo. A tempo adunque
14.37l'antivieni prudente, ed allontana
14.38dall'argolica gente il giorno estremo.
14.39Ricòrdati, mio caro, i saggi avvisi
14.40del tuo padre Pelèo, quando di Ftia
14.41inviotti all'Atride. Amato figlio
14.42(il buon vecchio dicea), Minerva e Giuno
14.43se fia lor grado, ti daran fortezza;
14.44ma tu nel petto il cor superbo affrena,
14.45ché cor più bello è il mansueto; e tienti
14.46(onde più sempre e giovani e canuti
14.47t'onorino gli Achei), tienti remoto
14.48dalla feconda d'ogni mal Contesa.
14.49Questi del veglio i bei ricordi fûro:
14.50tu gli obbliasti. Ten sovvenga adesso,
14.51e la trista una volta ira deponi.
14.52Ti sarà, se lo fai, largo di cari
14.53doni l'Atride. Nella tenda ei dianzi
14.54l'impromessa ne fece: odili tutti.
14.55Sette tripodi intatti, e dieci d'oro
14.56talenti, e venti splendidi lebèti;
14.57dodici velocissimi destrieri
14.58usi nel corso a riportarne i primi
14.59premii, e già tanti n'acquistâr, che brama
14.60più di ricchezze non avrìa chi tutti
14.61li possedesse — Ti largisce inoltre
14.62sette d'alma beltà lesbie donzelle
14.63d'ago esperte e di spola, e da lui stesso
14.64per lor suprema leggiadrìa trascelte
14.65il dì che Lesbo tu espugnavi. A queste
14.66la figlia aggiunge di Brisèo, giurando
14.67che intatta, o prence, la ti rende. E tutte
14.68pronte son queste cose. Ove poi Troia
14.69ne sia dato atterrar, tu primo andrai,
14.70nel partir della preda, a ricolmarti
14.71d'oro e di bronzo i tuoi navigli, e dieci
14.72captive e dieci ti scerrai tenute
14.73dopo l'argiva Elèna le più belle.
14.74Di più: se d'Argo rivedrem le rive,
14.75tu genero sarai del grande Atride,
14.76e in onoranza e nella copia accolto
14.77d'ogni cara dovizia al par del suo
14.78unico Oreste. Delle tre che il fanno
14.79beato genitor alme fanciulle,
14.80Crisotemi, Laòdice, Ifianassa,
14.81prendi quale vorrai senza dotarla.
14.82Doteralla lo stesso Agamennóne
14.83di tanta dote e tal, ch'altra giammai
14.84regal donzella la simìl non s'ebbe;
14.85sette città, Cardamile ed Enòpe,
14.86Ira, Pèdaso, Antèa, Fere ed Epèa,
14.87tutte belle marittime contrade
14.88verso il pilio confin, tutte frequenti
14.89d'abitatori, a cui di molte mandre
14.90s'alza il muggito, e che di bei tributi
14.91t'onoreranno al par d'un Dio. Ciò tutto
14.92daratti Atride, se lo sdegno acqueti.
14.93Ché se lui sempre e i suoi presenti abborri,
14.94abbi almeno pietà degli altri Achei
14.95là nelle tende costernati e chiusi,
14.96che t'avranno qual nume, ed alle stelle
14.97la tua gloria alzeran. Vien dunque, e spegni
14.98questo Ettòr che furente a te si para,
14.99e vanta che nessun di quanti Achivi
14.100qua navigaro, di valor l'eguaglia.
15.1Divino senno, Laerzìade Ulisse,
15.2rispose Achille, senza velo, e quali
15.3il cor li detta e proveralli il fatto,
15.4m'è d'uopo palesar dell'alma i sensi,
15.5onde cessiate di garrirmi intorno.
15.6Odio al par delle porte atre di Pluto
15.7colui ch'altro ha sul labbro, altro nel cuore:
15.8ma ben io dirò netto il mio pensiero.
15.9Né il grande Atride Agamennón, né alcuno
15.10me degli Achivi pieghera. Qual prezzo,
15.11qual ricompensa delle assidue pugne?
15.12Di chi poltrisce e di chi suda in guerra
15.13qui s'uguaglia la sorte: il vile usurpa
15.14l'onor del prode, e una medesma tomba
15.15l'infingardo riceve e l'operoso.
15.16Ed io che tanto travagliai, che a tanti
15.17rischi di Marte la mia vita esposi,
15.18che guadagni, per dio, che guiderdone
15.19su gli altri ottenni? In vero il meschinello
15.20augel son io, che d'esca i suoi provvede
15.21piccioli implumi, e sé medesmo obblìa.
15.22Quante, senza dar sonno alle palpèbre,
15.23trascorse notti! quanti giorni avvolto
15.24in sanguinose pugne ho combattuto
15.25per le ree mogli di costor! Conquisi
15.26guerreggiando sul mar dodici altere
15.27cittadi; ne conquisi undici a piede
15.28d'intorno ai campi d'Ilïon; da tutte
15.29molte asportai pregiate spoglie, e tutte
15.30all'Atride le cessi, a lui che inerte
15.31rimasto indietro, nell'avare navi
15.32le ricevea superbo, e dividendo
15.33altrui lo peggio riserbossi il meglio;
15.34o s'alcun dono agli altri duci ei fenne,
15.35nol si ritolse almeno. Io sol del mio
15.36premio fui spoglio, io solo; egli la donna
15.37del mio cor si ritiene, e ne gioisce.
15.38A che mai questa degli Achei co' Teucri
15.39cotanta guerra? a che raccolse Atride
15.40qui tant'armi? Non forse per la bella
15.41Elena? Ma l'amor delle consorti
15.42tocca egli forse il cor de' soli Atridi?
15.43Ogni buono, ogni saggio ama la sua,
15.44e tienla in pregio, siccom'io costei
15.45carissima al mio cor, quantunque ancella.
15.46Or ch'egli dalle man la mi rapìo
15.47con fatto iniquo, di piegar non tenti
15.48me da sue frodi ammaestrato assai.
15.49Teco, Ulisse, e co' suoi re tanti ei dunque
15.50consulti il modo di sottrar l'armata
15.51alle fiamme nemiche. E quale ha d'uopo
15.52ei del mio braccio? Senza me già fece
15.53di gran cose. Innalzato ha un alto muro,
15.54lungo il muro ha scavato un largo e cupo
15.55fosso, e nel fosso un gran palizzo infisse.
15.56Mirabil opra! che dal fiero Ettorre
15.57nol fa sicuro ancor, da quell'Ettorre
15.58che, mentre io parvi fra gli Achei, scostarsi
15.59non ardìa dalle mura, o non giugnea
15.60che sino al faggio delle porte Scee.
15.61Sola una volta ei là m'attese, e a stento
15.62poté sottrarsi all'asta mia. Ma nullo
15.63più conflitto vogl'io con quel guerriero,
15.64nullo: e offerti dimani al sommo Giove
15.65e agli altri numi i sacrifici, e tratte
15.66tutte nel mare le mie carche navi,
15.67sì, dimani vedrai, se te ne cale,
15.68coll'aurora spiegar sull'Ellesponto
15.69i miei legni le vele, ed esultanti
15.70tutte di lieti remator le sponde.
15.71Se di prospero corso il buon Nettunno
15.72cortese mi sarà, la terza luce
15.73di Ftia porrammi su la dolce riva.
15.74Ivi molta lasciai propria ricchezza
15.75qua venendo in mal punto, ivi molt'altra
15.76ne reco in oro, e in fulvo rame, e in terso
15.77splendido ferro e in eleganti donne,
15.78tutto tesoro a me sortito. Il solo
15.79premio ne manca che mi diè l'Atride,
15.80e re villano mel ritolse ei poscia.
15.81Torna dunque all'ingrato, e gli riporta
15.82tutto che dico, e a tutti in faccia, ond'anco
15.83negli altri Achei si svegli una giust'ira
15.84e un avvisato diffidar dell'arti
15.85di quel franco impudente, che pur tale
15.86non ardirebbe di mirarmi in fronte.
15.87Digli che a parte non verrò giammai
15.88né di fatto con lui né di consiglio;
15.89che mi deluse; che mi fece oltraggio;
15.90che gli basti l'aver tanto potuto
15.91sola una volta, e che mal fonda in vane
15.92ciance la speme d'un secondo inganno.
15.93Digli che senza più turbarmi corra
15.94alla ruina a cui l'incalza Giove
15.95che di senno il privò: digli che abborro
15.96suoi doni, e spregio come vil mancipio
15.97il donator. Né s'egli e dieci e venti
15.98volte gli addoppii, né se tutto ei m'offra
15.99ciò ch'or possiede, e ciò ch'un dì venirgli
15.100potrìa d'altronde, e quante entran ricchezze
15.101in Orcomèno e nell'egizia Tebe
15.102per le cento sue porte e li dugento
15.103aurighi co' lor carri a ciascheduna;
15.104mi fosse ei largo di tant'oro alfine
15.105quanto di sabbia e polve si calpesta,
15.106né così pur si speri Agamennóne
15.107la mia mente inchinar prima che tutto
15.108pagato ei m'abbia dell'offesa il fio.
15.109Non vo' la figlia di costui. Foss'ella
15.110pari a Minerva nell'ingegno, e il vanto
15.111di beltà contendesse a Citerèa,
15.112non prenderolla in mia consorte io mai.
15.113Serbila ad altro Acheo che al grand'Atride
15.114più di grado s'adegui e di possanza.
15.115A me, se salvo raddurranmi i numi
15.116al patrio tetto, a me scerrà lo stesso
15.117Pelèo la sposa. Han molte Ellade e Ftia,
15.118figlie di regi assai possenti: e quale
15.119di lor vorrò, legittima e diletta
15.120moglie farolla, e mi godrò con essa
15.121nella pace, a cui stanco il cor sospira,
15.122il paterno retaggio. E parmi in vero
15.123che di mia vita non pareggi il prezzo
15.124né tutta l'opulenza in Ilio accolta
15.125pria della giunta degli Achei, né quanto
15.126tesor si chiude nel marmoreo templo
15.127del saettante Apollo in sul petroso
15.128balzo di Pito. Racquistar si ponno
15.129e tripodi e cavalli e armenti e greggi;
15.130ma l'alma, che passò del labbro il varco,
15.131chi la racquista? chi del freddo petto
15.132la riconduce a ravvivar la fiamma?
15.133Meco io porto (la Dea madre mel dice)
15.134doppio fato di morte. Se qui resto
15.135a pugnar sotto Troia, al patrio lido
15.136m'è tolto il ritornar, ma d'immortale
15.137gloria l'acquisto mi farò. Se riedo
15.138al dolce suol natìo, perdo la bella
15.139gloria, ma il fiore de' miei dì non fia
15.140tronco da morte innanzi tempo, ed io
15.141lieta godrommi e dïuturna vita.
15.142Questa m'eleggo, e gli altri tutti esorto
15.143a rimbarcarsi e abbandonar di Troia
15.144l'impossibil conquista. Il Dio de' tuoni
15.145su lei stese la mano, e rincorârsi
15.146i suoi guerrieri. Itene adunque, e come
15.147di legati è dover, le mie risposte
15.148ai prenci achivi riferendo, dite
15.149che a preservar le navi e il campo argivo
15.150lor fa mestiero ruminar novello
15.151miglior partito, ché il già preso è vano.
15.152Inesorata è l'ira mia. Fenice
15.153qui rimanga e riposi: al nuovo giorno
15.154seguirammi, se il vuole, alla diletta
15.155patria. Di forza nol trarrò giammai.
16.1Disse: e l'alto parlare e l'aspro niego
16.2tutti li fece sbalorditi e muti.
16.3Ruppe alfin quel silenzio il cavaliero
16.4veglio Fenice, e sul destin tremando
16.5delle argoliche navi, ed ai sospiri
16.6mescendo i pianti, così prese a dire:
17.1Se in tuo pensiero è fissa, inclito Achille,
17.2la tua partenza, se nell'ira immoto
17.3di niuna guisa allontanar non vuoi
17.4gli ostili incendii dalla classe achea,
17.5come, ahi come poss'io, diletto figlio,
17.6qui restar senza te? Teco mandommi
17.7il tuo canuto genitor Pelèo
17.8quel giorno che all'Atride Agamennóne
17.9inviotti da Ftia, fanciullo ancora
17.10dell'arte ignaro dell'acerba guerra,
17.11e dell'arte del dir che fama acquista.
17.12Quindi ei teco spedimmi, onde di questi
17.13studi erudirti, e farmi a te nell'opre
17.14della lingua maestro e della mano.
17.15A niun conto vorrei dunque, mio caro,
17.16dispiccarmi da te, no, s'anco un Dio,
17.17rasa la mia vecchiezza, mi prometta
17.18rinverdir le mie membra, e ritornarmi
17.19giovinetto qual era allor che il suolo
17.20d'Ellade abbandonai, l'ira fuggendo
17.21e un atroce imprecar del padre mio
17.22Amìntore d'Ormeno. Era di questa
17.23ira cagione un'avvenente druda
17.24ch'egli, sprezzata la consorte, amava
17.25follemente. Abbracciò le mie ginocchia
17.26la tradita mia madre, e supplicommi
17.27di mischiarmi in amor colla rivale,
17.28e porle in odio il vecchio amante. Il feci.
17.29Reso accorto di questo il genitore,
17.30mi maledisse, ed invocò sul mio
17.31capo l'orrende Eumenidi, pregando
17.32che mai concesso non mi fosse il porre
17.33sul suo ginocchio un figlio mio. L'udiro
17.34il sotterraneo Giove e la spietata
17.35Proserpina, e il feral voto fu pieno.
17.36Carco allor della sacra ira del padre,
17.37non mi sofferse il cor di più restarmi
17.38nelle case paterne. E servi e amici
17.39e congiunti mi fean con caldi preghi
17.40dolce ritegno, ed in allegre mense
17.41stornar volendo il mio pensier, si diero
17.42a far macco d'agnelle e di torelli,
17.43a rosolar sul foco i saginati
17.44lombi suini, a tracannar del veglio
17.45l'anfore in serbo. Nove notti al fianco
17.46mi fur essi così con veglie alterne
17.47e con perpetui fuochi, un sotto il portico
17.48del ben chiuso cortil, l'altro alle soglie
17.49della mia stanza nell'andron. Ma quando
17.50della decima notte il buio venne,
17.51l'uscio sconfissi, e della stanza evaso
17.52varcai d'un salto della corte il muro,
17.53né de' custodi alcun né dell'ancelle
17.54di mia fuga s'avvide. Errai gran pezza
17.55per l'ellade contrada, e giunto ai campi
17.56della feconda pecorosa Ftia,
17.57trassi al cospetto di Pelèo. M'accolse
17.58lietamente il buon sire, e mi dilesse
17.59come un padre il figliuol ch'unico in largo
17.60aver gli nasca nell'età canuta:
17.61e di popolo molto e di molt'oro
17.62fattomi ricco, l'ultimo confine
17.63di Ftia mi diede ad abitar, commesso
17.64de' Dolopi il governo alla mia cura.
17.65Son io, divino Achille, io mi son quegli
17.66che ti crebbi qual sei, che caramente
17.67t'amai; né tu volevi bambinello
17.68ir con altri alla mensa, né vivanda
17.69domestica gustar, ov'io non pria
17.70adagiato t'avessi e carezzato
17.71su' miei ginocchi, minuzzando il cibo,
17.72e porgendo la beva che dal labbro
17.73infantil traboccando a me sovente
17.74irrigava sul petto il vestimento.
17.75Così molto soffersi a tua cagione,
17.76e consolava le mie pene il dolce
17.77pensier che, i numi a me negando un figlio
17.78generato da me, tu mi saresti
17.79tal per amore divenuto, e tale
17.80m'avresti salvo un dì da ria sciagura.
17.81Doma dunque, cor mio, doma l'altero
17.82tuo spirto: disconviene una spietata
17.83anima a te che rassomigli i numi:
17.84ché i numi stessi, sì di noi più grandi
17.85d'onor, di forza, di virtù, son miti;
17.86e con vittime e voti e libamenti
17.87e odorosi olocausti il supplicante
17.88mortal li placa nell'error caduto.
17.89Perocché del gran Giove alme figliuole
17.90son le Preghiere che dal pianto fatte
17.91rugose e losche con incerto passo
17.92van dietro ad Ate ad emendarla intese.
17.93Vigorosa di piè questa nocente
17.94forte Dea le precorre, e discorrendo
17.95la terra tutta l'uman germe offende.
17.96Esse van dopo, e degli offesi han cura.
17.97Chi rispettoso queste Dee riceve,
17.98ne va colmo di beni ed esaudito;
17.99chi pertinace le respinge indietro,
17.100ne spermenta lo sdegno. Esse del padre
17.101si presentano al trono, e gli fan prego
17.102ch'Ate ratta inseguisca, e al fio suggetti
17.103l'inesorato che al pregar fu sordo.
17.104Trovin dunque di Giove oggi le figlie
17.105appo te quell'onor ch'anco de' forti
17.106piega le menti. Se al tuo piè di molti
17.107doni l'offerta non mettesse Atride
17.108coll'impromessa di molt'altri poscia,
17.109e persistesse in suo rancor, non io
17.110t'esorterei di por giù l'ira, e all'uopo
17.111degli Achivi volar, comunque afflitti;
17.112ma molti di presente egli ne porge,
17.113ed altri poi ne profferisce, e i duci
17.114miglior trascelti tra gli Achei t'invìa,
17.115e a te stesso i più cari a supplicarti.
17.116Non disprezzarne la venuta e i preghi,
17.117onde l'ira, che pria giusta pur era,
17.118non torni ingiusta. Degli andati eroi
17.119somma laude fu questa, allor che grave
17.120li possedea corruccio, alle preghiere
17.121placarsi, né sdegnar supplici doni.
18.1Opportuno sovviemmi un fatto antico,
18.2che quale avvenne io qui fra tutti amici
18.3narrerò. Combattean ferocemente
18.4con gli Etòli i Cureti anzi alle mura
18.5di Calidone, ad espugnarla questi,
18.6a difenderla quelli; e gli uni e gli altri,
18.7gente d'alto valor, con mutue stragi
18.8si distruggean. Commossa avea tal guerra
18.9di Dïana uno sdegno, e del suo sdegno
18.10fu la cagione Enèo che, de' suoi campi
18.11terminata la messe, e offerti ai numi
18.12i consueti sacrifici, sola
18.13(fosse spregio od obblìo) lasciato avea
18.14senza offerte la Diva. Ella di questo
18.15altamente adirata un fero spinse
18.16cinghial d'Enèo ne' campi, che tremendo
18.17tutte atterrava col fulmineo dente
18.18le fruttifere piante. Il forte Enìde
18.19Meleagro alla fin, dalle propinque
18.20città raccolto molto nerbo avendo
18.21di cacciatori e cani, a morte il mise;
18.22né minor forza si chiedea: tant'era
18.23smisurata la belva, e tanti al rogo
18.24n'avea sospinti. Ma la Dea pel teschio
18.25e per la pelle dell'irsuta fera
18.26tra i Cureti e gli Etòli una gran lite
18.27suscitò. Finché in campo il bellicoso
18.28Meleagro comparve, andâr disfatti,
18.29benché molti, i Cureti, e approssimarse
18.30unqua alle mura non potean. Ma l'ira,
18.31che anche i più saggi invade, il petto accese
18.32di Meleagro, e la destò la madre
18.33Altèa che, forte pe' fratelli uccisi
18.34crucciosa, il figlio maledisse, e il suolo
18.35colle man percotendo inginocchiata
18.36e forsennata con orrendi preghi
18.37di gran pianto confusi il negro Pluto
18.38supplicava e la rigida mogliera
18.39di dar morte all'eroe: né dal profondo
18.40Orco fu sorda l'implacata Erinni.
18.41Del materno furor sdegnato il figlio
18.42lungi dall'armi si ritrasse in braccio
18.43alla bella consorte Cleopatra,
18.44di Marpissa Evenina e del possente
18.45Ida figliuola, di quell'Ida io dico
18.46che tra' guerrieri de' suoi tempi il grido
18.47di fortissimo avea, tanto che contra
18.48lo stesso Apollo per la tolta ninfa
18.49ardì l'arco impugnar. Mutato poscia
18.50di Cleopatra il nome, i genitori
18.51la chiamaro Alcion, perché simìle
18.52alla mesta Alcion gemea la madre
18.53quando rapilla il saettante Iddio.
19.1Con gran furore intanto eran le porte
19.2di Calidone e le turrite mura
19.3combattute e percosse. Eletta schiera
19.4di venerandi vegli e sacerdoti
19.5a Meleagro deputati il prega
19.6di venir, di respingere il nemico,
19.7a sua scelta offerendo di cinquanta
19.8iugeri il dono, del miglior terreno
19.9di tutto il caledonio almo paese,
19.10parte alle viti acconcio e parte al solco.
19.11Molto egli pure il genitor lo prega,
19.12dell'adirato figlio alle sublimi
19.13soglie traendo il senil fianco, e in voce
19.14supplicante del talamo picchiando
19.15alle sbarrate porte. Anche le suore,
19.16anche la madre già pentita orando
19.17chiedean mercede; ed ei più fermo ognora
19.18la ricusava. Accorsero gli amici
19.19i più cari e diletti; e su quel core
19.20nulla poteva degli amici il prego:
19.21finché le porte da sonori e spessi
19.22colpi battute, lo fêr certo alfine
19.23che scalate i Cureti avean le mura,
19.24e messo il foco alla città. Piangente
19.25la sua bella consorte allor si fece
19.26a deprecarlo, ed alla mente tutti
19.27d'una presa città gli orrendi mali
19.28gli dipinse: trafitti i cittadini,
19.29arse le case, ed in catene i figli
19.30strascinati e le spose. Si commosse
19.31all'atroce pensier l'alma superba,
19.32prese l'armi, volò, vinse, e gli Etòli
19.33salvò; ma solo dal suo cor sospinto.
19.34Quindi alcun dono non ottenne, e il tardo
19.35beneficio rimase inonorato.
19.36Non imitar cotesto esempio, o figlio,
19.37né vi ti spinga demone maligno:
19.38ché il soccorso indugiar, finché le navi
19.39s'incendano, maggior onta sarìa.
19.40Vieni, imita gli Dei, gli offerti doni
19.41non disdegnar. Se li dispregi, e poscia
19.42volontario combatti, egual non fia,
19.43benché ritorni vincitor, l'onore.
20.1Qui tacque il veglio, e brevemente Achille
20.2in questi detti replicò: Fenice,
20.3caro alunno di Giove, ed a me caro
20.4padre, di questo onor non ho bisogno.
20.5L'onor ch'io cerco mi verrà da Giove,
20.6e qui pure davanti a queste antenne
20.7l'avrò fin che vitale aura mi spiri,
20.8fin che il piè mi sorregga. Altra or vo' dirti
20.9cosa che in mente riporrai. Per farti
20.10grato all'Atride non venir con pianti
20.11né con lagni a turbarmi il cor più mai.
20.12Non amar contra il giusto il mio nemico,
20.13se l'amor mio t'è caro, e meco offendi
20.14chi m'offende, ché questo ti sta meglio.
20.15Del mio regno partecipa, e diviso
20.16sia teco ogni onor mio. Riporteranno
20.17questi le mie risposte, e tu qui dormi
20.18sovra morbido letto. Al nuovo sole
20.19consulterem se starci, o andar si debba.
21.1Disse; e a Patròclo fe' degli occhi un cenno
21.2d'allestire al buon veglio un colmo letto,
21.3onde gli altri a lasciar tosto la tenda
21.4volgessero il pensiero. In questo mezzo
21.5volto ad Ulisse il gran Telamonìde,
21.6Partiam, diss'egli, ché per questa via
21.7parmi che vano il ragionar riesca.
21.8Benché ingrata, n'è forza il recar pronti
21.9la risposta agli Achei, che impazienti,
21.10e forse ancora in assemblea seduti
21.11l'attendono. Feroce alma superba
21.12chiude Achille nel petto: indegnamente
21.13l'amistà de' compagni egli calpesta,
21.14né ricorda l'onor che gli rendemmo
21.15su gli altri tutti. Dispietato! Il prezzo
21.16qualcuno accetta dell'ucciso figlio,
21.17o del fratello; e l'uccisor, pagata
21.18del suo fallo la pena, in una stessa
21.19città dimora col placato offeso.
21.20Ma inesorata ed indomata è l'ira
21.21che a te pose nel petto un dio nemico;
21.22per chi? per una donzelletta! e sette
21.23noi te n'offriamo a maraviglia belle,
21.24e molt'altre più cose. Or via, rivesti
21.25cor benigno una volta. Abbi rispetto
21.26ai santi dritti dell'ospizio almeno,
21.27ch'ospiti tuoi noi siamo, e dal consesso
21.28degli Achei ne venimmo, a te fra tutti
21.29i più cari ed amici. — Illustre figlio
21.30di Telamone, gli rispose Achille,
21.31ottimo io sento il tuo parlar; ma l'ira
21.32mi rigonfia qualor penso a colui
21.33che in mezzo degli Achei mi vilipese
21.34come un vil vagabondo. Andate, e netta
21.35la risposta ridite. Alcun pensiero
21.36non tenterammi di pugnar, se prima
21.37il Priamìde bellicoso Ettorre
21.38fino al quartier de' Mirmidóni il foco
21.39e la strage non porti. Ov'egli ardisca
21.40assalir questa tenda e questa nave,
21.41saprò la furia rintuzzarne, io spero.
22.1Sì disse; e quegli, alzato il nappo e fatta
22.2la libagion, partîrsi; e taciturno
22.3li precedeva di Laerte il figlio.
23.1A' suoi sergenti intanto ed all'ancelle
23.2Pàtroclo impone d'apprestar veloci
23.3soffice letto al buon Fenice; e pronte
23.4quelle obbedendo steser d'agnelline
23.5pelli uno strato, vi spiegâr di sopra
23.6di finissimo lino una sottile
23.7candida tela, e su la tela un'ampia
23.8purpurea coltre; e qui ravvolto il vecchio
23.9aspettando l'aurora si riposa.
24.1Nel chiuso fondo della tenda ei pure
24.2ritirossi il Pelìde, ed al suo fianco
24.3lesbia fanciulla di Forbante figlia
24.4si corcò la gentil Dïomedèa.
24.5Dormì Patròclo in altra parte, e a lato
24.6Ifi gli giacque, un'elegante schiava
24.7che il Pelìde donògli il dì che l'alta
24.8Sciro egli prese, d'Enieo cittade.
25.1Giunti i legati al padiglion d'Atride,
25.2sursero tutti e con aurate tazze
25.3e affollate dimande i prenci achivi
25.4gli accolsero. Primiero interrogolli
25.5il re de' forti Agamennón: Preclaro
25.6della Grecia splendor, inclito Ulisse,
25.7parla: vuol egli dalle fiamme ostili
25.8servar l'armata? o d'ira ancor ripieno
25.9il cor superbo, di venir ricusa?
26.1Glorïoso signor, rispose il saggio
26.2di Laerte figliuol, non che gli sdegni
26.3ammorzar, li raccende egli più sempre,
26.4e te dispregia e i tuoi presenti, e dice
26.5che del come salvar le navi e il campo
26.6co' duci achivi ti consulti. Aggiunse
26.7poi la minaccia, che il novello sole
26.8varar vedrallo le sue navi; e gli altri
26.9a rimbarcarsi esorta, ché dell'alto
26.10Ilio l'occaso non vedrem, dic'egli,
26.11giammai: la mano del Tonante il copre,
26.12e rincorârsi i Teucri. Ecco i suoi sensi,
26.13che questi a me consorti, il grande Aiace
26.14e i saggi araldi confermar ti ponno.
26.15Il vegliardo Fenice è là rimasto
26.16per suo cenno a dormir, onde dimani
26.17seguitarlo, se il vuole, al patrio lido:
26.18non farà forza al suo voler, se il niega.
27.1D'alto stupor percossi alla feroce
27.2risposta, tutti ammutoliro i duci,
27.3e lunga pezza taciturni e mesti
27.4si restâr. Finalmente in questi detti
27.5proruppe il fiero Dïomede: Eccelso
27.6sire de' prodi, glorïoso Atride,
27.7non avessi tu mai né supplicato
27.8né fatta offerta di cotanti doni
27.9all'altero Pelìde. Era superbo
27.10egli già per sé stesso; or tu n'hai fatto
27.11montar l'orgoglio più d'assai. Ma vada,
27.12o rimanga, di lui non più parole.
27.13Lasciam che il proprio genio, o qualche iddio
27.14lo ridesti alla pugna. Or secondiamo
27.15tutti il mio dir. Di cibo e di lïeo,
27.16fonte d'ogni vigor, vi ristorate,
27.17e nel sonno immergete ogni pensiero.
27.18Tosto che schiuda del mattin le porte
27.19il roseo dito della bella Aurora,
27.20metti in punto, o gran re, fanti e cavalli
27.21nanzi alle navi, e a ben pugnar gi'istiga,
27.22e combatti tu stesso alla lor testa.
28.1Disse, e tutti applaudîr lodando a cielo
28.2l'alto parlar di Dïomede i regi;
28.3e fatti i libamenti, alla sua tenda
28.4s'incamminò ciascuno. Ivi le stanche
28.5membra accolser del sonno il dolce dono.
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